pittura italiana fine 800

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Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Pittura italiana nella seconda metà dell’800
Fra il 1848 (anno delle rivoluzioni europee e della prima “sfortunata” guerra d’indipendenza , e il 1870 (conquista di Roma) si compie, attraverso tre guerre e l’impresa dei mille, l’aspirazione dei patrioti italiani all’unità nazionale e il disegno dei Savoia della conquista del regno d’Italia.
La pittura italiana di questo periodo non raggiunge dei livelli molto alti rispetto a quella francese (Parigi è il centro di attrazione di ogni artista) : solo Firenze sembra ritrovare il suo tradizionale ruolo di protagonista dell’arte italiana.
Nonostante ciò, come in Francia, anche in Italia ci sono due correnti notevoli:
-CORRENTE INTIMISTA
-CORRENTE REALISTA (non da intendere con la polemica sociale di Courbet ma con l’accostamento alla natura, agli umili e alla vita quotidiana).
Napoli: “La scuola di Posillipo”( riuniva tutti i giovani pittori outsider dell'epoca ovvero coloro che avevano abbandonato la pittura in atelier per la pittura del paesaggio dal vero.)
Napoli: centro politico e culturale dove confluivano pittori stranieri e dove esisteva una tradizione realistica seicentesca e l’uso del vedutismo.
A Napoli si forma grazie a Anton Pitloo e a Giacinto Gigante la cosiddetta “scuola di Posillipo” che rappresenta un momento importante della nuova presa di contatto con la realtà intimamente vissuta. Soggetto preferito dagli artisti dei membri di questa "scuola" era il paesaggio: un paesaggio non fiabesco, ma quello che coglieva l’occhio, il paesaggio dei Barbizon, anche se più solare.
La prima produzione della scuola di Posillipo si rifece al paesaggio di tradizione neoclassica, che si conformava alla "veduta" ampia, otticamente precisa e con punto di vista rialzato a volo d'uccello; puntando però soprattutto sui valori lirici e romantici, assunse ben presto una posizione antiaccademia.
Pitloo (Olanda 1790 Napoli 1837) pittore olandese, celebre paesaggista. Nella seconda metà degli anni Venti, venuto a conoscenza del paesaggismo romantico di Turner, Pitloo maturò una nuova sensibilità. Si fece promotore a Napoli della pittura dal vero, radunando attorno a sé un gruppo di artisti, la cosiddetta scuola di Posillipo che, non lontana dagli intenti della scuola di Barbizon, affrontò con spirito romantico il genere della pittura di paesaggio. Egli riesce a cogliere i valori atmosferici della natura con una pennellata rapide, personale, a macchie luminose.
Giacinto Gigante (Napoli 1806-ivi 1876) pittore italiano. Attivo a Napoli, tra i maggiori paesaggisti del XIX secolo, fu l'esponente di punta della cosiddetta 'scuola di Posillipo. La spinta fondamentale a trasfigurare la realtà in immagini evocative o stranianti gli venne dai quadri di Turner. Egli, ricco di fantasia e di intuito, accentuando l’uso della macchia e quindi dell’impressione istantanea, rende il movimento e la luce dei paesaggi o la vivacità della folla napoletana.
“Cappella di San Gennaro” (1863 Napoli) : Gigante rappresenta il momento della liquefazione del sangue del Santo, accolto come evento miracoloso ed entusiasmante. Il tema del dipinto è proprio il tumulto festoso della folla accalcata nel Duomo.

Alla scuola di Posillipo si accosta inizialmente anche Filippo Palizzi ( Vasto 1818- Napoli 1899) il maggiore rappresentante di una famiglia abruzzese di pittori e operante nel napoletano. Il Palizzi però preferisce rivolgere la sua attenzione al mondo degli animali domestici e da lavoro. Egli esalta un sentimento di bontà e di dedizione all’uomo da parte degli animali,esaltandoli attraverso la luce che li fa risaltare contro il fondo, come in quadro del seicento napoletano reso moderno poiché l’interesse ora non si concentra sull’uomo ma sull’animale.

Giuseppe De Nittis (Barletta 1846-Parigi 1884). Del periodo napoletano abbiamo “Appuntamento nel bosco di Portici” (1864)dove egli rende la fresca atmosfera di un viale alberato con il mobile passaggio del sole attraverso le foglie nella quiete del bosco, nel quale una signora legge un libro. La sua influenza sui pittori fiorentini è mostrata nella “Traversata dell’Appennino” 1867 in cui egli rende la tristezza invernale del passo montano mediante la vasta apertura del punto di vista quasi come un taglio fotografico.
A Firenze egli entra in contatto con i Macchiaioli e a Parigi con gli impressionisti.

Francesco Paolo Michetti (Chieti 1851-Francavilla 1929)
Michetti è considerato un realista che si forma a Napoli ma il suo realismo è ispirato alla tematica abruzzese. Egli è sia un pittore che un fotografo : la scelta, quasi assoluta, in favore della fotografia(in un paese pastorale e contadino come l’Abruzzo)denota anche la vivida attenzione di Michetti nei confronti delle nuove tecniche e delle moderne teorie europee. Il suo grande successo è dovuto alla esuberanza della sua tavolozza, e più ancora dai soggetti dei suoi quadri: scene di costumi tradizionali d’Abruzzo, di una sensualità torbida e fanatica, cioè lo stesso mondo che faceva entrare nella moda anche D’Annunzio in letteratura.
La teatrale scena raffigurante "La figlia di Jorio", grazie alla quale Michetti fu premiato alle Biennale di Venezia del 1895, dieci anni primi che l’amico e sodale Gabriele D’Annunzio decidesse di mettere in tragedia il medesimo tema. Questa dimensione simbolica di Michetti, che non si palesa nella scelta di soggetti o di allegorie ma, scrive Fabio Benzi, che viene fuori originalmente dalla costante "volontà [dell’artista] di penetrare l’essenza della realtà naturale, popolare, l’epos abruzzese". Egli, durante il soggiorno nella Torre Di Bene, aveva qui prodotto schizzi e disegni del paesaggio a lui circostante utilizzati successivamente per la realizzazione dell'opera, infatti il profilo della Maiella e' quello che realmente si puo' ammirare solo da Orsogna. Il personaggio femminile de "La figlia di Jorio" e' Mila di Codra, per lei ha posato come modella l'orsognese Giuditta Saraceni che allora aveva 19 anni. L'artista le fece indossare un costume bianco e rosso; il personaggio che sta dietro a Mila e' Paolo de Cecco, frequentatore del cenacolo francavillese. "La Figlia di Iorio" ha riconfermato il proprio successo, non solo come una delle opere sentite dal Michetti, ma anche come quella che, più di ogni altra, incarna leggende, suggestioni e riti di un popolo. Ed è proprio da quel senso profondo della tradizione popolare, dal sentimento tragico espresso da questa grandiosa tela, che D'Annunzio trasse l'ispirazione per l'omonimo dramma di cui annunciò la nascita al Michetti in una lettera del 31 agosto 1903: "... Tutto è nuovo in questa tragedia e tutto è semplice: tutto è violento e tutto è pacato nel tempo medesimo..."
Mila di Codro era una donna perseguitata e bandita , condannata dalla rigida morale arcaica perché perduta e perciò desiderata dagli uomini che seduti su un ciglio di un monte la guardano passare , mentre lei si copre il viso con un mantello rosso.
La “Scapigliatura” (1860-1870): Milano
La Scapigliatura fu un movimento artistico e letterario sviluppatosi nell’Italia settentrionale, che ebbe il suo epicentro a Milano e che poi si andò affermando in tutta la penisola, soprattutto negli anni Sessanta, Settanta e Ottanta dell’Ottocento. La parola, che si impose nel corso degli anni Cinquanta dell’Ottocento, è la libera traduzione del termine francese bohème (vita da zingari), riferito alla vita disordinata e anticonformista degli artisti parigini. Gli scapigliati erano animati da uno spirito di ribellione contro la cultura tradizionale e il buonsenso borghese. Uno dei primi obiettivi della loro battaglia fu il moderatismo della cultura ufficiale italiana. Si scagliarono sia contro il romanticismo italiano, che giudicavano languido ed esteriore, sia contro il provincialismo della cultura risorgimentale. Guardarono in modo diverso la realtà, cercando di individuare il nesso sottile che legava quella fisica a quella psichica. La Scapigliatura, che non fu mai una scuola o un movimento organizzato con una poetica comune precisamente codificata in manifesti e scritti teorici, ebbe il merito di far emergere per la prima volta nel nostro paese il conflitto tra artista e società, tipico del romanticismo straniero: il processo di modernizzazione post-unitario aveva spinto gli intellettuali italiani, soprattutto quelli di stampo umanista, ai margini della società e fu così che tra gli scapigliati si diffuse un sentimento di ribellione e di disprezzo radicale nei confronti delle norme morali e delle convinzioni correnti che ebbe però la conseguenza di creare il mito della vita dissipata ed irregolare. Negli scapigliati si forma una sorta di coscienza dualistica che sottolinea lo stridente contrasto tra l’”ideale” che si vorrebbe raggiungere e il “vero”, la cruda realtà, descritta in modo oggettivo e anatomico. I maggiori rappresentanti sono TRANQUILLO CREMONA e DANIELE RANZONI.
“L’edera” (1878 Torino di Tranquillo Cremona): Questo quadro rappresenta la fusione tra la sua poetica romantica e scapigliata. Il tralcio d’edera raffigurato sulla destra del quadro dà il nome allo stesso. L’Edera è qui simbolo che rimanda alla passione ossessiva che si manifesta in un abbraccio che non lascia spazio a dubbi: da una parte vi è una passione travolgente, fatta di richiesta da parte della figura in basso che cerca di stringere l’altra, e di rifiuti, da parte della donna in alto che ha un atteggiamento di opposizione. La tecnica pittorica è giocata solo sulla pennellata coloristica che vibra di fine ma intensa luce al punto da rendere l’atmosfera vaga e sognante. Il tema centrale dell’opera, come nella maggior parte dei quadri di Cremona, si concentra solo sulle figure in primo piano mentre lo sfondo diventa assolutamente informe ed indistinguibile, fondendosi magistralmente con le stesse tonalità di colore delle figure rappresentate donando alle stesse, quasi per magia, maggior risalto.
“I tre amici” (di Ranzoni) in cui notiamo un’intensa vitalità nell’accordo dei colori dei tre protagonisti contro il fondo non definito: la disposizione dei tre amici assume una disposizione pressoché triangolare.
I Macchiaioli (Firenze)
Uno dei Movimenti artistici più importanti dell'Ottocento italiano nasce a Firenze.
Questo movimento è l'unico che nel panorama del secolo meriti veramente il nome di scuola sia per la comunità di intenti che legava i componenti del gruppo provenienti da diverse regioni e tradizioni artistiche,sia per l'alta qualità complessiva dei risultati pittorici raggiunti. Il termine macchiaioli venne usato per la prima volta sulla gazzetta del popolo nel 1862.
In questi tempi la saletta del Caffè Michelangelo in Via Larga oggi Via Cavour era affollata di giovani talenti e qui gli artisti amavano scambiarsi le proprie idee al di fuori di ogni regola scolastica ed accademica, in un atmosfera forse confusionaria ed irrequieta ma densa di stimoli e fermenti creativi. L'arte di questi pittori come la definì Adriano Cecioni teorico e critico del movimento, consisteva: "nel rendere le impressioni che ricevevano dal vero col mezzo di macchie di colori di chiari e di scuri". Il movimento dei Macchiaioli nasce di fatto nel 1856; affermando che la forma non esiste ma è creata dalla luce e che l'individuo vede tutto il mondo circostante attraverso forme non isolate dal contesto della natura quindi come macchie di colore distinte o sovrammesse ad altre macchie di colore, perché la luce colpendo gli oggetti viene rinviata al nostro occhio come colore. Il colore, è per l'individuo l'unico modo di entrare a contatto con la realtà, che dovrà, per i macchiaioli essere restituita nel quadro come una composizione a macchie.
“La macchia è l’arma e la bandiera” dirà martelli, perché con la macchia si combatte la forma definita immobilizzata e fredda della pittura tradizionale.
Giovanni Fattori (Livorno 1825 Firenze 1908) è il maggior pittore della macchia. “Credo che l’artista deve essere lasciato libero nelle sue manifestazioni di riprodurre le bellezze della natura”. Inoltre egli si vanta della sua ignoranza storica e artistica poiché per fare un artista non cè bisogno di essere acculturati come un letterato o uno scienziato.
Questo essere “omo senza lettere” è stata l’arma principale di Fattori poiché gli ha permesso di essere libero senza condizionamenti. Lui ha una cultura visiva e conoscenza profonda dell’uomo; lui ha un attenta osservazione quotidiana del vero naturale e della società partecipando ai grandi rivolgimenti politici e sociali del suo tempo. Dai moti risorgimentali egli ne riceve un impressione indelebile che segnò il suo modo di sentire per tutta la vita. Le battaglie risorgimentali sono per lui, non solo la strada per l’unità d’Italia, ma soprattutto un modo per arrivare a una società nuova, libera onesta e giusta. Così l’amarezza e la grande delusione che questi moti non porteranno a nessun cambiamento sarà molto piu grande. All’inizio del 1853 frequenta il Caffè Michelangelo, luogo di ritrovo di alcuni artisti che costituiscono, intorno al 1855, il gruppo dei Macchiaioli.
Nino costa, un patriota italiano e combattente risorgimentale, fu un esempio e un simbolo per molti artisti, con la sua pittura tratta dal vero e spesso eseguita velocemente per non perdere l’immediatezza della percezione visiva.
La maturazione di Fattori è lenta ma alla fine capisce la sua strada: temi risorgimentali e militari, temi comuni a tutto l’800 come animali e paesaggio.
Maria Stuarda a Crookstone(1858-1861 Firenze): Giunto a Firenze nel 1846, Fattori esordì nell'ambito della pittura di storia per la rappresentazione di scene di storia medioevale o rinascimentale, tratte soprattutto da autori romantici, quali Scott, Manzoni, D'Azeglio, Grossi o Cantù. L'impostazione di questo quadro è melodrammatica: l'eroe è disteso sul proscenio, l'eroina sorretta dalle dame e confortata dall'abate si sofferma smarrita. Tuttavia la disposizione dei protagonisti crea la profondità spaziale, profondità che si accentua sul fondo dove, dell'ampia vallata, vi è ancora il fragore del combattimento dei guerrieri, il polverone sollevato dai cavalli.
Soldati francesi del ’59 (1859 Milano) : al ’59 risalgono i primi dipinti a macchia, di cui questo quadretto ne è un esempio più significativo. In quell’anno un corpo di spedizione francese giunse a Firenze a sostegno della nascente unità nazionale, e si accampò al Pratone delle Cascine, dove il Fattori potè studiarlo nell’insieme e nei particolari. Questo gruppo di opere vengono considerate come sperimentali, perché segnano il passaggio dalla rappresentazione di storia antica a quella di storia contemporanea, che Fattori traduce con inedita verità.
Ritorno della cavalleria (1888 Bari) : è una delle più belle opere dedicate alla vita militare per la novità prospettica del punto di vista rialzato con un’inquadratura che prelude a quelle cinematografiche, per l’impostazione triangolare della doppia fila dei cavalieri e per il senso d’inarrestabilità della marcia.
La Rotonda di Palmieri (1866 Firenze) è una delle opere più famose del movimento macchiaiolo. Rappresenta un gruppo di signore sedute sulla “Rotonda” dello stabilimento balneare Palmieri di Livorno. E’ un quadro che non tratta di un tema importante, un quadro dipinto dal vero, in cui tutto è realizzato per macchie sintetiche in una perfetta organizzazione dei toni e delle forme. E’ interessante notare il formato della tavoletta in cui la larghezza prevale nettamente sull’altezza secondo un uso comune nei paesaggi macchiaioli.
Il riposo (1887 Milano) questa è la dimostrazione di come il Fattori riesca a superare il significato episodico e pittoresco del soggetto; è rappresentato un momento di vita quotidiana in maremma. Il punto di fuga è posto fuori dal quadro: così che lo spazio ne risulta ampio e ruotante; ma, ad evitare la velocità della fuga prospettica le linee convergenti sono tagliate trasversalmente, a squadra, dal frontale del carro e dalla coppia dei buoi, conferendo a tutto, con l'immobilità delle pose, fermezza.

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