Da Luigi XIII all'Assolutismo illuminato

Materie:Appunti
Categoria:Storia
Download:645
Data:09.06.2008
Numero di pagine:48
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
luigi-xiii-assolutismo-illuminato_1.zip (Dimensione: 50.47 Kb)
readme.txt     59 Bytes
trucheck.it_da-luigi-xiii-all-assolutismo-illuminato.doc     182 Kb


Testo

L’ETA’ CLASSICA DELLA FRANCIA
Il periodo che va dal Cardinale di Richelieu, a Mazzarino, fino alla morte di Luigi XIV (1715) viene chiamata Età Classica.
Le condizioni oggettive
Tra la fine del ‘500 (1598 fine delle guerre di religione, Editto di Nant) e metà del ‘700 la Francia è il Paese
1) regno più territorialmente unitario, compatto
2) più popoloso (negli altri paesi nella prima metà del ‘600 c’era stata una crisi demografica dovuta alla guerra, alle carestie e alle epidemie): contava tra i 20-22 milioni di abitanti (Spagna 8 milioni, Inghilterra 9 milioni)
3) Paese in cui prima e più di altrove nasce una riflessione politica, chiamata ragion di Stato teorizzata dallo storico Botero che scrive “Sulla ragion di Stato”, questa sarà la prima grande riflessione sullo Stato moderno. Egli sostiene:
• L’importanza dell’abbondanza di popolazione perché permette di riparare le perdite a causa delle guerre e delle battaglie
• La necessità di subordinare tutti gli aspetti della vita e l’organizzazione del territorio alla sicurezza, alla stabilità e alla potenza dello Stato: “tutto è subordinato e si giustifica nella ragion di Stato”. Lo Stato deve farsi carico del popolo perché dalla solidità di questo dipende la sicurezza dello Stato.
Da qui il sovrano comincia a contare i sudditi: nasce una nuova scienza, la demografia. Vengono redatti dei rapporti regolari chiamati l’Etat de la France in cui lo Stato viene sia inteso come ragion di Stato che come condizione effettiva della Francia sulla popolazione (vengono fatti i censimenti che portano ad avere tutte le informazioni sugli abitanti, i nuclei famigliari, le fasce d’età: la popolazione è la potenza dello stato e quella che ne mantiene la formazione) e sulle condizioni del territorio per capire le risorse disponibili e quali interventi erano necessari da fare.
Nel 1884 nasce la statistica: la scienza dello Stato all’interno di questi rapporti che danno un chiaro quadro delle condizioni materiali del paese sulle quali si fonda anche la potenza militare dello Stato. Dai rapporti sappiamo:
- che il 90% dei 20 milioni di persone, ovvero 18 milioni erano contadini, l’ 8% erano addetti all’industria tessile e alle attività manifatturiere, mercantili, commerciali (notai, banchieri), 1,5% erano nobili (piccola e grande nobiltà), 0,5% era parte del clero
- c’è una sola grande città: Parigi in un paesaggio dominato da campi coltivati
- la distribuzione della proprietà:
1) il 2% della popolazioni possiede oltre il 50% della proprietà fondiaria (terriera)
2) i grandi banchieri e i mercanti (detengono i capitali nella loro attività) investono nell’acquisizione dell’attività terriera
3) la Francia dipende dall’agricoltura e dalla terra dipende il nucleo fondamentale: la comunità di villaggio e i signori che esercitano i loro diritti sulla proprietà (imposte e giustizia civile) che sono laici ed ecclesiastici (cistercensi e gesuiti)
Nel 1610 muore Enrico IV e a 9 anni va sul trono Luigi XIII. Ne fa le veci Maria de Medici che si appoggia sul Cardinale di Richelieu il quale è il più abile e determinato personaggio politico nella prima metà del ‘600. Alla sua morte, nel 1642, lascia un regno gestito con la forza e aveva consolidato il potere della monarchia (la nobiltà è scontenta di come vanno le cose perché la sua potenza economica non è accompagnata da una speculare potenza politica, così specula contro la corona così Richelieu prende rigidi provvedimenti contro la nobiltà e la popolazione: nasce una rivoluzione per l’esosità fiscale usata per finanziare la guerra). Nel 1643 muore Luigi XIII e sale al trono Luigi XIV.
Convocazione degli Stati Generali (1614)
Nel 1614 la grande nobiltà impone la convocazione degli Stati Generali: assemblea dei rappresentanti di nobili, clero e terzo stato (composto da coloro che non sono né nobili, né clero, quindi dal resto della società francese in tutta la sua varietà). L’assemblea degli Stati Generali prevedeva la partecipazione dei rappresentanti di tre ordini assunti in un’accezione politica. All’interno del Terzo Stato vi troviamo gruppi sociali caratterizzati da livelli di ricchezza diversi. Nel terzo stato entravano allo stesso titolo un banchiere e un contadino.
La nobiltà voleva questa convocazione perché sono l’organo consultivo in materia fiscale e parallelamente alla crisi della monarchia questo organo aveva visto crescere il suo potere. Gli Stati Generali avrebbero dovuto funzionare da elemento di contenimento della corte e degli italiani invisi. I conflitti tra i tre ordini impediscono il funzionamento dell’assemblea che viene sciolta senza aver prodotto nulla. L’assemblea doveva indebolire il potere centrale.
Il Cardinale Richelieu
Farà emergere un personaggio che diventerà lo strumento rafforzativo della monarchia e darà via all’assolutismo: il Cardinale Richelieu, che guiderà il passaggio dalla monarchia di Enrico IV a Luigi XIII. I punti salienti della sua politica:
1) lotta contro gli ugonotti: essi infatti erano concepiti come ostacolo alla monarchia, quindi nel 1628 viene assediata La Rochelle, vengono aboliti i privilegi che l’Editto di Nant aveva concesso loro (fine delle guerre di religione: concessa la libertà di culto e alcune roccaforti)
2) politica anti-nobiliare: lo Stato per lui è un valore supremo, durante la guerra dei trent’anni si era schierato contro le forze asburgiche che erano cattoliche
3) repressione dei movimenti dei contadini che danno vita a proteste contro l’incremento delle tasse
4) rafforza gli intendenti che sono funzionari di nomina regia che dovevano controllare l’operato della nobiltà nelle province più periferiche, erano inviati con pieni poteri a organizzare la repressione nei confronti dei ribelli
LUIGI XIV
Nel 1642 muore Richelieu e anche Luigi XIII. Si apre uno scenario già visto: Luigi XIV (re piccolo) e Anna d’Austria che svolge le funzioni di reggente, anche essa è vista come fastidio, è aperto il rigetto dei francesi.
Il Cardinale Mazzarino
Il Cardinale Mazzarino è pronto a raccogliere l’eredità di Richelieu:
- a lui si deve la fondazione della Biblioteca Nazionale di Parigi
- uomo di cultura
- esperto politico: conduce la Francia alla vittoria nella Guerra dei Trent’anni
- aumento delle tasse ed accentramento del potere: i contadini saranno protagonisti di numerose rivolte dette “dei piedi nudi” perché erano scalzi, la loro rivolta si è placata dall’arrivo dell’esercito inviato da Mazzarino
- afferma la supremazia francese sulla scena europea, al prezzo di
a) fronda parlamentare: Mazzarino cercò di far fronte attraverso una riforma nel sistema di riscossione delle imposte che suscita l’opposizione dei Parlamenti (roccaforti della nobiltà di toga), la rivolta si placò solo con l’accettazione delle rivendicazioni parlamentari
b) fronda dei nobili: causata
1) dall’ostilità dell’aristocrazia allo strapotere di Mazzarino
2) dal successo dei Parlamenti
3) dalla pressione fiscale
La Fronda Parlamentare
Nel 1648 sarà da Parigi che avviene l’avvio del processi di rivolta che infiammerà tutta la Francia. La rivolta parte dal Parlamento di Parigi.
Il Parlamento:
- non è un organismo rappresentativo
- è un’istituzione di carattere giudiziario
- è un organismo che deve attribuire le pene, ovvero esercitare i compiti della giustizia ed esaminare gli editti del re, ha compiti e prerogative limitate
Anche i Parlamentari cercheranno di accrescere le loro prerogative. Questa opposizione al re, il Parlamento decide, sul consiglio di un parlamento che propone di fare la fronda.
Fronda: fa riferimento alla fionda con cui venivano lanciati i sassi da monelli bambini come atto di prova baldanzosa, di forza e coraggio. Questo parlamentare propone di lanciare i sassi: rifiuto di accettare le norme del re. Questi rifiuti mettono in pericolo l’economia della corona.
Scoppia una rivolta fatta di composizione satiriche contro lui e la regina Anna. Il re e il cardinale avranno vita facile nell’imporre la supremazia attraverso il ricorso dell’esercito.
Nel 1650 si apre un’altra rivolta parlamentare. È la nobiltà che era sempre stata alle spalle della precedente rivolta, a scendere contro il Cardinal Mazzarino, perché deteneva troppo potere.
Fronda dei Principi
In un clima di complotti e tradimenti. Il Principe di Condè deve guidare le truppe contro quelle di Mazzarino in un primo tempo la vittoria è dei nobili. Mazzarino fugge lontano dalla capitale (1649). Evita lo scontro in campo aperto perché è consapevole che i nobili sarebbero disunite e attende il momento per approfittare del disgregamento.
1652: sconfitta inflitta al Principe di Condè
1653: culmine della controffensiva, Mazzarino è riaccolto nella capitale
L’apogeo della parabola politica la raggiunge con la sigla Della Roche nel 1659 con la Pace dei Pirenei, la Francia ottiene i territori (Artoix) che la Spagna le deve ledere, il suggello della Pace con Filippo IV (Re di Spagna) si avrà con le nozze di Luigi XIV con Maria Teresa (figlia del re di Spagna).
Luigi XIV
L’ascesa al potere di Luigi XIV nel 1561 assomiglia ad un capo di stato perché questa sua decisione nasce ancora prima della morte di Mazzarino e si realizza senza far intercorrere alcuna deliberazione. Quando muore il Cardinale Mazzarino, i nobili vanno dal ventenne Luigi XIV e gli chiedono quale intenzione avesse e da chi di lì in poi avrebbero dovuto prendere ordini i cortigiani, i politici… e il re risponde “da re”.
Quello che stupisce i cortigiani è l’indicare la persona del re non solo come fonte del potere regale, secondo la tradizione medievale, il sovrano “imperat sed non gubernat” non esercita il potere effettivo (quello esecutivo che per esercitarlo in Francia si sono sempre serviti di funzionari come Mazzarino o Sully). Il re invece ha intenzione non solo di regnare ma anche di governare (= esercitare il potere esecutivo). Il re dichiara “l’etat c’est moi” (= lo stato sono io). Quindi predispone degli atti che mirano a fare dello stato un organo di cui lui è la testa. Il corpo della nazione è comandato dalla testa del re. Il suo sforzo è quello di fare del sovrano una realtà dominante.
1) La riorganizzazione dello Stato
Quando Luigi XIV sale al potere il Paese è appena uscito da due vicende drammatiche: la Fronda Parlamentare e quella dei Principi. Mazzarino ha tentato di risolvere questi problemi ma non li ha affrontati alla radice. Il problema che entrambe le fronde hanno rilevato è:
- la nobiltà è un problema per la corona
- intere popolazioni sono insofferenti al potere centrale (da aggiungere anche al fatto che all’esterno della Francia c’era la Rivoluzione Inglese e la Guerra dei Trent’anni)
Luigi continua sulla falsa riga del Cardinale di Richelieu e di Mazzarino: rafforzamento del potere centrale e consolidamento di un modello di potere di tipo assolutistico che si deve a Mazzarino. Luigi XIV: rilancia e rafforza gli apparati già predisposti dai predecessori e ne crea altri.
I quattro consigli
Ridisegna l’ingegneria politico-amministrativa del potere. A capo dell’amministrazione dello stato c’è il re che non rivendica la propria sacralità. Il consiglio dei Ministri era formato da uomini di sua fiducia e il cui potere si fondava sul favore del re che li aveva scelti.
Al di sotto del re ci sono quattro consigli:
- Consiglio Superiore: ministro della guerra, degli esteri, della giustizia
- Consiglio delle Finanze: formato da un controllore generale delle finanze e da consiglieri di stato
- Consiglio di Stato: formato da 24 consiglieri e 48 relatori (collaboratori dei consiglieri) che assumono la responsabilità della politica interna. I relatori devono tenere aggiornato il re intorno all’ “Etat de la France” che significa:
a) insieme di apparati
b) condizione, situazione
Il re vuole essere costantemente aggiornato intorno ai problemi, esigenze in cui viene a trovarsi il paese. Questi relatori sono dei controllori della situazione del paese per quanto riguarda gli approvvigionamenti e lo stato della popolazione. Il re vuole essere aggiornato sulle esigenze della popolazione per poter svolgere il suo compito in modo adeguato. I relatori sono uomini di sua fiducia.
- Consiglio dei Dispacci: composto da segretari e consiglieri di stato che avevano il compito di registrare e passare agli archivi gli atti politici e giudiziari. Il dispaccio è un messaggio. Cominciano ad esserci le prime statistiche. La statistica è la scienza dello stato. Deve mettere in scena ciò che costituisce la forza e le caratteristiche di un determinato stato. Allo stato interessa sapere le condizioni del paese.
Luigi XIV non sceglie più la Grande Nobiltà che faccia parte dei Consigli perché i nobili hanno già i loro poteri (ricchezze, poteri personali, apparato amministrativo) ma dà gli incarichi agli esponenti della piccola e media nobiltà (borghesia: erano gli unici alleati affidabili). Si rinnova un progetto: alleanza tra il trono e la città (nobiltà di toga contrapposta a quella di spada).
La riorganizzazione dello Stato Moderno
Gli incarichi erano affidati ad un personale di uomini privi di un potere proprio e chiamati dal re a svolgere una funzione, un potere revocabile dal re. Gli Organi periferici erano stati introdotti da Filippo Augusto ma ora c’è il rilancio degli intendenti (responsabile delle finanze, della giustizia, della polizia). De La Mare scrive il primo testo di polizia: un trattato. In questo si specializzeranno i tedeschi Frank, Von Justi: trattati di “Scienze della polizia medica”. Sotto Napoleone la polizia comincerà ad occuparsi dell’ordine pubblico ma con Luigi deve:
1) garantire gli approvvigionamenti di prima necessità
2) controllare la città contro le malattie (quartieri: isolarli e contenere la diffusione)
3) controllare la moralità pubblica e che i cittadini assolvessero il loro dovere come la cura della prole
Sotto Luigi XIV c’è la riorganizzazione di uno Stato moderno: lo Stato si fa carico del cittadino e del territorio. Controlla le risorse: gli intendenti redigono dei rapporti periodici sullo stato della Francia l’ “Etat de la France”. Nasce la statistica: da Etat (stato), nasce perché lo Stato conosca sé stesso e sappia come intervenire. Loiseau, un giurista, dirà che il compito dello stato è assicurare la pax securitatem, cioè la pace deve essere garantita.
La nobiltà e Versailles
Tutto questo incontra la resistenza della nobiltà che perde il potere politico e i vantaggi economici. La nobiltà si irrigidisce al punto che sembra quasi che il paese possa piombare in uni stato di sconvolgimento. Per evitare tutto questi Luigi XIV farà costruire Versailles: la corte in cui avrebbero dovuto essere concentrati tutti i nobili di Francia. Questo portava ad una maggiore facilità di controllare la nobiltà e quindi una perdita dei poteri locali. Elias scrive la “Civiltà di corte” che non ha a che fare con le corti rinascimentali (espressione del potere delle aristocrazie locali, dei nobili alleati con il popolo). Il re si allea con l’aristocrazia che ha uno stile di vita privilegiato. La corte è un modello, uno stile di vita che diventa il più prestigioso del tempo. Il prezzo da pagare però era la rinuncia ai poteri locali.
Gli organi periferici
Intendenza di finanza, giustizia, polizia: sono funzionari statali incaricati di stabilire nelle regioni e nelle città il comando degli organi centrali e poi devono trasferire al re tutte le informazioni. Durante il regno di Luigi XIV vengono redatte opere di polizia.
È un’organizzazione complessa per mezzo di cui il re si circonda di personaggi che non vengono scelti tra i membri della nobiltà ma nell’ambito della borghesia e quindi cerca di saldare quella alleanza che alcuni suoi predecessori avevano cercato di ristabilire. Da questo rapporto privilegiato con il re derivano ricchezze e potere. Sono uomini chiamati dal re a svolgere una funzione, ad essi è attribuito un incarico provvisorio, revocabile in modo da avere il potere di decisione in ultima istanza. Un borghese doveva svolgere il suo lavoro con zelo e poteva rinnovare la carica solo dopo essere stato attentamente giudicato.
Questa politica prova uno scontro con l’aristocrazia che aveva sempre determinato il governo del paese. Il governatore delle province era una carica vitalizia ad appannaggio della nobiltà. Il re sa che la nobiltà ricava da ciò onori, poteri e rendite e il re è deciso a togliere alla nobiltà questo potere. Luigi XIV decide che sarà lui a scegliere chi deve ricoprirla e la durata dell’incarico non dovrà superare i tre anni. Lo strumento più importante per il rafforzamento del potere del re è quello degli intendenti che rappresentano il sovrano, eseguono la sua volontà e sono gli informatori che rendono consapevole il re ad esempio del malcontento popolare.
Il nemico del re: la nobiltà
L’avversario principale del re è la nobiltà. Luigi XIV è consapevole del fatto che bisogna fornire alla nobiltà un’alternativa che deve compensarla in parte di ciò che andava perdendo sul piano politico e per questo egli ha in mente un modello: L’Italia.
In Italia le signorie hanno messo a punto uno strumento per assicurarsi il sostegno delle famiglie nobiliari inserendole in un circuito di subordinazione al principe (Elias “La civiltà di corte”). La civiltà di corte è fatta da questi elementi:
- moda
- distribuzione di denaro
- feste
- giochi
- spettacoli
- nomi
Quindi Luigi XIV costruisce Versailles.
La reggia di Versailles
Nelle corti italiane sovrabbonda il gioco, il divertimento e gli spettacoli e quello come avevano fatto le corti in piccolo, Luigi XIV la ricrea in grande. La corte di Versailles è il luogo in cui il lusso, la raffinatezza, hanno il compito di compensare le nobiltà dalla perdita del loro potere. La vita di corte sarà condannata come luogo corrotto, dove la morigeratezza e l’austerità erano andati completamente perduti. Luigi fa costruire una reggia in una località dove c’erano delle paludi, luogo inospitale a 30 km da Parigi dove è costruito un castello dotato di uno splendido parco dove vi è una vasca grande dove potevano svolgersi gare nautiche, vi erano padiglioni disposti lungo il bosco che circonda la reggia.
1682: il re trasferisce lì la sua corte ufficialmente. Vengono organizzati i divertimenti medi: vi è un teatro, saloni per le danze, nel canale erano organizzate corse con navigli (anche gondole veneziane), spettacoli pirotecnici in un lusso sfrenato con un profluvio di artisti che vanno ad arricchire le concezioni d’arte del sovrano, musicisti che devono eseguire le loro composizioni davanti alla nobiltà (esempio: Giovanni Battista Lonelly, Corney, Moliere “Avaro” “Malato Immaginario”, Nassin per tragedie e commedia “L’Andromaca”). Questi spettacoli sono offerti dal re ad un pubblico esclusivo gratificato dal fatto di poter condividere i piaceri della corte. Il re attira a Versailles le nobiltà indicandolo come unico luogo in cui si poteva vivere. I nobili si alleano tra di loro per conquistare una nobildama sconfiggendo un loro avversario. La corte è un modello politico.
2) La politica militare
Luigi XIV provvede alla riorganizzazione dello Stato. Sale al potere dopo la Guerra dei Trent’anni che aveva dimostrato il ruolo capitale degli eserciti nazionali: la guerra e le macchine per farla (gli eserciti) avevano avuto un grande ruolo. Luigi XIV si rende conto che nel fare la guerra le cose stanno cambiando. Da Gustavo Adolfo l’arte della guerra si avvia verso una scienza militare e quindi c’è la necessità di calcoli ed osservazioni. Durante la Guerra dei Cent’anni non c’erano più i cavalieri ma gli arcieri e durante la Guerra dei Trent’anni la guerra non è più ad appannaggio di chi fa il mestiere delle armi che era della nobiltà.
Questo porta delle conseguenza: Luigi XIV dà al ministro Louvois, esponente della piccola nobiltà il compito di riformare l’esercito.
1) Instaura un ordine gerarchico dipendente dal sovrano: il sistema di gradi è di nomina regia con meccanismi di avanzamento nella carriera validi per tutti allo stesso modo e controllati da ispettori dipendenti dal re. Prima l’avanzamento dipendeva dai gradi alti (nobiltà) e comunque era solo la nobiltà che combatteva. Ora nasce un esercito professionale.
2) La volontà del sovrano è decisiva: Luigi destina quote consistenti dello Stato a innovare e perfezionare l’esercito. Nasce una nuova disciplina: l’ingegneria militare. Vauban, ingegnere, diventa il responsabile della costruzione di una serie di roccaforti di tipo nuovo che il re fa costruire sul confine del paese per configurare una linea protettiva che proteggesse il paese da eventuali attacchi militari. Con Luigi si rende evidente la questione dell’intreccio tra la politica estera, la guerra e l’economia.
3) La politica finanziaria: il colbertismo
Nasce un problema: dove trovare le risorse finanziarie. A questo compito è destinato il suo ministro delle finanze Colbert. Il colbertismo diventerà un esempio di politica economica. Colbert non è un nobile ma fa parte della grande nobiltà mercantile francese, sale al potere dopo il ministro precedente (Fuchè) messo in galera perché aveva curato l’interesse privato. Da qui ha inizio il colbertismo o mercantilismo:
1) La situazione dello stato può migliorare se e solo se migliora la situazione economica del pese (benessere generale della popolazione): solo se il paese è ricco potrà esserlo anche lo stato. Quindi è inutile, se l’economia ristagna, imporre al popolo tasse e dazi perché questo non fa altro che star male il popolo quindi si infrangerebbe quello appena detto.
2) La ricchezza dello stato va promossa, non è un fatto naturale in virtù dello sviluppo degli affari, ma va accompagnata: per incentivare l’economia va introdotto il protezionismo (Guerra di Cromwell per l’Atto di navigazione contro l’Olanda). Colbert lo teorizza mirando a proteggere l’economia del singolo stato.
La ricchezza del paese è misurata dall’oro presente nelle casse dello stato (più denaro c’è più il paese è florido), dunque per essere tali bisogna far affluire da fuori dai confini i metalli preziosi. E questo voleva dire o fare come gli inglesi (pirateria) o esportare le merci prodotte in quel paese.
Questo però non basta: occorre limitare l’importazione da altri paesi ma questo comporta comprare queste risorse e quindi dare denaro. Le conseguenze:
a) occorre incentivare la produzione e il commercio all’interno dello stato favorendone le capacità di esportazione: migliorare le vie di comunicazione
b) bisogna costruire un sistema fiscale e doganale basato sulle barriere protettive (incoraggiare le esportazioni e scoraggiare le importazioni perché queste provocherebbero un deflusso di metalli preziosi dal regno)
L’esempio di Colbert e Luigi smentisce il luogo comune secondo cui tra lo stato e l’economia non deve esserci interferenza. Ma storicamente non è mai stato così. Non c’è stato capitalismo che non sia stato favorito dallo stato. Il capitalismo si è sviluppato perché è successo ciò che Colbert aveva detto di fare e poi perché lo stato si fa imprenditore diretto.
Durante Colbert lo stato incoraggia e promuove le aziende produttive e soprattutto quelle per le quali c’è domanda all’estero (Parigi: arazzi; Lione: manifattura reale che produce tessuti esportati in tutto il mondo insieme a bicchieri e posate).
I Villeroi e i Bosch, importanti famiglie ugonotte, aveva una vasta produzione di piatti decorati. Dopo l’Editto di Fointenblaux si trasferiscono in Lussemburgo sotto un sovrano protestante: vogliono sfuggire alle persecuzioni ugonotte. Perché la produzione è sotto il controllo o la protezione dello stato. Colbert è consapevole che gli ugonotti (piccola-media aristocrazia e borghesia) sono fondamentali per l’economia. Questo però era contro la politica di Luigi che promulga l’Editto di Fointenblaux che porterà lo spostamento degli ugonotti verso gli altri paesi protestanti (Berlino).
Colbert dà avvio alle manifatture regie o private sotto però incentivi dello stato. Da qui ha origine il capitalismo con lo stato che fa da soccorritore agli imprenditori.
4) La politica religiosa
Luigi vuole imporre un potere assoluto che lo mette contro la nobiltà e le minoranze religiose. Questo si traduce in una politica religiosa accentratrice e dominante. Lo Stato doveva essere “una popolazione, un territorio, un solo re, una sola religione, un solo Dio”. Diventa quindi inevitabile la persecuzione nei confronti delle minoranze come quella ugonotta la quale nel corso degli anni, dopo Mazzarino e Richelieu,
1) non ha la capacità di opporre resistenza militare perché si è dedicata all’economia e agli affari
2) vengono istituiti corpi speciali dell’esercito: i dragoni che venivano acquartierati in comunità calviniste obbligando quelle comunità a piegarsi ai sacramenti cattolici e a volte l’eliminazione degli eserciti
Il giansenismo
È una questione che investe la storia e la filosofia dal momento che in seno al movimento giansenista compariranno delle figure influenti come il filosofo Pascal. Questo fenomeno va collocato nel contesto delle dinamiche religiose in Francia. Il progetto assolutistico di Luigi XIV non lo conduce solo a realizzare quelle dinamiche che lo condurranno fino allo scontro. La sua politica religiosa risulta anch’essa accentratrice e con aspetti intolleranti.
Luigi XIV (come anche Richelieu) pratica una forma di intolleranza per reprimere le forme di dissensi perché il problema è che dal piano religioso le dissidenze si trasferiscono sul piano politico. Il suo motto è “un solo re, un solo Dio, una sola religione”. Questa politica investirà gli ugonotti che saranno i primi obiettivi della repressione di Luigi XIV.
L’Editto di Fointenblaux
Il culmine della politica repressiva si ha nel 1658 con la revoca definitiva dell’Editto di Nantes per mezzo dell’Editto di Fointenblaux con il quale il re revoca le concessioni che Enrico IV aveva fatto nei confronti dei protestanti: la Francia tende a ritornare uniformemente cattolica, un potere in cui non sono tollerate le differenze religiose.
Tutto ciò avrà delle repressioni negative nella società perché centinaia di ugonotti (200-300 mila) se ne vanno dalla Francia, emigrano verso la Prussia e verso il Brandeburgo, verso l’Inghilterra, alcuni in Lussemburgo. I calvinisti come possono se ne vanno per non essere esposti alle persecuzioni che il re autorizza. Il calvinismo si era diffuso presso i ceti nobiliari e i gruppi sociali più rilevanti (banchieri, finanziari…) che per via della loro professione religiosa se ne vanno e prendono con sé:
1) ricchezze nobiliari (mentre le altre ricchezze terriere sono vendute)
2) privano la Francia in termini di abilità, produttività, capacità, ovvero del patrimonio che consente ad altri paesi a decollare sul piano economico (ad esempio nella lavorazione delle ceramiche)
Non tutti gli ugonotti fuggono, alcuni di loro daranno vita ad un celebre fenomeni di resistenza al re della storia moderna camisards (camicie fuori dai pantaloni).
La protesta popolare
Nel 1702 in una Francia impoverita dalle guerre, nella religione centrale della Cevenne (regione montagnosa al sud della Francia) si sviluppa un movimento di protesta popolare. Alcuni predicatori calvinisti ginevrini sostenevano l’avvento di una terribile persecuzione nei confronti di Luigi XIV, i contadini quindi danno vita a fenomeni di ribellione. Il re manda l’esercito che mette in atto una durissima repressione. Viene distrutta Les Baux (villaggio) e nei confronti dei camisards è repressa con migliaia di morti ed arretrati infliggendo un vulnus. Questa è l’ultima ribellione contro cui il re manda l’esercito a combattere dando vita ad una strage e questo è l’ultimo episodio della guerra di religione e la prima espressione di un conflitto con connotati economico-sociali tra la parte del popolo e la corona. Nel ‘700 questo tipo di rivolte si ripeteranno fino ad arrivare alla rivoluzione del 1789.
Il contesto in cui nasce il giansenismo
All’interno del mondo cattolico Luigi XIV con il suo consigliere religioso, l’arcivescovo Meaux, cardinale di Boussuet, esponente del gallicanesimo: dottrina che sostiene una specificità religiosa della Francia che diventa la figlia prediletta della chiesa e relativamente autonoma da Roma. All’interno del cattolicesimo la volontà accentratrice del re porta alla difesa e protezione delle proprie libertà di Chiesa protetta da Dio (gallicanesimo). La Francia è il primo potere d’Europa ed essersi convertita come nazione al cattolicesimo (con Clodoveo). Bousuett sostiene l’autonomia della Chiesa di Francia rispetto all’autorità del Papa senza arrivare a nessun conflitto con il papato. All’interno dell’ortodossia cattolica la volontà accentratrice del sovrano finisce con il produrre conflitti interni. In Francia il clero rivendicava le proprie libertà gallicane.
La dottrina
In questo contesto vediamo apparire una corrente che in origine si era sviluppata a partire dalle dottrine di cui un teologo delle Fiandre: Cornelius Iansen (Iansenius) il quale aveva scritto una serie di opere nelle quali insisteva sulla necessità di sviluppare all’interno del mondo cattolico ad una riforma, a cambiare l’insegnamento morale del cattolicesimo a partire da un presupposto: dottrina della predestinazione. Dio ha già scelto i suoi e il suo decreto è immutabile. Noi non sappiamo se Dio ci ha scelto ma possiamo essere capaci di una condotta cos’ rigorosa da vivere come se Dio ci avesse comunque scelto.
Giansenio sostiene che Dio ha fissato in eterno e da subito la corte dei salvati contrapposta a quella dei dannati. È la propria condotta che ci fa appartenere alla corte dei dannati o da quella dei salvati. Egli sa fa promotore di un movimento di riforma morale che devono imparare a condurre una vita austera , rigorosa, all’insegna della consequenzialità. Il messaggio cristiano implica che si viva come cristiani che si cerchi il più possibile di essere intransigenti, coerenti sul piano della condotta. Egli offre agli spiriti più inquieti, più sensibili una possibile soluzione all’interno della chiesa cattolica senza incorrere nell’eresia, offre il modello di una vita autenticamente cristiana. La sua opinione è ripresa da uomini intellettuali stanchi dello scenario offerto dal mondo cattolico e in particolare lo spettacolo offerto dal movimento gesuita che in alcuni esponenti aveva compiuto una deriva rispetto a quello che doveva essere il dovere del cristiano.
I giansenisti restano una corrente all’interno del cattolicesimo salvo insistere sull’intransigente rigore morale: intendono vivere l’esperienza della fede con tutta l’austerità e il rigore che secondo loro è richiesto dal messaggio di salvezza richiesto da Cristo. Cristo aveva detto “il mio regno non è di questo mondo” quindi vuol dire che questa vita è in preparazione alla morte e deve comportare ciò che era già stata l’esperienza cristiana delle origini. Purificazione che il cristianesimo delle origini aveva istituito in riti come il battesimo che voleva significare l’emendamento dei peccati, o la penitenza che dava l’unica possibilità di essere purificati e di avere la vita eterna, se si peccava, si diventava penitenti e se la colpa era grave si rimaneva penitenti per tutta la vita.
La casuistica
La casuistica è una dottrina morale sviluppatasi ad opera di alcuni membri e dall’ordine di Ignazio di Loyola l (i gesuiti diventeranno i maggiori nemici dei giansenisti) a cui dottrina sostiene che il cristiano deve osservare alcuni precetti morali (regole, principi) ma l’uomo è peccatore, la presenza del male è insopprimibile. Può capitare che il fedele non ci riesca. Sviluppa una saggezza pratica. L’uomo può cadere nell’errore, non è coerente con le norme morali e i privilegi effettivi. Questa incapacità arriva fino alla messa in atto di condotte imperdonabili. La casuistica è il tentativo di stabilire una modulazione di responsabilità e colpe. Se teniamo conto dei casi un peccato che appare imperdonabile alla fine ci rendiamo conto che in realtà è perdonabile. Dobbiamo modulare le penitenze in base alle circostanze in questione.
Tutto ciò autorizza una forma di lassismo morale: il peccato è inevitabile in qualche circostanza e allora pecchiamo e il nostro confessore è incaricato di assolverci. Cediamo sui principi sapendo che troveremo nel nostro confessore comprensione e alla fine perdono. Di quegli intellettuali, di cui il principale è Blaise Pascal si ribellano e cominciano a teorizzare la necessità di tornare ad un rigore morale ed ad una coerenza etico-morale che sembra essere dimenticata. Il compito dei gesuiti era come prima cosa quello di formare il clero e come seconda cosa le classi dirigenti. Diventavano così “confessori e direttori di coscienza” e tutto questo per arrivare al potere riconquistando le classi alte. Nel 1600 nasce una tecnica chiamata casuistica, ovvero confessione: c’erano dei manuali che prescrivevano che per ragioni di opportunità i confessori non possono essere troppo intransigenti, quindi devono trovare le circostanze adeguanti, che attutiscono il livello di colpa. I gesuiti sostenevano infatti che ogni peccato si lega a particolari situazioni, casi di cui bisogna valutare la situazione. Il peccatore non poteva sentirsi troppo in colpa perché ciò avrebbe portato ad un allontanamento.
Pascal (nelle “Lettere provinciali”) sostiene che non si può dire che il regno non è di questo mondo, poi vivere integralmente in questo mondo. Pascal aveva frequentato le corti e per lui tutto questo aveva portato ad una degenerazione. Bisogna quindi tornare ai retti costumi e allo stile di vita ascetico. Pascal diceva che negli ambienti di corte accadeva il divertisement ovvero un “divergere” rispetto ai principi, alle regole, alle norme morali. Quel modo di vivere è vacuità, negazione dell’insegnamento cristiano che si concentra con l’intensità in sé e su di sé (riecheggia Agostino), nella propria interiorità troviamo Dio. Quel modello dissipativo ci fornisce l’occasione per ritornare in sé stessi, si oblia sé stessi anziché ritrovare sé stessi, si esce da sé. La complessità dei riti risulta intollerabile perché coprono la dissipazione di sé e la totale incoerenza che rivelano rispetto ad un uomo che è morto sulla croce per noi e rispetto a cui il cristiano è tenuto all’imitatio Christi.
La condanna del giansenismo
Il giansenismo pur restando nel contesto istituzionale della chiesa, inaugura un modello che risulta antifrastico rispetto ai modelli che si sono già affermati. Il giansenismo è visto male dal re. I gesuiti sono considerati responsabili della deriva morale. Luigi XIV nel 1712 ordina che Port Royal sia distrutto e viene interdetto ai gesuiti di continuare la loro predicazione, i loro libri sono vietati e vengono costretti alla clandestinità.
Il giansenismo continuerà ad influenzare il mondo. Ad esempio: Manzoni che nel soggiorno parigino incontra le dottrina gianseniste e di lì avverrà il suo riavvicinamento al cattolicesimo. Un altro esempio è il modernismo (corrente filosofica che si sviluppa in Italia e in Francia nel corso del ‘900 grazie ad individui come Buonaiuti) sarà condannata dalla chiesa. Lo stesso Buonaiuti sarà sospeso dalla sua professione di sacerdote. Il modernismo chiede forme di organizzazione della chiesa conciliari e si sviluppa da una mediazione sui testi di Giansenio e Pascal.
La Dichiarazione dei Quattro Articoli
I gesuiti che sono l’avversario principale dei gianseinisti si fanno paladini dell’obbedienza del clero francese al papa. Prima della distruzione di Pont Royal Innocenzo XIII (papa) nel 1682 afferma il primato del vescovo di Roma sul clero. Il clero francese si riunisce in un’assemblea da cui promana la Dichiarazione dei 4 Vescovi che afferma:
1) l’indipendenza della Chiesa gallicana dal papa
2) che il papa era un potere spirituale nella chiesa francese
3) che il papa deve astenersi da qualunque intervento disciplinare sul clero francese
Luigi XIV si ripeterà di essere nelle condizioni per procedere all’annessione della presenza del papato in terra francese (fenomeno che risale alla cattività aragonese). Grazie ai Quattro Articoli Luigi XIV occupa quella regione (sud Francia) annettendola al regno di Francia. Nel 1712 ha culmine l’offensiva giansenista nella liquidazione definitiva del movimento in terra di Francia.
5) La politica estera
Luigi ha obiettivi di carattere politico a cui va subordinato il resto: il suo obiettivo è l’espansione territoriale. La crisi politica sta nel fatto che l’Impero Germanico non è più la realtà dominante com’era stato con Carlo V.
Politica matrimoniale: Luigi XIV si sposa con Maria Tresa figlia di Filippo IV (spera che alla morte di Filippo IV lui possa ereditare la Spagna). Luigi si era scordato però il Trattato dei Pirenei che Mazzarino aveva firmato con la Spagna e che diceva che i francesi non avrebbero mai avuto il diritto di successione al trono e in cambio la Spagna avrebbe versato del denaro che però non era mai arrivato in Francia. Nel 1665 muore Filippo IV e Luigi lancia la candidatura di Maria Teresa al trono di Spagna.
La guerra di devoluzione (1667)
Scoppia una guerra di devoluzione per le pretese di Luigi XIV sui domini spagnoli (chiede i Paesi Bassi) in nome di una norma (si oppone alla salita al trono del secondo genito di Filippo IV) che prevedeva la successione solo per i figli di primo letto. Luigi chiede l’ottenimento delle Fiandre, la norma non sarebbe bastata se non si fosse aggiunto un accordo sottoscritto dal re con il Papa e l’Inghilterra interessata a sottrarre la Spagna ai Paesi Bassi.
Nel 1667 inizia la guerra con l’occupazione francese delle Fiandre e della Francia Contea. Ma il re non aveva fatto i conti con il malcontento olandese (Fratelli De Vit erano la classe dirigente dell’epoca). I Fratelli De Vit iniziano un’alleanza anti-francese in nome del pericolo assolutistico che rappresentava Luigi XIV. De Vit coinvolge anche gli svedesi e in questo modo si crea un rapporto di forze sfavorevole che condurrà Luigi ad accettare di siglare la Pace di Aquisgrana nel 1668 con la quale Luigi ottiene alcune città al confine dei Paesi Bassi spagnoli e la promessa che se Carlo II fosse rimasto senza eredi sarebbe stato Luigi il re di Spagna. Con la Pace viene posto un limite al tentativo francese di espandersi e di far collinare la propria potenza economica, militare, politica con quella territoriale: controllo e conquista del resto dell’Europa. Gli olandesi non sono sicuri che la Pace abbia posto fine al conflitto e in patria lesinano Luigi XIV (invettiva contro un sovrano straniero). Luigi cerca di ottenere il consenso inglese, riesce in questa operazione e gli inglesi si convincono dell’opportunità di appoggiare le mire di Luigi.
1679: Pace di Nimega
Nel 1672 Luigi attacca l’Olanda con 100000 uomini, conquista le città e i territori sfruttando una tensione interna all’Olanda tra due tendenze: i De Vit e Guglielmo d’Orange. Queste tendenze sono riconducibili a due tipi di governo: uno unitario che vuole il potere centrale per contrastare le potenze centrifughe e l’altro vuole invece favorire le autonomie locali e la loro salvaguardia (7 province). I De Vit vengono sconfitti e sale al potere Guglielmo d’Orange che vuole salvaguardare il potere centrale come i predecessori.
Guglielmo cambia strategia militare: fa ricorso ad una prerogativa introgeografica, allaga le campagne riuscendo così a fermare l’esercito di Luigi. Gli olandesi possono invece affidarsi al loro efficace sistema di navigazione. La Spagna, il Brandeburgo e la Danimarca intervengono attaccando direttamente la Francia lungo i suoi confini. Questo stato di guerra continua fino al 1679 quando viene firmata la Pace di Nimega con la quale alla Francia viene riconosciuto il possesso della Francia Contea.
La Lega di Augusta e la Pace di Rijswijck
Luigi decide di passare nella sua politica estera ad un’altra strategia: la diplomazia che consiste nel collocare periodicamente i rappresentanti degli stati confinanti per porre loro le questioni di arre che la Francia rivendica come sue proprietà, chiamata politica delle Camere di Riunione. Dopo aver ottenuto la città di Strasburgo i principali paesi europei danno vita ad una alleanza: la Lega di Augusta che era composta da:
- Asburgo
- Principi tedeschi (Sassonia, Palatinato, Brandeburgo)
- Olanda
Questa alleanza rappresenta una minaccia fortissima per la Francia e nel 1688 esplode la guerra a cui partecipa anche l’Inghilterra. Una guerra non più di invasione francese ma di difesa della Francia preoccupata di salvaguardare l’integrità del territorio. Vittorie belliche senza la vittoria di nessuno.
Nel 1697 viene firmata la Pace di Rijswijck (olandese): non si hanno modifiche dal punto di vista territoriale ma come risultato la Francia è un paese stremato non in grado di proseguire il progetto che il re si era prefissato, ovvero fare della Francia la potenza egemone.
Questione spagnola
Nasce però un problema: riemerge la questione spagnola. Carlo II di Spagna non ha la possibilità di avere eredi e Luigi sembra nella condizione di rivendicare questa clausola. Carlo II viene a sapere che la Francia e gli Asburgo d’Austria hanno sottoscritto un accordo segreto che prevede la spartizione dei territori spagnoli alla morte di Carlo II. Carlo II allora nomina un altro erede, un principe della Baviera, che muore però improvvisamente. Allora sceglie come candidato alla successione un parente di Luigi, il nipote, Filippo d’Angiò.
Carlo II muore pochi mesi dopo (1700). La sua morte anziché consentire una pacifica risoluzione del conflitto apre una nuova stagione di lotta. La guerra che dura dal 1713 al 1714 disegna la nuova carta d’Europa: alla fine vengono siglati due trattati, quello di Utrecht e di Raschtat, in seguito ai quali viene stabilito:
- Filippo sale sul trono spagnolo con la clausola che dopo di lui nessuno tenterà di riunificate le due corone di Francia e Spagna
- al Regno di Spagna viene tolta la Sicilia che viene affidata ai Savoia, i quali a loro volta la scambiano con la Sardegna
- i Paesi Bassi spagnoli (Fiandre, Belgio, Lussemburgo) passano dalla Spagna agli Asburgo d’Austria
- gli inglesi ottengono il controllo dello Stretto di Gibilterra e alcune delle colonie francesi (penisola di Terranova, Baia di Hudsono, Antille francesi), l’Inghilterra mira infatti al controllo sui mari

LA PRUSSIA
Nella seconda metà del 1600 ai confini nord e a est dell’Europa viene emergendo una nuova realtà la cui genesi è abbastanza singolare nel panorama dei paesi europei dell’epoca perché ad essere stato l’elemento genetico è stato l’esercito. Assistiamo alla nascita di un paese destinato a diventare il Regno di Prussia in cui sarà la macchina bellica a creare le premesse per la sua genesi.
La famiglia protagonista di questa nascita e della successiva evoluzione saranno gli Hoenzollern, principi elettori del Brandeburgo, ai quali la riforma protestante offre l’occasione per realizzare l’ampliamento dei loro confini.
Alberto di Hoenzollern
Nel 1523 in seguito alla diffusione del messaggio luterano (nel 1517 Lutero aveva appeso le 95 tesi) Alberto di Hoenzollern, elettore che si converte al luteranesimo, era anche maestro dell’ordine dei cavalieri teutonici (ordine monastico religioso fondato da Federico II di Svevia). Egli aliena i beni dell’ordine e se ne appropria. Questi beni erano concentrati in Prussia.
Il territorio della Prussia
La Prussia è un territorio dove ci sono un insieme di terre dislocate in parte in Polonia, in parte in Russia, in parte in Germania. Queste terre facevano parte della proprietà dei cavalieri teutonici che Alberto poi incorpora del Ducato di Brandeburgo. Questi territori erano sparpagliati e si incrementeranno con l’acquisizione di staterelli minori.
Alberto designa nel 1525 i suoi stati con il nome di Prussia e diventa Duca di Prussia. Sono però territori diversi, divisi, disseminati. Era un dominio composito dal punto di vista sociale e religioso. Alberto incorpora territori con la maggioranza di cattolici. Dopo il 1525 (Pace di Augusta) vige il cuius regio, huius religio quindi anche i cattolici dovrebbero convertirsi al luteranesimo. Nel 1618 i territori del Ducato di Prussia vengono uniti a quelli del Ducato di Brandeburgo.
Il Regno di Prussia era formato da una realtà estremamente composita dal punto di vista religioso, dispersa dal punto di vista territoriale, eterogenea dal punto di vista sociale:
- Prussia e Brandeburgo che:
a) sono luterani
b) nobiltà guerriera (eredi dei Cavalieri Teutonici) che esercitava un predominio assoluto
c) servitù della gleba
- Contea di Mark e Ducato di Clev che:
a) sono cattolici
b) nobiltà paga le tasse
c) contadini liberi
Federico Guglielmo I di Hoenzollern
Nel 1640 sale al potere Federico I di Hoenzollern, duca di Prussia ed elettore del Brandeburgo e tenta di trasformare questi territori diversi e divisi in uno stato unitario. Federico chiede denaro ai sudditi per costruire un esercito che difenda ed incrementi i confini (questo porterà all’unificazione della Germania nel 1870): stato con un esercito militarmente addestrato. Il suo primo obiettivo è quello di costruire un esercito forte, stabile e capace del confronto con quelli europei. Federico ha accolto la lezione della Guerra dei Trent’anni: senza un esercito forte non si può costruire alcuna unità statale forte ed organizzata. Quando va al potere ha 1500 uomini. Per avere un esercito numeroso ed aumentare il numero degli effettivi bisognava avere molto denaro a disposizione.
La nobiltà del Brandeburgo (regione più ricca) gli concede denaro e in cambio chiede:
1) che le sue proprietà fossero vincolate e non finissero in mano ai non nobili
2) che i contadini liberi presenti nel Brandeburgo fossero ridotti in una condizione di schiavitù
Tutti i contadini perdono così la libertà e il paese si divide tra:
- i nobili che dominano e hanno nelle loro mani tutte le risorse
- i contadini che sono servi e ridotti in condizioni gravose, quasi a servi della gleba
Federico arma un esercito ma si accorge che i contributi dei nobili non sono sufficienti. Il primo impiego che ne farà dell’esercito che ha allestito sarà andare dai contadini ed estorcere con la forza il versamento di nuovi tributi.
Nel 1660 Federico partecipa alla prima Guerra del Nord quindi ha bisogno di soldi ma i nobili si rifiutano di darglieli e i suoi uomini cominciano ad estorcere denaro ai contadini. I metodi sono brutali ma nel giro di pochi mesi costituisce un esercito di 26000 uomini (prima ne aveva 1000). Il suo intervento consente nel 1665 di concludere la guerra.
L’intero assetto del paese è trasformato:
- viene abolito il governo della città
- vengono abolite le assemblee rappresentative e il loro potere di controllare le imposte e ne trattiene quindi una parte per sè
- il potere di Federico si costituisce intorno all’esercito di Prussia e infatti nasce uno stato militare (così Federico riesce ad imporre la sua volontà sui territori lontani e così diversi tra loro), diventa il paese del militarismo: in Prussia nasce il modello del contadino soldato
L’esercito
L’emergere della Prussia come stato unitario (territorialmente è divisa). Alle origini della formazione della Prussia c’è la formazione di un esercito stabile. Questo significa che l’esercito non serve più alla politica estera di conquista ma ai compiti di politica interna. Garantisce infatti il pagamento delle tasse. L’esercito diventa il principale dispositivo e strumento per fare del Ducato di Brandeburgo un’unica grande caserma e dei sudditi dei cittadini soldato.
All’inizio l’esercito era fatto di volontari e ufficiali che nominano i gradi delle gerarchie, ora l’esercito è gestito direttamente da Federico e
1) designa un commissario di guerra per ogni distretto, per ogni provincia (insieme di distretti) è designato un commissario superiore
2) viene formata una burocrazia centralizzata che deve controllare l’esercito e raccogliere le imposte, la quota percentuale sulla ricchezza pagata allo stato era circa due volte e mezzo di quella pagata dagli abitanti degli altri stati
Questo è un modello di Stato che poggia come suo elemento portante su due elementi:
1) amministrazione burocratica
2) esercito come elemento militare
E’ un modello inedito estremamente efficace ma con alcuni inconvenienti dei quali si accorgono i suoi successori. L’esosa politica fiscale pesa sulle condizioni della popolazione. Federico non riesce a raccogliere i frutti del suo governo, verranno invece raccolti dal suo successore Federico Guglielmo Gustavo, Duca nel 1688 e incoronato nel 1701 Re di Prussia a Koeningsberg. Si trova a capo di uno stato composto da:
1) servi
2) soldati
3) aristocrazia guerriera che renderà possibile la formazione di una macchina bellica notevole
Sia lui sia i suoi successori si preoccuperanno di:
1) consolidare l’amministrazione
2) far giocare alla Prussia un ruolo di grande potenza avendo lasciato crescere una potenza interna: i Junkers (proprietari terrieri che forniscono all’esercito gli ufficiali)
Ci sono però degli inconvenienti: la Prussia rimane un paese bloccato per la sua struttura, incapace di aprirsi alle novità che travolgono l’Europa come il capitalismo industriale. Fino a Otto Von Bismark che sarà il protagonista del processo di industrializzazione: modello di capitalismo industriale vincolato dallo Stato.

LA RUSSIA
L’Europa dell’est è un’altra Europa e questa sua alterità non si farà sentire fino al 1900. non è del tutto vero che sia un’alterità assoluta perché gli scambi commerciali hanno iniziato ad intensificarsi. C’è però un’alterità religiosa:
- l’Europa dell’ovest è cristiana, cattolica, protestante
- l’Europa dell’est è ortodossa ma in modo frastagliato all’interno e in più presenta l’Impero Ottomano che è islamico
Nell’Europa dell’est c’è un paese enigmatico per l’occidente: la Russia. Enigmatico perché gli occidentali non capiscono come sia governato e retto questo impero, nonostante le trasformazioni e le metamorfosi introdotte alla metà del ‘500.
Ivan il Terribile (1547/89)
Ivan il Terribile ha gettato le fondamenta dello stato russo dovendo combattere il nemico:
- esterno: tartari (Caucaso)
- interno: Boiari (casa aristocratica)
Ivan mette a punto una macchina statuale contro la nobiltà.
Il suo successore, il figlio Fiodor, non sarà all’altezza del padre e lo stato comincia a decadere. Ivan ha commesso un errore; ha affidato buona parte delle responsabilità di governo a Boris Godunov, un aristocratico. Boris riesce a scalzare progressivamente Fiodor e alla fine si fa eleggere zar invocando come argomento la manifesta inettitudine di Fiodor che nel 1598 muore e Boris viene eletto zar da un organismo con il compito di eleggere un candidato alternativo se non ci sono eredi o successori di sangue: l’Assemblea dei Ceti formata da
- nobiltà (campagna)
- cittadini liberi (città)
Boris Godunov
Dopo l’elezione Boris deve affrontare una situazione drammatica: una terribile carestia che provoca epidemie e la reclusione di sommosse popolari chiamate torbidi. I boiari accusano Boris di essere responsabile della morte di Fiodor ed dell’eventuale candidato Demetrio. A questo si aggiunge il fatto che le potenze straniere, data la crisi, cercano di prendere i territori occidentali.
In Lituania un nobile dichiara di essere Demetrio che era sparito nel nulla e riesce a coagulare intorno a sé l’alleanza. Si diffonde l’idea di questa apparizione del re che viene per salvare il popolo. Questo evoca un motivo religioso russo: nasce il mito dello Zarevich immolato, ovvero l’erede alla carica di zar immolato come una sorta di missionario. Nel sovrano si concentrano la religione e la politica. Intorno a questo Demetrio si intersecano interessi contradditori: abiura la fede ortodossa, sposa una polacca cattolica, si sottopone ad insegnamenti gesuitici, diventa cattolico.
Demetrio
Nel 1605 l’esercito di Demetrio batte quello di Boris che era in crisi per le lotte interne, le rivolte e le epidemie. Demetrio rimane zar. C’è un’alleanza dei boiari contro Demetrio e ne denunciano sia la confessione cattolica sia il fatto di essere una lunga manus dei polacchi che vogliono conquistare la Russia. La rivolta dei Boiari porta alla morte di Demetrio. In Russia proliferano i candidati che dicono di essere loro il vero Demetrio. Il paese entra in uno stato si subbuglio: nel 1608 si combattono otto Demetrio e la Russia viene devastata da questo conflitto interno.
La Duma (assemblea dei Boiari) cerca di chiudere il conflitto eleggendo nel 1611 un nuovo zar: il figlio del re di Polonia. Così i boiari sperano si siglare un patto con la Polonia e sanno che è una figura debole e condizionabile (sperano di poterlo manovrare). Sono convinti che il nuovo zar porti alla pacificazione con la Polonia e il rinforzo del potere dei nobili.
Michele Romanov
Il popolo è sempre ostile ai polacchi. Nel 1613 dà vita ad una rivolta che conduce ad incoronare lo zar Michele Rimanov imparentato con Ivan il Terribile. I Romanov rimarranno al potere fino al 1917 quando ci sarà la rivolta bolscevica. Romanov:
1) riprende il progetto di Ivan: rafforzo del potere centrale da parte della nobiltà compromessa con la Polonia e la nobiltà viene danneggiata dalla crisi economica (nobiltà feudale) perché durante le rivolte i contadini (che sono forza lavoro) sono fuggiti
2) alleanza con la Chiesa ortodossa come forza creatrice di consenso e radicata nella società
La Chiesa Ortodossa
La Chiesa Ortodossa è un elemento che rappresenta un fattore di continuità della dinastia dei Romanov e di coesione del popolo. La chiesa è il principale potere spirituale della Russia:
1) compatta perché non c’è stato lo scisma come in Europa (Lutero)
2) influenza economica attraverso la rete dei monasteri
Esitono i patriarchi che erano influenti in varie città ma nessuno primeggiava o invalidava il potere altrui, c’era l’assenza di una gerarchia. I Pope, sacerdoti, erano considerati gli esponenti del clero secolare ed erano meno importanti del clero regolare rappresentato dai monaci.
I monasteri avevano influenza politica, economica, sociale. I monasteri hanno la funzione:
- di regolare la vita religiosa, sociale, economica, politica
- i monaci hanno assicurato un processo di colonizzazione delle terre al di là dei monti Urali
La corona degli zar cerca nella Chiesa il principale sostegno ed alleato. Pietro il Grande invece cercherà di occidentalizzare la Russia e sarà contro la chiesa.
Alla metà del ‘600 la potenza della Chiesa aumenta. I monaci del Monte Atos vengono inviati a Mosca dal patriarca e incaricati di correggere la traduzione della Bibbia in slavo per eliminarne gli errori. Questa revisione è preludio alle riforma che avrebbero dovuto mirare a restaurare il vecchio rito greco-ortodosso. Questo provoca una reazione in quei fedeli che volevano rimanere fedeli alla tradizione slava classica, i cosiddetti vecchi credenti.
I vecchi credenti danno luogo ad uno scisma, vanno a popolare una comunità verso est perché non volevano piegarsi alla Riforma di Nicon (patriarca di Mosca e capo della Riforma), si spostano quindi verso la Siberia e la Kamchaka.
L’assoggettamento della società
Da questo scisma in Russia viene introdotto il fattore di rottura più altre modifiche a partire da Michele Nomana verso l’autocrazia e assoggettamento alla società. Impone l’obbligo al servizio della corona da parte della nobiltà se vuole ottenere concessioni di terre (est dove monasteri).
Lo zar dà vita ad una nuova nobiltà: i nobili sono diventati titolari di enormi estensioni di terre. Hanno funzioni amministrative e giudiziarie, corrispondenza con la nobiltà di toga in Europa. Attraverso questi gli zar riusciranno ad erodere il potere dei Boiari. Questi ultimi cercano di aumentare il loro potere sui contadini che erano integralmente in mano ai loro padroni, se il contadino abbandonava il villaggio poteva essere ricercato per tutta la Russia, i contadini non potevano neanche vendere i loro beni a stranieri. Questo vale per la campagna ma anche per la città. Si instaura un regime autocratico in cui la vita dei sudditi viene sottoposta al controllo dello stato. La vita socio-economica è totalmente controllata dallo stato (veniva controllato anche il commercio).
Questo modello di riorganizzazione dello Stato sarà alla base del Regime Sovietico per 80/90 anni. La Russia diventa uno dei paesi più burocratizzati d’Europa. La burocrazia era chiamata nomenclatura o burocrazia e sarà proprio questa la causa del fallimento del socialismo in Russia. Viene istituito un enorme apparato di controllo dello stato nei confronti della società che vincola ogni aspetto della vita. Ogni forma di libera iniziativa economica e commerciale veniva negata. Ma questa burocrazia non si identifica totalmente con lo stato. Per la riscossione delle imposte lo zar si serve di commercianti che svolgono la funzione senza però essere burocrati, allora c’è la burocrazia senza burocrati, c’è la propensione dello stato senza però i servizi che invece gli altri stati europei davano.
Lo zar: Pietro I il Grande
Lo zar è un despota e non un sovrano assoluto come c’era in occidente. Il potere non è limitato dagli organi statali e non ha limiti legali. La Russia è sempre più un paese diverso dal resto dell’Europa e lo resta fino a che nel 1689 ne emerge un personaggio: Pietro I il Grande il quale sarà protagonista di una svolta nella società russa che cerca di avvicinarla all’Europa occidentale.
Aneddoto: egli prima di arrivare al potere deve opporsi alla sorella Sofia che voleva l’ascesa del fratello maggiore che era un fesso e lei riusciva a comandarlo: aveva un trono con dietro una cassa da dove Sofia gli suggeriva cosa dire. Egli però muore.
Pietro nel frattempo ha compiuto un’esperienza decisiva: un viaggio da anonimo in Europa tra il 1607/8 e impara tecniche di ingegneria navale. Era sempre stato convinto della superiorità culturale, scientifica e politica dell’Europa. Quando torna:
- istituisce in alcune capitali europee delle ambasciate permanenti russe (cosa mai esistita prima di allora)
- istituisce delle accademie (navale, artiglieria, del genio = ingegneria militare)
Tenta di modernizzare la macchina burocratica dello stato. Egli non si limita a copiare le tecniche occidentali ma cerca di introdurre innovazioni, ma per imporre un modo di vita occidentale adotta sistemi orientali, dispotici quindi. Obbliga i giovani a studiare in Europa, impone la riforma della scrittura (semplificazione del cirillico), istituisce un giornale russo e ordina che vangano tradotti in russo i principali autori occidentali.
LA POLONIA
Con l’ascesa della Russia si ha il declino della Polonia. Perché esse sono l’immagine simmetrica e speculare l’una dell’altra:
- territorialmente (all’inizio) sono abbastanza simili
- religione / società: la Russia ha un sovrano autocrate e la nobiltà è debole, la Polonia ha una nobiltà forte ed un sovrano che è primis inter pares; in Russia c’è la Chiesa ortodossa che è la custode delle tradizioni nazionali e ostile alla Chiesa di Roma, la Polonia (ex feudo papale) è soggetta a Roma e ad un forte radicamento gesuita
Ha una monarchia elettiva eletta da una dieta che ha il potere di deliberare in campo finanziario e militare e organizzazione dello Stato. Allora il potere reale è in mano alla dieta che è divisa tra magnati (grande nobiltà) che hanno anche il senato, e la piccola nobiltà che ha la Camera dei Nunzi (che non conta nulla). Il re eletto è tenuto a rispettare gli obblighi nei confronti della nobiltà che consistono nel convocare la dieta e farsi coadiuvare dal senato che doveva approvare le decisioni.
Questo porterà ad una tensione interna alla nobiltà che si traduce in scontri che perl non impediranno alla Polonia di avere un potere internazionale che va dal Baltico al Mar Nero e ad est fino al fiume Dnepr.
IL 1700
All’inizio del 1700 l’Europa presenta nuove caratteristiche:
- La Francia si conferma come principale potenza del continente: è più ampia territorialmente, più compatta, c’è una grande consistenza demografica, non riesce però a diventare il perno di controllo dell’egemonia politica che era l’obbiettivo di Luigi.
- L’Inghilterra diventa il Paese senza il quale non si può più fare nulla: costruire alleanze o ipotizzare politiche su scala globale
- L’Europa è preda di un altro fondamentale fenomeno: la Rivoluzione Industriale.
Nel corso del ‘700 in Europa avremo una grande metamorfosi dell’economia europea e mondiale e la nascita di u nuovo modello politico: il dispotismo illuminato.
L’ECONOMIA
La popolazione
All’inizio del ‘700 in Europa c’erano 100 milioni di persone, 1/5 della popolazione mondiale, ovvero 500 milioni di abitanti (concentrati nell’Europa dell’Ovest). L’economia si avvia a diventare un’economia del mondo.
150 milioni: Cina
100 milioni: India e parte sud dell’Asia
100 milioni: Indocina, Giappone, Medio Oriente
150 milioni: Africa
10/15 milioni: America
Altre terre sono disabitate perché l’85% della popolazione è concentrata nel 15% delle terre emerse dove prevale l’antica tradizione agricola perché la popolazione ha un tetto che non può superare a causa delle risorse agricole che potevano crescere solo se fosse stata messa a cultura una nuova terra i fosse stata sfruttata in maniera più produttiva.
Questo principio verrà teorizzato da Maltus il quale scoprirà che tra la crescita della popolazione e la disponibilità delle risorse c’è divaricazione: la prima cresce per progressione geometrica (al quadrato), l’altra aritmetica (addizione). Egli prevede una catastrofe demografica ma ciò non accade perché nuove terre sono messe a coltura e nasce un nuovo modello di sviluppo: capitalismo industriale. Questo accade in Europa per tre motivi:
1) urbanizzazione
2) rapporto mortalità e natalità
3) fenomeni da campagna a città: insediamenti industriali
L’Europa dell’ovest è la parte più urbanizzata del mondo, con l’unica eccezione della parte centrale del Giappone e con qualche regione del Medio Oriente ma con un’estensione minore. Nell’Europa dell’ovest 1/6 del popolo vive in centri abitati (almeno 2000 abitanti, la città più popolosa era Napoli con 100000 abitanti). Nella città prevale un tipo di famiglia sconosciuta nelle campagne: la famiglia nucleare e non quella di tipo allargato (più nuclei famigliari sotto lo steso tetto). Ci si inizia a sposare prima. Nelle città le possibilità di sopravvivere sono più alte.
La polizia
Nelle città oltre alle opportunità personali c’è un altro fenomeno: la cura delle popolazioni da parte dei governi. L’amministrazione ha il compito di polizia: ovvero deve garantire l’approvvigionamento alla città facendosi carico della sopravvivenza delle popolazioni oltre al mantenimento dell’ordine pubblico. Nella città c’è una congestione urbana, un affastellamento di edifici che favorisce le patologie perché la popolazione fa sì che esse si diffondano più facilmente.
Le città erano prive di reti fognarie e quindi prive di approvvigionamento idrico che impediscano fenomeni di ristagno e sporcizia. Quasi tutte le città europee vengono contrassegnate da un fenomeno: la mortalità superiore alla natalità. Fenomeno non registrato nelle campagne nelle quali era raro che ci fossero epidemie a rapida diffusione. Nelle campagne c’era un altro fenomeno di regolazione delle popolazioni: l’infanticidio.
La produzione
Nonostante questo spariscono i fenomeni epidemici come la peste che nel 1348 aveva dimezzato la popolazione. Meglio nutrite le persone sopravvivono più a lungo, raggiungono l’età della maturazione e diventano soggetti fertili anche se la mortalità è un fenomeno marcato nella società europea. Nel ‘700 diventa il fenomeno decisivo per il mutamento della produzione con una rivoluzione nelle campagne: la maggior parte degli uomini lavora la terra anche se vive in città.
Principalmente si coltiva il grano ma i campi devono essere lasciati a riposo per due o tre anni. C’è però un inconveniente: la rigenerazione del terreno richiede il ricorso alla concimazione che era quella basata sul letame, non c’erano i fertilizzanti chimici. Viene introdotta la rotazione triennale: il primo anni viene piantato frumento e il terreno viene lasciato a riposo fino a primavera, il secondo anno grano avena e orzo, il terzo vengono lasciate crescere le erbacce spontanee che servono come pascolo per il bestiame. Questo avveniva nelle zone al centro-nord perché il centro del mediterraneo e quindi il sud era più arido.
I terreni erano suddivisi in appezzamenti sfasati nella produzione agricola ma non vengono coltivati tutti i campo perché alcuni erano lasciati al bestiame sennò sarebbe mancata la carne, il latte e la forza lavoro per l’aratro. Bisognava poi aver cura delle foreste: quando si disboscava si reinboscava subito perché le foreste erano fonti di legname che davano calore. Alcuni terreni devono essere lasciati all’incolto ma questo porta ad una diminuzione della produzione.
La regolazione agricola era regolata da antiche consuetudini: il contadino solo in parte era proprietario della terra (regola per l’approvvigionamento idrico ed esistenza delle comunità di villaggio). Le terre comuni impedivano quindi la produzione agricola che avrà un grande sviluppo con l’enclosure in Inghilterra.
L’Inghilterra
In Inghilterra, durante il Regno di Elisabetta I, si realizza il fenomeno della recinzione delle terre che comporterà la sottrazione di una parte delle terre a usi tradizionali come la raccolta della legna. Le terre recintante vengono destinate all’allevamento intensivo di pecore (lana) e allo sviluppo di una attività agricola più progredita ed avanzata che altrove.
La gentry
Da questa nuova agricoltura verrà un fenomeno decisivo: l’industrializzazione con carattere sia economico sia politico in quanto se si è sviluppato in Inghilterra, è perché l’Inghilterra presenta una società particolarmente vitale e innovativa. Un ruolo particolare è svolto dalla piccola nobiltà di campagna: la gentry.
Quella parte della nobiltà che già dall’epoca di Elisabetta, piuttosto che affollare la corte, o dedicarsi alle attività finanziarie e commerciali, ha scelto di stare sulla propria proprietà svolgendo un ruolo che è politico (assicura il governo, amministra e fa in modo che le leggi vengano rispettate). Questa classe sociale assicura una funzione di mediazione: favorisce l’ascesa sociale in quanto per esserne membri bastava il fatto che un borghese ricevesse come premio per il suo servizio la mobilizzazione dal re oppure si poteva comprare un castello.
La gentry getta le premesse per quella che sarà la Rivoluzione Industriale che con una diffusione a tappeto e una rapidità inaudita cambierà la faccia del mondo. Con la gentry comincia una trasformazione di quella tradizionale agricoltura che un secolo prima contava circa quattro milioni di abitanti. L’agricoltura tradizionale era basata sui campi aperti, i quali garantiscono la sopravvivenza ma una ridotta produttività. Con la recinzione inizia uno sviluppo della produzione agricola che favorisce una trasformazione in senso capitalistico: nel 1700 l’agricoltura inglese grazie alla messa a cultura di terre improduttive e un forte investimento di capitali:
1) vengono introdotte nuove culture
2) vengono sperimentate nuove tecniche di cultura
Questo porta:
a) maggiore fertilità di terreno
b) allevamento differenziato
Questo favorisce l’incremento della popolazione che prima era 6 milioni e ora è quasi raddoppiata. L’incremento demografico ha carattere costante sul quale crisi ed epidemie non incidono o creano disastri perché grazie al fatto che la gentry concepisce la proprietà delle erre e non prelevamento di rendita.
Il capitalismo
Ora la proprietà agricola porta reddito quindi vengono investiti capitali che portino profitti, ovvero il reddito viene in parte reinvestito per ottenere altri profitti: capitalismo. Dalla terra non c’è più solo la rendita, ma la terra viene concepita come proprietà da rendere più produttiva che si può.
Dallo sviluppo industriale vengono quindi messi a disposizione dei capitali. I capitali sul mercato vanno dove ci sono più possibilità di investimento e impiego remunerativo.
Le comunità di villaggio e l’esercito suburbano di riserva
Le comunità di villaggio che per secoli erano sopravvissute grazie ai campi aperti, spariscono perché mancano i mezzi di sopravvivenza. Quindi comincia a scomparire il mondo delle comunità di villaggio concentrate e solidali (mondo che ha caratterizzato l’Inghilterra per secoli).
Allora questo ha causato una fuga dalle campagne per andare nelle città dove i contadini affollano le crescenti periferie suburbane in cui vanno a costituire, come l’ha definito Marx, l’esercito suburbano di riserva: forza lavoro a basso costo per la legge della concorrenza. Sono così tanti che i datori di lavoro offrono loro le minime condizioni salariali. Questo esercito di disoccupati è indispensabile per mantenere al ribasso il costo del lavoro.
Questa disponibilità di capitali e forza lavoro si va aggiungere al fatto che in Inghilterra prima che altrove siano state introdotte sperimentazioni di carattere legale che favoriscono l’abolizione delle corporazioni (nel Medioevo stabilivano le condizioni di qualsiasi scrittore: lavoro artigianale) che hanno avuto indubbi meriti finchè i nuovi mezzi hanno consentito di uscire da quelle dimensioni ridotte (le macchine che dal 1600 avevano messo a disposizione i grandi centri inglesi: macchina a vapore che usava come forza lavoro non gli animali ma l’energia fornita dalla combustione).
Le manifatture tessili
Per fare ciò occorrevano capitali. È la gentry che mette i capitali necessari per avviare questi programmi di ricerca che avranno ricadute sul piano industriale. Quindi le accademie e i tecnici costruiscono macchine che affettuino attività produttive: le innovazioni tecnologiche consentono di fabbricare in serie e dalle botteghe artigiane si passa alle prime manifatture tessili.
Tra il ‘600 e il ‘700 in Inghilterra il lavoro di tessitura era svolto presso le famiglie contadine (il lavoro dei campi ha lunghe pause). I tempi morti venivano recuperati attraverso l’attività di tessitura in telai domestici con un mercante che portava la lana a domicilio e poche settimane dopo passava a prenderne il lavoro. Era un lavoro in condizioni particolari di tutela e garanzia ma erano modeste le sue capacità produttive fino a quando appare un personaggio.
Un esponente della gentry che ha le risorse finanziarie per allestire una nuova realtà produttiva costituita dalla fabbrica (luogo dove vengono addensati numerosi strumenti di lavoro). I telai erano connessi tra loro così da consentire di erogare grazie all’energia della macchina a vapore. Quindi si avvia il lavoro in serie e la forza lavoro diventa a basso costo. Una forza lavoro che è un erogatore di forza lavoro supplementare al servizio della macchina: l’operaio che non ha bisogno di apprendistato come l’artigiano perché ha una funzione accessoria. Nasce il sistema di fabbrica
Le facilitazioni giuridiche
Il terzo mutamento che porta alla rivoluzione industriale sono le facilitazioni giuridiche: il Bill of Rights e la Costituzione della Monarchia Parlamentare. Le corporazioni da un lato incentivano il lavoro, dall’altro limitano il mercato: il prezzo non è determinato dalla legge di mercato della domanda e dell’offerta, ma è determinato dalle corporazioni.
La nascita del sistema di fabbrica
Nascono grandi strutture che uniscono molte macchine e il lavoro di molti uomini, nella periferia di grandi città che diventeranno le città industriali inglesi (Liverpool, Manchetser). Alle macchine si inizia a connettere energia della macchina a vapore, quindi cambia il lavoro e diventa il lavoro di fabbrica: semplice, ripetitivo, alla portata di donne e bambini. La giornata lavorativa durava dall’alba al tramonto senza interruzioni perché il ritmo era dettato dalle macchine. Ogni operaio è addetto ad una sola mansione semplice, ripetitiva ma senza soluzione di continuità. L’unica pausa era consentita intorno all’una o alle due per venti minuti.
L’importanza della fabbrica è superiore al ruolo che consente di far esplodere la rivoluzione. È anche un dispositivo si disciplinamento sociale. Nel ‘500/’600 la questione sociale della mendicità: ceti socialmente improduttivi che erano stato oggetto di un trattamento puramente religioso assistenziale. Gli stati hanno cercato di dare una risposta istituzionale e nel 1678 il Re Sole emana un decreto che porta alla nascita dello hopital general = struttura che reclude la popolazione che resta improduttiva, ma questo comporta un costo, così gli stati cominciano ad emanare legislazioni speciali: in Inghilterra si differenzia tra invalidi, assistiti dalle parrocchie e persone in grado di lavorare, queste ultime se vengono sorprese a mendicare vengono costretti a lavorare.
La fabbrica è un luogo di punizione peculiare: frastuono, rumore insopportabile, fumi inquinanti, ritmi insostenibili. La disciplina di fabbrica era ferrea: c’era il sorvegliante che dava punizioni fisiche. Il salario poi era molto basso. Nel Medioevo il povero aveva anche un valore positivo, era simile a Cristo (ultimo tra gli uomini): ora la povertà è un disvalore. La pena capitale viene sostituita con il lavoro di fabbrica. In Inghilterra nonostante la sua posizione isolata raggiungerà fase dell’industrializzazione un ruolo egemone in Europa, che manterrà fino alla fine del 1800 quando sorgerà la Germania.
L’ASSOLUTISMO ILLUMINATO
L’assolutismo aveva già preso piede nella Francia di Richelieu e Mazzarino e quindi di Luigi XIV. Viene poi teorizzato da Hobbes nel “Leviatano”: potere assoluto e incondizionato del sovrano.
Viene definito illuminato perché rimanda ad un fenomeno storico cultuale e fisolofico del ‘700 che è l’illuminismo. Ogni Paese avrà il suo: i tedeschi l’auclerung, i francesi le lumiere, gli italiani i lumi (Verri, Beccarla, Filangeri).
Illuminismo
La definizione generale di illuminiamo ci viene fornita a fine ‘800 da Kant nella “Critica della ragion pura” nella quale Kant risponde alla domanda “che cos’è l’illuminismo?”. La risposta che redige si basa su un quesito di un’importante rivista dell’epoca inviata a studiosi come Mendelson, un filosofo tedesco, e Lessino. Il quesito era appunto “che cos’è l’illuminismo?”. Per Kant l’illuminismo è l’uscita dell’umanità dello stato di minorità in cui essa si trova. È insomma un evento storico capitale che segna un vero e proprio cambiamento di stato. L’illuminismo è il fenomeno che segna il passaggio dell’umanità dalla minorità alla maturità.
La maturità è soggetto di ragione, vuol dire essere autonomi, padroni di sé stessi, non più assoggettati ad un’autorità esteriore che si impone o ad un sistema di pensiero o condotta a cui piegarsi come accade all’umanità che doveva imputare la sua immaturità unicamente ed esclusivamente a sé stessa.
Prima dell’illuminismo c’era qualcuno che diceva agli uomini cosa dovevano pensare, credere e quindi fare. L’umanità era ben contenta di piegarsi ed era pronta a credere e ubbidire. “credere, ubbidire, combattere” era diventato anche il motto del fascismo. Questi sono i connotati che l’umanità accetta e subisce passivamente fino all’avvento di questa che è un’epoca dello spirito. Momento in cui l’umanità si avvia ad emanciparsi da tutte le forme di controllo e assoggettamento a cui fino a quel momento si era piegata: illuminismo. Ad aver sostituito questa parola d’ordine di tutte quelle forme di dominio che assoggettano popoli. Sapere audem: abbi la volontà di sapere, non limitarti ad accettare incondizionatamente quello che gli altri ti obbligano a fare e credere.
La ragione
È un’età in cui è la ragione a dover diventare un organo guida e strumento della vita degli uomini. Bisogna accedere alla ragione nel suo uso libero e incondizionato: non c’è nulla di fronte a cui la ragione deve fermarsi e che la possa limitare. L’opera maggiore di Kant è la “Critica alla ragion pura”, ovvero il tribunale eretto dalla ragione per esaminare criticamente la ragione. Non c’è autorità esterna che può imporsi alla ragione.
La prima caratteristica dell’illuminismo è quindi il libero uso della ragione e la seconda invece che la ragione è universale (non è quella di un singolo che si contrappone ad altri privi di ragione che devino essere condotti come un gregge). La ragiona va usata liberamente e criticamente dai lumi. La ragione anzi tutto deve essere impiegata in modo critico (greco, krino: giudico). Quindi la ragione serve a giudicare e non c’è realtà che possa rivendicare di sfuggire all’esame critico della ragione.
Ma questa critica razionale non serve solo a soddisfare le esigenze, le aspirazioni teoriche dei filosofi ma la critica razionale ha compiti trasformativi: cambiare la realtà. La ragione critica, che non conosce limiti se non quelli che lei stessa dà, che critica ogni aspetto della realtà e lo fa con l’obiettivo di trasformare il mondo in modo da renderlo più ospitale, più giusto, più tollerabile per gli uomini. Con i lumi la filosofia assume esplicitamente e dichiaratamente il compito di intervenire sulla realtà e trasformarla rendendo possibile l’emanazione dalla realtà. Nasce quindi una nuova figura di intellettuale.
L’intellettuale
L’illuminismo è una novità: è un appello alla ragione come facoltà guida della condotta della vita umana (filosofia e pensiero dell’età moderna come Spinoza).
Il philosophe degli illuministi è qualcuno che agisce e interviene nella sfera pubblica: gli illuministi sono i primi pensatori che escono dal chiuso dei luoghi della ricerca (accademie e università) e dalla Repubblica delle lettere (intellettuali che si scrivono a vicenda). La novità degli illuministi sta nel fatto che per la prima volta come progetto politico esplicito la filosofia comincia ad essere discussa nei luoghi pubblici diventando oggetto di tentativi di traduzione.
L’ Enciclopedia
Di qui il proliferare degli strumenti dell’informazione intellettuale: giornali e riviste. Viene messo in cantiere un progetto immenso da Diderot e d’Alambert: l’Enciclopedia. Un programma di diffusione delle culture e delle conoscenze di ogni genere senza un grado gerarchico che era stato il nerbo dell’organizzazione del sapere per millenni. Il sapere viene distribuito seguendo la distribuzione alfabetica. L’ Enciclopedia di Aristotele era distribuita in modo gerarchico: al vertice della conoscenza c’era la teologia o metafisica. Ma per gli illuministi le voci sono egualmente importanti perché anche in questi gli illuministi intendono formare discontinuità rispetto al passato. Si cambia quindi l’organizzazione della affermazione del sapere nella società contemporanea. Questo però non è avvenuto facilmente.
L’ Enciclopedia sarà infatti una grande impresa economica, ma prima di questo c’era da ottenere l’autorizzazione della censura e già quando il libro era in stampo viene vietata l’autorizzazione della pubblicazione dell’opera. Allora si trasferì l’impresa editoriale fuori dalla Francia. I gesuiti bloccano tutto per ciò che avrebbe comportato come impatto sul pubblico. Era infatti creduta un’opera sovversiva. Vanno quindi in Svizzera al compimento della prima edizione, e la seconda verrà invece stampata pochi anni dopo a Lucca.
La lotta contro la Chiesa
Questo è un progetto culturale contro il controllo degli individui da parte della chiesa. Voltaire: parte del programma illuministico è distruggere la chiesa. Ci sarà infatti una lotta mortale tra illuminismo e chiesa come istituzione e apparato. C’è un’esclusione reciproca tra i Lumi e la chiesa. I lumi vogliono estendere l’esame critico a tutta la realtà e allora riguarda innanzitutto quei contenuti rivelati della fede che sfuggono al vaglio critico.
I Lumi intendono accusare le chiese di essere strumento di mantenimento delle superstizioni e quindi di essere la principale agenzia dell’oscurantismo che mantiene l’umanità in uno stato di minoranza e ignoranza. I Lumi vogliono combattere ciò con la diffusione della cultura, del metodo della scienza. I Lumi vogliono cioè esaltare la ragione e valorizzare il metodo empirico della scienza.
Tentano di coniugare il razionalismo e l’empirismo con in più una vocazione critica che non limita ad un mero esercizio intellettuale ma è critica per volontà di trasformazione: la critica fa parte di un processo politico volto a cambiare la società e mettere in crisi la società di antico regime per cambiarla e assicurare il progresso dell’umanità. La critica dei Lumi non salva nulla di tutto ciò che si oppone a questi obiettivi. Vuole sostituire all’antico questi nuovi apparati politici.
Nel corso del ‘900 alcuni studiosi come Th. Adorno e Horkheimer ne “Dialektik der aufklarung” hanno detto che
1) l’illuminismo ha un progetto di emancipazione dalla minorità
2) questo progetto ha avuto un inconveniente: ha prodotto nuove servitù al marcato e all’economia: i Lumi sono contemporanei alla nascita del sistema capitalistico industriale che ha cerato un mondo formato da consumatori. Nasce il feticismo delle merci, un nuovo fenomeno religioso. Rischi già presenti di involuzione e nuovi assoggettamenti.
La politica
Anche la politica sarà oggetto di intervento da parte dei Lumi. Essi scrivono di politica secondo la produzione dei progetti di riforma degli aspetti istituzionali dello Stato, e diventano “consiglieri del principe”, cercano cioè di guidare il sovrano.
Combattono contro l’assolutismo: si schierano apertamente proponendo anche il tirannicidio o diventando fautori di un ordinamento politico che dà maggiore spazio alla società, o diventando consiglieri del sovrano che però deve essere illuminato, cioè lasciarsi guidare dai Lumi per migliorare le condizioni del paese (Asburgo). Per guidare l’attività del sovrano delineano un programma giuridico - politico che ha tre indirizzi.
Il Barone di Montesqeo
Il Barone di Montesqueo ne “L’esprit de lois” (lo spirito delle leggi) è il fondatore delle concezioni liberali-democratiche della politica. Il testo si articola in:
1) Descrizione e contrasto dei diversi regimi politici. Ci sono tre regimi: la repubblica, la monarchia e il regime dispotico basati rispettivamente sulla virtù (solo se i cittadini e i governanti sono virtuosi la repubblica sussiste ), sul senso dell’onore (la monarchia implica l’accordo reciproco tra sovrano e sudditi, il sovrano può rivendicare un potere assoluto perché ha il senso dell’onore e i sudditi sono sottomessi al sovrano per il loro senso dell’onore: obbedienza) e la paura (il despota sfrutta la paura che riesce a infondere, è il regime più fragile perché ci sono rivolte se si mostra debole e se esagera nel suo dispotismo.
2) Designazione della forma migliore di governo. Si è sempre pensato che la costituzione mista fosse la migliore in quanto si unisce la virtù col senso dell’onore. Ma qualunque sia la forma migliore, devono realizzarsi i corpi intermedi: meccanismi di compensazione e contenimento dei meccanismi di deriva dei corpi sopra descritti. Sono quei meccanismi che si collocano tra il sovrano e i sudditi (come i parlamenti). Questi sono ciò che si può formare solo nei paesi in cui è stata introdotta la regola fondamentale delle monarchie costituzionali: la divisione dei poteri. Non vi è infatti giustizia, libertà e armonia se tutti i poteri sono concentrati nelle mani di un’unica persona o di un’unica assemblea. Ciò assicura il controllo reciproco facendo sì che nessuno diventi esorbitante. Il potere
- Legislativo: Parlamento
- Esecutivo: Governo
- Giudiziario: Magistratura
La tolleranza
Viene introdotta una corrente della tradizione liberale-democratica: Voltair riprende una lettera di Lock sulla tolleranza dove dice “le tue idee non mi piacciono per nulla, ma sono disposto a perdere la vita perché tu abbia il diritto di dirle” . La possibilità di ogni uomo di seguire liberamente la propria idea. È però libertà da, non libertà di, perché la mia libertà finisce dove comincia quella dell’altro, perché sennò diventa arbitrio.

Esempio