La Prima Guerra Mondiale

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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Testo

Con l'espressione prima guerra mondiale (per i contemporanei Grande guerra) si intende il conflitto cominciato il 4 agosto 1914 a seguito dell'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono dell'Impero austro-ungarico, compiuto a Sarajevo (Bosnia) il 28 giugno 1914 da parte del nazionalista serbo-bosniaco Gavrilo Princip. La guerra vede inizialmente lo scontro degli Imperi Centrali: Germania e Impero Austro-Ungarico contro le nazioni dell'Intesa: Francia, Gran Bretagna e Russia. Con lo svolgersi del conflitto, a seguito di varie alleanze altre nazioni vi presero parte. Tra queste: Italia, Impero Ottomano, Belgio, Canada, Australia, Stati Uniti, Serbia, Romania, Sudafrica e Nuova Zelanda. Il numero dei continenti coinvolti fu tale da poter definire la Guerra come Mondiale, prima nella storia dell'umanità.
LO SCOPPIO DELLA GUERRA
Il 24 giugno 1914 l’Arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono austriaco , in occasione di una visita ufficiale in Bosnia, una regione dei Balcani annessa all’Impero Austro-Ungarico da soli sei anni, ma rivendicata da tempo dalla Serbia, viene ucciso assieme alla moglie da un nazionalista serbo. Non si tratta certo del primo attentato in Europa ad un sovrano o ad un membro di casa reale; tuttavia L’Austria considera l’assassinio come parte di un piano premeditato e guidato dagli stati avversari: dietro l’attentatore vede non la minoranza isolata, ma la stessa Serbia e dietro questa l’Impero Russo. Per questo L’Austria-Ungheria attribuisce direttamente alla Serbia la responsabilità dell’attentato di Sarajevo e risponde quindi con una dichiarazione di guerra. A questo punto il conflitto si estende a macchia d’olio , coinvolgendo l’intero sistema di alleanze. Infatti la Russia, alleata con la Serbia e interessata ad impedire ogni espansione austriaca, mobilita il suo esercito e lo stesso fa la Francia, ad essa alleata; a sua volta la Germania entra in guerra contro la Francia e per occuparla rapidamente invade il Belgio, che pure si era neutrale. A questo punto anche la Gran Bretagna, temendo una rapida vittoria tedesca, entra in guerra a fianco degli alleati francesi e russi. In poco più di un mese, insomma lo scontro si estende a tutte le grandi potenze: è la prima Guerra Mondiale. Germania e Impero Austro-Ungarico, insieme all’Impero Turco e alla Bulgaria (TRIPLICE ALLEANZA) , si contrappongono alle potenze della TRIPLICE INTESA : Francia, Russia e Gran Bretagna, alleate alla Serbia, al Montenegro, alla Grecia, alla Romania in Europa e in Oriente al Giappone, interessato a impadronirsi dei possedimenti tedeschi nel Pacifico.
Così le tensioni politiche ed economiche accumulate negli anni sono infine esplose con una rapidità e un’estensione impressionante. In ogni stato i nazionalisti hanno buoni argomenti per fare propaganda a favore della guerra e convincere la popolazione dell’utilità e della necessità di un conflitto che immaginavano breve.
L’Italia dalla neutralità all’intervento
La Guerra coinvolge in pochi giorni tutte le grandi potenze europee con una sola eccezione di rilievo, L’Italia, che in un primo tempo rimane neutrale, perché allo scoppio delle ostilità la sua posizione è nel complesso contraddittoria: i suoi interessi territoriali ( la rivendicazione della Venezia-Giulia) la contrappongono proprio all’Austria, alla quale è alleata, assieme alla Germani ain base al patto della Triplice Alleanza, si tratta però di un alleanza difensiva, e poiché il conflitto è stato scatenato proprio dagli imperi centrali l’Italia non era tenuta ad intervenire. Questa posizione è appoggiata da gruppi consistenti dell’opinione pubblica: infatti sono NEUTRALISTI, cioè contrari al conflitto, sia i socialisti, rimasti fedeli agli ideali di solidarietà internazionale tra i lavoratori, sia i cattolici, ostili alla violenza in nome dei principi della religione. A costoro si contrappongono in modo sempre più deciso gli INTERVENTISTI , cioè quelli che sono a favore del conflitto. A questi si uniscono poi i NAZIONALISTI più accesi, i conservatori e i circoli militari che vedono nella guerra un occasione per affermare la potenza del paese e anche per limitare l’influenza dei socialisti imponendo al paese una svolta autoritaria.
Discussioni e contrasti diventano incandescenti nella primavera del 1915, quando l’Italia deve compiere la scelta definitiva. In cambio della neutralità la Germania ha offerto all’Italia una parte del Trentino, la Corsica e la Tunisia, (che per il momento appartengono alla Francia); invece la potenze dell’ Intesa premono perché L’Italia entri in guerra per costringere gli Imperi centrali a combattere su un terzo fronte: in cambio dell’Intervento offrono oltre al Trentino e alla Venezia-Giulia , anche l’Alto Adige, l’ Istria e la Dalmazia. Il governo, sostenuto dal re, accetta queste condizioni e sottoscrive segretamente con l’Intesa il PATTO DI LONDRA. Il Parlamento giunge al voto e la maggioranza, con l’unica eccezione dei socialisti, ratifica gli accordi di Londra e dà al governo presieduto da Calandra i pieni poteri per dichiarare guerra all’Austria, il 24 maggio del 1915.
1914-1916: l’Europa in Trincea
Nel 1915 l’ingresso in guerra dell’Italia costringe gli Imperi centrali a difendersi su un nuovo fronte, ma non sbocca la situazione che si trascinava da quasi un anno. I comandi tedeschi, preoccupati di dover combattere su due fronti, avevano progettato di conquistare di sorpresa la Francia in breve tempo, e impegnare poi tutte le forze contro Russia e Inghilterra. Tuttavia i Francesi a prezzo di terribili sacrifici (500.00 morti solo nelle prime due battaglie) erano riusciti a bloccare l’offensiva tedesca sulla Marna e a conservare il controllo dei porti sulla Manica, che consentono lo sbarco di uomini e i mezzi da parte degli Inglesi.
Nel 1915 il fronte occidentale corre quindi all’interno della Francia, ma il tentativo di invasione tedesca è sostanzialmente fallito. Inoltre infuriano battaglie terribili, intorno alla fortezza di Verdun e nella zona della Somme, che costano oltre due milioni di morti
Anche sul fronte meridionale (quello Italiano) non ci sono grandi spostamenti: dopo l’entrata in guerra nel 1915 gli eserciti italiani guidati dal generale Luigi Cadorna conducono quattro offensive lungo il fiume Isozo e sul Carso, che costano oltre 250.000 morti senza portare però a successi sostanziali. Nel 1916 sul fronte italiano gli Austriaci puniscono l’Italia lanciando una grande offensiva , ma l’esercito italiano riesce prima a resistere sull’Altopiano di Asiago e poi a conquistare Gorizia.
Molto più mosso è invece il quadro sul fronte orientale, (quello Russo) dove gli imperi centrali raggiungono rapidamente successi vistosi: nel corso del 1915 infatti i TEDESCHI tolgono ai Russi l’intera Polonia, mente l’anno successivo gli eserciti AUSTRIACI, rinforzati dall’entrata in guerra della Turchia e della Bulgaria, conquistano la Serbia e gran parte dei Balcani.
Il sistema di trincee e le nuove armi
Così la guerra-lampo, cioè che doveva consumarsi in poco tempo, diventa una guerra di posizione e di logoramento, combattuta scavando trincee, un sistema di fossati scavati nel terreno e protetti da muretti e parapetti. Una trincea armata con qualche mitragliatrice può essere conquistata solo a prezzo di enormi perdite: gli attaccanti infatti devono uscire dalla propria trincea, attraversare allo scoperto la terra di nessuno fra le due postazioni e superare gli sbarramenti di filo spinato, esposti al fuoco delle armi automatiche e ai colpi devastanti delle artiglierie. La conquista non cambia poi in modo significativo la situazione; alle spalle della prima linea c’è di solito una seconda trincea, più arretrata, in cui ritirarsi in caso di emergenza e perciò a il fronte si sposta solo di poche centinaia di metri , ora da una parte, ora dall’altra. Gli eserciti sono dotati di nuove armi potenti e efficaci: le mitragliatrici automatiche che possono falciare gli attaccanti, i mortai e l’artiglieria pesante che bombardano senza posa le postazioni nemiche e i terribili gas asfissianti, già proibiti dalle convenzioni sulla guerra ma utilizzati con effetti micidiali sia contro i soldati nelle trincee sia contro i reparti lanciati all’attacco delle posizioni. Verso la fine della guerra si cominciano ad utilizzare anche i carri armati e gli aeroplani che saranno i protagonisti del secondo conflitto mondiale. Lo scontro si trasforma così in una guerra di logoramento in cui la vittoria finale non dipende tanto dall’abilità dei generali quanto dalla disponibilità di risorse del paese e dalla capacità di resistenza, perciò diventa sempre più importante l’impegno sul fronte interno, cioè lo sforzo dei governi in guerra per assicurarsi il consenso della popolazione civile.
La Russia travolta dalla Rivoluzione, gli USA entrano in guerra: la svolta del 1917
Per quasi tre anni la situazione sui vari fronti era rimasta stabile. Ma nel 1917 è ormai diffusa la consapevolezza che nessun contendente è in grado di reggere ancora così a lungo: il papa Benedetto XV condanna l’inutile strage proponendosi come mediatore per una pace giusta e duratura. In ogni paese si moltiplicano scioperi e manifestazioni di protesta dei civili, rivolte e insubordinazioni tra i soldati al fronte, che i governi cercano soffocano con spietata severità.
Nella Russia zarista, il paese economicamente e politicamente più arretrato e che aveva subito le più dure umiliazioni in guerra, la situazione disperata favorisce lo scoppio della rivoluzione comunista. Nel marzo dal 1917 viene abbattuto il regime assoluto dello zar e il nuovo governo repubblicano interrompe le operazioni militari; nel novembre del 1917 i bolscevichi, guidati da Lenin, prendono il potere e pongono fine alla guerra che il paese non era più in grado di continuare, firmando nel marzo successivo la pace definitiva con Germania e Austria. Si chiude in questo modo lo scontro lungo e impegnativo sul fronte orientale, ma gli imperi centrali non possono sfruttare fino in fondo il vantaggio ottenuto, poiché gli Stati Uniti d’America entrano in guerra a fianco dell’Intesa. Fin dall’inizio gli USA avevano appoggiato la Francia, Inghilterra e Italia perché una vittoria tedesca avrebbe minacciato i loro interessi mondiali,ma ora, di fronte al rischio di una vittoria di Austria e Germania, decidono di impegnare direttamente nel conflitto l’enorme potenziale di cui dispongono.
Questi due elementi (la rivoluzione russa e l’entrata in guerra degli Usa) rimettono in movimento l’intero scacchiere militare: le forze dell’Intesa sentono più vicina la vittoria di cui dubitavano, ma gli Imperi Centrali, ormai sicuri sul fronte orientale, si impegnano per concludere il conflitto prima che gli USA possano dispiegare tutta la loro potenza e scatenano una durissima offensiva sul fronte italiano, che ritengono il più debole.
La Battaglia di Caporetto
Le Truppe Austriache, rinforzate dalla divisione tedesche spostate sul fronte russo, riescono a sfondare le linee italiane a Caporetto sull’Isonzo e avanzano in profondità nel Friuli il 24 ottobre del 1917. Per evitare l’accerchiamento, l’esercito italiano deve arretrare ma per l’incapacità dei comandi il ripiegamento si trasforma in una rotta rovinosa: 40.000 soldati vengono uccisi e oltre 300.000 presi prigionieri prima che l’esercito , quasi dimezzato, riesca ad organizzare una linea difensiva per fermare gli invasori sulla rive del fiume Piave, molto all’interno del territorio italiano. Il disastro di Caporetto impone al governo misure eccezionali per far fronte al pericolo. Il comandante Cadorna viene sostituito dal generale Armando Diaz, i vuoti nell’esercito sono colmati anche arruolando i ragazzi di 17 anni e i reparti sono equipaggiati con armi fornite dagli Americani .
La guerra arriva all’epilogo: 1918
Nella primavera del 1918 la Germania ha sferrato un’ultima e violenta offensiva contro la Francia arrivando a 60 km da Parigi, ma senza riuscire a raggiungere il successo finale. Nell’agosto, con la partecipazione delle truppe americane, gli alleati iniziano sul fronte occidentale un’avanzata destinata a non arrestarsi più. Nell’ottobre del 1918, partendo dalla linea del Piave anche le linee italiane conducono l’attacco finale e conquistano Vittorio Veneto, Trento e Trieste. Già indebolita da ribellioni di Slavi e Cecoslovacchi che chiedono l’indipendenza, il 4 novembre 1918 l’Austria- Ungheria firma l’armistizio e per l’Italia la guerra ha termine.
Anche la Germania la situazione è precipitata: ai primi di novembre del 1918 la popolazione civile insieme ai gruppi di marinai e soldati è insorta e ha obbligato il Kaiser a fuggire. Il governo provvisorio guidato dai socialdemocratici proclama così la repubblica (nota come Repubblica di Weimar) e subito dopo firma l’armistizio. L’11 novembre del 1918 anche sul fronte occidentale la guerra ha fine: in quatto anni sono morte in Europa otto milioni di persone, e 21 milioni rimaste uccise o mutilate.
La pace difficile: a Parigi si disegna la nuova carta di un’Europa instabile
Agli inizi del 1919 i rappresentanti dei paesi vincitori si riuniscono a Parigi per definire i trattati di pace e di conseguenza l’assetto da dare sia all’Europa che alle colonie. In teoria i partecipanti sono 32, ma in pratica le quattro potenze, cioè Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Italia, condizionano ogni decisione, anche se tra loro non mancano i contrasti in particolare con gli Stati Uniti che hanno progetti e obiettivi molto diversi da quelli alleati europei. Infatti nel 1917 il presidente americano Wilson aveva enunciato un piano in 14 punti che prevedeva la creazione di una Società delle Nazioni con il compito di risolvere pacificamente i conflitti in tutto il mondo regolando le questioni territoriali in base al principio dell’autodeterminazione, cioè al diritto di ogni popolo di scegliere liberamente in quale stato vivere. Frantumando i grandi imperi multinazionali il piano di Wilson avrebbe dato origine a numerosi stati nazionali, ma i vincitori lo contestavano poiché miravano ciascuno ad espandere i propri territori a spese degli sconfitti. Il quadro è complicato dall’esplodere dei diversi nazionalismi negli imperi sconfitti e dalla situazione della Russia. Infatti nel 1918 allo scopo di concludere rapidamente il conflitto il governo rivoluzionario aveva firmato con gli imperi centrali e con i loro alleati la pace di Brest-Litovsk, rinunciando a vastissimi territori (stati baltici, Polonia orientale, Finlandia, Ucraina, e distretti petroliferi del Caucaso), ma ora nessuno è in grado di prevedere i possibili sviluppi della rivoluzione socialista che scuote l’immenso paese e suscita opposti timori e speranze in tutto il mondo. In questa situazione le trattative di pace danno origine a discussioni molto accese, e i risultati provocheranno profondi risentimenti nazionalistici sia in Germania che in Italia. Alla fine l’impero turco e l’Impero Austro-ungarico sono smembrati in diversi stati nazionali e l’Austria è ridotta a un piccolo stato con una popolazione di poco più di sei milioni di abitanti. Alla Germania, soprattutto vengono imposte condizioni pesantissime: deve cedere alla Francia l’Alzazia e la Lorena conquistate nel 1870, rinunciare ai vantaggi ottenuti con la pace di Brest-Litovsk per consentire la creazione del nuovo stato di Polonia, mentre sui territori già sottomessi alla Russia si costituiscono le Repubbliche Baltiche di Estonia, Lettonia e Lituania. Le colonie tedesche infine, passano sotto il “mandato” di Francia e Gran Bretagna. Sul piano militare poi, la Germania è obbligata a rinunciare alla flotta e all’aviazione e può mantenere solo un piccolo esercito. Per risarcire gli avversari, infine è costretta a pagare un enorme debito di guerra e la Francia arriva ad occupare le regioni minerarie e industriali della riva sinistra del Reno per garantirsene il pagamento. Anche l’Italia, che pure sta dalla parte dei vincitori, considera penalizzanti gli accordi di Parigi. Infatti in base al principio dell’autodeterminazione non vengono riconosciuti gli impegni anglo-francesi del patto di Londra: l’Italia ottiene i territori del Trentino e del Friuli, oltre all’Alto-Adige (abitato da popolazione tedesca) ma deve rinunciare alla Dalmazia e ai terrotiri albanesi. Per questo i nazionalisti delusi definiscono gli accordi finali una vittoria mutilata. Al termine della conferenza di Parigi, la carta dell’Europa è completamente trasformata perché sono stati ridisegnati i confini di tutti i paesi e sono sorti otto nuovi stati: dai territori russi e in parte tedeschi hanno avuto origine la Finlandia, l’Estonia, la Lettonia la Lituania e la Polonia, da quelli appartenenti all’Austria la Cecoslovacchia, l’Ungheria e la Jugoslavia, che riunisce sia territori da tempo austriaci come la Slovenia e Croazia, sia altri che nell’Ottocento facevano parte dell’impero turco, come la Serbia in Montenegro e parte della Macedonia. La sistemazione dei nuovi stati nazionali tuttavia è molto precaria, poiché essi per forza di cose comprendono anche consistenti minoranze etniche.
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BILANCIO DELLE VITTIME
Nazione
Perdite totali
Mobilitati
Morti
Feriti
Dispersi o prigionieri
Imperi Centrali
(Triplice Alleanza)

Impero austro-ungarico
7.020.000
7.800.000
1.200.000
3.620.000
2.220.000
Germania
7.142.558
11.000.000
1.773.700
4.216.058
1.152.800
Turchia
975.000
2.850.000
325.000
400.000
250.000
Bulgaria
266.919
1.200.000
87.500
152.390
27.029

Triplice Intesa

Belgio
93.061
267.000
13.716
44.686
34.659
Impero Britannico*
3.190.235
8.904.467
908.371
2.090.312
191.652
Francia**
6.160.800
8.410.000
1.317.800
4.266.000
537.000
Grecia
27.000
230.000
5.000
21.000
1.000
Italia
2.197.000
5.615.000
650.000
947.000
600.000
Giappone
1.210
800.000
300
907
3
Montenegro
20.000
50.000
3.000
10.000
7.000
Portogallo
33.291
100.000
7.222
13.751
12.318
Romania
535.706
750.000
335.706
120.000
80.000
Impero russo (fino al 1917)
9.150.000
12.000.000
1.700.000
4.950.000
2.500.000
Serbia
331.106
707.343
45.000
133.148
152.958
Stati Uniti
20.518
4.734.991
116.516
204.02

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