L'Alto Medioevo

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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L’ALTO MEDIOEVO
(dal VII alla metà dell’XI secolo)

Con l’invasione longobarda (568) non soltanto viene a cessare l’unità fra l’Italia e l’impero romano d’Oriente, ma la penisola stessa risulta divisa fra i nuovi e i vecchi conquistatori.
Nell’VIII secolo ai longobardi succedono i franchi che costituiscono un nuovo impero, al quale viene dato il nome di “Sacro” per indicarne la cristianità e di “Romano” per sottolineare la continuità da quello antico.
Nel X e XI secolo la Sicilia è sotto il dominio degli arabi, i quali estendono il loro potere anche in altre parti del sud.
Fra la seconda metà del VI secolo e l’XI, dunque alla popolazione latina si sovrappongono le stirpi più disparate.
Di tutto ciò troviamo riscontro nell’arte. E’ un periodo tormentato, complesso e spesso confuso. Come dal latino, nasce una nuova lingua, il “volgare” italiano, così dalla persistente tradizione artistica romana, alla quale si mescolano, elementi bizantini, longobardi, franchi, viene formandosi un nuovo linguaggio artistico, che troverà la sua definizione nell’età dei comuni e che possiamo dire italiano, anche se collegato con quello di tutta Europa.
Nel 568 i Longobardi penetrano in Italia, conquistando rapidamente ampie zone della Penisola, già duramente provata dalla precedente Guerra greco-gotica (535-553).
Le città si arrendono quasi senza combattere. Il re longobardo Albonio, sceglie come capitale Verona. Dopo un primo periodo di grave instabilità politica interna, la monarchia longobarda si consolida con Teodolinda (589-628) e con il suo secondo marito Agilulfo (591-615).Teodolinda accelera l’integrazione dei longobardi promuovendone la conversione al Cattolicesimo.
Questo obbiettivo la porta ad essere la prima commitente di nuovi edifici; come la Basilica di San Giovanni Battista a Monza.
La sua opera, appoggiata da papa Gregorio Magno, culminia con il battesimo del figlio Adaloaldo (603):
in quell’occasione il pontefice invia alcuni doni, dei quali è identificabile con sicurezza una piccola Croce pettorale-reliquìario per il neonato.
Nei decenni che seguono, la pace sociale e la prosperità economica si traducono in grande fervore dell’attività edilizia.
Le architetture realizzate tra VII e VII secolo sono per lo più edifici di culto, i cui schemi planimetrici si rifanno a modelli del periodo paleocristiano.
A Roma convivono indirizzi artistici diversi. Sant’Agnese conserva l’impianto di una basilica precedente. Il rapporto fra navata centrale e navate laterali, è di 3 a 1. Questo rapporto, privilegia la larghezza, ma non basta a togliere slancio all’edificio, perché compensato dall’elevazione. Si raggiunge una leggerezza d’origine bizantina, cui contribuiscono, oltre al mosaico e alla decorazione absidale con marmi dìcromi, le agili arcate del matronèo: la sovrapposizione di questo alle navate crea una prevalenza di vuoti sui pieni, allontanando alla nostra vista la parete, ossia il confine materiale dell’edificio, che si dilata indefinitamente.
Nel IX secolo Santa Maria in Dòminica riprende la forma basilicale e lo stesso rapporto di larghezza fra navate di Sant’Agnese. Ma, poiché mancano i matronèi e poiché la lunghezza e altezza sono limitate, l’aula assume un respiro solenne, di lontana ascendenza classica, che dimostra la permanenza, a Roma, della tradizione antica.
In San Pietro , a Tuscania, nel viterbese, si ha un senso grave della massa , per la larghezza della navata centrale, per la modesta altezza delle colonne, per l’ampiezza delle arcate con doppie ghiere dentate , per la vasta superficie muraria, per la scarsa luce che penetra dalle finestre poste in alto.
Vicino Ravenna, precisamente a Bagnacavallo, sorge San Pietro in Sylvis; qui, si sostituisce alle leggere colonne divisorie delle navate pilastri spogli, privi di capitello e di pulvino.
Le pareti, nude e con finestre relativamente piccole, invece che nascondere la materia da cui sono costituite, la esaltano. L’esterno è ritmato da lesene e da archetti pensili accoppiati.
La chiesa dell’Abbazia di Pomposa ha invece una spazialità imponente che la avvicina alle basiliche di Ravenna.
Ricordi ravennati sono visibili anche in area longobarda, per esempio a Brescia in San Salvatore (VIII secolo) o a Cividale nel Tempietto di Santa Maria in Valle (VIII secolo).
Di questo secolo è anche la Chiesa di Santa Sofia ( 760) nel ducato longobardo di Benevento.
Questa chiesa; fondata dal duca Arechi II, come santuario della nazione longobarda beneventana, si collega all’omonima basilica di Costantinopoli.
Ha pianta parzialmente circolare e parzialmente stellare inscrivibile in un cerchio, entro il quale sono (uno dentro l’altro) due anelli, il primo decagono, il secondo esagono, che danno origine a un complesso movimento pluridirezionale.
Dall’esterno l’impianto centrale, il frastagliamento della struttura perimetrale , la muratura che alterna corsi orizzontali di blocchi di pietra e di mattoni e la copertura con tetto spiovente dovevano dare l’impressione di una grande e variopinta tenda con le pareti mosse dal vento.
Alla tradizione si rifanno anche gli edifici che sorgono in Lombardia fra il IX e l’XI secolo. In essi si vengono sviluppando alcuni elementi che saranno caratteristici dell’arte romanica. Si costruiscono i primi campanili. Il campanile , nelle città, nei paesi, nelle campagne,è il mezzo di comunicazione di tutta la collettività e unisce il popolo alla chiesa.
Dopo aver varcato le Alpi nel Friuli, il re Albonio aveva nominato Duca del primo territorio conquistato il nipote Giusulfo che occupò Cividale, centro di grande importanza per motivi commerciali e strategici. Il momento più prospero di questa città coincide con il ducato di Ratchis. Di questo periodo è il Fonte battesimale commissionato da Callisto, una vasca ottagonale coperta da baldacchino su colonne antiche di reimpiego,
e l’altare della Cattedrale del duca Ratchis, un parallelepipedo in pietra scolpito a rilievo.
La fronte principale dell’altare presenta una rappresentazione di Cristo entro una mandorla sorretta da angeli in volo. Sui due lati minori sono rappresentati l’Adorazione dei Magi e la Visitazione. L’attenzione si concentra sull’azione. La figura umana vi appare deformata secondo un criterio espressionistico: assumono dimensioni maggiori del naturale i volti dei protagonisti e braccia e mani, in modo da mettere nella massima evidenzia i gesti. L’ordine gerarchico vale anche per le dimensioni dei personaggi, tanto più grandi quanto maggiore è la loro dignità , prima fra tutti la Vergine Maria, che in entrambi gli episodi porta una croce sulla fronte. A rafforzare il senso di irrealtà dello spazio circostante sono inseriti qua e la elementi decorativi di riempimento. La disposizione degli oggetti, non risponde a criteri di equilibrio compositivo; è privilegiata l’asimmetria.
Dello stesso periodo, ma molto più raffinate ed eleganti sono le Sante di Cividale a Santa Maria in Valle.
Esse sono campite sul fondo liscio come figure bizantine, se ne staccano per il senso di volume. Il loro verticalismo, dovuto forse alla collocazione in alto, è accentuato dalla lunghezza delle pieghe delle vesti, con il punto di vita innaturalmente portato fin sotto il seno.
In questo periodo vengono creati anche oggetti preziosi di grande splendore, detti “barbarici”.
Questi oggetti acquistano una loro validità artistica non tanto per la profusione dell’oro e delle pietre preziose, quanto per la sapiente distribuzione dei materiali, così da ottenere, insieme alle figurazioni simboliche, un indicibile fulgore cromatico. I simboli e la luminosità degli infiniti riflessi sono conseguenza di una raffinata cultura in cui confluiscono componenti classiche e soprattutto bizantine analoghe a quelle riscontrate nei mosaici. Esempi di quest’arte sono la Corona ferrea, il Reliquario di San Giovanni Battista e la Croce di Agilulfo.
In pittura, due sono gli indirizzi fondamentali: il primo prosegue sulla strada aulica dell’astratta fissità bizantina,
il secondo, senza dimenticare certe caratteristiche orientali che condizionano l’arte europea per molti secoli, e tuttavia più popolare e tenta un parziale recupero o del risalto volumetrico o del senso espressivo.
A Roma, nel mosaico absidale di Sant'Agnese (VIII secolo), le tre figure si staccano dall’ampia superficie aurea concava, bidimensionali, rigide e assorte nella contemplazione divina.
Anche nella Crocifissione di Santa Maria Antiqua la frontalità, l’impassibilità, la simmetria e le proporzioni gerarchiche sono elementi comuni al bizantinismo. Ma Maria e Giovanni poggiano i piedi su un terreno roccioso concreto e, alle loro spalle, si apre un panorama montano, menre i due aguzzini si muovono con vivezza. Il significato ideale della morte di Cristo sulla croce è espresso non mediante un linguaggio ufficiale ma piuttosto con franchezza popolaresca.

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