L'opinione pubblica britannica e l'antisemitismo fascista

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Testo

1. Gli ebrei in Italia: l’antisemitismo nella stampa italiana.
Il notevole livello di integrazione che la comunità ebraica aveva raggiunto in Italia, a partire soprattutto dal Risorgimento, aveva contribuito a far nascere, in Italia e all’estero, la convinzione che, nonostante alcune prese di posizione antisionistiche e antigiudaiche comparse sulla stampa fascista e su quella cattolica1) negli anni Venti e Trenta, mancassero le premesse per il sorgere di un problema ebraico. Questa opinione trovò inizialmente conferma nel fatto che l’avvio delle persecuzioni contro gli ebrei in Germania suscitò da parte di Mussolini la condanna dell’antisemitismo del Fuhrer 2) e il duce si propose come mediatore tra le organizzazioni ebraiche internazionali e i nazisti; l’Italia, inoltre, manifestò la propria disponibilità ad accogliere gli ebrei in fuga dal Reich tedesco.3) Non mancarono, tuttavia, sin dal 1934, espressioni di simpatia per l’azione antisemita del nazismo, in particolare sulle pagine dei giornali fascisti, Il Tevere, Il Giornale d’Italia e in seguito anche Il Regime Fascista,4) dove ad essere attaccati furono in primo luogo i sionisti, la cui lealtà verso la nazione veniva messa in dubbio. L’antisemitismo andò via via diffondendosi all’interno del partito fascista e la stessa posizione di Mussolini fu, come vedremo, alquanto ambigua. Tuttavia, nel 1934 non c’era ancora motivo di dubitare seriamente della benevolenza italiana e fascista verso gli ebrei.5) Nel 1935, il successo della guerra d’Africa conferì a Mussolini e al regime la massima popolarità e anche gli ebrei, molti dei quali avevano aderito fin dai primi tempi al fascismo, parteciparono al clima di generale entusiasmo per la conquista dell’impero; in quell’anno gli attacchi di stampa antisemiti furono moderati, tant’è che sarebbe più opportuno - come suggerisce De Felice - parlare di "sporadiche punzecchiature".6)
Dal 1936, però, con il miglioramento dei rapporti italo-tedeschi e con la guerra di Spagna,7) tornarono a comparire, sui giornali fascisti, articoli a carattere antisemita: gli attacchi erano diretti contro il sionismo, contro il bolscevismo, cui il giudaismo era ritenuto strettamente legato, e, non ultimo, contro la "finanza internazionale ebraica".8) Il Regime Fascista di Roberto Farinacci, ras del fascismo cremonese ed elemento di punta del frantumato ed eterogeneo fronte dell’antisemitismo italiano, rivolse la propria critica, in un articolo anonimo, non più solo ai sionisti, ma a tutti gli ebrei, accusandoli di tenere "un atteggiamento passivo, che può suscitare sospetto" e invitandoli a dimostrare di essere "prima fascisti, poi ebrei."9) Da quel momento in poi si può dire che, al di là di qualche momentanea battuta d’arresto, la campagna di stampa antisemita non ebbe più sosta e, in particolare dall’aprile del 1937, quando fu pubblicato il pamphlet di Paolo Orano, Gli ebrei in Italia, riprese con vigore.10) Questo libro metteva in chiaro che la campagna antisemita non era più diretta "contro le astrazioni chiamate "internazionale ebraica, alta finanza ebraica e cricca giudaico-massonica",11) ma esplicitamente contro gli ebrei italiani.
Non tutti gli ebrei che vivevano in Italia reagirono allo stesso modo agli attacchi che la stampa riservò loro tra il 1935 e il 1937: solo un piccolo gruppo espresse preoccupazione per la propria sorte e per quella dell’Italia, che si avvicinava sempre più alla Germania, e cercò di replicare alle accuse rivolte alla comunità ebraica.
La maggioranza degli ebrei, tuttavia, condusse, in quegli anni, una vita tranquilla, senza avvertire in modo traumatico il pericolo di perdere le posizioni acquisite e continuando a sostenere il regime.
Per quanto riguarda gli ebrei all’estero, in genere, essi nutrivano simpatia per l’Italia e per Mussolini, soprattutto per le aperture del duce e dell’Italia verso i loro correligionari tedeschi. E questo fu il motivo che fece sì che molti tardassero a rendersi conto dell’effettiva condizione della comunità ebraica in Italia, anche dopo l’introduzione dei provvedimenti antisemiti.12)
1.1 L’intensificarsi della campagna antisemita e le reazioni della stampa britannica
Già alla fine del 1937 era stata decisa la politica razziale, che, tra l’estate e l’autunno del 1938, avrebbe portato all’introduzione di provvedimenti per la "difesa della razza". La campagna antisemita fu condotta con le più raffinate tecniche di propaganda: dalla stampa al cinema, dalla radio ai fumetti, ai libri; ad occuparsene furono tra gli altri i Gruppi Universitari Fascisti (GUF) e lo scopo era quello di rendere la discriminazione "necessaria agli occhi degli italiani".13) Per questo, soprattutto dal gennaio del 1938, gli attacchi antisemiti si fecero sempre più insistenti e furono diretti in particolare contro gli ebrei stranieri, ritenuti la causa della mancanza di alloggi, degli affitti elevati, della disoccupazione, dei bassi salari, delle scuole affollate, ecc.14) Ma molti furono anche gli articoli che mettevano in dubbio la lealtà degli ebrei italiani verso la nazione e li accusavano di tramare contro il fascismo.
Nonostante la frequenza con cui comparivano articoli antisemiti sui giornali italiani, essi non ebbero - almeno fino alla pubblicazione del Manifesto degli scienziati razzisti - grande eco sulla stampa britannica, probabilmente perché il governo non aveva ancora ufficialmente adottato una politica razziale e Mussolini non aveva ancora espresso il proprio parere definitivo sulla campagna antisemita, anzi, aveva più volte ribadito, almeno fino al 1937, l’inesistenza di una "questione ebraica".
Dei quotidiani nazionali britannici qui presi in esame per i mesi precedenti all’introduzione della legislazione razziale in Italia, vale a dire il Times, il Daily Herald e l’Evening Standard,15) solo il Times, oltre al settimanale ebraico, Jewish Chronicle,16) dava notizia dell’intensificarsi della campagna antisemita sulla stampa italiana nei primi mesi del 1938, con questo commento:
Two of the more extreme Fascist newspapers, Sig. Farinacci’s Regime Fascista and the Tevere, have for years past been noted for their anti-Jewish propaganda. Their anti-Jewish tone has been accentuated in the past month or two and there have been numerous examples of it in other newspapers. 17)
Il Times, pur mostrando preoccupazione per la tendenza del governo italiano di copiare le iniziative naziste,18) sottolineava, però, la differenza tra la posizione degli ebrei in Germania e in Italia ed esprimeva la convinzione che l’antisemitismo avrebbe raccolto scarsi consensi tra la popolazione italiana, a meno che non fosse stato spinto da una forte azione propagandistica. In Germania - era questa l’opinione del Times - numerosi ebrei occupavano posizioni di rilievo e per questo era stato relativamente facile diffondere l’idea che essi rappresentassero una minaccia per la nazione, in Italia, invece:
/.../ they are only a small minority of about 40,000, who can hardly be represented as suckling the life-blood of the country. For this reason it seems hardly likely that anti-Semitism can gather much strength in Italy, unless indeed it is raised by the forced draught of official propaganda.19)
Considerando il ruolo che l’apparato propagandistico aveva svolto in Germania, non poteva certo essere esclusa la possibilità che i fascisti, i quali per altro avevano già mostrato una certa inclinazione a fare propri gli insegnamenti nazisti, ottenessero risultati simili.
Un esempio del fatto che da parte del governo non vi fosse alcuna intenzione di far cessare, o quantomeno di attenuare, la campagna antisemita in corso sulla stampa fu individuato dal Times nella ripresa delle pubblicazioni di un "obscure weekly /.../ the first function of which seems to be anti-Jewish agitation"20) - così il Times definiva Il Giornalissimo.21) Nel primo numero di questo settimanale, uscito agli inizi di febbraio, oltre ad una vignetta, che ironizzava sull’aspetto fisico degli ebrei e sul loro legame con il comunismo e con la finanza internazionale, era apparsa anche un’intervista a Giovanni Preziosi22)- uno degli antisemiti della prima ora - sul tema "Esiste un problema ebraico in Italia?".23)
La stampa fascista non perdeva occasione per attaccare gli ebrei o per suggerire misure antiebraiche, come nel caso de Il Regime Fascista, che propose l’introduzione di un "numero chiuso" per la partecipazione degli ebrei alla vita sociale e politica della nazione e, inoltre, sostenne che con l’Informazione Diplomatica n. 14 del 16 febbraio24) - la prima presa di posizione semi-ufficiale di Mussolini in merito alla questione razziale - il governo aveva chiaramente espresso la volontà di adottare dei provvedimenti antiebraici. Il Times commentò questa interpretazione in tono sarcastico, sostenendo che le affermazioni contenute nell’Informazione non giustificavano affatto una simile lettura, ma piuttosto negavano qualsiasi intenzione del regime in tal senso25) e, a supporto di questa tesi, il quotidiano riportò un brano del documento - in seguito ripreso anche da altri giornali britannici - nel quale era scritto:
Il Governo fascista non ha mai pensato, né pensa di adottare misure politiche, economiche, morali contrarie agli ebrei in quanto tali, eccettuato beninteso nel caso in cui si tratti di elementi ostili al Regime.26)
Fin dall’inizio del 1938 il Times mise in risalto l’influenza nazista sulla campagna antisemita intrapresa dalla stampa italiana, sostenendo che l’antisemitismo, sebbene non fosse ancora una politica ufficiale del governo italiano, era, però, indubbiamente, un’espressione della volontà del duce di consolidare - anche dal punto di vista ideologico - l’asse Roma-Berlino, siglato nell’ottobre del 1936:
Anti-Semitism must now be added to the various other German cults which are being copied in Italy in order to emphasize the reality and the strength of the Rome-Berline axis.27)
In occasione della visita di Hitler in Italia, tra il 3 e il 9 maggio 1938, il Times non accennò, tuttavia, alla possibilità che i due dittatori trattassero la questione dell’antisemitismo, se non indirettamente, nel menzionare la comune volontà di Italia e Germania di costituire un fronte antibolscevico: la stampa fascista, infatti, nell’accusare gli ebrei di slealtà verso la nazione non aveva mancato di sottolineare il loro presunto legame con il bolscevismo, nemico giurato del fascismo e del nazismo.
Sulle pagine del Times non comparve più alcun commento alla campagna di stampa antisemita del fascismo fino al luglio del 1938, quando la pubblicazione del Manifesto degli scienziati richiamò l’attenzione di tutta la stampa internazionale.
2. Il Manifesto degli scienziati e i primi provvedimenti antiebraici.
Il Manifesto degli scienziati razzisti o Manifesto della razza fu pubblicato sulla stampa italiana il 14 luglio del 193828): si trattava di un documento in dieci punti redatto da "un gruppo di studiosi fascisti, docenti nelle Università italiane, /.../ sotto l’egida del Ministero della Cultura popolare",29) che affermava l’esistenza delle razze, chiariva che il concetto di "razza" era "puramente biologico" - e, pertanto, indipendente dai concetti di popolo e nazione - e proseguiva, poi, asserendo l’origine "ariana" della popolazione italiana e l’esistenza di una "pura razza italiana". Gli ultimi quattro punti del documento proclamavano, senza mezzi termini, la necessità di mantenere la purezza della "razza italiana" evitando "l’incrocio con qualsiasi razza extraeuropea e portatrice di una civiltà diversa dalla millenaria civiltà degli ariani."30) Un solo punto era interamente dedicato agli ebrei - negava la loro l’appartenenza alla "razza italiana" e sottolineava la difficoltà dei semiti ad assimilarsi alla popolazione italiana, difficoltà dovuta proprio al fatto che la loro origine era assolutamente diversa da quella degli italiani - eppure il Manifesto fu comunemente considerato un esplicito riferimento alla prossima adozione di provvedimenti antiebraici da parte del governo fascista.
Le prime reazioni della stampa britannica furono quelle del Daily Herald, del Times e del Daily Telegraph & Morning Post, che, già il 15 luglio, commentarono la pubblicazione del Manifesto. Il Daily Herald si limitò a riportare una notizia dell’agenzia di stampa British United Press, nella quale erano riassunti i punti principali del Manifesto, e annunciò la probabile adozione da parte dal governo italiano di una politica razziale a danno degli ebrei:
Adoption by Italy of a racial policy, which would exclude Jews from being full Italian citizens, was foreshadowed by an article published in the Giornale d’Italia last night.31)
Pochi giorni dopo, lo stesso quotidiano pubblicò un altro articolo nel quale dava conferma di un’imminente legislazione antiebraica in Italia:
Belief that anti-Jewish legislation is impending in Italy is strengthened by the announcement that the Italian Goverment has established a department to deal with "racial questions."32)
L’estraneità del Daily Herald alla campagna di stampa antisemita, condotta nei mesi precedenti la pubblicazione del Manifesto dai giornali italiani, emerse da una frase, contenuta nello stesso articolo, nella quale si sosteneva che gli attacchi di stampa erano iniziati dopo la comparsa del Manifesto:
Anti-Jewish articles have appeared in several papers since the publication of the manifesto last Thursday announcing the launching of a racial policy in Italy.33)
Il Times e il Daily Telegraph & Morning Post, oltre a fornire un riassunto dettagliato dei contenuti del documento, sottolinearono l’influenza tedesca nell’adozione di una politica razziale in Italia:
The first approach to an official pronouncement by the Fascist regime on the theories of race propagated in Germany is published today by the Giornale d’Italia.34)
From some time it has been clear that since the establishment of the Rome-Berlin axis in 1936, the position of the Jews in Italy has not been so assured as it was.35)
Il Daily Telegraph, che prima di allora non si era mai occupato della campagna razziale del governo fascista, riportò, in quell’occasione anche il contenuto dell’Informazione Diplomatica n. 14 del 16 febbraio 1938, nella quale - come si è già accennato - si negava l’intenzione del governo di prendere misure politiche, economiche o morali contro gli ebrei, e poi elencò i provvedimenti non ufficiali adottati sino a quel momento dal governo italiano contro gli ebrei. L’intento del quotidiano era probabilmante, da un lato, quello di far notare la mancanza di coerenza tra quanto affermava l’Informazione e l’effettivo trattamento riservato agli ebrei e, dall’altro, quello di inquadrare il Manifesto all’interno di un processo in corso già da tempo, escludendo così l’episodicità di quella presa di posizione che lasciava presagire nuovi sviluppi nei provvedimenti contro gli ebrei.
Anche il Times, pur osservando che:
Official circles deprecate the suggestion that it (the pronouncement) is the prelude to further discriminatory measures agaist Jews, and declare that it has merely an academic interest.36)
si mostrò propenso a credere che, in realtà, il Manifesto non sarebbe rimasto lettera morta:
This pronouncement, as the Giornale d’Italia suggests, is no doubt intended to influence public opinion and to create a new mentality among the Italian people in questions of race.
Alla fine di luglio anche l’Evening Standard e il Daily Mail pubblicarono la notizia della "svolta antisemita"37) del governo italiano, si trattava però di brevi articoli senza commento. L’Evening Standard si limitò a riassumere il contenuto del Manifesto in due brevissime frasi e concluse con altrettanto brevi considerazioni sugli ebrei italiani e sulla posizione della Chiesa:
Italian Government has recently taken up a definite position on the racial problem. A report /.../ declared that the time had come for the Italians to proclaim racialists in the Italian sense of the term. The Hebrews, the report added, did not belong to the Italian race. There are between 50,000 and 60,000 Jews in Italy. A number of anti-Jewish regulations have been put into force. The Pope has on several occasions denounced racialism.38)
Il Daily Mailpubblicò, invece, una notizia riportata dall’agenzia Reuter, nella quale non solo non si faceva alcun accenno al Manifesto, ma, addirittura, si lasciava intendere che la campagna razziale in Italia fosse iniziata il giorno stesso in cui la Reuter ne dava notizia, vale a dire il 22 luglio:
A racial campaign was launched today by the simultaneous appearance of articles in Rome evening papers and the issue of an expulsion order against Dr. Jacob David Kleinlehrer, Rome correspondent of the Jewish Telegraphic Agency.39)
Il Daily Mail, dopo questa succinta notizia, non si occupò più della politica razziale del governo fascista fino al mese di ottobre.40) Gli altri quotidiani, invece, seguirono più da vicino l’introduzione dei provvedimenti antisemiti e le sorti degli ebrei in Italia.
La pubblicazione del Manifesto - come notarono i quotidiani britannici - riaccese la campagna di stampa antisemita sui giornali più vicini al governo fascista:
The semi-official pronouncement on the Fascist attitude towards the current notions of racial purity /.../ has been followed by a crop of newspaper articles commenting on and elaborating the theme.41)
All the evening newspapers have published leading articles on the need for keeping the Italian race pure.42)
Il Times osservò che, sebbene non tutti gli articoli facessero esplicito riferimento agli ebrei, era, tuttavia, evidente che proprio loro fossero il bersaglio degli attacchi a sfondo razzistico:
Not all articles refer to Jews, but since the professors /.../ explained that Italian blood might be crossed with any other European blood without losing its purity and that the Jews were the only non-European race settled in Italy, it is clear that they are the real cause of all this concern.43)
La stampa fascista e il regime ripetevano che il "miglioramento della razza" era da sempre stato uno degli obiettivi del fascismo, ma - commentava il Times - non era chiaro il motivo per cui la questione razziale fosse diventata all’improvviso prioritaria. Il quotidiano londinese, comunque, non escludeva la possibilità che il governo italiano volesse soltanto limitare l’afflusso di rifugiati in Italia, diffondendo voci dell’ostilità degli italiani verso gli ebrei:
It may be that the Government aims merely at creating an artificial antisemitism - which cannot become very serious since there are only about 40,000 Jews in Italy - as an easy way of turning off Jewish refugees from other countries, who might be tempted to come to Italy /.../.44)
Il governo fascista, però, rivelò presto le sue reali intenzioni: dopo l’espulsione dei giornalisti stranieri di origine ebraica, dopo l’annuncio che la "questione razziale" sarebbe divenuta materia di studio nell’Università italiane e che i figli degli ebrei stranieri non avrebbero potuto frequentare le scuole, se non quelle ebraiche, agli inizi di agosto i quotidiani britannici diedero notizia del censimento indetto dalle autorità fasciste allo scopo di conoscere il numero di ebrei residenti in Italia e regolare di conseguenza la loro influenza nella nazione:
Italy intends to restrict the activity of the Jews living in the country, and it is to take a special census of them immediately.45)
Another official declaration on racialism was published today in a special issue of the Government’s Informazione Diplomatica /.../ it states that Fascist Government do not intend to single out the Jews as such for persecution, but wish to keep a check on their activities, and to ensure that their share in the life of the State is in proper relation to their number.46)
Il mese di settembre si aprì all’insegna di nuovi provvedimenti antiebraici: le voci, che volevano il governo fascista in procinto di emanare un decreto di espulsione a danno degli ebrei, si fecero sempre più insistenti, dando credito alla sensazione che il razzismo stesse ormai diventando uno dei capisaldi del fascismo:
Mussolini has issued some new decrees. One of these lays it down that all Jews who have enjoyed Italian nationality for less then twenty years and all foreign Jews must leave the country by next February. Race prejudice, at which Mussolini was scoffing only a few years ago, thus becomes a pillar of Italian Fascism /.../.47)
A decree which carries the anti-Jewish policy a step further was approved by the Council of Ministers this morning /.../ all persons whose father and mother were born Jews and who settled in Italian territories after January 1st 1919, are to leave the country within six months.48)
Mussolini today ordered the expulsion of all Jews, whether citizens or not, who came into Italy after January 1st 1919. This is the first official step towards carrying out the recent proclaimed fascist policy of limiting the number of Jews in Italy.49)
Mentre, però, il Daily Herald, il Times e l’Evening Standard presentarono - già ai primi di settembre - il decreto d’espulsione come un dato di fatto, il Daily Telegraph & Morning Post parlava ancora di "voci" che, per essere confermate, dovevano attendere la decisione del Gran Consiglio fascista del 1° ottobre successivo e alle quali, comunque, il giornale non attribuiva alcuna veridicità:
/.../ One rumour is that Signor Mussolini will announce his decision to expel Italian Jews. Another is that he will send them to Abyssinia, and the third that he will deprive them of Italian citizenship. All these tales are without any foundation in fact.50)
Solo con il decreto-legge del 17 novembre 1938, se non già - come vedremo nel paragrafo successivo - con la dichiarazione del Gran Consiglio del Fascismo del 7 ottobre, le intenzioni del governo fascista risultarono inequivocabilmente chiare a tutta la stampa britannica.
Nel frattempo i quotidiani del Regno Unito riportarono i provvedimenti che, di giorno in giorno, venivano annunciati contro gli ebrei in Italia:
Further measures against Italian Jews were taken to-day. Henceforth all members of the naval forces must state to what "race" they belong /.../ Nineteen officials have been dismissed from their posts in the Home Office because they are Jews.51)
Mussolini not content with expelling all foreign-born Jews from Italy, yesterday carried the war against Jewish children and scientists.52)
The Italian Cabinet to-day approved a decree banishing Jewish students from Italian schools, and prohibiting the engagement of any Jewish instructor, professor and teacher at any school or university whose syllabus is legally recognized.53)
Uno spazio non trascurabile continuò ad essere riservato all’incessante campagna antisemita condotta dai giornali fascisti nel tentativo di guadagnare gli italiani alla politica razziale del governo e di tenere vivo l’interesse verso il problema ebraico:
/.../ the Government-controlled Italian Press demands even further repressions. The Rome Il Tevere asks that Italian Jews should be ousted from the armed forces, political organisations and the judiciary. The weekly newspaper Roma Fascista pillories a number of prominent Italian Jews in the insurance and financial world, and accuses them of holding in their hands "the levers of commends of Italian economy."54)
There is no slakening of the anti-Jewish Press campaign. All measures and precautions taken abroad in regard to the Jews are being faithfully chronicled as a means of convincing the Italians that it is not Italy alone which has found it necessary to control the movements and activities of the Jews.55)
La posizione della stampa inglese nei confronti dei provvedimenti antisemiti italiani fu brevemente riassunta dal settimanale più diffuso tra gli ebrei britannici, il Jewish Chronicle:
Italy’s new anti-Jewish decrees are unanimously condamned by the British Press as measures revolting the believers in the elementary laws of humanity, and bound to recoil upon the country which decreed them.
"The latest move in the Italian anti-Jewish campaign is both drastic and medieval in the worst sense of the word," The Times declares /.../. The Daily Telegraph and Morning Post emphasizes that the expulsion decree aggravates the difficult problem of the refugees created by Hitler’s treatment of Jews in Germany. "Every warm heart, " declares the Daily Express "must sympathise deeply with the Jews in their plight. Their treatment is creul and unconscionable."56)
3. Dalle decisioni del Gran Consiglio al decreto-legge di novembre.
Il 7 e l’8 ottobre 1938 i giornali britannici pubblicarono la dichiarazione del Gran Consiglio del Fascismo, riunitosi a Palazzo Venezia nella notte tra il 6 e il 7, con la quale veniva approvata una lunga serie di misure contro gli ebrei. Si trattava, in realtà, di una summa dei provvedimenti che la stampa italiana e i numeri dell’Informazione Diplomatica, usciti a partire dal febbraio di quell’anno, avevano preannunciato e di cui la stampa britannica aveva già dato notizia; tuttavia, non mancò di suscitare interesse. Alla stessa stampa fascista - come rivelò l’Evening Standard - era stato espressamente richiesto di attribuire grande importanza alle decisioni del Consiglio:
The Italian newspaper have been ordered to give great prominence on the main pages to the Council’s racial decisions.57)
Tutti i quotidiani britannici, e soprattutto il Daily Mail e il Daily Telegraph & Morning Post, diedero particolare risalto alla disposizione che negava la possibilità di matrimoni misti: "Italians Must Not Marry Jews" e "Duce’s Drastic Wedding Laws"58) furono rispettivamente i titoli con cui i due quotidiani annunciarono le risoluzioni del Gran Consiglio. L’attenzione speciale a questo argomento era probabilmente da attribuirsi al fatto che si prospettava in merito uno scontro tra il Vaticano e il governo fascista, come gli stessi quotidiani osservarono prontamente. Il Daily Mail riportò sulla questione una notizia dell’agenzia di stampa British United Press:
/.../ the official organ of the Vatican, the Osservatore Romano, will publish a leading article in its next issue protesting in reserved terms against the matrimonial laws /.../.59)
Il Daily Telegraph pubblicò un articolo del proprio corrispondente a Roma:
The Vatican newspaper /.../ raises a serious question which /.../ might imperill the Concordat which exists between the Fascist State and the Holy See. It expresses anxiety at the news of the Fascist Grand Council’s decision to prohibit marriages between Italians and non-aryans.60)
Per quanto riguarda i restanti provvedimenti approvati dal Gran Consiglio, quasi tutti i quotidiani presi in esame ne riassunsero dettagliatamente i contenuti e, in modo più o meno esplicito, denunciarono le pesanti ripercussioni che essi avrebbero avuto sulla comunità ebraica italiana: il Daily Herald parlò di "drastic decisions reguarding the Jews,"61) l’Evening Standard, invece, di "far reaching measures regulating the position of the Jews in Italy"62).
L’unica voce fuori dal coro fu apparentemente quella del Times, che sembrò non trovare affatto drastici i deliberati del Gran Consiglio e, anzi, ne mise in evidenza la moderazione rispetto alle misure annunciate nei mesi precedenti63)
An elaborate code of regulations for the defence of the race was issued by the Fascist Grand Council in the early hours of this morning after nearly five hours of discussion. The examination of these provisions shows that they are more rational and considerate than the first hasty measures against the Jews taken during these months /.../ they show more evidence of genuine preoccupation lest the Italian race should deteriorate through to much intermarriage /.../.64)
Già qualche tempo prima, nel commentare il discorso che Mussolini tenne a Trieste il 18 settembre,65) il Times aveva accennato alla possibilità di un’attenuazione dei provvedimenti contro gli ebrei:
The passage about the Jews in signor Mussolini’s speech at Trieste yesterday struck a note of moderation and for the first time the world was given a comprehensible justification of the Fascist policy towards the Jews,. There is some reason to believe that the speech will be the prelude to a number of announcements intended to mitigate force of the anti-Jewish decrees so far published.66)
Le attenuazioni cui il Times faceva riferimento erano in particolare il fatto che il Gran Consiglio avesse esonerato dal provvedimento d’espulsione gli ebrei anziani o coniugati con un "italiano puro" prima dell’emissione dei decreti e l’annuncio che essi non sarebbero stati costretti a convertirsi al cattolicesimo.
Il Times, però, osservò anche che la definizione di "ebreo", elaborata dal Gran Consiglio, era più restrittiva rispetto a quella apparsa in precedenza e che, inoltre, era stata preannunciata l’introduzione di una nuova legge che proibiva agli ebrei l’acquisizione della cittadinanza italiana.
La dichiarazione del Gran Consiglio fu seguita da una serie di disposizioni che di certo non avrebbero potuto dare adito a voci di una possibile moderazione nella politica antisemita del fascismo. Anzi, il Daily Herald giudicò le nuove misure ancora più severe delle precedenti e le definì "ghetto decrees"67):
New and severe measures against Italy’s Jews, far harsher than those decided on by the Fascist Grand Council last month, were yesterday decreed by Mussolini’s Cabinet.68)
Le nuove disposizioni limitavano, ad esempio, il possesso di beni immobili e non, proibivano l’assunzione di cittadini "ariani" in qualità di domestici, e prevedevano pene severe per i preti che univano in matrimonio "ariani" ed ebrei.
Queste ed altri provvedimenti andarono ad aggiungersi ai deliberati del Gran Consiglio e entrarono a far parte della legislazione dello Stato: una tappa fondamentale di questo processo fu il decreto-legge 17 novembre 1938 n. 1728 pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale il 19 novembre e convertito in legge il 5 gennaio successivo,69) che, appunto, comprendeva - in forma ampliata e con qualche modifica - i punti principali della dichiarazione dell’ottobre.
Dopo la pubblicazione del R.D.L. 17 novembre, il Times commentò così il trattamento riservato agli ebrei dal governo italiano:
Whether as a principle of Rome-Berlin axis or for some other reasons the Italian Government deem it right and proper to have the Jews vilified and abused in every possible way.70)
Se è vero - come mostrano i brani degli articoli citati sinora - che di fronte all’annuncio dei provvedimenti antiebraici in Italia la stampa britannica reagì con espressioni di biasimo e manifestò preoccupazione per quello che fu considerato l’esito della "cattiva influenza" nazista, è altrettanto vero, però, che fino al luglio del 1938, e in alcuni casi anche oltre, la maggior parte dei quotidiani britannici non registrò i pur evidenti sintomi della successiva evoluzione antisemita. La mancata riflessione sulle tappe che portarono all’introduzione della legislazione razziale ebbe come esito un’errata valutazione dello spessore e della gravità di quella decisione: la tendenza, infatti, fu quella di considerarla esclusivamente come una scelta dettata dalla necessità di rassicurare il Fuhrer dopo la sigla dell’accordo anglo-italiano nell’aprile. Era opinione diffusa all’estero che in Italia - come lo stesso Mussolini aveva più volte ribadito - non esistesse una "questione razziale" e mancasse quel retroscena di invidia e disprezzo nei confronti degli ebrei, che in Germania aveva costituito un terreno fertile per l’antisemitismo. La legislazione razziale del fascismo sembrò quasi nascere dal nulla e non avere ragioni per sussistere. Si parlò di una "svolta improvvisa", laddove, in realtà, - come la storiografia ha recentemente sottolineato - non erano mancate, almeno a partire dal 1935-’36, le premesse degli eventi del 1938.
Uno degli aspetti che la stampa britannica non prese in considerazione fu l’incidenza della conquista dell’impero sull’evoluzione razzistica del fascismo.
Fin dagli anni Venti il regime aveva intrapreso una politica demografico-sanitaria per il "miglioramento della popolazione italiana"71): migliori condizioni igienico-sanitarie avrebbero favorito la crescita numerica della popolazione, simbolo di forza e premessa indispensabile per la conquista dell’impero. L’occupazione dell’Etiopia, però, al di là dell’entusiasmo per la dimostrazione di potenza della "rigenerata popolazione italiana", ebbe come conseguenza anche l’unione di militari e coloni italiani con gli indigeni. Nell’opinione del duce la mancanza di "dignità razziale" degli italiani, che li aveva portati a mescolarsi con gli indigeni, oltre a "imbastardire la razza", aveva causato fenomeni di insubordinazione nei territori occupati: era pertanto indispensabile che gli italiani acquisissero una "coscienza razziale" e proclamassero senza mezzi termini la "superiorità dei dominatori" rispetto alla popolazione indigena. Per evitare i rapporti tra italiani e africani il governo decise di adottare misure punitive nei confronti di chi "si macchiasse di colpe contro la razza": furono previste addirittura la fustigazione e la condanna ai campi di concentramento.72)
La conquista etiopica rappresentò, dunque, una tappa fondamentale nello sviluppo del razzismo italiano e nella gestazione della politica razziale: essa, infatti, preparò il terreno alla successiva fase di elaborazione delle leggi per "la difesa della razza". Le leggi antiebraiche, sulla cui adozione indubbiamente influirono anche i rapporti italo-tedeschi, si inserirono, dunque, in un contesto di teorie e provvedimenti "razziali" preesistenti ed autoctoni. Quando nel 1938 il governo fascista introdusse ufficialmente la legislazione razziale fu dato particolare rilievo ai "motivi coloniali" del razzismo italiano. Nella dichiarazione del Gran Consiglio di ottobre si leggeva:
Il Gran Consigllio dichiara l’attualità urgente dei problemi razziali e la necessità di una coscienza razziale, in seguito alla conquista dell’Impero e ricorda che il Fascismo ha svolto da 16 anni e svolge un’attività positiva, diretta al miglioramento quantitativo e qualitativo della razza italiana, miglioramento che potrebbe essere gravemente compromesso, con conseguenze politiche incalcolabili, da incroci e imbastardimenti.73)
Del problema ebraico - cui pure era quasi interamente dedicata la delibera del Gran Consiglio - si sosteneva che era soltanto "l’aspetto metropolitano di un problema più generale".
La stampa britannica non valutò attentamente queste importanti premesse: ebbe pertanto una visione parziale della "questione razziale" e non ne percepì la reale portata.
3.1 I provvedimenti antisemiti tra la fine del 1938 e i primi mesi del 1939.
L’interesse della stampa britannica per la politica antisemita del governo fascista dalla fine del 1938 in poi andò scemando e solo il Times continuò a dedicare spazio all’argomento; l’Evening Standard, pur occupandosi della questione dello Stato ebraico,74) della figura del duce e delle relazioni anglo-italiane, non si soffermò come in precedenza sulla legislazione antisemita.75)
Il 1938 si era chiuso senza alcuna prospettiva di miglioramento nella condizione degli ebrei in Italia. Da più parti erano giunte richieste al governo italiano affinché attenuasse i provvedimenti antiebraici e addirittura tra i fascisti stessi si levarono voci di disapprovazione per l’ingiusto trattamento riservato agli ebrei.
Il Times notò che la propaganda antiebraica del fascismo non aveva fatto presa su buona parte degli italiani, che, però, non erano liberi di esprimere il loro dissenso. Coloro, infatti, che mostravano solidarietà agli ebrei venivano bollati come "pietisti" e "traditori" ed erano soggetti a punizioni:
The anti-Jewish propaganda which has been poured out in the Italian newspapers during the last six months does seem to have made some impression on the ignorant masses, but the average educated Italian is not in the least anti-Jewish and sees not a justification for the treatment which is been meted out to them; still less does he approve of what is being done to the Jews of Germany and Austria, but he is not allowed to say so in public.76)
Il Times ricordò, ad esempio, la presa di posizione di Ezio Garibaldi - deputato fascista e nipote del gen. Giuseppe Garibaldi - che aveva già più volte contestato, anche negli anni precedenti il 1938, gli orientamenti razzisti e antisemiti della pubblicistica fascista, definendo "castronerie" le affermazioni di Julius Evola sul "mito del sangue" e, una volta apparso il Manifesto degli scienziati, egli sostenne che altro non era se non una traduzione in italiano delle sciocchezze pubblicate dai giornali razzisti tedeschi 77):
The anti-Jewish measures are unpopular among the Italian people and this unpopularity finds a significant and courageous expression in an article by Signor Ezio Garibaldi in his review Camicia Rossa. Signor Garibaldi is the nephew of General Garibaldi and his condamnation, coming as it does from one who has such a high-family traditional patriotism and who is a Fascist deputy, cannot slightly be dismissed.78)
Alcuni fascisti, pur approvando la politica antiebraica del governo, si pronunciarono a favore di una mitigazione della legislazione razziale, ma i loro appelli caddero nel vuoto. Il Times riportò l’invito alla moderazione di un altro fascista, il Senatore Crispoldi, il quale riteneva necessario porre un freno all’iniziativa di gruppi di entusiasti che agivano incontrollati, sferrando attacchi violenti contro ebrei:
/.../ Senator Crispoldi, while affirming the necessity for the new measures, appealed for moderation in the anti-Jewish campaign. "The Government - he said - should endeavour to discourage those who, by private action, embittered the racial question and humiliated the Jews, thus giving to the law /.../ a character different from its real one and making it appear that persecution was intended.79)
Nel corso del 1938, il Papa Pio XI - come vedremo meglio in seguito - aveva più volte condannato il razzismo e sulle pagine dell’Osservatore Romano non aveva nascosto il proprio biasimo per le misure discriminatorie approvate dal Gran Consiglio del Fascismo, in particolare per il decreto che vietava i matrimoni misti, giudicato dal Vaticano una aperta violazione rispetto agli accordi tra Stato e Chiesa siglati nel 1929. Il duce e la stampa fascista considerarono i rimproveri della Santa Sede come inopportune intromissioni negli affari dello Stato e riaffermarono l’intenzione del governo di proseguire nella campagna razziale.
Il governo fascista aveva mostrato di non temere neanche la compromissione degli scambi commerciali con l’estero: gli ebrei britannici del Jewish People Council Against Fascism and Anti-Semitism 80) minacciarono, nel settembre del 1938, di boicottare tutte le merci italiane come già stava avvenendo per le merci provenienti dalla Germania e molti acquirenti ebrei, ancora prima che il Council approvasse il boicottaggio, iniziarono a rifiutare l’acquisto dei prodotti italiani.81) La risposta secca e perentoria di Roma apparve sul Giornale d’Italia e fu riportata dal Jewish Chronicle:
The semi-official Giornale d’Italia threatens that the Italian Jews will find their position still more serious if their coregionalists abroad will persist in such an ill considered gesture.82)
Neppure gli interventi dell’ambasciatore americano William Phillips che, in varie occasioni, espresse a Mussolini il biasimo del presidente Roosevelt nei confronti dei provvedimenti contro gli ebrei stranieri, in particolare contro il decreto d’espulsione, servirono a modificare l’atteggiamento del governo italiano. Il presidente americano - già dopo l’approvazione del decreto d’espulsione nell’ottobre - aveva formalmente chiesto al duce garanzie riguardo al trattamento dei cittadini americani residenti in Italia e in quell’occasione si credette che il governo italiano avrebbe apportato modifiche al decreto,83) ma non fu così. Nel gennaio del 1939, l’America presentò a Mussolini un invito a collaborare per la soluzione del problema dei rifugiati, ma egli, pur mostrandosi disponibile, non accennò ad attenuare le misure antiebraiche in Italia. Il Times osservò che, sebbene bastasse una sola parola del duce per alleviare le sofferenze degli ebrei in Italia e per contribuire alla soluzione del problema dei rifugiati, questi l’avrebbe pronunciata solo in cambio di un accordo su altre questioni con le potenze europee, tra cui la Gran Bretagna:
How far Signor Mussolini is prepared to go would presumably depend on how far Mr Chamberlain would meet him in other matters. A single word of the Duce would lighten the lot of Italian Jews without the necessity of altering any law.84)
Il 1939 si aprì, dunque, per gli ebrei con la prospettiva di dover lasciare l’Italia entro il 12 marzo: man mano che il termine ultimo per l’espatrio si avvicinava, crescevano le pressioni sugli ebrei, che spesso erano vittime di aggressioni da parte dei fascisti, durante le quali venivano arrestati per essere poi rilasciati dopo qualche giorno con l’ordine di lasciare il paese entro una settimana altrimenti sarebbero stati internati nei campi di concentramento appositamente predisposti. Molti ebrei, privati del loro lavoro, dei loro beni e della cittadinanza italiana e costretti ad emigrare - i più verso una meta ignota - si abbandonarono alla disperazione, tanto che, soprattutto nei primi mesi del 1939, si registrarono numerosi casi di suicidio85):
Even more tragic than poverty is the despair that is seizing the Jews and is resulting in a wave of suicides, particularly among dismissed Jewish naval and military officers who /.../ have suddenly found themselves humiliated and degraded. Many suicides are also reported among well-to-do Jews, who have been expropriated without compensation.86)
Gran parte degli ebrei colpiti dal decreto d’espulsione, che lasciarono l’Italia nel marzo del 1939, scelsero di dirigersi verso la Francia e furono inviati alla frontiera, ma molti non riuscirono a valicare il confine; altri, che pure vi riuscirono, non andarono incontro ad una sorte migliore:
/.../ it is reported that thousands of Jewish exiles are wandering in the montains in an exausting condition without being able to enter France or to return to Italy. Many refugees who have succeded in getting across the frontier during the last few weeks have been sent to prison.87)
Gli ebrei italiani, ai quali fu concesso di restare in patria, dovettero sottostare all’entrata in vigore di nuovi provvedimenti restrittivi: tra il gennaio e il marzo trovarono applicazione, tra le altre, le disposizioni che limitavano il possesso di case e terreni, e quelle che impedivano agli ebrei di assumere personale "ariano" al proprio servizio. Alla fine di marzo il Jewish Chronicle riferì di una parziale moderazione delle iniziative antisemite, ma si trattò, in realtà, di un’azione spontanea della popolazione e non di una decisione delle autorità:
A slight relaxation is also noticeable in the anti-Jewish drive. Most of the signs on shops proclaiming that the owners are "Aryans" have now been removed voluntary by the shopkeepers after it has been noticed that they are boycotted by the population.88)
Nel maggio sia il settimanale ebraico che il Times diedero notizia dell’introduzione di nuove misure a danno dei liberi professionisti ebrei sul modello di quelle adottate da Hitler in Germania:
A further tightening up of the official control exercised over the activities of Jews is forshadowed in a Bill approved by the Cabinet yesterday which will affect the position of the Jewish professional classes.89)
New measures against the Jewish lawyers, engineers, and others engaged in the professions have been decided by the Italian Council of Ministers. /.../ This latest Fascist aping of the Nazi legislation is unlikely to arouse much entusiasm among the general population who view with indifference, or even hostility, the racial extravagancies of their leaders.90)
Questi decreti avrebbero dovuto entrare in vigore sei mesi dopo la loro approvazione, ma, di fatto, l’esclusione degli ebrei dalle libere professioni ebbe inizio da subito.91)
Il governo italiano, dunque, non diede, nei primi mesi del 1939 - ma neppure nei mesi successivi92) - segni di ripensamento riguardo alla politica razziale adottata l’anno precedente e non accennò ad attenuare le misure antiebraiche. La stampa fascista, dal canto suo, negava le notizie pubblicate dalla stampa straniera, secondo cui gli ebrei in Italia si trovavano in una condizione difficile e dolorosa a causa della legislazione razziale e ribadiva che gli ebrei italiani non erano affatto perseguitati:
The anti-Semitic leader, Roberto Farinacci, who is a Minister of State, complains in his paper, the Regime Fascista, that he has lately found in the foreign Press news to the effect that the Jews in Italy are suffering as a result of the racial legislation. In his opinion, the Jews in Italy are well off and the news published abroad is incorrect; /.../ the Jews in Italy are not being persecuted, but they are, on the contrary, faring well.93)
4. Mussolini e la questione ebraica.
L’atteggiamento di Mussolini nei confronti della questione ebraica fu sempre piuttosto ambiguo e questo fu uno dei motivi94) per cui l’opinione pubblica internazionale non colse immediatamente le reali intenzioni del governo fascista riguardo agli ebrei e fu scossa dalla decisione del duce di adottare una legislazione razziale. La tendenza generale, prima del 1938, era stata quella di non considerare Mussolini un antisemita: erano note le sue prese di posizione contro la persecuzione nazista e le sue frequenti affermazioni contro il razzismo e l’antisemitismo dei nazisti; meno noti erano, invece, i suoi attacchi ai sionisti - per i loro rapporti con la Gran Bretagna - e alla "internazionale ebraica" - in particolare dopo la conquista dell’Etiopia - attacchi che, una volta avviata la campagna per la razza, gli storici e i pubblicisti fascisti riproposero a riprova del fatto che il razzismo e l’antisemitismo non erano una scelta improvvisa né tanto meno dettata dalla necessità di compiacere l’alleato tedesco, ma piuttosto aspetti che da sempre avevano caratterizzato il fascismo. Pochi, però, si lasciarono convincere da questi tentativi di costruire un retroterra alla svolta antisemita del 1938.
I fascisti britannici, sia prima che dopo l’introduzione della legislazione razziale in Italia, sostennero la mancanza di attrito tra il fascismo italiano - o meglio, fra Mussolini in prima persona - e gli ebrei. Il Blackshirt, il giornale del movimento fascista britannico che faceva capo a Oswald Mosley, nel 1933 osservò:
/.../ the Italian leader, /.../ avoided conflict with Jews, with Church, with sectional interest of any kind.95)
Lo stesso Mosley, che tra il 1932 e il 1936 incontrò più volte il duce, annotò in seguito nella sua autobiografia:
Mussolini non era assolutamente antiebraico, /.../ L’antisemitismo e qualsiasi altra forma di razzismo, sono praticamente sconosciuti tra gli italiani /.../.96)
Il commento di Colin Cross all’affermazione del Blackshirt sopra riportata dà l’idea del modo in cui l’antisemitismo italiano fu recepito all’estero e di come, anche a distanza di tempo, ancora lo si considerasse tutto sommato blando rispetto a quello tedesco:
The reference to Mussolini was correct; anti-semitism was no part of Italian Fascism until 1938 when, under German influence, it appeared in a relative mild form.97)
Gli stessi ebrei britannici, come vedremo meglio nel capitolo successivo, confidarono a lungo nell’intervento di Mussolini presso il Fuhrer affinché cessasse la persecuzione dei loro correligionari e, per alcuni anni dopo l’ascesa al potere di Hitler, considerarono l’Italia un rifugio sicuro per gli ebrei tedeschi.98)
La prima dichiarazione semi-ufficiale del duce in merito alla campagna antisemita condotta dalla stampa fascista fu pubblicata sull’Informazione Diplomatica n. 14, il 16 febbraio del 1938,99) e in quell’occasione, come si è detto, sia il Times che il Jewish Chronicle sottolinearono che il governo fascista negava ogni intenzione di "prendere misure politiche, economiche, morali contro gli ebrei"; furono, però, lasciate in secondo piano altre affermazioni, contenute in quella stessa pubblicazione, che avrebbero potuto suggerire le successive mosse antiebraiche del fascismo. Un brano dell’Informazione, infatti, recitava:
Il governo fascista si riserva tuttavia di vegliare sull’attività degli ebrei di recente giunti nel nostro paese e di fare in maniera che la parte degli ebrei nella vita d’insieme della Nazione non sia sproporzionata ai meriti intrinsechi individuali e all’importanza numerica della loro comunità. 100)
La stampa britannica, pur esprimendo preoccupazione per gli assidui attacchi antisemiti della stampa fascista, non abbandonò, fino all’effettiva adozione dei provvedimenti per la "difesa della razza", la convinzione che l’Italia era, e sarebbe rimasta, estranea all’antisemitismo, proprio perché Mussolini stesso si era sempre dimostrato amico degli ebrei. Erano note, infatti, le frequentazioni ebraiche del duce 101) e la collaborazione degli ebrei alle organizzazioni e alle pubblicazioni fasciste: gli ebrei, fin dai primi anni del regime, avevano dato in gran numero il loro assenso al fascismo e avevano combattuto per la causa fascista, come il duce stesso aveva riconosciuto.
Il duce rimase a lungo, nella valutazione dei pubblicisti stranieri, il "dittatore dal volto apparentemente bonario"102) che cercava sì di imitare il suo alleato, ma che difficilmente ne avrebbe eguagliato il cinismo e l’efferatezza.
Quando la "svolta" antisemita del fascismo fu ormai compiuta i quotidiani britannici la considerarono come un’inevitabile conseguenza dell’alleanza italo-tedesca: il duce - che fu sempre visto come il "junior partner" all’interno dell’Asse - aveva ritenuto opportuno allinearsi anche ideologicamente al Fuhrer, per ottenere la fiducia dell’alleato, ed aveva messo in moto la macchina propagandistica per far nascere un antisemitismo che, altrimenti, in Italia non sarebbe mai nato.103) La reazione dell’opinione pubblica britannica, e di quella ebraica in particolare, di fronte alle scelte antisemite del duce fu, dunque, simile a quella di molti ebrei italiani che, per qualche tempo, credettero che "tutto sommato Mussolini volesse solo fare rumore, per dimostrare la sua solidarietà a Hitler, ma che in concreto le cose per gli ebrei sarebbero andate avanti senza troppi danni e sconvolgenti scossoni."104) Sebbene, però, la stampa britannica tendesse a dare risalto all’influenza tedesca, come causa prima dell’antisemitismo italiano, non mancò di attribuire a Mussolini la responsabilità della svolta antisemita e se è vero che pochi furono i riferimenti espliciti all’atteggiamento del duce verso la questione razziale, è altrettanto vero, però, che dall’insieme della documentazione emerge la tendenza ad attribuire al capo del governo italiano la scelta di discriminare la minoranza ebraica. E’ sufficiente, ad esempio, osservare alcuni titoli degli articoli pubblicati dai quotidiani britannici all’epoca della pubblicazione del Manifesto della razza per rendersi conto del fatto che Mussolini veniva considerato colui che, in ultima istanza, decideva le sorti degli ebrei:
"Duce May Begin Jew-Baiting", "Duce’s Anti-Jew’s Step", "Duce’s Ghetto Decrees" "Duce’s Drastic Wedding Laws", "Duce Strikes New Blows at Jews"105) ecc.
Come vedremo meglio in seguito, la stampa e buona parte dell’opinione pubblica britannica considerarono quello di Mussolini un modello di regime personale nel quale le decioni del governo coincidevano con la volontà del dittatore. Per questo motivo, al di là del ruolo indubbiamente determinante che il capo del governo svolse nell’introduzione dell’antisemitismo di Stato, i giornali britannici non diedero risalto alle pressioni dell’entourage e alle precedenti risoluzioni del governo in materia di politica razziale.
5. La figura di Mussolini nella stampa britannica e le relazioni anglo-italiane.
Dallo studio di R.J.B. Bosworth sull’atteggiamento dei conservatori britannici verso Mussolini e il fascismo tra il 1920 e il 1934,106) emerge che la sua ascesa al potere negli anni Venti aveva rappresentato per buona parte dell’opinione pubblica britannica un segnale positivo in vista di un rinnovamento del sistema politico italiano. Mussolini fu inizialmente considerato come il leader capace di eliminare il giolittismo e la corruzione nonché di portare ordine e disciplina in quello che, agli occhi di molti inglesi, era un popolo di analfabeti e di "sturdy beggars".107) Certo, vi fu anche chi espresse preoccupazione per i metodi antidemocratici e repressivi dei fascisti, soprattutto in seguito al delitto Matteotti, ma - sempre secondo Bosworth - la risposta della stampa e degli ambienti conservatori fu che ciò che accadeva in Italia non doveva essere giudicato secondo i canoni della politica britannica.108) La tendenza dei conservatori britannici era, infatti, quella di approvare il governo di "uomini forti" in quei paesi stranieri ritenuti incapaci di raggiungere un livello di democrazia simile a quello del Regno Unito. Il fascismo e la dittatura, dunque, erano la giusta soluzione per l’Italia, ma non per la Gran Bretagna, tant’è vero che i movimenti fascisti inglesi, dai British Fascists di Rotha Lintorn-Orman alla British Union of Fascists di Oswald Mosley ebbero scarsissimo seguito.109)
Complessivamente, almeno sino alla conferenza di Stresa, Mussolini si era, inoltre, guadagnato la stima dei conservatori britannici sia per la gestione della politica estera, nella quale si era dimostrato quasi sempre moderato e disposto alla collaborazione con la Gran Bretagna,110) sia per i risultati ottenuti e valorizzati dalla propaganda, grazie al nuovo clima di coatta collaborazione sociale nonché alle teorizzate soluzioni del corporativismo. Tra le benemerenze riconosciute al leader fascista era poi il presunto ripristino dell’ordine nel paese, dopo la tormentata stagione postbellica, e l’aver sventato una possibile deriva rivoluzionaria, di tipo bolscevico.111) A queste tesi, ampiamente sfruttate dalla propaganda fascista all’estero, replicò con forza Gaetano Salvemini, uno dei più importanti esponenti dell’antifascismo e del fuoriuscitismo italiani.112) E’ nota al proposito la "polemica sul fascismo" che Salvemini intraprese nell’ottobre-novembre del 1927 con George Bernard Shaw sulle pagine del Manchester Guardian prima e di The Nation poi. In quell’occasione Salvemini contestò le argomentazioni di Shaw in difesa dei metodi di Mussolini e del fascismo: secondo il commediografo irlandese il leader fascista aveva salvato l’Italia dall’anarchia del periodo postbellico e ne aveva risanata l’economia. Questi risultati - nell’opinione di Shaw - oltre a giustificare la violenza dell’azione fascista, avrebbero dovuto suscitare l’ammirazione dell’Inghilterra nei confronti del dittatore italiano. Nella sua replica Salvemini accusò Shaw di ignorare la reale situazione politica dell’Italia e di avere assimilato la lezione della propaganda fascista.113) Salvemini smentì, tra l’altro, l’esistenza nell’Italia del 1920 delle premesse per una rivoluzione bolscevica, e dimostrò, dati alla mano, che la politica economica del fascismo non aveva affatto ottenuto risultati tali da giustificare l’elogio di Shaw.
A proposito della propaganda fascista all’estero non va dimenticato che essa influì notevolmente sull’opinione degli ambienti politici e dell’opinione pubblica britannica: i fasci italiani nel Regno Unito furono sempre piuttosto attivi, specialmente a Londra. Essi operavano principalmente per l’aggregazione degli emigrati italiani e per la diffusione di un’immagine vincente dell’Italia fascista114): il duce era presentato come artefice del rinnovamento dell’Italia, l’uomo del popolo nel quale tutti gli italiani si riconoscevano e per il quale erano "pronti a marciare".115) Questo protagonismo del leader fascista nell’immagine diffusa dalla propaganda spiega, almeno in parte, la mancata percezione in Gran Bretagna dell’importanza di altri personaggi dell’establishment fascista e la spiccata tendenza della stampa inglese ad identificare Mussolini con il regime.116)
5.1 Mussolini e il Fuhrer.
L’ascesa al potere di Hitler e del nazismo in Germania diffuse negli ambienti politici britannici il timore di un’alleanza tra i regimi fascisti, ritenuta uno sbocco naturale. Bosworth osserva che nei quotidiani britannici dal 1933 in poi si coglie la tendenza ad attribuire la stessa valenza di significato ai termini "nazista" e "fascista" e, soprattutto negli ambienti di sinistra, fu sempre meno netta la differenza tra i due sistemi totalitari e tra i due uomini che ne erano a capo. Sia i conservatori che i laburisti, comunque, si mostrarono propensi ad una politica di dialogo con le potenze fasciste117): avvertirono, però, che il pericolo maggiore era rappresentato dalla Germania, e ritennero necessario dapprima stabilire delle buone relazioni con l’Italia, per poi intraprendere, con il sostegno del duce, il più difficile dialogo con il Fuhrer.
Una buona parte della stampa britannica ritenne che Mussolini avrebbe potuto influenzare Hitler e svolgere un ruolo di mediatore internazionale per favorire la nascita di un patto tra le quattro potenze europee. In realtà, Mussolini si rivelò presto il "Dictator Minor" - secondo la definizione di Bosworth e nell’opinione di vari pubblicisti britannici dell’epoca:
Germany is the predominant partner in the Axis. Italy is the noisy but rather anxious second: shouting and strutting to convince the world that she is just as important as her fellow, but by no means succeeding in convincing herself.118)
Dalla metà degli anni Trenta in poi, fu sempre più evidente che le scelte del duce mirarono ad accattivarsi il Fuhrer e a favorire l’alleanza tra i due regimi. La guerra d’Etiopia e l’intervento italiano in Spagna rischiarono di compromettere le relazioni anglo-italiane e diedero uno "scossone" alla popolarità del duce sul piano internazionale.119) Mussolini, però, pur intraprendendo la strada che l’avrebbe condotto, nell’ottobre del 1936, alla firma dell’Asse Roma-Berlino, non tralasciò mai le relazioni con la Gran Bretagna. Questo tentativo di non inimicarsi né l’una né l’altra nazione, da un lato gli consentì di ricoprire il ruolo di mediatore,120) in particolare, come vedremo, alla conferenza di Monaco, ma dall’altro, gli impedì di guadagnarsi la piena fiducia dell’una e dell’altra parte, come dimostra un articolo pubblicato dal Daily Herald in occasione della visita di Hitler in Italia, nel maggio del 1938:
/.../ the impression is that the lion’s share of the talking went to Hitler, who wants to know just where his ally stands, in view of the Anglo-Italian Agreement and the Franco-Italian conversations. One point known to worry him is whether Germany can still count on whole-hearted Italian support of her colonial claims. Another is: What are Mussolini’s intentions about Spain? Does the Duce think of withdrawing to please his new English friend, or is he simply fooling Downing Street? 121)
5.2 "I muscoli" della nazione.
La stampa britannica ironizzò molto sull’importanza che in Italia si attribuiva alla forza fisica e alla virilità. Le scelte eugenetiche e di profilassi igienico-sanitaria nonché la valorizzazione, anche nella gerarchia, della pratica sportiva e agonistica erano direttamente imputate a Mussolini. Il Daily Herald, nel commentare una gara di nuoto a cui avevano preso parte, alla fine del giugno 1938, 94 dirigenti del partito fascista, fece dell’umorismo a proposito del terzo piazzamento del "gen. Starace", allora segretario del PNF.122) Il giorno seguente lo stesso quotidiano descrisse le difficoltà di alcuni membri del partito nel superare le prove fisiche imposte dal duce e ancora una volta commentò con ironia:
/.../ trouble started when Mussolini ordered that fascist laeders should be athletic.123)
Mussolini stesso esibiva prestanza fisica e baldanza, facendosi immortalare a torso nudo nei campi di grano della bonificata pianura pontina o mentre era impegnato in qualche attività sportiva o marciava a capo di un battaglione:
Nearer sixty than fifty years old, and as hairless as the original Caesar at the same age, Mussolini is still the first to give the example of the strenuous life, piloting his own plane, driving his own car and seizing chance opportunities to march and even to run at the head of military detachments, and to be photographed so doing.124)
Si noti che il "culto del duce", introdotto in Italia già con la segreteria di Turati e perfezionato da Starace, era colto dalla stampa britannica più che come un aspetto della "nazionalizzazione delle masse" e della costruzione di un sistema tendenzialmente totalitario, come un aspetto esteriore risibile.
La forza fisica rappresetava per il duce il simbolo della forza militare ed economica della nazione: esibire i propri muscoli era un modo per dare l’immagine di un popolo che non temeva confronti, che sapeva difendersi e conquistare, che aveva il diritto e il dovere di costruirsi un impero, perché la sua popolazione era numerosa e aveva bisogno di spazi da coltivare per continuare a crescere.
Mussolini voleva essere considerato, dagli italiani in primo luogo, e dal mondo intero, come colui che aveva riportato in vita un glorioso passato, ridato lustro ai fasti dell’antica Roma e fondato l’impero. Il Manchester Guardian 125) notò l’insistenza con cui il leader fascista sottolineava il legame con l’antica Roma: oltre all’enfasi per i monumenti dell’età romana e per la cultura classica, nei suoi discorsi era sottolineata la tendenza a sostituire l’aggettivo "italiano" con quello di "romano" quasi fossero sinonimi. Tutto questo, secondo il Manchester Guardian, insieme alla capacità di tenere aperto il dialogo sia con la Germania che con la Gran Bretagna, aveva alimentato un vero e proprio "culto" per Mussolini in Italia, confermandolo a capo del paese:
Mussolini has achieved, inside Italy, a progressive transcendence. Only as joint First Marshal with the King does he accept a titular partnership with another man, perhaps remembering that the Caesars as consuls /.../ accepted it jointly with the heirs of illustrious families. /.../ this Caesar has been able, in 1938, to bear frustration without appearing humiliated. /.../ Mussolini is not reproached for failing to restore the "Stresa" alignment, since by their sanctionist policy England and France are thought to have shown tendencies if anything more dangerous for Italy than those shown by Germany. /.../ The Founder of the Empire, then, still has such people’s confidence when he claims to be acquiescing, under historical duress, in the embrace of Germany.126)
Il consenso che il duce ancora raccoglieva - sebbene in misura minore rispetto al periodo 1935-’36127)- era certo anche il frutto dei successi tanto elogiati dalla propaganda ed attribuiti alla sapiente organizzazione dello Stato fascista.
Mussolini, però, - era l’opinione del corrispondente del Manchester Guardian - non si accontentava di essere un eroe nazionale e voleva dare all’Italia una "degna" collocazione nel quadro europeo: il ruolo che il duce voleva per sé e per l’Italia era quello di "arbiter of the destinies of both factions in quarrel".128) Secondo l’inviato del Manchester Guardian, l’Europa rappresentava per Mussolini il banco di prova della politica di potenza dell’Italia. In alcuni passaggi gli articoli del Manchester Guardian sembrano essere rivolti al duce stesso, con un monito implicito a non entrare in conflitto con le potenze occidentali:
/.../ Mussolini, who has managed to reconcile his national omnipotence with the survival of the Savoy dynasty and of the See of Peter, would avoid any gross frontal assault to the national independence of the Great European countries. He has the sense to respect the British Empire as much as the Savoy dynasty, and the Third Reich as much as the Vatican.129)
Il giornalista del Manchester Guardian non nascose la propria opinione sull’alleanza italo-tedesca: egli riteneva, infatti, che la manifesta volontà di espansione di entrambi i partner dell’Asse avrebbe potuto generare conflitti di interesse - come già si era verificato nel caso dell’Austria - e nella verosimile ipotesi in cui nessuno dei due fosse disposto a cedere, lo scontro sarebbe stato inevitabile. Il duce - era questa la convinzione del corrispondente - aveva scelto un alleato per nulla interessato all’Italia come potenza e invece proiettato ad estendere il proprio dominio anche al Mediterraneo. Tuttavia, - proseguiva il pubblicista - malgrado la maggioranza degli italiani diffidasse dell’alleato tedesco e non desiderasse un destino comune per le due nazioni, il duce sembrava ritenere che la Germania avrebbe limitato la propria espansione all’Europa centro-orientale, così da lasciare all’Italia il controllo del Mediterraneo:
/.../ Mussolini seems still to stake his hopes on the Axis partner keeping a respectable distance and allowing him, in the sphere of Italy’s radiation, to shine alone as the creator of the new Romanism /.../.130)
Il 1938 fu un anno dalle alterne fortune per la popolarità di Mussolini: da un lato l’accordo raggiunto nell’aprile con la Gran Bretagna e poi la conferenza di Monaco di fine settembre gli guadagnarono la stima dell’opinione pubblica italiana ed estera, dall’altro, però, in primo luogo l’adozione della legislazione razziale, ma anche la protesta contenuta di fronte all’Anschluss, nonché i continui rinvii dell’entrata in vigore dell’accordo anglo-italiano per il mancato ritiro dei "volontari" dalla Spagna incrinarono l’immagine del duce.131) Si è visto come fosse opinione diffusa tra gli osservatori stranieri, ma anche tra gli italiani, che la decisione di discriminare gli ebrei altro non era se non l’espressione della volontà del duce di compiacere ed imitare il Fuhrer.
Nel 1939, il tentativo di Mussolini di tenere testa al suo alleato e l’ambizione di gestire una "guerra parallela" ebbero come esito l’invasione dell’Albania e per il Daily Herald le ragioni di quell’iniziativa risultarono ben chiare:
Signor Mussolini has acted as we foresaw that he would act. Jealous of his Axis partner’s success, anxious to pose before himself, his own people and the world as a Caesar and a conqueror, he has flung his troops, his ships, and his aeroplanes suddenly at a peaceful neighbour. /.../ The Duce’s vanity has need of a diplomatic and a military triumph.132)
L’opinione pubblica britannica non si lasciò ingannare dall’immagine - ostentata dal duce - di un’Italia economicamente indipendente e militarmente preparata, guidata da un uomo forte, che godeva del consenso popolare e di un ruolo paritario all’interno dell’Asse: ciò che l’invasione dell’Albania aveva dimostrato era che Mussolini, pur di tenere il passo con il Fuhrer, non aveva esitato ad inventare un pretesto per attaccare "the smallest and the weakest of his neighbours".133) Pertanto il duce non sembrava più meritevole della fiducia della Gran Bretagna e dava ragione a coloro che avevano affermato che egli era "incorreggibile e inconciliabile"134):
/.../ from now on Fascist Italy, by its own choice, established, beyond doubt or cavil, that it is a power in whose word and in whose good faith, no shred of reliance can be placed. 135)
Risulta qui del tutto evidente il cambiamento di opinione nei confronti di Mussolini rispetto alle simpatie inizialmente riservategli da buona parte del mondo politico britannico: mentre prima il duce era l’uomo su cui puntare per raggiungere un equilibrio di forze in Europa, è chiaro che ora le sue ambizioni prevalevano sul desiderio di pace.
Nonostante la dimostrazione di forza, che l’Albania aveva voluto rappresentare, nel 1939 il duce, secondo la descrizione di W.N. Ewer, - un corrispondente del Daily Herald che si occupò spesso delle vicende italiane - appariva affaticato e meno direttamente impegnato nella gestione del potere:
Signor Mussolini is growing tired, is losing his grip on policy and on administration, is sitting back and letting his lieutenants do the job. /.../ Few men could have stood the strain so long. Not even Mussolini’s physique and vitality could stand it indefinitely.136)
Ewer mise a confronto il Mussolini incontrato a Stresa nel 1935 con il Mussolini del 1939 e notò il radicale cambiamento:
That Mussolini was keen, fit, alert. /.../ bright-eyed, hard-muscled, capable, one guessed, of any exertion. A man of energy and decisive will. The Mussolini of last January was, by comparison, flabby. He looked far more then four years older, the skin was not so clear, the jowl was sagging. /.../ the springy walk had become something of a waddle. /.../ It was the difference between a man in a hard training and a man gone rather soft.137)
Un duce stanco ed invecchiato, dunque, e di riflesso tutto il sistema politico era in difficoltà: ancora una volta l’identificazione tra uomo e regime è sintomatica, come l’uomo perde di vigore il regime è in declino.
Non si poteva certo ancora dire - secondo Ewer - che il duce avesse perso il proprio potere decisionale o che fosse solo un prestanome, anche se era sempre più evidente che egli stesse lasciando maggiore libertà d’azione a Ciano, Starace ed Alfieri,138) i quali sembravano desiderare un ulteriore avvicinamento alla Germania:
He still has fits of the old energy and the old fire. In the last resort it is his word always which is decisive. But he is no longer, as he was, an all-time dictator. /.../ Galeazzo Ciano, Achille Starace, Dino Alfieri. These are the three men who make policy to-day: the three men, say the Romans under their breath, who are turning Italy into a German colony.139)
Compaiono qui per la prima volta altre figure del regime accanto a quella di Mussolini: se finora un solo uomo era stato alla guida della nazione, ora che quell’uomo perdeva progressivamente il controllo ecco emergere come suoi possibili successori figure che, in realtà, da tempo rivestivano ruoli preminenti nel regime, ma che il protagonismo di Mussolini sulla stampa britannica aveva relegato in secondo piano.
5.3 Le relazioni anglo-italiane dal Patto di Pasqua alla conferenza di Monaco.
Il 1938 fu un anno cruciale per le relazioni tra Gran Bretagna e Italia e per l’equilibrio di forze in Europa. Già nel 1937, le due nazioni avevano siglato un accordo per il Mediterraneo, noto come Gentlemen’s Agreement, che, però, non trovò mai applicazione concreta, sia a causa di reciproci sospetti e in particolare perché l’Italia era convinta che la Gran Bretagna ostacolasse il suo sviluppo e la Gran Bretagna riteneva che l’Italia volesse estrometterla dal Mediterraneo e dal Medio Oriente, sia per alcune questioni rimaste in sospeso, come, ad esempio, il riconoscimento della sovranità italiana in Etiopia e l’intervento nella guerra di Spagna, elementi tutti che impedirono il successo dell’accordo.140) Fin dall’estate del 1937 furono riprese le attività diplomatiche per favorire un accordo di più ampia portata, che avrebbe rappresentato, secondo gli auspici inglesi, un passo fondamentale verso un’ipotesi di Patto a Quattro.
Non pochi ostacoli, tuttavia, si frapposero, nel corso del 1937, all’avvio delle conversazioni anglo-italiane: in agosto si verificarono alcuni attacchi ad imbarcazioni britanniche e francesi al largo della costa spagnola e Gran Bretagna e Francia presentarono le loro rimostranze all’Italia, che, però, negò ogni responsabilità; il 24 settembre Mussolini si recò inoltre in Germania per una visita ufficiale, che suscitò nelle nazioni democratiche il timore di un ulteriore rafforzamento dell’Asse; ancora in ottobre Ciano respinse la proposta di conversazioni a tre (Gran Bretagna , Italia , Francia) per risolvere il problema dei volontari in Spagna; in novembre l’Italia rifiutò di partecipare ad una conferenza delle nove potenze interessate al conflitto sino-giapponese e il 6 di quello stesso mese aderì al Patto Antikomintern con la Germania e il Giappone; infine, il 23 dicembre, Mussolini annunciò il ritiro dell’Italia dalla Società delle Nazioni. Queste prese di posizione contribuirono ad accrescere il distacco tra Italia e Gran Bretagna e rimandarano l’avvio delle conversazioni ai primi mesi del 1938.
I colloqui italo-iglesi, però, furono resi difficoltosi anche dalle posizioni contrastanti del Primo Ministro britannico, Neville Chamberlain, e del Segretario di Stato agli Esteri, Anthony Eden141): il primo più accomodante e incline alla politica dell’appeasement, riteneva che tutte le questioni rimaste in sospeso tra le due nazioni avrebbero trovato soluzione durante le trattative, il secondo, intransigente e diffidente verso i regimi dittatoriali, era convinto che l’Italia - come aveva dimostrato dopo la firma del Gentlemen’s Agreement - non avrebbe modificato la propria linea politica e, pertanto, esigeva come condizioni per l’avvio di nuovi colloqui formali la cessazione della propaganda antibritannica e il ritiro graduale delle truppe italiane dalla Spagna. Le divergenze d’opinione tra i due ministri si fecero irriconciliabili nel febbraio del 1938, quando Chamberlain, nonostante il parere contrario del Ministro degli Esteri, decise di convocare l’ambasciatore italiano, Dino Grandi,142) a Downing Street: in quell’occasione Eden insistette per ottenere da Grandi rassicurazioni in merito al ritiro dei "volontari" italiani dalla Spagna e Chamberlain ritenne questa insistenza lesiva per l’avvio delle conversazioni. Nell’impossibilità di giungere ad un’intesa tra i due ministri britannici si decise di consultare il Gabinetto, che appoggiò la linea di Chamberlain: Eden presentò le proprie dimissioni - con grande soddisfazione della stampa italiana143) - e fu sostituito da Edward Halifax, più vicino a Chamberlain.144)
Il Times notò che nel corso del mese di febbraio la stampa italiana aveva, tra l’altro, mitigato i toni della propaganda antiebraica e le relazioni anglo-italiane sembravano avviate ad un miglioramento, in buona parte dovuto - secondo il corrispondente romano del Times - alla parziale frattura tra Roma e Berlino seguita all’annuncio della nazificazione dell’Austria.145) Nondimeno, il Times escludeva la possibilità che Mussolini, pur mostrandosi più disponibile al colloquio con la Gran Bretagna, avrebbe compromesso i propri rapporti con Hitler per difendere l’indipendenza austriaca:
/.../ the Duce may be thinking more seriously than before of friendship with Great Britain in this connection, but to imagine, as some persons have done, that he would jeopardize the Rome-Berlin axis by championing Austria’s wish for independence would be a great mistake.146)
Dalla metà di marzo i rappresentanti dei due governi si incontrarono con regolarità e dai loro colloqui emersero con chiarezza le questioni che da una parte e dall’altra erano considerate fondamentali per la buona riuscita dell’accordo: l’Inghilterra premeva per la soluzione del problema spagnolo, chiedendo che l’Italia si impegnasse a ritirare i propri contingenti in quell’area; l’Italia pretendeva indicazioni precise sull’intenzione britannica di operare il riconoscimento dell’impero.
Nei primi giorni di aprile il Times riportò un discorso del Primo Ministro inglese, nel quale egli faceva il punto dei colloqui anglo-italiani ed esprimeva la propria fiducia nella possibilità di giungere presto ad un accordo tra le due nazioni:
/.../ During recent weeks we have been engaging in conversations /.../ with Italian Government with the result that a whole cloud of suspicion and misunderstanding has been blown away. There is today a good prospect of restoring those friendly relations which, until they where recently broken, had lasted so long that they had become almost traditional between our two countries.147)
Il Patto di Pasqua - così chiamato perché ricorrevano in quei giorni le festività pasquali - fu siglato il 16 aprile a Roma e la sua entrata in vigore era subordinata alla soluzione della questione spagnola e al riconoscimento giuridico della conquista dell’Etiopia, ma quando finalmente - dopo vari rinvii - il 16 novembre entrò in vigore, la situazione internazionale era notevolmente cambiata: alla conferenza di Monaco le potenze democratiche erano state costrette a piegarsi a Hitler e in Spagna Franco e i suoi alleati erano ormai prossimi alla vittoria.148)
Nell’aprile, comunque, il Patto fu accolto da più parti con soddisfazione per il contributo dato alla pace europea dalla ristabilita amicizia tra Gran Bretagna e Italia:
The Anglo-Italian agreement signed in Rome Saturday evening has been welcomed in most European countries /.../. All the basis of good relation in the Mediterranean and Suez Canal and Red Sea are re-established. All the new problems and difficulties that have risen during the past two years to separate the two countries have been faced /.../ In addition, problems that might have risen have been anticipated and agreement has been reached.149)
Il Times, tuttavia, notò come sulla stampa fascista l’entusiasmo fosse accompagnato da insistenti riferimenti all’immutata solidità dell’Asse:
One point on which commentators are careful to insist is that the new agreement with Great Britain in no way weakens Italy’s attachment to Germany. /.../ Sig. Gayda points out that the new Rome Agreement represents no new direction in Italian policy.150)
Nelle settimane successive alla firma dell’accordo, la Gran Bretagna insistette affinché l’Italia e la Francia aprissero le conversazioni per chiarire le rispettive posizioni e, inizialmente, sia in Gran Bretagna che in Francia, come osservò il corrispondente parigino del Times, non si nascose un certo ottimismo sulla possibilità di un accordo:
The cordial welcome given by Count Ciano to the French Government’s suggestion that the time is opportune for a settlement of outstanding differences has made an excellent impression here, and the general feeling /.../ is one of relief that the ice is broken at last.151)
I tentativi di mediazione da parte britannica non riuscirono, però, a cancellare l’ostilità e la diffidenza tra i governi italiano e francese. Il 22 di aprile, il Ministro degli Esteri francese, Blondel, aveva presentato un memorandum contenente le richieste della Francia per un accordo con l’Italia. Due punti in particolare incontrarono il rifiuto italiano: a) la subordinazione dell’accordo alla soluzione del problema spagnolo, b) la partecipazione della Francia al condominio anglo-italiano sul Mar Rosso. Il Ministro degli Esteri Ciano tuttavia non escluse la possibilità di trattare. Solo qualche settimana più tardi, però, il discorso che Mussolini pronunciò a Genova il 14 maggio, non lasciò dubbi sull’atteggiamento che l’Italia avrebbe adottato nei confronti della Francia, e da più parti si ritenne che la visita di Hitler in Italia152) - conclusasi solo pochi giorni prima - avesse influito sulla posizione del duce: in quel discorso egli esprimeva grande scetticismo sulla possibilità di un buon esito delle conversazioni con la Francia a causa della questione spagnola, che vedeva le due nazioni schierate ai lati opposti della barricata. Il discorso suscitò il risentimento della Francia, ma anche della Gran Bretagna. Infatti, anche se Mussolini aveva ribadito l’importanza dell’accordo anglo-italiano, egli aveva allo stesso tempo giustificato la posizione italiana rispetto all’Anschluss, sostenendo di aver agito in modo da eludere "il disegno dei nemici che avrebbero desiderato un urto tra i due stati totalitari".153) Queste affermazioni e il deterioramento dei rapporti tra Roma e Parigi avevano contrariato il Primo Ministro inglese e avevano confermato l’impressione che Mussolini, siglando l’accordo anglo-italiano, avesse semplicemente inteso rafforzare la propria posizione di fronte al Fuhrer.154)
Tra il giugno e l’agosto del 1938 si verificarono nuovi bombardamenti contro le imbarcazioni britanniche e francesi al largo della costa spagnola e Mussolini, venendo meno agli impegni assunti con la firma del Patto di Pasqua, decise l’invio di nuovi "volontari" per la presa di Valencia. Di nuovo crebbero le tensioni tra le potenze democratiche e l’Italia e, ancora una volta, l’entrata in vigore dell’accordo fu rimandata.
5.4 Mussolini a Monaco.
Nell’agosto si riaprì la crisi cecoslovacca,155) che già nel maggio aveva richiamato l’attenzione delle potenze occidentali. Gran Bretagna e Francia osservavano da vicino l’atteggiamento italiano in merito alla questione dei Sudeti, perché temevano che l’appoggio del duce a Hitler avrebbe spinto quest’ultimo ad avanzare ulteriori pretese. L’Italia espresse la propria posizione nell’Informazione Diplomatica del 13 settembre, dichiarandosi solidale con la Germania. Chamberlain decise dapprima di inviare a Praga Lord Runciman, presidente della Camera di Commercio, in qualità di mediatore, e successivamente si impegnò in prima persona nelle trattative con Berlino.
Mussolini, che seguì l’azione diplomatica della Gran Bretagna, si convinse, come Hitler, della debolezza delle democrazie occidentali156) e confermò a più riprese il proprio sostegno all’alleato tedesco in caso di guerra. Nei discorsi che tenne nelle principali città del Veneto tra il 18 e il 27 settembre - come riferì Times - il duce espresse chiaramente le intenzioni del governo italiano riguardo alla crisi cecoslovacca e, pur dichiarando di apprezzare gli sforzi di Chamberlain per mantenere la pace, non mancò di notare che Hitler, dal canto suo, si era dimostrato molto paziente verso le democrazie occidentali:
/.../ he referred in his speeches to the European crisis and in the first and last place his remarks gave important indications of Italy’s attitude. He stated more explicitly than ever before that she would side with Germany in the event of a European conflict and that, though she had so far taken no special military precautions, she would do so if other countries continued their preparations.157)
Sig. Mussolini said that all must appreciate the efforts of Mr. Chamberlain to find a solution to the problem /.../ as well as the patience "so far" displayed by Germany.158)
Nel frattempo, il 22 settembre, Chamberlain incontrò Hitler a Godesberg159) e gli prospettò la disponibilità dei governi britannico, francese e ceco ad aderire alle cessione del territorio dei Sudeti al Reich: Hitler allora avanzò nuove richieste che il Primo Ministro britannico non poteva accettare senza consultare le altre parti interessate. Di fronte al successivo diniego opposto dalla Gran Bretagna alle sue pretese, Hitler minacciò di invadere i Sudeti.
Il 28 settembre Chamberlain si disse disposto a nuove trattative e presentò ad Hitler il progetto di una conferenza. Quello stesso giorno, in seguito all’intervento dell’ambasciatore italiano a Londra, Dino Grandi, che riteneva indispensabile la mediazione di Mussolini, il Premier britannico inviò un appello al duce.160) Immediati i commenti della stampa inglese nei quali era espressa la convinzione che Mussolini fosse l’uomo giusto per giungere ad una soluzione pacifica della questione dei Sudeti:
/.../ It is felt that if anybody can save the situation at the last moment by influencing Herr Hitler it is his partner in the Rome-Berlin Axis, and the situation is thought now to have entered a new phase. Certainly the role of mediator in the present circumstances will be highly congenial to Sig. Mussolini, and he can be counted on to do his utmost to save the peace.161)
Con il suo primo intervento Mussolini chiese ed ottenne, tramite l’ambasciatore italiano a Berlino, Bernardo Attolico, che Hitler posponesse di ventiquattro ore la mobilitazione prevista per il 1° ottobre. Quello stesso giorno, il 28 settembre, Hitler accettò la proposta britannica di una conferenza internazionale, ponendo come condizione la partecipazione del proprio alleato: il duce accolse l’invito del Fuhrer e partì immediatamente per Monaco.
La conferenza di Monaco si svolse tra il 29 e il 30 settembre e l’accordo finale si rivelò nettamente favorevole a Hitler, che sostanzialmente "ottenne senza combattere tutto ciò che aveva chiesto"162): il 1° ottobre avrebbe avuto inizio l’occupazione dei Sudeti da parte delle truppe tedesche. La Francia e la Gran Bretagna, dunque, subirono una dura sconfitta diplomatica. Unico vantaggio, pur non trascurabile, fu quello di aver evitato - o meglio rimandato - un conflitto che in quel momento le avrebbe colte impreparate: restava il fatto, però, che le grandi potenze occidentali si erano dovute piegare al volere del Fuhrer.
Il vero trionfatore a Monaco fu Mussolini: il suo ruolo di mediatore gli attirò la stima britannica e tedesca ad un tempo. Se da un lato, infatti, il Primo Ministro britannico lo considerò come l’unico in grado di esercitare un’influenza moderatrice su Hitler, dall’altro, il Fuhrer sapeva che solo dal duce avrebbe dovuto aspettarsi un appoggio.
Tornato in Italia, Mussolini ricevette un’accoglienza trionfale: le folle inneggiavano al "salvatore della pace" e la stampa britannica riconobbe il ruolo cruciale del duce:
Pride in the predominant part which Sig. Mussolini has played in saving the peace of Europe comes naturally foremost in their thoughts, but expression of this feeling is almost invariably linked with words of warm praise for Mr. Chamberlain’s indefatigable and undaunted efforts.163)
La conferenza di Monaco fu, sia per l’Italia che per la Gran Bretagna, un’occasione per discutere, seppur brevemente, dell’accordo siglato in aprile e per rinnovare l’impegno a risolvere quelle questioni preliminari (Spagna e Etiopia) che ne avevano fin a quel momento ostacolato l’entrata in vigore. Chamberlain lasciò Monaco con la speranza che anche la questione spagnola sarebbe presto giunta ad una svolta: le relazioni con l’Italia sembravano essere tornate cordiali e l’azione Mussolini a Monaco aveva dimostrato la volontà del duce di conservare la pace:
/.../ the hopes has been renewed that the settlement in Czecoslovakia would lead to a settlement in Spain, on which depends the Anglo-Italian Agreement. /.../ There is reason to believe that both Sign. Mussolini and Gen. Franco feel a time to be approaching when a majority of Italian contingent might be withdrawn, and such action would naturally increase the welcome already given to Sig. Mussolini’s mediatory attitude towards Czecoslovakia.164)
La mediazione di Mussolini a Monaco riaccese, dunque, momentaneamente le speranze britanniche secondo cui il duce avrebbe contribuito a mantenere un equilibrio di forze in Europa e avrebbe saputo influenzare in senso moderatore il Fuhrer. Fu quella, inoltre, l’ultima occasione per il riaffiorare di una positiva immagine di Mussolini prima del suo definitivo oscurarsi.
6. La Chiesa e l’antisemitismo
Gli studiosi contemporanei che si sono occupati dell’atteggiamento della Chiesa cattolica di fronte alla discriminazione e alla persecuzione degli ebrei negli anni Trenta e Quaranta non sono giunti a conclusioni definitive e universalmente accettate. Recentemente il Vaticano - in seguito alle polemiche suscitate dalla proposta di beatificare Pio XII - ha messo a disposizione di una Commissione di storici (tre ebrei e tre cattolici) gli undici volumi di documenti diplomatici della Santa Sede relativi al periodo della Seconda guerra mondiale e pubblicati tra il 1965 e il 1981, affinchè gli studiosi vi trovino la risposta "all’ondata di accuse e critiche che nei primi anni Sessanta investì la persona e l’operato di Papa Pacelli".165)
L’atteggiamento di Pio XII non può, comunque, essere considerato esaustivo della posizione dei cattolici verso l’antisemitismo e l’olocausto. Come vedremo, infatti, in particolare dal 1938 in poi, il mondo ecclesiastico assunse posizioni articolate, diverse e persino divergenti in merito alla questione razziale, alle discriminazioni e, infine, alle persecuzioni.166)
Le critiche suscitate dall’atteggiamento della Chiesa cattolica verso l’antisemitismo e i suoi tragici risvolti nell’Europa degli anni Trenta e Quaranta hanno, in alcuni casi, lasciato intendere che la scelta del "silenzio" o della "prudente attesa" del Vaticano sia stata dettata - almeno in parte - dalla tradizionale ostilità dei cristiani verso i giudei.167) Ci sembra, allora, rilevante individuare e mettere a fuoco le affinità e le divergenze tra l’antigiudaismo cattolico e l’antisemitismo, per capire se e in che misura si possa parlare al proposito di un "silenzio" volutamente "complice".
L’antigiudaismo cristiano e l’antisemitismo nazista hanno avuto origini diverse: l’antigiudaismo fu uno degli elementi sempre presenti nella storia del Cristianesimo e si fondava sull’accusa di "deicidio" che i cristiani rivolgevano ai giudei; l’antisemitismo nazista, invece, si sviluppò, come è noto, nella Germania dei primi anni Venti, ma movimenti e partiti di ispirazione nazionalista e razzista fecero la loro comparsa, in Germania come in altri stati d’Europa, a partire dagli anni Settanta dell’Ottocento. L’antisemitismo "politico" che nell’Ottocento aveva trovato sfogo nei violenti pogrom contro gli ebrei russi e polacchi, divenne a fine secolo espressione del rifiuto di un’emancipazione ebraica che andava prospettandosi come un traguardo sempre più vicino. Alla base dell’argomentazione di coloro che desideravano negare agli ebrei il diritto all’emancipazione stava l’accusa secondo cui gli ebrei erano stati i promotori della Rivoluzione francese e dei moti rivoluzionari del 1848. Ad emancipazione avvenuta, l’antisemitismo espresse l’invidia per il successo sociale che molti ebrei avevano ottenuto.
Questa diversa origine dell’antigiudaismo e dell’antisemitismo non impedì, tuttavia, che, la Chiesa - o almeno, una parte di essa - condividesse le posizioni antiemancipatorie dell’antisemitismo politico e sociale, e che quest’ultimo facesse propri gli stereotipi antigiudaici del Cristianesimo.168) Proprio questo attingere alla tradizione antigiudaica cristiana da parte dei movimenti e partiti antisemiti portò la stampa cattolica e la Chiesa stessa a mantenere un atteggiamento ambiguo verso l’antisemitismo nazista: condannare apertamente l’antisemitismo nazista, infatti, avrebbe inevitabilmente significato rinnegare la propria tradizione antigiudaica.169)
Nel corso del 1938 Papa Pio XI espresse le proprie critiche al nazismo e al fascismo, ma ad essere condannati furono in primo luogo il nazionalismo eccessivo, il razzismo ed i suoi risvolti anticristiani in Germania e in Austria; e se è vero che lo stesso Papa biasimò - almeno indirettamente - l’antisemitismo e le discriminazioni, in particolare dopo l’introduzione del divieto di matrimoni misti da parte del governo fascista, è altrettanto vero che, come avrebbe fatto in modo più evidente anche il suo successore, egli si preoccupò sempre di evitare la rottura definitiva dei rapporti con i governi italiano e tedesco.
Da un lato, dunque, i cattolici desideravano distinguere l’antiebraismo cristiano da quello politico, che era per lo più di stampo razzistico, e lo facevano condannando la lotta "contro gli ebrei in quanto tali", vale a dire disapprovando la discriminazione su basi razziali e ammettendo la conversione al cattolicesimo come via per la redenzione; dall’altro lato, però, era necessario per la Chiesa mantenere aperto il dialogo con i regimi totalitari e allo stesso tempo non mettere in discussione la propria tradizione antigiudaica, e per questo l’opposizione ai provvedimenti razziali - quando vi fu - si limitò per lo più "ad una discreta e formale protesta diplomatica".170)
6.1 1938: la posizione di Pio XI vista dalla stampa britannica.
Tra il 1937 e il 1938, quando si intensificarono le persecuzioni contro i cattolici e gli ebrei in Germania e in Austria e quando si fece sempre più chiara l’intenzione del governo fascista di adottare una politica razziale, Papa Pio XI rivolse parole di biasimo al neopaganesimo e al razzismo, in particolare nell’enciclica Mit brennender Sorge del marzo 1937 in seguito alla quale si sfiorò la rottura delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e Berlino; l’enciclica, tuttavia, non conteneva alcun riferimento esplicito all’antisemitismo. Ciononostante - come vedremo nel capitolo successivo - durante il 1938 gli ebrei britannici espressero sulle pagine del Jewish Chronicle la loro gratitudine al Papa per i suoi attacchi al nazismo a partire soprattutto dall’annessione dell’Austria al Reich, e ritennero, come gran parte della stampa inglese, di poter individuare in quelle prese di posizione il rifiuto dell’antisemitismo da parte del mondo cattolico.171) Pio XI, in effetti, pur ponendo come obiettivo principale della sua condanna ai metodi nazisti la difesa delle istituzioni religiose e dei cattolici, giunse anche ad attaccare esplicitamente l’antisemitismo172) che egli considerava "un elemento profondamente inquinante la coscienza dei fedeli, /.../ lesivo degli elementari diritti umani".173) Questa posizione, come rivela Miccoli, risultava chiaramente dal progetto di un’enciclica elaborata nel corso del 1938 che, però, non vide mai la luce sia perché alcuni membri della gerarchia ecclesiastica non ne condividevano i contenuti, sia per l’aggravarsi delle condizioni di salute del Papa che non gli consentirono di far valere il proprio punto di vista.174) Al di là di questo progetto rimasto incompiuto, il Papa si pronunciò in più occasioni in merito alla "questione razziale". Allo stesso tempo, - come nota De Felice - alcuni ambienti cattolici ritennero che "il razzismo italiano /.../ si sarebbe potuto armonizzare con la posizione della Chiesa"175): era questa l’opinione espressa, ad esempio, dalla rivista dei gesuiti, La Civiltà Cattolica,176) i cui autorevoli pareri venneno ripubblicati anche da Farinacci per dimostrare come il fascismo avesse per alleato anche il Vaticano - o almeno alcuni suoi membri - nella campagna razziale.177) Rari furono i casi in cui la stampa cattolica affrontò esplicitamente il problema: la maggior parte dei giornali diocesani si limitò a pubblicare senza commenti i provvedimenti che riguardavano gli ebrei. Solo L’Azione - un giornale diocesano che si distinse per "una certa intelligenza nell’affrontare le questioni teologiche"178) - dedicò molto spazio alla questione ebraica.
La stampa britannica, comunque, mostrò la tendenza ad identificare la posizione del mondo cattolico con quella del Papa e non rilevò le diverse correnti di pensiero presenti nella Chiesa romana in merito alla politica razziale.
Nel luglio del 1938, pochi giorni dopo la pubblicazione del Manifesto degli scienziati, i quotidiani britannici riportarono alcuni interventi di Pio XI nei quali egli condannava senza mezzi termini le forme estreme di nazionalismo e il razzismo; quelle parole assunsero, nell’opinione dei pubblicisti britannici, un’importanza particolare proprio perché pronunciate in seguito all’annuncio dell’adozione di una politica razziale da parte del governo fascista:
Extreme forms of nationalism were denounced in exceptionally strong terms by the Pope yesterday in an address to a party of French nuns /.../. It can hardly escape notice that this Pontifical pronouncement follows immediately after the semi-official adoption by the Fascist Party of a limited conception of nationalism very similar to that professed in Germany.179)
Exaggerated nationalism and racialism were once more attacked by the Pope as "unchristian" and "inhuman", in an address to teachers from all parts of Italy at Castel Gandolfo, yesterday. The attack is particularly significant because racialism has just been adopted as a policy of the Fascist Party.180)
Il Daily Telegraph & Morning Post avvertì che l’opposizione del Vaticano alla politica razziale verso cui il governo fascista stava orientandosi avrebbe potuto portare allo scontro tra i due poteri:
The Vatican is opposing the new racial policy. The parochial magazines distributed this month in all Roman parishes refer to the evils of racialism and declare that it is the sowing of hatred and warfare.
It appears that the Pope’s opposition to racialism may cause a fresh dispute with Signor Mussolini.181)
Alla fine di luglio si verificò un duro scambio di opinioni a distanza tra il Papa e Mussolini: un diverbio avvertito più all’estero che non in Italia, perché la stampa italiana evitò di riportare le dichiarazioni di Pio XI, che comparvero solo sull’Osservatore Romano, da cui i corrispondenti stranieri le trassero.
Il Manchester Guardian e il Daily Herald riassunsero i punti principali del discorso tenuto dal Papa ad un gruppo di studenti del Collegio Missionario Propaganda Fidei in visita a Castel Gandolfo, il 29 luglio, e notarono la frequenza e l’incisività degli interventi del Pontefice in merito alla questione razziale:
The Pope /.../ attacked again Italy’s recent racial campaign. /.../ He asked why Italy should go and copy Germany in such unhappy initiative.182)
He who strikes the Pope dies. This dramatic words of an ancient proverb were used by Pius XI yesterday, when he launched another fierce attack on Italian Fascism’s new anti-Jewish policy.183)
This is the third time /.../ that the Pope has referred to the subject (racialism), and to-day his address contains the strongest condemnation of the new racial theories that he has yet made.184)
La replica di Mussolini fu immediata e perentoria:
Signor Mussolini challenged the Pope to an open conflict between Fascism and the Roman Catholic Church this morning by announcing that he would continue the Italian racial campaign.185)
/.../ Signor Mussolini said: "You must know and everyone must know that in the question of race we shall go straight ahaed. To say that Fascism has imitated anyone or something is simply absurd’. /.../ Fascist Italy does not intend to deviate a hair’s breadth from the policy she has set herself to follow.186)
Il duce, dunque, oltre a ribadire la propria determinazione a proseguire sulla strada del razzismo, respinse categoricamente l’accusa lanciata dal Papa secondo cui la politica razziale del fascismo altro non era se non un’imitazione del nazismo187): questo rifiuto di ogni omologazione al razzismo nazista era anche un modo per dare garanzie alla Chiesa, che temeva i risvolti anticristiani della politica razziale.188)
Il 22 e il 25 agosto il Daily Herald pubblicò due brevi articoli nei quali si leggeva di un patto che avrebbe riportato la pace tra il Papa e il duce:
Peace have been made between the Pope and the Duce, following their quarrel over the Italian Fascism adoption of anti-Semitism. And the prize (says Exchange) is a big concession by the Pope /.../ ‘the Catholic Action does not deal with any kind of political activities’. Italian Fascist Party has reopened membership to directors of the Catholic Action Movement /.../. This concession completes the recent accord announced between the Party and the Catholic Action, ending a feud which was becoming incresingly bitter .189)
Secondo il Daily Herald, dunque, si trattava di un accordo nel quale la Chiesa - in realtà, come notò il Times, non tutta la Chiesa, ma solo l’Azione Cattolica190) - si impegnava a non interferire in questioni strettamente politiche e, in cambio, il Partito fascista manteneva le porte aperte ai dirigenti dell’Azione Cattolica che gli estremisti, primo tra tutti Farinacci, avevano minacciato di espellere in seguito ai contrasti tra il Papa e Mussolini.191) Più che di un vero e proprio patto, però, sarebbe più opportuno parlare di un compromesso i cui termini - pur dimostrando la volontà dell’una e dell’altra parte di mantenere rapporti cordiali192) - non si rivelarono certo sufficienti a ridurre al silenzio Pio XI. Il Papa, infatti, continuò ad occuparsi della politica razziale del fascismo ritenendo - come riferì qualche mese più tardi il Daily Herald - che la questione razziale non fosse "strettamente politica":
/.../ Referring to Fascist accusation that priests interfere in political matters, the Pope concluded: ‘Our policy has this motto: For the common good. It is a lie, a most horrible and wilful lie, to say that the Holy See and the Pope deal with other matters than the glory of God and the common good".193)
Gli articoli di Farinacci su Il Regime Fascista - come osservò Il Times - facevano il contrappunto agli interventi del Papa. Farinacci, però, rappresentava la posizione degli estremisti e non quella ufficiale del governo fascista né tanto meno quella di Mussolini che non voleva certo inimicarsi la Santa Sede. Farinacci, uno dei più convinti sostenitori dell’antisemitismo in Italia, non mancò di far notare l’incoerenza dell’atteggiamento della Chiesa verso gli ebrei e ribadì l’accusa di intromissione della Santa Sede in questioni che non le competevano:
He affirmed /.../ that the attitude of the Catholic Church towards the Jews was throughout the ages always hostile, and put the question: "Why is it now sympathetic?" /.../ He concluded by warning the Church not to meddle in political questions which are the concern exclusively of Fascism.194)
Il 7 e l’8 ottobre, come si è già accennato,195) all’indomani dell’approvazione da parte del Gran Consiglio del Fascismo di una serie di misure per la difesa della "razza", i giornali britannici riservarono particolare attenzione al provvedimento che riguardava i matrimoni misti per il quale ci si attendeva un nuovo risoluto intervento del Papa. Le disposizioni del Gran Consiglio relative al matrimonio proibivano - lo ricordiamo - l’unione dei cittadini italiani di "razza ariana" con persone appartenenti ad altra razza, imponevano di considerare nulli i matrimoni celebrati in contrasto con tale divieto e vietavano ai sacerdoti la celebrazione di matrimoni misti. Pio XI, in quell’occasione, accusò il governo fascista di violare il Concordato, i cui termini prevedevano, tra l’altro, che il matrimonio celebrato con rito religioso avesse validità civile.
Nel novembre successivo, mentre il governo si preparava a tradurre le deliberazioni di ottobre in leggi dello Stato, Pio XI inviò due lettere, rispettivamente al duce e al Re, nel tentativo di "induce the Italian Goverment to refrain from enacting a law against marriages between Italian Aryans and non-Aryans /.../". 196)
Queste prese di posizione del Papa, però, sebbene avvertite dalla stampa britannica come una frattura che avrebbe potuto compromettere le relazioni tra Stato e Chiesa, rimasero, in realtà, entro i confini di una polemica formale e non costituirono un vero e proprio ostacolo alla politica razziale del fascismo. La scarsa incisività della protesta del Papa risulta piuttosto chiaramente da un documento conservato nell’Archivio Centrale dello Stato, di cui De Felice ha pubblicato un estratto: si tratta di una comunicazione dell’allora ambasciatore presso la Santa Sede, Pignatti, a Ciano, pochi giorni dopo la seduta del Gran Consiglio del 6-7 ottobre 1938:
/.../ le recenti deliberazioni del Gran Consiglio in tema di difesa della razza non hanno trovato in complesso in Vaticano sfavorevoli accoglienze /.../. Da Monsignor Martini, Sostituto per gli Affari Ordinari della Segreteria di Stato, ho avuto conferma di tali impressioni e più in particolare che le maggiori per non dire le uniche preoccupazioni della Santa Sede si riferiscono al caso di matrimoni con ebrei convertiti.197)
Tra la fine del 1938 e l’inizio del 1939 gli interventi di Pio XI in materia di politica razziale si fecero via via meno frequenti sia, come si è detto, perché la sua opposizione a tale politica non era condivisa da tutti in Vaticano sia per l’aggravarsi delle sue condizioni di salute.
Vi furono, tuttavia, altri rappresentanti di spicco del mondo ecclesiastico che provocarono l’irritazione dei più infervorati antisemiti. Fu questo il caso del Cardinal Schuster, arcivescovo di Milano, e del Cardinal Nasalli Rocca, arcivescovo di Bologna, che - secondo quanto riferì il Times - rispettivamente nel novembre e nel dicembre del 1938, rivolsero parole di biasimo alla politica razziale. Il Cardinal Schuster durante un’omelia aveva parlato di "eresia della razza" e aveva ricordato che "il mito della razza" era estraneo alla tradizione romana ed incompatibile con la religione cristiana.198) Il Cardinal Nasalli Rocca aveva condannato le "ideologie esotiche, ispirate dalle esasperazioni nazionaliste, che hanno come conseguenza la persecuzione degli ebrei".199)
Ancora una volta Farinacci espresse sulle pagine del suo giornale lo sdegno dei fautori della politica razziale verso quelle che egli considerava le continue intromissioni del clero e, come era ormai sua abitudine, intimò alla Chiesa di abbandonare l’offensiva contro la politica razziale del fascismo:
The growing Fascist irritation against the Church for its attitude towards the racial policy finds violent expression in an article published by Signor Farinacci in his paper Il Regime Fascista. /.../ Signor Farinacci warns the Church /.../ not to overdo it because there will be a legitimate reaction.200)
6.2 Il nuovo Papa.
Alla morte di Pio XI il Times riportò le parole di cordoglio che il Jewish Board di Ginevra rivolse a nome di milioni di ebrei di tutto il mondo al Segretario di Stato Vaticano, Cardinal Pacelli:
/.../ the Jewish Board will never forget the courageous and generous attitude adopted by the Pope for the defense of Jewish liberty and human dignity and the protection accorded by him to numberless victims of racial persecution.201)
Quando il Conclave si riunì per il primo di una serie di incontri che avrebbero portato all’elezione del nuovo Papa, l’Evening Standard dedicò un lungo articolo alle relazioni della Chiesa con i regimi totalitari e fece riferimento all’atteggiamento adottato da Pio XI:
/.../ The Church is threatened by the new race doctrines, by the new philosophy of the dictators, by the claims of the Totalitarian State. Pious XI lived to hear the rumblings of the storm, to raise a first warning voice against the new iconoclasts. /.../ scarsely is the ink dry on the Pact of Reconciliation between Church and State in Italy before it is threatened by Mussolini’s recent emulation of the racial doctrines of Hitler and the growing anti-clericalism of the Fascist Party.202)
In quello stesso articolo venivano riportate alcune affermazioni pubblicate dopo la morte di Poi XI sul giornale di proprietà della famiglia Ciano, Il Telegrafo di Livorno: vi si sosteneva che il nuovo Papa non avrebbe dovuto essere uno straniero, non avrebbe dovuto essere il Cardinal Pacelli, "il coraggioso Segretario di Stato e uno dei leader dell’opposizione al razzismo", e non avrebbe dovuto essere nemmeno uno dei ventitré cardinali italiani della Curia residenti in Vaticano e generalmente ostili al fascismo.
Anche i nazisti - come riferisce tra gli altri il Daily Herald - non vedevano affatto di buon occhio il Segretario di Stato Vaticano e l’avevano in più occasioni definito "an implacable opponent of National Socialism and the representative of a morbid generation and a moribund bourgeoisie".203)
Lo stesso giornale nel dare l’annuncio dell’elezione di Papa Pacelli commentò registrando le reazioni di Roma e Berlino:
From the moment of the death of Pious XI it had been made plain that of all the papabili /.../ the then Cardinal Segretary of State was the most inaccettable to Fuhrer and Duce alike.
Inspired articles in Italian Press placed him first in the list of "unacceptables".
There is little doubt that both in Rome and Berlin it had been taken for granted that these expressions of displeasure would suffice to prevent his election.204)
Il Times rivolse particolare attenzione ai commenti della stampa tedesca prima e dopo l’elezione del nuovo Pontefice:
The first reaction in Berlin to the news of the election of Cardinal Pacelli to the Papacy is one of surprise and some concern. Three weeks ago the Pope was described generally in the German Press as the man whose influence since 1930, when he was appointed Secretary of State to Pious XI, did much to turn the late Pontiff against the authoritarian States. /.../ Cardinal Pacelli was cited in the German Press as the very type of "politician" whom the Third Reich would be sorry to be elected to the Pontificate.205)
L’elezione di Pio XII, dunque, non incontrò il favore del Fuhrer e del duce i quali temevano che il nuovo Papa, come già il suo predecessore, si sarebbe schierato contro le loro scelte, soprattutto in materia di politica razziale, e avrebbe così alimentato la diffidenza dei cattolici nei confronti dei regimi totalitari.
In realtà Pio XII si rivelerà più propenso ad adottare atteggiamenti concilianti e a mantenere il riserbo riguardo alla "questione razziale": questo spiega la drastica riduzione sulla stampa britannica di articoli riferiti alle prese di posizione del Vaticano.
La maggior parte degli studiosi che fino ad oggi si sono occupati dei rapporti tra la Chiesa cattolica, il nazismo e il fascismo, e in particolare dell’atteggiamento di Pio XII nei confronti delle persecuzioni razziali e dell’olocausto, concordano nel rilevare

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