La prima guerra mondiale

Materie:Riassunto
Categoria:Storia

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Testo

La prima guerra mondiale

Cause prima guerra mondiale
Dopo il congresso di Vienna, per circa un secolo, l’Europa conobbe un periodo di sostanziale pace. L’equilibrio andò però rapidamente incrinandosi all’inizio del 1900.
Le cause internazionali sono:
1. Una tensione permanente tra Inghilterra e Germania (l’Inghilterra deteneva la leadership sui mari, ma la Germania iniziava ad intraprendere politiche coloniali), tra Germania e Francia (rivali coloniali per la questione dell’Alsazia e Lorena) e tra Austria e Russia (questione balcanica: essendo l’Impero Turco in decadenza, l’Austria vuole conquistare territori per espandersi, la Russia per ottenere lo sbocco al mare);
2. Instabilità delle regioni confinanti agli Stati in conflitto;
3. Livelli elevatissimi di armamento.
Alla luce di tutte queste tensioni gli stati europei stringono alleanze:
• Triplice intesa (Francia, Gran Bretagna e Russia), sorta nel 1907 in risposta alla
• Triplice alleanza (Italia, Austria, Germania).
Le cause comuni, interne ai singoli stati sono:
1. L’orientamento generale verso la guerra: le ideologie imperialiste hanno lasciato una forte eredità (ogni nazione cerca di ingrandirsi e di avere la meglio sugli altri stati);
2. Si diffondono pensieri all’interno delle masse popolari favorevoli alla guerra, in quanto questa viene proposta come metodo per risolvere i grandi problemi degli italiani.
Negli ultimi anni prima della guerra (1912-13) scoppiano due brevi ma significative guerre balcaniche che portano la Serbia ad emergere come maggior potenza della zona, in contrasto con l’Austria, in quanto quest’ultima possedeva la Bosnia-Erzegovina, negando lo sbocco al mare alla Serbia.
Scoppio del conflitto
Il 28 giugno 1914 un giovane di nazionalità serba uccide l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria. L’Austria attribuì la complicità dell’attentato al governo serbo, quindi il 28 luglio l’Austria dichiara guerra alla Serbia.
A questo punto scattano le alleanze: con la Serbia entrano Russia e Francia e, dopo pochi giorni anche l’Inghilterra (dopo che la Germania, per attaccare la Francia, non la colpisce sul confine, ma passa attraverso il Belgio, che era unno stato neutrale). Si aggiungerà anche il Giappone, per contrastare la Germania, la quale aveva obiettivi sul Pacifico. Con la Turchia entrano Austria e Germania. La Germania, come anche tutto il mondo, era convinta che la guerra sarebbe durata poco, perché il sistema economico mondiale non avrebbe potuto sopportare un lungo periodo di interruzione degli scambi internazionali. La Germani optò per la guerra-lampo, che però si trasformò in breve tempo in guerra di trincea, di logoramento. Gli eserciti si fronteggiavano lanciando inutili offensive, lasciando la situazione bloccata per diversi mesi.
Italia
In un primo moneto l’Italia si era dichiarata neutrale (la Triplice Alleanza, di cui faceva parte, non la impegnava ad entrare in guerra), anche perché un intervento a fianco dell’Austria non sarebbe stato vantaggioso, dato che gli interessi italiani in Trentino, nelle Venezie e nell’Adriatico erano in conflitto con gli stessi austriaci. I rapporti con l’Austria si erano poi negli ultimi tempi raffreddati, a causa della questione delle terre irredente (Trento e Trieste) sotto il dominio austriaco, quindi il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra a fianco dell’Intesa. Allo scoppio del conflitto di erano delineate due correnti di opinione: gli interventisti e i neutralisti.
Gli interventisti si divisero in interventisti di destra (favorevoli ad un intervento a fianco dell’Intesa) e interventisti di sinistra (favorevoli ad un intervento a fianco dell’Alleanza). A prescindere dall’orientamento, l’obiettivo principale per loro era comunque quello di entrare in guerra.
I neutralisti si divisero in giolittiani (si spiravano alle idee di Giolitti che sosteneva che la guerra non era da farsi, perché l’Italia non era pronta ad affrontarla sia economicamente che militarmente), socialisti (pacifisti e antimilitaristi) e cattolici (contrari alla guerra per ragioni di culto). Il neutralismo fu poi soprannominato “neutralismo a termine”, in quanto, una volta entrata in guerra l’Italia, essi andarono al fronte a combattere.
Sviluppo guerra
Inizialmente l’Italia tentò approcci diplomatici con l’Austria, per ottenere le terre del Trentino e delle Venezie, ma l’Austria rifiutò. Nel 1915 si strinsero gli accordi segreti con l’intesa (patto di Londra) che prevedevano che in caso di vittoria, l’Italia avrebbe ottenuto le terre irredente e i territori balcanici dell’Istria (escluso fiume) e della Dalmazia. Il generale Cadorna, sul fronte italiano, tentò di sfondare le linee austriache lungo il fiume Isonzo, ma non ottenne risultati soddisfacenti.Di conseguenza, l’Austria fece la controffensiva, la cosiddetta “spedizione punitiva” contro l’ex alleato, colpevole di tradimento.
Nel 1917 gli austriaci sfondano a Caporetto (“disfatta di Caporetto”) e l’esercito italiano è costretto ad arretrare fino al Piave. Intanto la marina inglese attuò un blocco navale volto a strangolare l’economia tedesca.
La Germania, in risposta, attuò la guerra sottomarina, con la quale i sommergibili tedeschi attaccavano le navi di qualunque nazionalità che si avvicinassero alle coste inglesi. Affondano anche le Lusitania, un transatlantico americano e ciò provocò la decisione del presidente Wilson di entrare in guerra contro l’Austria.
In questo periodo, pero, si stava diffondendo in tutti gli eserciti un clima di sfiducia, vi furono molte diserzioni, fughe, fraternizzazioni con i nemici, automutilazioni. Si creò nelle menti degli eserciti la paura di essere uccisi e il rifiuto di uccidere.
Il generale Cadorna fu sostituito da Diaz, il quale riuscì a superare questa crisi, instaurando un rapporto più aperto con le truppe, promettendo vantaggi e distribuzioni di terre. Nel 1918 l’esercito italiano piegò gli austriaci a Vittorio Veneto, e il 4 novembre 1918 l’Austria firmò l’armistizio, dopo pochi giorni lo firmò anche la Germania, concludendo il conflitto.
Giolitti
Primo ministro del governo Zanardelli, dal 1901 al 1903, e poi capo del governo fino al 1914, Giolitti fu protagonista della politica italiana sino a poco prima della guerra mondiale. I punti principali del suo programma politico furono lo sviluppo economico e la libertà politica, in quanto considerate condizioni necessarie per assicurare stabilità al paese. Di fronte all'affermarsi del movimento socialista, puntò ad integrare la classe operaia nelle istituzioni dello stato, praticando una politica di accordo con i rappresentanti del movimento operaio. Mantenne quindi il governo in posizione neutrale di fronte ai conflitti sociali, in quanto riteneva che in Italia non vi fosse un pericolo rivoluzionario, in quanto giudicava che il movimento sindacale avesse soltanto fini economici. Questo suo atteggiamento rafforzò il movimento rivoluzionario, aumentarono quindi gli scioperi, ma nonostante ciò, egli mantenne la sua politica, pur consapevole che questa avrebbe provocato una grossa redistribuzione della ricchezza. Ma giudicò anche questo fatto in modo positivo, in quanto un maggior benessere delle classi operaie, avrebbe provocato un aumento dei consumi (in termini economici) e un aumento dei consensi (in termini politici).
Riformismo Giolittiano
È in epoca giolittiana che aumentano i diritti e le tutele dei lavoratori, delle donne e migliora l'assistenza. Le riforme di Giolitti ebbero molto successo (statalizzazione delle ferrovie, riforma scolastica, creazioni Ina come unico ente nazionale per le assicurazioni sulla vita). Nonostante ciò, si tende ad evidenziare i limiti del riformismo, infatti nella sua politica non furono considerati due problemi fondamentali per lo sviluppo italiano: la riforma tributaria e la questione meridionale. Gli interventi di Giolitti a favore del mezzogiorno furono veramente pochi e spesso inutili. Infatti nell'età di Giolitti la questione meridionale si aggravò ulteriormente, in quanto il suo ideale di progresso si basava su miglioramenti del settore industriale del Nord, escludendo quindi il meridione.
Giolitti e i socialisti
Il progetto di Giolitti di rafforzare il governo mediante l'accordo con i radicali e i socialisti fallì, in quanto egli riuscì ad avere una maggioranza parlamentare radicale, ma i socialisti non divennero mai una forza di governo. I socialisti, in particolare la componente rivoluzionaria, rimproveravano alla maggioranza essenzialmente due cose: di aver abbandonato la lotta di classe e di non coinvolgere le masse meridionali (anzi di perseguire programmi a favore soltanto del Nord, a danno del Mezzogiorno). Nel settembre del 1904 fu proclamato uno sciopero generale nazionale, il primo della storia italiana. Paralizzò il paese, ma non ottenne risultati concreti e segno l'inizio del declino del sindacalismo rivoluzionario e sfumò anche la speranza di un possibile accordo tra Giolitti e i socialisti.
Il nazionalismo e la guerra di Libia
Nell'età di Giolitti si diffuse il nazionalismo. Il fenomeno fu inizialmente letterario e culturale, limitato ad una ristretta cerchia di intellettuali, ma nel 1910 fu fondata l'associazione nazionalista italiana. Questa manifestava la necessità di uno Stato forte e di un'espansione coloniale al fine di affermare la grandezza dell'Italia sul piano internazionale. Il nazionalismo ottenne molti consensi, e Giolitti decise così di riprendere la politica coloniale nel nord Africa, con la guerra di Libia. L'impresa divenne interessante in quanto pubblicizzata come una grande opportunità economica per l'Italia: la Libia era un paese di grandi ricchezze. In effetti, però, questa zona non aveva alcun rilievo economico. La conquista della Libia fu portata a termine in modo diplomatico, con la Turchia che si ritirò dalla regione.
I cattolici
Dopo la presa di Roma (1870), l'estraneità dei cattolici alla vita politica del paese si stava lentamente attenuando. I cattolici si unirono in organizzazioni, importanti sono le "leghe bianche", organizzazioni sindacali cattoliche. All'interno del nuovo movimento cattolico, si distinguono però tre diverse tendenze:
• gli "intransigenti", contrari allo stato liberale e fedelissimi al Papa;
• i moderati, favorevoli ad un progressivo inserimento di cattolici nello stato liberale;
• la Democrazia Cristiana, movimento fondato da Murri, il quale riteneva che per affermare la chiesa nella nuova società industriale fosse necessario creare un partito di massa cattolico.
Giolitti attenuò la netta distinzione fra Stato e chiesa, soprattutto in base al fatto che egli vedeva i cattolici come possibili alleati per contrapporsi alla sinistra. Nacquero così degli accordi tra Giolitti e i cattolici. (patto Gentiloni)
Le elezioni del 1913
Giolitti si presentò alle elezioni politiche del 1913, le quali furono le prime elezioni a suffragio universale maschile della storia italiana. Il suffragio universale maschile fu introdotto da Giolitti e prevedeva che potevano votare i maschi maggiorenni non analfabeti, e anche gli analfabeti, purché avessero più di trent'anni o assolto il servizio militare.
A queste elezioni, si rivelarono molto efficaci gli accordo con i cattolici, in quanto i voti di questi risultarono determinanti per la vittoria dei liberali. Nonostante ciò Giolitti si dimise un anno dopo, convinto di poter riprendere il governo del paese in breve tempo, ma ciò non avvenne e gli succedette Antonio Salandra.

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