Filosofia politica

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Testo

CARL SCHMITT
Il Nomos della Terra
Schmitt nella sua analisi del diritto internazionale compie un’indagine sui rapporti di forza e di potenza tra gli stati, distinguendo un diritto internazionale 1) uno pre-globale , che ignorava il mare, e definisce sovranità e territorio attraverso l’occupazione di Terra inizialmente nelle prime comunità di uomini e poi definisce i rapporti tra la diarchia Papato-Impero uniti nella Res pubblica christiana medioevale che conduce nei confronti delle altre religioni l’Islam e la Chiesa ortodossa d’Oriente una “guerra giusta” intesa come una missione autorizzata prescindendo dal fatto che fossero d’aggressione o di difesa;
2) il diritto internazionale, globale diventa jus publicum europeum , che si diffonde a partire dal 1492 con la scoperta del nuovo mondo per cui Schmitt concepisce lo spazio come globale in quanto l’uomo conquista lo spazio marittimo (sino a conquistare quello aereo), e con la Nascita dello Stato nazionale laico a partire dalla Riforma di Lutero nel 1517 ; nel suo libro il Nomos della terra egli affronta proprio il “tema dello spazio e della sovranità su di esso” facendo un exrcursus nel tempo a partire dall’Impero Romano disgregatosi sia per le invasioni barbariche e sia per l’egemonia della Chiesa che andava sempre di più fortificandosi , egemonizzando anche l’Oriente trasferendo a Costantinopoli la continuazione della forma di cristianità poi separatesi con la Chiesa ortodossa indipendente da quella di Roma.
A Roma invece la Chiesa di Pietro acquisisce sempre più sovranità, trasmessa dall’Impero Romano oramai disgregatosi, al Papato che fonda un vero e proprio imperium cistiano con la sua sovranità dove il diverso (l’Islam) è l’AntiCristo incarnato nel male.
L’Impero cristiano unito nella “Res pubblica crhistiana” feudale, dice Schmitt ha una funzione di “kat-hechon” un potere storico che riesce ad impedire l’avvento dell’AntiCristo inteso come il diverso, ovvero l’Islam, I barbari, gli Ebrei : considerati hostes perpetui dal teologo spagnolo di Vitoria. Il catecon è un muro di difesa contro l’Oriente civilmente ed umanamente diverso. Il Catecon è il confine di una sorta di cittadella dentro cui vi è l’identità e fuori il nemico ; pertanto la funzione di catecon che prima esercitava l’Impero Romano ora è la Chiesa di Pietro”
Dunque il concetto di sovranità pre-globale rispecchia la concezione medievale di uno spazio in cui sono egemoni antagoniste Papato e Impero . Pertanto la potenza temporale del Papato discende dal Sacro Romano Impero, la Chiesa esercità in tutto il Medioevo sino alla nascita dello Stato moderno , la sua sovranità con I caratteri della “guerra giusta” di diretta derivazione tomistica della scolastica di S. Tommaso D’Aquino .
Il Nomos della Terra è un ordinamento giuridico (primordiale) pre-globale secondo cui si possa ottenere la “terra” attraverso la forza per occupazione, per cui è legittimo condurre una guerra giusta per conquistare sovranità e territorio . Questi rapporti di forza iniziano con le invasioni barbariche, anche se I Barbari si integravano ai Romani e questo concedendo ai loro invasori l’hospitalitas divenentavano I loro vassalli è il caso dei regni Romano-Barbarici di Odoacre. Schmitt dice che ciò che divide I Barbari dai Romani, sono le tradizioni dei Romani raccolti nel mos maiorum : la “pietas” e la civiltà , caratteristiche che fanno riferimento all’essere per buono e per bene.
Lo Scisma d’ Oriente divide le due Chiese l’una di Roma e l’altra di Costantinopoli: di cui sono legittimi sovrani I principi di Mosca . Questa separazione da luogo ad un primo cambiamento dei rapporti di forza del diritto internazionale. Un ulteriore divisione religiosa assai più profonda e radicata è quella tra Papato ed Islam, per cui entrambe si sentono legittimate a condurre una “guerra giusta”, il Cristianesimo combatte l’Islam considerandolo come terzo nemico dopo quello “ortodosso” pertanto si crea un vero e prooprio muro che separa Occidente e Oriente e per I cristiani tutto ciò che era a Oriente era infedele e per ciò andava combattuto e cristianizzato conducendo appunto una guerra giusta, anche le Crociate assumono un carattere cristianizzante che unisce conversione a consquista e sovranità di quegli spazi. Anche l’Islam si diffondeva con il suo spirito di guerra giusta per diffondere l’Islam e sconfiggere l’infedele cristiano, senza dimenticare che I Mori , (come erano chiamati gli Arabi) giunsero sino in Spagna pur sconfitti a Granada. Nella Res pubblica crhistiana esistevano comunque delle lotte intestine oltre che le guerre giuste (condotte come delle missioni cristianizzabnti ): che erano riconosciute sotto dal diritto feudale di faida, un diritto di resistenza e di autodifesa che è stato sostituito dalle figure giuridiche dello stato moderno come l’alto tradimento etc . L’imperatore e il Papa erano liberi di intervenire in quanto garanti dell’unità della Res pubblica christiana.
Il primo nomos, quello della terra, ha come soggetto lo Stato concepito contro Kelsen non già come ordinamento giuridico accentrato ma sulla scorta di Hariuou, come una istituzione territoriale che interpreta e rappresenta l’unità politica di un popolo sulla base di un diritto non scritto e non codificato , ma che governa la storia dell’Europa continentale quello del diritto alla terra , cioè del diritto di ogni popolo alla sua occupazione e divisione della terra , (o per occupazione di uno spazio libero o per sottrazione ad un precedente padrone).
Il nomos primordiale stabilisce tutti i rapporti tra i soggetti e la terra, il rapporto produttivo, la sua coltivazione, e il suo ordine distributivo e la localizzazione di essa, il rapporto tra sovranità e territorio in un ordinamento che è il nomos.
Il primo nomos è in senso platonico quello delle leggi , che regola la “politeia” ovvero la comunità politica attraverso le leggi a cui si applicano ad essa.
Il nomos (che viene da nemein) primordiale è quel nomos che come dice Kant “ripartisce sul territorio il mio e il tuo” ovvero il concetto di proprietà, ciò che secondo l’espressione inglese è il radical title.
Nomos è misura, ordinamento e forma che costituiscono una concreta unità spaziale ,nell’occupazione di una terra nella fondazione di una città o di una colonia si rende visibile il nomos con cui una tribù o un seguito o un popolo si fa stanziale vale a dire si colloca storicamente e innalza una parte della terra a campo di forza di un ordinamento.
La persona giuridica era il proprietario pertanto questo diritto di proprietà in termini giuridici moderni i diritti reali equivalgono al fiuisis e il nomos, in quanto la proprietà della terra è connessa con la vita dell’uomo. Schmitt sostiene che lo stato di natura non è mai avvenuto per l’uomo in quanto egli è immediatamente immerso sin dalla nascita in un un contesto, in un mondo storico sottoposto comunque alle leggi naturali, pertanto il fiusis è il contesto in cui nasce l’uomo, contesto che ha tutte le sue regole, è l’esempio dell’uomo che nasce nell’Eden il paradiso che aveva le sue leggi. Schmitt dice che il fatto che l’uomo tenda ad occupare il suo spazio e a darsi un ordinamento secondo la legge , e non lo fanno di certo le tigri o i lupi, è l’inizio del Nomos per cui l’uomo smette di cacciare e di pescare e di essere quindi nomade, e si insedia su un territorio stabilendo dei rapporti di forza, ed affermando la sacralità della sfera dei diritti.
Il “nomos basileus” , ovvero il nomos come sovrano, citato nel Passo di Pindaro (in cui Eracle dopo aver rubato i buoi creò il diritto) tramandato da Erodoto e Platone, che comprende sovranità e legge - osserva Schmitt - è il nomos soggetto della sovranità che affida un’idea ordinamentale della società, sul modello del positivismo giuridico fondato sulla grundnorm di Hans Kelsen : la norma fondamentale o meglio la costituzione che è al vertice e nessuno può sottrarsi al suo ordinamento. Il nomos è comunque un diritto arbitrario del più forte, un atto non mediato da leggi ma immediato, un atto della legittimità che solo conferisce senso alla legalità della mera legge .
Il nomos basileus è quello del Medioevo per cui nessuno può compiere atti non contemplati dalla castituzione : il Re era sopra la legge (al di sopra del nomos), ma il Papa era al di sopra di tutti. Il nomos basileus dice Schmitt che risiede nel Re , pertanto egli è al di sopra di esso ma se il sovrano impone una legge non conforme alla popolazione il basileus ovvero il re viene ucciso attraverso una congiura perchè tiranno.
Kelsen è il teorico della norma fondamentale della Grundnorm che si pone a capo di tutti , per cui ognuno compreso chi detiene il potere è subordinato alla legge fondamentale o costituzione. Comunque la carta costituzionale è un patto siglato per delega dei cittadini, tra coloro che sono stati eletti attraverso un mandato a “redigere” la Grundnorm a cui loro stessi si sottoporanno perchè lo hanno reso valido e acccettato reciprocamente , questo patto avrà una sostanza ; pertanto rifare la Costituzione significa rimettere il nomos in una forma .
Schmitt sostiene al contrario di Kelsen che l’ordinamento proviene dal sovrano attraverso un “patto” per cui i cittadini gli delegano il potere, da parte della comunità politica. Questo è un modello che concepisce la politica come decisionismo attraverso un capo che secondo l’art. 48 della Costituzione di Weimar sappia decidere in situazioni di emergenza, e non come mediazione come contrariamente a Schmitt, la concepiva Kelsen attraverso il parlamentarismo capace di riunire tutte le forze democratiche garantite dalla Grundnorm.
IL NOMOS PER OMERO
Se il nomos è la sostanza, del diritto e della sovranità, l’essere e l’identificarsi in un principio che produce la norma.
Quando Schmitt cita l’Odissea di Omero dice che in greco arcaico Noos e Nous sono la mente invece nomos indica la terra.
Nell’Odissea Nous erano le città e fortezze , “nomos e nous” non sono uguali : in quanto il nous appartiene a chi pensa, nel nomos invece è insito il concetto di recinzione; menti dei popoli è uguale a conoscere le leggi dei popoli, il pazzo è colui che non riconosce il nomos , l’anomos è il folle che non riconosce la legge. L’esempio del ciclope Polifemo che mangia i Proci i quali gli portavano in dono il vino è da uccidere perchè antisociale.
Mentalità e città, usi e ordinamenti che regolano strutture delle comunità, costituiscono il primo nomos. Il Nous comprende tutte le usanze che appartengono alla collettività ai popoli, vale a dire il togliersi le scarpe , la subordinazione del lavoro femminile a quello maschile, il diritto che ha ognuno nel porre la sua sovranità entro il recinto, le tradizioni e la cultura , ma ogni nous risiede in un nomos specifico perchè il nomos sta a simboleggiare la diversità degli ordinamenti. Schmitt aggiunge che il concetto di mente è un concetto che si ha con Cartesio che distingue le cose pensanti da quelle non pensanti (res exstensa del corpo), separazione tra materia pensante e non; tra mente e corpo, Kant distingue ciò che si vede da ciò che non si vede dell’uomo tra l’agire e la mente umana, tra il noumeno e il fenomeno.
Schmitt arriva a dire che legge e mentalità per Omero non sono la stessa cosa. Oggi le cose sono cambiate -aggiunge Schmitt- poichè il distacco tra Nous e Nomos è diventato grande: la vita è il nous, la mente è il nomos, le forme sono vissute come imposizioni esterne. L’uomo moderno è quello che vive il distacco tra la mentalità e la forma reale:tra la coscienza soggettiva ed oggettiva, come nella pazzia di Don Chisciotte o nella pazzia di Orlando.
LA CONQUISTA TERRITORIALE DI UN NUOVO MONDO: E LE PRIME LINEE GLOBALI
La conquista territoriale di un nuovo mondo segna il passaggio verso una concezione globale dello spazio anche in virtù degli studi di Keplero il quale sostiene per primo che la Terra non era piana ma un globo; ma il tabù è sfatato anche da Colombo il quale solca acque sconosciute, il cui accesso era quasi vietato da congetture e credenze. I popoli separati dal mare erano estranei all’ordinamento e ad uno spazio globale, pertanto per il nuovo spazio occorreva un ordinamento che fosse globale : un nuovo nomos.
La conquista della Terra e dei mari da parte delle grandi potenze nazionali europee: Francia, Spagna, Prussia e Inghilterra necessiterà di un nuovo ordinamento conune globale diverso dal vecchio nomos.
L’ingresso nella modernità coincide con delle notevoli trasmutazioni nell’idea di confine, nella definizione di uno spazio che oramai è globale alla luce delle nuove scoperte geografiche; non esistendo ancora la cartografia del globo terrestre, si affermano per la prima volta dei confini di definizione geografico-matematica corrispondenti alle coordinate terrestri, specialmente ai meridiani e ciò segna il passaggio verso un nuovo nomos della Terra.
Un significativo processo, indicativo, fra l’altro, d’una nascente contrapposizione giuridico-ideologica e quindi di civiltà fra ‘Terra’ e ‘Mare’, in primis fra Sacro Romano Impero e talassocrazia britannica, così bene tratteggiata da Carl Schmitt. Da esso si svilupperà l’idea delle cosiddette ‘linee globali di divisione’, dalle rayas ispano-portoghesi e dalle amity-lines franco-inglesi, fino alla nozione statunitense di ‘emisfero occidentale’.
Rayas - La determinazione d’una raya o più rayas, ovvero di linee globali di delimitazione tra i territori e i mari appartenenti a due potenze cristiane, quali appunto Spagna e Portogallo, il tutto sotto la garanzia della somma autorità pontificia, diviene una necessità dopo la scoperta e la colonizzazione del cosiddetto nuovo mondo. L’ultimo esempio di applicazione di questa prassi si è avuta, sembra quasi incredibile, proprio in questi ultimi anni, con la poco nota mediazione della diplomazia vaticana fra Cile ed Argentina per la determinazione definitiva del loro confine meridionale. Quel che è necessario sottolineare è l’astrattezza, e quindi la sostanziale artificiosità, davvero tipo ‘scacchiera’, di questo nuovo modo di determinare i confini, del tutto estraneo alla più antica tradizione europea, ed i cui sviluppi nei secoli successivi avrebbe portato, tanto inavvertitamente quanto inesorabilmente, al declino dello ius publicum europaeum, e quindi alla relativa ‘centralità’ dell’Europa in Occidente.
Amity-lines - Le amity-lines franco inglesi, versione più ‘laica’ e pragmatica delle ancora ‘cattoliche’ rayas, erano appunto delle ‘linee di amicizia’, ma facendo un ulteriore passo in avanti nella degradazione dell’idea di confine, già nel senso di limiti all’applicabilità dello ius publicum europaeum, e quindi volte a delimitare di fatto un’arena vastissima ove esercitare una sfrenata violenza di conquista e di dominio. Ad esse si accenna per la prima volta in una clausola segreta del trattato ispano-francese di Cateau-Cambrésis del 1559, ma divengono rapidamente una componente importante del diritto internazionale europeo. Esse passavano a sud per l’Equatore o per il Tropico del Cancro, e ad ovest nell’Oceano Atlantico ad un grado di longitudine, passando per le Isole Canarie o per le Azzorre.
‘Emisfero occidentale’ - La nozione statunitense di ‘emisfero occidentale’, è uno sviluppo di questa esperienza storica soprattutto anglosassone. Essa è concepita quale zona di autodifesa del continente americano, posto così virtualmente tutto sotto sovranità statunitense, ed è ancora solo ‘questo emisfero’ senza ulteriore aggettivazione nella famosa dottrina Monroe formulata nel dicembre 1823, perché effettivamente con essa, in origine, si intendeva in generale solo il nuovo mondo scoperto da Cristoforo Colombo.
Ma di fatto ‘quest’emisfero’ viene gradualmente esteso dai cartografi americani, e guarda caso giusto verso il 1939, ad esser considerato compreso fra il 20° ed il 180° grado di longitudine ovest, venendo ad includere così di fatto anche Groenlandia, Islanda (che sarà infatti occupata durante la Seconda Guerra Mondiale) e le Azzorre ad est, ma poi anche, chissà perché, sempre verso est fino alle Isole di Capo Verde ed alla Nuova Zelanda ad ovest. Si sa, la sicurezza non è mai troppa. Fra l’altro, sia detto en passant, l’inclusione così di fatto di gran parte dell’immensa estensione dell’Oceano Pacifico nel proprio emisfero viene prudentemente segnalata da Schmitt (1991) come uno dei fattori che portarono al conflitto col Giappone nel ‘41.
Le nuove scoperte geografiche oltre che a segnare il passaggio dall’antico al moderno, da uno spazio pre globale ad uno globale con l’esigenza di un nuovo nomos, capace di regolare lo spazio vuoto della conquista attraverso delle linee di definizione e organizzazione degli spazi, non come delimitazione di spazi da includere ma da escludere, al di la delle linee di amicizia si può fare guerra perchè dice Schmitt: vige uno Stato di eccezione dove è possibile sospendere la legge o meglio la legalità. Schmitt dice che nello Stato di eccezione vi è una condizione di nichilismo : ovvero una condizione dove non c’è differenza tra bene e male perchè tutti i valori sono in una condizione di statico appiattimento.
La sospensione del diritto pubblico europeo nello Stato di eccezione: dava vita a uno spazio libero: di deregulation dove vi era assenza di mercato e dove si poteva esercitare la pirateria, utilizzata dall’Inghilterra per affermare la propria sovranità. L’idea di spazio libero è un’idea nuova, poichè dapprima lo spazio era concepito per regolarlo attraverso l’intervento dello Stato; una concezione che nasce in Inghilterra dove “gli enclousers” sono i primi spazi recintati e regolati, fino al concepimento dello Stato etico ed amministrativo Hegeliano: con cui si fa strada l’idea che non esista uno spazio libero, e che ogni spazio va regolato. In Inghilterra si diffonde anche il concetto di humanitas e di cittadinanza attraverso l’ Habeas Corpus, che sancisce quelli che sono i diritti umani dello Stato borghese.
Così con il diritto internazionale, si pone un ciclo bifronte tra regole e deviazione, dove da un lato si stabilivano delle regole dettate dal diritto pubblico europeo per cui nessuno stato muoveva guerra, dall’altro veniva legittimato uno Stato di eccezione e “deviazione” dove ciascuno stato poteva fare ciò che voleva anche attraverso la pirateria, poichè la legalità era sospesa. Il meridiano di Pascal non è altro che il meridiano delle linee di amicizia della sua epoca , che ha effettivamente aperto un abisso tra la libertà , ovvero l’assenza del diritto tipica dello stato di natura hobbesiano , e l’ambito di uno civile ordinato.
Con lo jus publicum europaeum il titolo per la conquista di un teritorio è l’occupazione, secondo il diritto civile romano, e non più la scoperta.

LA GIUSTIFICAZIONE DELLA CONQUISTA TERRITORIALE DI UN NUOVO MONDO : LA GUERRA GIUSTA
Schmitt ora pone il dibattito sulla questione delle conquiste degli Spagnoli nelle Americhe e se fosse giusto che gli Indios li si dovesse trattare come occidentali, e se fosse legittima la conquista dal punto di vista del diritto internazionale, appunto legittimata dalla Spagna come missione pontificia.
Sulla legittimità della guerra si sofferma Francisco DeVittoria , teologo dominicano filosofo della tarda scolastica, che con le sue opere le Relectiones de Indis et De iure belli scritta nel 1539, compie un ‘analisi della conquista dell’America rimanendo neutrale e segnalando i pro e i contra di questa che lui chiama missione cristiana (egli appartiene, nonostante la sua neutralità obiettività e umanità sia del suo non distacco dalla justa causa, al Medioevo cristiano e non al moderno diritto interstatale), pur intravedendo nella scoperta e nella conquista dell’America una certa continuità con la Res pubblica crhistiana secondo i concetti di ordine spaziale del Medioevo, allo stesso tempo ne sancisce la fine dell’universalismo del Papa e dell’imperatore dichiarando illegittimi tutti i titoli derivanti da una pretesa di dominio temporale di territori che appartengono agli indigeni, in quanto oramai sta per finire l’idea teologica dell’evangelizzazione che cederà il passo all’inizio della cultura laica, per cui nascerà lo Stato territoriale e l’organizzazione moderna della politica internazionale; Ecco che la scoperta dell’America segna una fase di transizione dall’ordinamento medievale Jus ad gentium, all’ordinamento dello Jus publicum eropeum.
Schmitt sottolineando il suo elemento umano e morale per cui De Vittoria diceva che gli Indios d’America erano uomini e non bestie, e non li si poteva privare dei loro diritti anche se non cristiani pertanto è legittimo che mantegano la propria sovranità sul loro territorio.
Nei secoli XVI-XVII la scoperta costituiva il titolo giuridico per l’occupazione di un territorio, e ciò per de Vittoria era illegittimo per il fatto che per lui il territorio americano non è libero nè privo di dominio; Di Vitoria riconosce però l’incarico pontificio di missione cristianizzante; pertanto conferendo una visione pittosto critica della conquista dell’America che la giudica sotto il profilo della coscienza una “barbaria”, in virtù dei metodi di “cristianizzazione” di quei popoli, sia moralmente che giuridicamente, alla luce delle crudeltà compiute dagli Spagnoli definiti i “simili” dei barbari. Comunque de Vitoria perviene senz’altro ad una conclusione positiva riguardo alla conquista spagnola , poichè da essa discende la cristianizzazione di quei popoli e il diritto al liberum commercium , egli contesta i metodi. Egli diceva che gli Indiani benchè non cristiani, non dovevano essere trattati come criminali , ma come avversari di guerra .
Di Vitoria sostiene che gli Spagnoli debbano compiere nei confronti dei popoli barbari dell’ America un ‘opera civilizzatrice, non attraverso una sottomissione violenta, che sarebbe tollerata come “guerra Justa” solo qualora i barbari si ribellassero con violenza a quest’ondata civilizzatrice o qualora i barbari opprimessero ingiustamente altri popoli nella loro terra.
“I tituli” sono le prerogative, che rendono legittima la conquista chi può e chi non può; questa titolarità era data ai prinicipi cristiani, ma oramai questi tituli erano secondo de Vitoria desueti.
Schmitt aggiunge che oramai nel 1500, si era erosa l’autorità dell’imperatore del Sacro Romano Impero.
Sepulveda cattolico, presentava invece gli Indiani come Barbari criminali e cannibali che compievano sacrifici umani, pertanto era legittimo che la loro terra fosse oggetto di conquista, e lo sterminio come necessario e sistematico. Sepulveda cita Aristotele che definisce le popolazioni barbare “schive per natura”.
Così Bacone sostiene che gli Indios siano solo banditi in quanto cannibali, per ciò privi di diritti, assoggettabili nella categoria dei sottouomini come dei “bruti” da civilizzare. Benchè la Spagna fosse nel XIV secolo ancora fortemente cattolica, affioravano queste discriminazioni, ma non di natura biologica che compariranno in Ugo Grozio allorchè affermava la superiorità degli gli Indiani d’America perchè di razza nordica .
Schmitt che è un pensatore cattolico conservatore, critica l’umanesimo quale fonte della cultura laica che è madrina del razzismo, una cultura che va da Bacone a Nietzeche per cui c’è una dissacrazione del tema uomo, per cui viene distinto e radicalizzato ciò che è umano e ciò che non è umano, sino a quando con Nietzche non appare il sottouomo e il superuomoche nasce dalla morte di Dio che non ha nulla da dare al sacro.
Schmitt difendendo la cultura cattolica appunto distinguendo, che il cristianesimo si fondava sulla superiorità in bae al battesimo, vera discriminante tra cattolici e non cattolici. Appunto difendendo la Chiesa che non faceva una differenza sul modello della cultura secolarizzata, che prevedeva la discriminazione su basi biologiche ciò che sta alla base del razzismo. Pertanto Schmitt sostiene che il concetto di sterminio è un concetto laico e non cattolico, per cui le grandi campagne contro gli Indiani d’America compiute tra ‘700 e ‘800 in nome dello sterminio delle bestie, fa parte della cultura laica.
LO “JUS PUBLICUM EUROPAEUM”
Il costituirsi degli Stati nazionali spezza e sconsacra i vincoli medievali, dell'unità della Res publica christiana, la comunità politica basata su una doppia aurtorità: la diarchia Papato-Impero, e si affermano quelle entità individue, territorialmente delimitate, assolute e centralizzate, che sono le nazioni moderne, o meglio gli Stati nazionali sorti dai residui del Feudalesimo, dapprima Signorie e Principati mostrano una prima forma di autonomia ma sono ancora subordinati al Papato.
Fino al ‘500 l’Impero era subordinato alla Chiesa cattolica che deteneva il potere temporale insieme a quello spirituale (la Chiesa o meglio il Papa deteneva la potestas e la veritas, invece l’imperatore l’ auctoritas e l’imperium), impedendo così la formazione dello Stato nazionale, a cui in Italia si è guinti con la “breccia di Porta Pia”.
La Chiesa di Roma ha impedito con la forza la nascita dello Stato nazionale a cui si è giunti, dopo il distacco di Calvino , Lutero ed Enrico VIII dalla Chiesa di Roma. Lo Stato nazionale dice Schmitt nasce dalla nutralizzazione della religione ecco perchè prima della Riforma non si può parlare di “stato nazionale” che si comincia a formare quando finisce la funzione di “kate-con” dell’imperatore, e comincia a governare il suo territorio indipendentemente, senza l’influenza della Chiesa. La Chiesaora diventa uno strumento per la propria politica e polizia statale.
Così si passa dalla Città di Dio di S. Agostino al concetto di comunità autosufficiente nascente dall’urbanesimo, secondo il modello di Bruno e Campanella della città del Sole dove gli unici comandamenti sono quelli della vita civile e non quelli cristiani ; già Dante auspicava nel de Monarchia alle comunità autonome prettamente popolari separate dall’egemonia temporale del Papato.
Sulla base dell’unità politica interna da essa realizzata lo stato , diventato sovrano (superate anche le guerre di religione), forma una superficie territoriale conchiusa delimitata verso l’esterno dai confini precisi e in grado di regolare i rapporti esterni con altri ordinamenti territoriali similmente organizzati mettendo fine a tutti i concetti specifici del diritto internazionale medioevale (lo jus ad bellum) soprattutto alle idee della guerra giusta rette dalla respublica christiana. Tali rapporti sono organizzati dallo jus publicum europaeum. Su tali basi sorgono sistemi politico-giuridici differenti, orientati secondo un diritto o nomos che cominci ad essere globale. Con la pace di Westfalia del 1648 dopo la guerra dei Trenta anni, si può parlare di Stati sovrani come entità di un nuovo ordinamento spaziale e come oggetto di un nuovo diritto internazionale imponendosi come concetto giuridico , questo spazio unitario viene rappresentato come magnus homo in qualità di soggetto di diritto quale persona sovrana.
Lo jus publicum europaeum (un nuovo jus gentium interstatale eurocentrico) , che nasce alla fine del Cinquecento con Bodin che teorizza lo stato sovrano disgiunto dalla Res pubblica christiana, Ayala, Alberigo Gentile , per poi culminare in Grozio, sancisce la fine della respublica christiana del medioevo , in cui la “potestas spiritualis” della chiesa fungeva da autorità riconosciuta nel dirimere le controversie internazionali , rappresentando nello stesso tempo l’unico ideale politico. Pertanto tra le conseguenze della Riforma i teologi venivano esclusi dalla trattazione in materia di diritto internazionale, sostituiti oramai dai giuristi al servizio di un governo.
Soggetto dello Jus publicum europeaum è ora lo Stato moderno. Il nuovo diritto internazionale, regola i rapporti tra gli Stati, segnando “il passaggio decisivo dal diritto internazionale medioevale a quello moderno , da un sistema di pensiero ecclesiastico -teologico a uno giuridico statale”; (“mediante questa formalizzazione giuridica si rese possibile una razionalizzazione ed una umanizzazione , cioè una limitazione della guerra che durò per due secoli” ciò fu teorizzato da Talleyrand, che riprese Hegel il quale sosteneva “che lo stato era portatatrice di progresso solo umanizzando e razionalizzando la guerra”) , ora con il nuovo Nomos la guerra in Europa non è legittimata, in quanto esiste il diritto pubblico europeo, di fatti la comparsa del diritto internazionale, serviva proprio a limitare la guerra in Europa (precedentemente insanguinata dalle guerre di religione) e ad estenderla in America. Il fine del diritto internazionale era quello di creare un equilibrio tra le nazioni. Schmitt sostiene che le guerre interetniche e intereligiose scaturiscono da un mancato riconoscimento della statualità, di società senza stato.

L’unica decisione in tal senso spetta al sovrano territoriale portatore dello jus publicum europaeum, che diventa nagnus homo e persona pubblica . (Hobbes ritiene che la lotta tra questi grandi uomini avvenga in uno Stato di natura, rappresentato come una lotta asociale tra Leviatani; Hobbes crede sì che esistano dei diritti nello stato di natura, ma che questi debbano essere alienati completamente al corpo politico per evitare l'anarchia; o chi, in qualunque modo, è convinto che la collettività, o lo Stato, la Nazione, la Chiesa, siano più importanti degli individui. "Il bene comune viene prima del bene privato” .
invece Locke pensa ad una comunità sociale di gentelman. Locke per primo descrisse coerentemente in una teoria politica basata sull'affermazione dei diritti individuali naturali e sull'ipotesi di una società basata sul consenso. Il giusnaturalismo è una delle chiavi implicite utilizzate dai curatori per distinguere chi è liberale da chi non lo è. Chi non crede che ci siano dei diritti individuali tra cui, primo fra tutti, il diritto di proprietà - da far valere al di là e contro qualunque autorità esterna non è liberale.
Tuttavia lo Stato, contro cui un altro Stato muove guerra, non è considerato alla stregua di un nemico dell’umanità per cui è lecito muovergli guerra per una justa causa, ora l’ordinamento giuridico internazionale interstatale che va dal XVI al XX secolo definisce il nemico come justus hostis, cioè come un nemico le cui ragioni sono quanto meno equivalenti a quelle dell’avversario, pertanto è legittima ogni guerra interstatale condotta tra sovrani con eguali diritti senza “discriminazioni di diritto internazionale”, con eguaglianza giuridica prima negata perchè la guerra era giusta in quanto missione teologica contro popoli non cristiani, sul piano giuridico non pari ai cristiano europei. Anche se si ammette in termini Hobbesiani chenella lotta che ha lugo nello stato di natura “l’uomo è lupo per l’altro uomo”ciò non ha alcun significato discrimnante , poichè anche nello stato di natura nessuna delle parti si trovano in conflitto ha il diritto di sopprimere l’eguaglianza giuridica , attribuendo a se stessa la qualità di uomo , all’avversario invece quella di lupo.
“Tra il Medioevo e l’età moderna si compie una duplice separazione di due ordini di idee che per tutta la durata del Medioevo sono apparsi inseparabili : nel definitivo distacco dell’argomentazione ecclesiastica e teologico-morale da quella giuridico statale nel distacco ugualmente importante della questione morale e giunsnaturalistica della justa causa da quello tipicamente giuridico formale dello justus hostis distinto a sua volta dal criminale , vale a dire dall’oggetto di un ‘azione punitiva”.
Lo spazio governato dallo jus publicum eropaeum resta quello dello stato di natura Hobbesiano , del bellum omnium contra omnes, in cui ciascuno è giudice nella propria causa e in cui vige il principio homo homini lupus.
Ma ciò non ha alcun significato discriminante perchè anche nello stato di natura nessuna delle parti in conflitto ha il diritto di attribuire a se stessa la qualità di uomo, all’avversario invece quella di lupo. E’ in qualche modo un tentativo in buona parte autocritico di riconquista del limite . Si tratta certamente di un programma minimo. E tuttavia per un mondo ancora sconvolto dalle guerre di sterminio sarebbe già qualcosa.
Dal concetto medioevale di guerra giusta della respubblica crhistana; Nel ‘600 ci sono anche le guerre interstatali (la guerra dei Trent’anni),per cui vige il principio di occupazione, da cui esce un nuovo nomos interstatale ed eurocentrico, oltre che di linee di amicizia, di trattati di pace che delimitano i confini, di suddivisioni di territori e di spartizioni. Lo Stato sovrano riconosciuto poteva rimanere anche in guerra con altri stati sovrani , uno justus hostis e terminare la guerra con un trattato di pace e precisamente con un trattato di pace includente una clausola di amnistia. La guerra viene razionalizzata ed umanizzata.
La definizione dei confini e delle linee di amicizia sta a sugellare la teoria Schmittiana amico-nemico secondo cui ogni Stato unitario forma il suo recinto delimitato per cui quello che sta dentro è l’amico quello che sta fuori è il nemico.
La dottrina aristotelica si basava sulla societates perfecta che S.Agostino teorizzò come come la “Città di Dio” , e ciò divenne un patrimonio comune sino alla Riforma di Lutero, che segna un processo di laicizzazione dello Stato. Il sovrano medievale differentemente dal ‘600, ‘700: aveva la funzione di catecon , di fatti a Carlo Magno veniva dato il compito della difesa del catecon, ovvero dei principi cristiani; Carlo Magno non è un super sovrano è solo il primus inter paribus; infatti nel Sacro Romano Impero che era una confederazione gli imperatori erano a carica elettiva, incoronati dai Papi e non erano investiti secondo una carica ereditaria ovvero secondo un potere dinastico ; governare I territori della confederazione competeva ai principi e non a Carlo; il latino era la lingua universale che sigillava questa simbiosi (rapporto di interdipendenza) Papato-Impero.
Il tiranno nel Medioevo è per l’ordinamento della terra il nemico comune dell’impero, per l’esercizio del potere contrario all’ordine in una formazione continua, come il pirata è per l’ordinamento del mare il nenico del genere umano.
Schmitt analizza oltre che la disgregazione della Res pubblica crhistiana come prima forma di separazione dell’ Impero dal Papato, la specifità del cesarismo come forma del potere non cristiana è un fenomeno moderno che nasce dopo la Rivoluzione francese del 1789. L’impero di Naoleone Bonaparte per designazione popolare e non cristiana , infatti Napoleone è l’imperatore senza l’incoronazione da parte del Papa , Napoleone non si sottopone all’investitura della Chiesa ma si fa incoronare dai francesi. La Francia resta cattolica dopo la strage degli Ugonotti nella notte di S. Bartolomeo , ma non accetta la dipendenza dalla Chiesa e sostituisce ad essa un ordinamento a sovranità laico-popolare, con una Chiesa francese che godeva di piena autonomia e diventava un organo di “polizia” con Richelieu e Mazarrino nell’ambito dello Stato. A sancire la fine dell’ordinamento medievale in Francia sarà l’Editto di Nantes secondo cui Enrico IV sancisce sia pure entro certi limiti, il principio della libertà di coscienza riconoscendo a tutti I cittadini del regno la pienezza dei loro diriti civili, indipendentemente dalla loro professione religiosa , così si superava il principio germanico medievale del cuius regio , eius religio l’identificazione spagnola di nazionalità e cattolicesimo, e l’analoga identificazione dell’Inghilterra con la religione anglicana.
Dalla deteologizzazione, quindi con la formazione dello Stato laico, che non presuppone l’unità della formazione religiosa, con il superamento del principio medievale cuius regio eius religio , nasce il mercato, in quanto vengono rimossi i contrasti perchè cessano le guerre civili di religione che si assomigliano a delle faide, tra fazioni tra protestanti e cattolici etc. Ed ecco che con la gestione dell’economia e dell’ordinamento politico del libero mercato si diffonde il principio del “cuius regio, eius economia” che sta a significare che l’economia è di colui il quale è la regione.
A questo diritto si oppone un diritto diverso, quello del mare che rimane l’unica superficie spaziale libera per tutti gli Stati e aperta al commercio, alla pesca e al libero esercizio della guerra marittimo e del diritto di preda , senza preoccupazioni di vicinato o di confine geografico. Soggetto di questo diritto non è lo Stato ma la società. Il mare non è nè territorio statale nè coloniale e nè zona occupabile pertanto rimane al di fuori di ogni ordinamento spaziale statale.
L’ordinamento eurocentrico del mondo, sorto nel secolo XVI , risulta così suddiviso in due diversi ordinamenti globali della terra e del mare.
La grande risoluzione complessiva del diritto internazionale dei secoli XVI e XVII culminò dunque nell’equilibrio tra terra e mare , nel confronto tra due ordinamenti che solo nella loro coesistenza piena di tensioni determinavano il nomos della terra.
L’Inghilterra rimasta sempre fuori dalle guerre europee di terraferma , è elemento di congiunzione e di equilibrio tra i due diversi ordinamenti della terra e del mare, bensì proiettata verso il mare e il libero commercio sulle rotte oceaniche, essa si presenta come una vittoria dell’economia sulla politica, della libertà sull’assolutismo attraverso il costituzionalismo dell’Habeas Corpus e la Rivoluzione Inglese, ciò rappresenta il trionfo della ragione, sulla follia dei regimi continentali sempre in lite tra di loro : una vittoria, quindi, della pace sulla guerra.
Anche se Schmitt sostiene che l’economia è una delle forme di neutralizzazione della politica, in quanto i fattori economici distolgono lo studioso dal primato della politica e dei processi storici.
In realtà questo Seerecht o diritto del mare esprime le grandi linee di una politica certamente diversa da quella continentale, ma più insidiosa, fondata sul potere marittimo, sulla superiorità economica, sull’espansionismo coloniale, sul mantenimento dell’equilibrio tra le potenze europee (il che prefigura un diritto di intervento sul continente); sono le linee di fondo della politica estera inglese, anticipate dall’Utopia di Thomas More.
La forma insulare costituisce da sola una difesa naturale contro il nemico, e rende superflua la presenza di eserciti stanziali, impedendo la nascita del militarismo: il costituzionalismo liberale può così celebrare i suoi fasti. Ma dove la forma continentale genera il fenomeno opposto - come in Germania - il costituzionalismo può essere solo uno strumento a servizio della politica estera inglese. L’avversione per il liberalismo riceve in tal modo un più saldo fondamento materiale.
Lo sviluppo dello Stato moderno che prosegue con le scoperte e le conquiste geografiche, con l'espansione dell'impero britannico - dominatore dei mari e del globo - con l'esportazione del modello della civiltà europea nel nuovo mondo e si conclude con l'imporsi dell'America come arbitra delle sorti del pianeta: sarà paradossalmente, il Nuovo Continente - erede dello spirito occidentale, paladino dei valori di umanità, libertà e progresso che si erano affermati in Europa - ad avviare la dissoluzione dei principi della cultura europea.

LA QUESTIONE DI UN NUOVO NOMOS DELLA TERRA
Gli appelli di Schmitt alla dottrina Monroe (in un messaggio al Congresso del dicembre 1823 il presidente James Monroe dichiarava che da quel momento in poi il continente americano non doveva essere più considerato “oggetto di futura colonizzazione da parte di nessuna potenza europea” e che gli Stati Uniti, impegnandosi a non intaccare gli affari europei, avrebbero considerato un atto ostile nei propri confronti ogni intervento europeo sul continente americano.Questi principi furono noti, da allora come la dottrina Monroe) per il riconoscimento di uno “spazio tedesco”analogo allo spazio americano non erano disgiunti dalla consapevolezza che le due concezioni dello spazio erano molto diverse tra loro, perchè discendevano dalla grande dicotomia “continentale-isulare”. Il concetto di politico viene in tal modo diversificato e arricchito da Schmitt , e ancorato a due dati oggettivi : la terra e il mare.
L'espansione illimitata dei confini dell'Occidente determinerà l'eclissarsi di quel vecchio Nomos ovvero la legge comune lo ius publicum europeo, che diventa la sovranità e che Carl Schmitt vedeva fondato proprio sul "limite", sulla differenza tra una pluralità di Stati diversi.
Ecco che viene ridefinito il Diritto Internazionale tra gli Stati attraverso linee di definizione che Schmitt chiama linee di amicizia con la divisione della superficie acquatica dopo la scoperta dell’ America.
Dura poco più di quattro secoli la storia della grandezza e del declino dell'Europa, abbraccia un arco di tempo compreso tra l'inizio della modernità e la fine del secondo conflitto mondiale.
Le conseguenze più rilevanti del modello politico giuridico insulare (gli Stati Uniti) sono una criminalizzazione e una discriminazione del nemico, che non viene più considerato justus hostis (dell’età moderna postmedioevale), ma secondo l’ottica (kantiana) di chi non dovendo sperimentare continuamente sul proprio corpo la dura necessità di combattere, inclina alla presunzione morale e si erige a giudice sancendo la Germania quale:
hostis generis humani, in qunto la teoria moderna della guerra giusta (in senso kantiano è una guerra condotta contro un nemico ingiusto che vuole destabilizzare l’equilibrio della pace internazionale, ritornando allo stato di natura, pertanto è giusto che gli altri stati conducano una guerra di coalizione al fine di ristabilire l’equilibrio) mira proprio alla discriminazione dell’avversario in quanto artefice di una guerra ingiusta, la guerra stessa diviene un crimine nel senso penalistico del termine l’aggressore viene definito criminale nel peggiore significato del termine, ed è posto come il pirata.
La differenza tra le guerra giusta medioevale il cui teorico è De Vitoria e la guerra giusta dell’età contemporanea, sta che la guerra medioevale era una guerra giusta offensiva al fine di cristianizzare ma allo stesso tempo FORNIRE UN TITOLO GIURIDICO PER LA CONQUISTA TERRITORIALE, invece la guerra giusta contemporanea è mossa contro chi è aggressore, contro chi spara il primo colpo.
L’attuazione pratica di tali principi si avrà durante la I guerra mondiale, quando gli americani, eredi della tradizione politica insulare e isola essi stessi nell’immaginario collettivo, interverranno in aiuto degli inglesi sancendo la fine dello “jus publicum eropaeum” e la crisi dell’eurocentrismo che sfocierà nel totalitarismo tra il 1919 e il 1920 causa la crisi delle classi dirigenti, e con il tramonto dell’Inghilterra allora potenza egemone e l’ascesa degli Stati Uniti al vertice di un ‘egemonia ancora saldamente mantenuta, inoltre gli Stati Uniti si consacrano come i gendarmi internazionali.
La guerra nei confronti degli Imperi centrali e in particolare della Germania diventa “un atto punitivo”, un’ operazione di polizia degli Stati Uniti.
L’ordinamento sancito dallo jus publicum europaeum viene infranto con il “Trattato di Versailles del 1919” con l’articolo 227 e 228 del trattato , che pone sotto accusa il vecchio imperatore Guglielmo II come criminale di guerra e responsabile morale , sulle responsabilità della guerra , e con l’articolo 231 del protocollo di Ginevra del 1924 sulla tendenza alla criminalizzazione della guerra di aggressione.
Alla Germania con il diktat di Versailles gli verranno imposte pesanti sanzioni, la sottrazione dell’Alsazia e dela Lorena in favore della Francia, la cessione dei bacini minerari della Saar e della Rhur e la smilitarizzazione del suo esercito.
La costituzione della Società delle Nazioni tenuta a Ginevra il 28 Aprile 1920 rappresentò il momento in cui con maggiore determinazione si tentò di realizzare un’efficace razionalizzazione politica e costituzionale assoggettando a criteri formalizzati e tali da garantire l’obiettivo supremo della stabilità sia le relazioni internazionali che le strutture istituzionali dei singoli Stati. Nella concezione del suo ideatore il presidente americano Thomas Wilson essa avrebbe dovuto garantire la pace, il disarmo l’equilibrio mondiale grazie alla messa in opera di uno strumento di gestione cocordata delle tensioni in modo tale da fondare le relazioni tra gli Stati sui principi della giustizia e dell’onore. Questa regola che esprimeva l’utopica aspirazione a una regolamentazione delle relazioni internazionali fondate esclusivamente sul consenso e la speranza di poter e sempre giungere alla risoluzione dei conflitti attraverso la mediazione e l’accordo tra le parti determinò nei fatti la paralisi e l’inefficacia dell’organismo impedendogli di intervenire in tutte le crisi più gravi; senza un organismo giuridico che preveda l’applicazione di sanzioni e senza una struttura militare di intervento. La Società delle nazioni quindi non funzionò mai secondo le aspirazioni dei suoi fondatori tanto più che il presidente Wilson l’uomo che più di ogni altro l’aveva voluta e che intendeva come strumento di realizzazione della giustizia internazionale , fu posto in minoranza all’interno del suo stesso Paese il senato degli Stati Uniti dove i repubblicani avevano ottenuto la maggioranza si oppose alla partecipazione americana sia perchè prevalse in molti la vecchia tendenza conservatrice all’isolazionismo e allo sfruttamento dell’egemonia nell’area del Pacifico sia perchè si temeva un eccessivo coinvolgimento nel’area europea giudicata esplosiva.
Purtroppo questo ritorno ad una concezione moralistica della guerra e della politica avviene proprio nel momento in cui lo sviluppo della tecnica sconvolge i tradizionali limiti geopolitici di terra e mare, unificando il globo in un unico terreno di battaglia che comprende terra, acqua e aria.
Questo significa che contro un nemico, che ora viene criminalizzato possono essere utilizzati tutti i mezzi di sterminio della guerra totale.
La politica fondata sulla giustizia non tarderà a rivelare il suo volto di Gorgone nel secondo conflitto mondiale, nei bombardamenti a tappeto culminato con il lancio di armi atomiche sul Giappone, e il suo vero obiettivo nell’asservimento dell’Europa - e tendenzialmente del mondo intero - al mercato sovranazionale. Il nomos della terra non esiste più.
Potrà mai venire un nuovo nomos ?
La via dello spirito passa anche per errori nei quali lo spirito, pur nell'errore, rimane ancora spirito. CARL SCHMITT
Il passaggio dalla guerra "di carne e di sangue" dei fanti alla guerra meccanica di von Hammer, resa possibile dall'avanzare della tecnica alla conquista della natura, è stato spesso interpretato come "progresso"(!). Dal dominio sullo spazio terraneo si è passati al dominio sullo spazio marittimo e infine al dominio sullo spazio aereo. L'aereo in guerra adempie alla sua funzione di morte in un modo tale che diventa evidente in nesso tra l'assoluto disorientamento spaziale e il carattere di puro annientamento della guerra aerea moderna. La morte "aerea" giunge simile ad una operazione di pulizia: non più l'orrore, bensì l'igiene vale oggi. Un pensiero infinitamente più lucido e penetrante del nostro può aiutarci a trovare la strada:
Non è...la stessa cosa se la struttura di un mondo industriale e tecnicizzato, che l'uomo costruisce sulla terra con l'aiuto della tecnica, assuma quale propria base un'esistenza terranea o invece un'esistenza marittima. Oggi sembra d'altra parte già possibile pensare che l'aria divori il mare e forse persino anche la terra, e che gli uomini stiano trasformando il loro pianeta in una combinazione di depositi di materie prime e di portaerei. Vengono quindi tracciate nuove linee di amicizia al di là delle quali cadono bombe atomiche e all'idrogeno. Malgrado ciò noi continuiamo a nutrire la speranza di riuscire a penetrare il regno di senso della terra, e che siano gli spiriti pacifici a possedere il regno della terra (Carl Schmitt, I Nomos della terra nel diritto internazionale dello "jus publicum europaeum", trad. it., Milano, Adelphi, 1991, pag. 29).
La guerra di von Hammer è guerra tecnica che ha perso ormai l'originario nesso tra ordinamento (giuridico-internazionale) e localizzazione: il dominio non consiste più in una concreta occupazione di terra, e nemmeno in un determinato rapporto tra terraferma e mare. Lo spazio aereo è completamente libero, così che più nessuna distinzione esiste tra civili e soldati quando le bombe vengono dall'alto. Solo un'unica, importante, norma resiste del concetto classico di guerra agli inizi del Novecento: lo jus belli rimane prerogativa dei soli Stati sovrani riconosciuti dal diritto internazionale. La rottura dell'ordinamento terraneo avvenuta con l'irruzione della tecnica moderna è stata parzialmente controbilanciata dalla sopravvivenza di un diritto internazionale per il quale il concetto di nemico riveste valore giuridico, ed è dotato di piena dignità, in un'ottica di reciproco riconoscimento esistenziale.
Le cose cambiano, e non di poco, con l'avvento della guerra terroristica nel Vietnam di Edward Mannock (cfr. Enemy Ace, in "orto Maltese", X, n. 8 - 107 -, agosto 1992, pp. 117-120; e n. 10 - 109-, ottobre 1992, pp. 28-37). Qui non solo si è sgretolata l'unità di ordinamento e localizzazione, come già era avvenuto per von Hammer, che tuttavia, nella asettica crudeltà della moderna guerra aerea, ancora riconosceva nel nemico un uomo. Qui si è sgretolato anche, e definitivamente, il concetto di nemico. Il nemico è stato, storicamente, inimicus privato, cioè nemico mio di me; ed è stato hostis pubblico, cioè nemico in quanto appartenente ad una comunità con la quale la mia si trova in conflitto. La guerra, nella concezione del diritto europeo classico, non è però solo violenza cieca e arbitraria: durante il conflitto intervengono rapporti puramente formali quali le dichiarazioni di guerra e di neutralità, i trattati di pace, gli armistizi ecc. che conferiscono pari dignità allo straniero, nel riconoscimento dell'altro quale soggetto portatore di diritti. Oggi invece il nemico è inimicus pubblico, contraddittoriamente denotato, e cioè nemico mio di me in quanto ideologicamente nemico della mia comunità. un tale nemico non ha più alcun diritto, neppure di vita, data la sua natura di ostacolo per il raggiungimento dell'ordine mondiale definitivamente pacificato attraverso il progresso economico. il concetto di guerra diventa discriminante proprio con la distinzione moderna tra guerra giusta e guerra ingiusta. Ed è attraverso il concetto di guerra giusta che oggi viene giustificato, a tutte le latitudini, l'impiego dei moderni mezzi di sterminio. il nemico viene connotato ideologicamente, diventando così di volta in volta il comunista, l'ateo, il fascista, il pacifista, il capitalista e così via. Unico minimo comun denominatore di tutte queste distinzioni: il nemico deve essere totalmente estirpato dalla faccia della terra. Tutti gli schemi sono così saltati: niente più justus hostis, niente più justum bellum, ma solo nemici-criminali da eliminare. Contro il nemico vanno intraprese azioni di disinfestazione sociale sotto forma di guerra totale e di annientamento. Si perde così l'idea della limitazione della guerra:
Le odierne scienze naturali forniscono a ogni detentore del potere strumenti e metodi che trascendono il concetto di arma e, con esso, anche quello di guerra. lo sviluppo dei moderni messi di annientamento si accompagna al mutamento di significato della guerra. Anzi, lo rafforza ancora di più. Fino ad oggi esso è andato di pari passo con il corso della criminalizzazione (Carl Schmitt, Il Nomos della terra, cit., pag. 410).
La guerra terroristica è il punto di arrivo delle trasformazioni del concetto e dell'avvento della tecnica nella modernità. Nella Sconosciuto di Magnus questo processo è rappresentato al culmine della sua disgregazione interna, con la raggiunta dissoluzione delle categorie dello straniero e del nemico. In Largo delle tre api e in Full Moon in Dendera tutti sono contro tutti: francesi contro inglesi, arabi contro americani, vescovi contro vescovi, con contorno di servizi segreti e agenzie di spionaggio, aristocratici archeologi e integralisti islamici, mercenari di mezzo mondo e semplici ladri di polli. Nessuna limitazione della guerra vale in questo scenario nel quale prende corpo il problema (strettamente moderno) della "qualità" delle armi:
La limitazione dei mezzi di annientamento e la limitazione della guerra riguardano...- oltre che il diritto di preda e il rapporto con la popolazione colpita dalla guerra - anche la questione della guerra giusta. Tale questione presenta due diversi aspetti: quello del nemico giuridicamente riconosciuto, distinto dal criminale e dal bruto, cioè dello justus hostis, e quello della giusta causa, la justa causa. Entrambi gli aspetti della questione sono in collegamento specifico con il tipo delle armi. Se le armi sono in modo evidente impari, allora cade il concetto di guerra reciproca, le cui parti si situano sullo stesso piano. E' infatti proprio di tale tipo di guerra il fatto che si dia una certa determinata chance, un minimo di possibilità di vittoria. Se questa viene meno, l'avversario diventa soltanto oggetto di coazione. Si acuisce allora in misura corrispondente il contrasto tra le parti in lotta. Chi è in stato di inferiorità sposterà la distinzione tra potere e diritto negli spazi del bellum intestinum. chi è superiore vedrà invece nella propria superiorità sul piano delle armi una prova della sua justa causa e dichiarerà il nemico criminale, dal momento che il concetto di justus hostis non è più realizzabile. La discriminazione del nemico quale criminale e la contemporanea implicazione della justa causa vanno di pari passo con il potenziamento dei mezzi di annientamento e con lo sradicamento spaziale del teatro di guerra. Il potenziamento dei mezzi tecnici di annientamento spalanca l'abisso di una discriminazione giuridica e morale altrettanto distruttiva (Carl Schmitt, Il Nomos della terra, cit., pp. 429-430).
La guerra si è trasformata in guerra civile, in azione di polizia. Il nemico non è più investito di riconoscimento giuridico, così che a lui non viene più attribuita alcuna dignità. Il problema non è quello della violenza: i morti sono sempre morti, in qualunque epoca e in qualunque forma. Ciò che è qui centrale è l'immagine che la civiltà occidentale ha di se stessa. cioè, in un certo senso, il problema dell'ideologia.
Enemy Ace ha il merito di descrivere poeticamente uno dei punti di passaggio dalla guerra statale tra eserciti istituzionalmente funzionanti alla moderna guerra terroristica. Lo Sconosciuto rappresenta invece la realtà di un mondo sclerotizzato in una violenta freddezza calcolante che non conosce nobiltà d'animo: solo in alcuni personaggi di frontiera si rintracciano intermittenti concessioni "liriche". In questo mondo, la morte arriva con i princìpi della catena di montaggio: la crudeltà e l'orrore sono, come nel passato, il sintomo dell'assenza della ragione, sono espressioni organiche della moderna razionalità calcolante.
Per trovare un'interpretazione romantico-avventurosa della guerra dobbiamo rivolgerci agli Scorpioni del deserto di Hugo Pratt, e in particolar modo al tenete Stella e al maggiore Fanfulla, italiani del corno d'Africa, che io voglio immaginare nostalgicamente assorti sotto la luna del caldo golfo di Ras Doumeira. Non so se una guerra così "bella" è mai esistita: è però sicuramente esistita una cultura per la quale valeva, anche in guerra, un codice d'onore, un nobile sentimento umano, l'ironia, il gusto del "gioco", il rispetto per il nemico inteso come uomo. Così, in una ideale enciclopedia fenomenologica della guerra, i tre romanzi a fumetti - Gli scorpioni del deserto, Full Moon in Dendera, Enemy Ace: War Idyll - sarebbero necessariamente presenti per la loro reciproca complementarità.
Il giurista, Karl Schmitt (1888-1985) s'impegna invece ad analizzare il rapporto tra Stato totale, guerra totale e nemico totale. La mobilitazione totale ha il suo presupposto nello Stato totale. Ma solo con l'esperienza della guerra anche lo Stato totale può raggiungere una particolare intensità in contrapposizione alla semplice estensione dei suoi interventi e delle sue ingerenze (Schmitt, 1972).
La vicenda del conflitto mondiale mostra come la semplice progressione degli eventi bellici sia in grado di mutare nel volgere di pochi anni intensità e natura di un rapporto di ostilità: entrate quasi per caso, sulla base di un'inimicizia ancora convenzionale, in una belligeranza che si prevedeva di breve durata, le potenze europee sono venute a trovarsi inavvertitamente "nella totalità della guerra, nel senso che la guerra di combattimento continentale, militare, e la guerra inglese, extramilitare, marittima, economica e di blocco, si sono reciprocamente stimolate (passando per le rappresaglie) ed hanno spinto verso la totalità ... In tal caso quindi la totalità della guerra non scaturì da una precedente, totale, ostilità, ma, anzi fu la totalità dell'ostilità a crescere da una guerra che gradualmente diveniva totale" (Schmitt, 1972: 194). Da questa totale ostilità sarebbero germinate le forme della mobilitazione politica totalitaria.
Con lo sviluppo tecnologico dei primi decenni del secolo si arriva alla conquista militare di una nuova dimensione, quella dell'aria, e con essa al superamento di barriere naturali che operavano nel senso di una moderazione delle ostilità. La guerra aerea infrange definitivamente l'equilibrio tra terra e mare su cui si era retto il diritto internazionale moderno e segna un ulteriore passo sulla via verso la guerra totale. Certo, nella natura della guerra sui mari era a ben vedere già implicita la tendenza a un superamento degli ordinamenti spaziali in conseguenza delle nuove possibilità di estensione del conflitto sulle grandi vie di rifornimento commerciale. Infatti, nonostante che i suoi apologeti, da Alfred Thayer Mahan (1840-1914) in avanti, affermino il carattere meno cruento e distruttivo della battaglia navale, la guerra marittima contiene già, in virtù del totale disinteresse della potenza autrice di un blocco navale a mantenere la sicurezza e l'ordine all'interno della zona bloccata - obiettivo che è invece sempre imposto a ogni potenza occupante un territorio -, "elementi della pura guerra di annientamento" (Schmitt, 1991: 424). Solo con la guerra aerea si arriva però alla vera totalizzazione del conflitto. La guerra totale mondiale è prima di ogni altra cosa, dal punto di vista geopolitico, guerra fra potenze che esercitano la loro sovranità su grandi spazi: solo l'impiego di mezzi di distruzione aerei permette la conduzione di un tipo siffatto di guerra, in grado di coinvolgere, con una velocità che non ha precedenti nella storia, l'intero pianeta. Con ciò i tradizionali teatri di guerra e istituti giuridici come l'occupatio bellica perdono quella centralità che il diritto internazionale loro assegnava, con il conseguente venir meno di un insieme di garanzie dello jus in bello che si riferivano alla distinzione tra combattenti e popolazione civile. Nei bombardamenti delle città e dei centri industriali la criminalizzazione del nemico è portata alle sue estreme conseguenze (Schmitt, 1991: 297).
Ma la crisi del nomos della terrra non viene solo dal mare. Essa sorge anche dal ventre stesso della terra, perchè si collega ad una guerra, come quella partigiana, che ha essenzialmente carattere tellurico.Se la guerra partigiana viene spinta oltre i suoi limiti naturali, che sono essenzialmente difensivi (la difesa del terreno dell’invasore, come nel caso della guerriglia spagnola contro Napoleone), essa si trasforma come accade nella dottrina leninista e maoista in guerra di annientamento, condotta in base al presupposto di combattere per una justa causa. Anche in questo caso, quindi il nemico viene discriminato e criminalizzato, e siamo nuovamente al di là dello jus publicum europaeum.
L’aspetto più interessante della teoria del partigiano tuttavia è che essa soprattutto se affrontata al nomos della terra mette in crisi lo stesso concetto schmittiano di politico. La guerra partigiana infatti essendo in maniera esplicita e senza le ipocrisie anglosassoni una lotta di annientamento, esibisce ed esalta al massimo grado i caratteri essenziali del politico :il valore e l’intensità con la quale viene vissuta la consapevolezza del non valore del nemico. Ora è evidente che contrapponendo alla guerra partigiana lo jus publicum eropaeum Schmitt prende le distanze in realtà dal concetto stesso di politico. Le guerre statali regolate dallo jus publicum eropaeum sono infatti la perfetta antitesi della guerra partigiana , perchè sono guerre “non partitiche” (le guerre dell’assolutismo non possono che essere conflitti interstatali perchè lo Stato assoluto nasce proprio eliminando i partiti . La nascita della guerra totale insulare da un lato, e della guerra totale tellurica partigiana dall’altro, avviene in entrambi i casi , anche se in modo diverso all’insegna della rivincita sullo Stato di forze che nascono dalla società, ma il cui carattere politico implicito o esplicito che sia traspare sempre più chiaramente) in queste guerre non partitiche è impossibile individuare una justa causa, perchè entrambi i contendenti hanno “buone ragioni” per farsi la guerra e quindi sono entrambi justi hostes. L’interrogativo di Erasmo cui non videtur causa sua justa?, muove dalla rinascita “pirroniana”avviata in età moderna in virtù della quale il postulato della justa causa viene disgregato da riserve di carattere agnostico e scettico.
L’apologia dello jus publicume eropaeum getta nuova luce sulla trattazione del politico. La connessione fra guerra partigiana, guerra giusta e guerra totale ma soprattutto l’esperienza catastrofica della guerra totale hitleriana alla quale lo stesso Schmitt aveva offerto un fondamento teorico fa venire in piena luce la distruttività insita potenzialmente nel politico, al punto da spingere Schmitt ad auspicare un abbassamento di grado di intensità del conflitto. Il modello ideale del raffraddemento del politico è indicato appunto nello jus publicum eropaeum e nelle guerre razionali dell’età barocca e del Rococò. Parallelamente, Schmitt passa dalla Wertbehauptung alla Wertfreiheit di Weber, intesa come libertà dai valori, perchè aizzano la battaglia e tengono desta l’inimicizia (la teoria dei valori celebra i suoi trionfi nel dibattito sulla questione della guerra giusta) .
Le preferenze di Schmitt sembrerebbero andare così negli ultimi anni della sua attività intellettuale verso un politico di basso profilo .
Nello straordinario affresco di Il nomos della terrra, pubblicato nel 1950 (Adelphi, 1991), Schmitt ne descrive i momenti fondamentali, ma già negli studi degli anni Trenta su Le categorie del politico (il Mulino, 1998), ne aveva individuato la successione delle quattro fasi salienti, scandite nel passaggio dal "teologico", al "metafisico", al "morale-umanitario" all'"economico".
C'è un filo rosso che dalle prime ricerche degli anni Venti dedicate alla genealogia teologica del politico fino agli ultimi scritti percorre per intero l'itinerario del controverso giurista tedesco.
Si tratta della riflessione sul diritto pubblico internazionale.
Se da una parte l'attenzione alle trasformazioni dell'ordine mondiale costituisce uno degli elementi di evidente continuità e di maggiore attualità del pensiero di Schmitt, quello geopolitico è uno degli aspetti meno studiati della sua opera.
Schmitt internazionalista definisce il concetto, cruciale nella sua concezione degli equilibri interstatali, di Nomos (che significa "legge e ordinamento" ma anche "presa di possesso e suddivisione dello spazio" sovranità).
Il filosofo e giurista tedesco Carl Schmitt elaborò negli anni Trenta una rappresentazione complessiva di questa misteriosa qualità neutrale, che gli uomini europei hanno inventato e poi inseguito nella loro storia reale a partire dal Rinascimento. Nel breve scritto L’era delle neutralizzazioni e delle spoliticizzazioni (1929) egli ne dà incisivamente un’idea, descrivendo l’ultima fase di questo sviluppo - quella oggi in atto.
Si tratta di un brano un po’ lungo, ma che merita di essere riportato estesamente:
In verità positivamente non si può affermare più di questo: che l’umanità europea ha compiuto, dal XVI secolo, parecchi passi da un centro di riferimento all’altro e che tutto ciò che costituisce il contenuto del nostro sviluppo culturale si trova sotto l’influsso di quei passi. Negli ultimi quattro secoli della storia europea la vita spirituale ha avuto quattro centri diversi, e il pensiero dell’élite attiva, che costituiva il gruppo di punta nei diversi momenti, si è mosso, nei diversi secoli, intorno a centri di riferimento diversi. [...] La successione - dal teologico, attraverso il metafisico e il morale, fino all’economico - significa nello stesso tempo una serie di progressive neutralizzazioni degli ambiti dai quali successivamente è stato spostato il centro. [...] l’umanità europea cercava un terreno neutrale dove la contesa venisse meno e fosse possibile intendersi, unirsi e convincersi a vicenda. [...] Ma è proprio dalla dialettica di uno sviluppo di questo tipo che attraverso lo spostamento del centro di riferimento si costituisce un nuovo terreno di lotta. Nel nuovo centro, da principio ritenuto neutrale, si sviluppa immediatamente con nuova intensità la contrapposizione degli uomini e degli interessi, e precisamente in modo tanto più violento quanto più si prende possesso del nuovo ambito di azione. L’umanità europea migra in continuazione da un campo di lotta ad un terreno neutrale, e continuamente il terreno neutrale appena conquistato si trasforma di nuovo, immediatamente, in un campo di battaglia e diventa necessario cercare nuove sfere neutrali. [...] L’evidenza della fede, oggi così diffusa, nella tecnica dipende solo dal fatto che si poté credere di aver trovato nella tecnica il terreno assolutamente e definitivamente neutrale. Infatti apparentemente non vi è nulla di più neutrale della tecnica. Essa serve a tutti, allo stesso modo come la radio dev’essere impiegata per notizie di ogni tipo e di ogni contenuto o come la posta compie le sue spedizione senza riguardo al contenuto e dalla tecnica dell’azienda postale non può derivare nessun criterio valido per la valutazione e il giudizio sul contenuto della spedizione richiesta. Nei confronti delle questioni teologiche, metafisiche, morali ad anche economiche, intorno alle quali si può discutere all’infinito, i problemi puramente tecnici hanno qualcosa di serenamente concreto; essi conoscono soluzioni plausibili ed è comprensibile che si pensasse di salvarsi dalla problematicità inestricabile di tutte le altre sfere, ricorrendo al tecnicismo. Su questo piano sembrano potersi unire rapidamente tutti i popoli e le nazioni, tutte le classi e le confessioni, tutte le età e i sessi, poiché tutti si servono con la medesima ovvietà dei vantaggi e delle comodità del comfort tecnico. [...] La sfera della tecnica sembrava essere una sfera di pace, di comprensione e di riconciliazione. Ma la neutralità della tecnica è qualcosa di diverso dalla neutralità degli altri centri finora venuti alla ribalta. La tecnica è sempre soltanto strumento ed arma e proprio per il fatto che serve a tutti non è neutrale. Dall’immanenza del dato tecnico non deriva nessuna decisione umana e spirituale unica, men che meno quella nel senso della neutralità. Ogni tipo di civiltà, ogni popolo ed ogni religione, ogni guerra ed ogni pace può servirsi come arma della tecnica. Che gli strumenti e le armi divengano sempre più utilizzabili rende soltanto più grande la probabilità di un loro impiego reale. [...] la tecnica stessa resta, se così posso dire, culturalmente cieca. (Schmitt, 1984)

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