Il gotico in arte

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

Il termine gotico venne usato per la prima volta da Vasari durante il Rinascimento italiano per indicare un momento nel quale l’arte si allontana dai valori tradizionali disprezzando tutti i monumenti del Medioevo in quanto prodotti dei barbari Goti e del tutto privi di meriti artistici. In seguito, tuttavia, il termine venne a designare solo l'arte e l'architettura dei secoli seguenti il romanico e precedenti il Rinascimento.
L'architettura gotica nasce come sviluppo del momento di massima fioritura del romanico nel sec. XII e giunge fino al sec. XVI. Pur se l'architettura gotica assunse un carattere internazionale, le sue origini possono essere rintracciate nella Francia settentrionale del 1300 dopo l’avvento di Carlo Magno, in un'area che si estendeva attorno a Parigi (Ile-de-France). Fu sotto il patronato dell’abate Suger che venne portata a compimento la chiesa di Saint Denis che diede inizio alla fase creativa dell’architettura gotica, mostrando i caratteri innovativi più importanti della sua architettura.
Le cattedrali gotiche sono solitamente a 3 o 5 navate e la navata centrale è più ampia e più alta rispetto alle laterali. L'arco a tutto sesto (con la volta a botte e la campata) che scaricava il peso sui muri e sui pilastri viene sostituito dall’arco a sesto acuto, che non scarica le forze in verticale, ma verso l'esterno sugli archi rampanti. Non c'è più la volta a botte, ma la volta a vela, retta dalla struttura dell'arco. Al pilastro si sostituisce un fascio di colonne che salgono verso l'alto e formano le nervature che costituiscono lo scheletro della chiesa. Nelle pareti si aprono vetrate colorate che fanno filtrare la luce che rende la struttura architettonica.
In Italia (e nel resto d’Europa) l’architettura gotica viene introdotta dai monaci, che ne diedero un’interpretazione più sobria e spoglia, attenendosi alla tradizione romanica e classicheggiante. Questo si può vedere dalle numerose abbazie cistercensi (la prima, Fossanova, è del 1208), che però non si possono definire italiane, trattandosi di strutture elaborate in Francia ed esportate un po' ovunque in Europa. In Italia la presenza di elementi gotici non altera sostanzialmente il carattere romanico dell'insieme.
BASILICA DI FOSSANUOVA
La basilica è a croce latina e a tre navate, delle quali quella centrale è molto più ampia e alta delle laterali. La facciata, inquadrata da due costoloni e cornici orizzontali, è alta e presenta un portale molto strombato, sopra il quale sorge un timpano triangolare. Nel riquadro centrale si apre un rosone. Per quanto riguarda il materiale, la basilica è stata costruita in una pietra rosastra che ne mette in evidenza la struttura e la scultura. L’interno, in intonacato bianco, è diviso in campate scandite da pilastri a fascio dai quali si dipartono archi ogivali. Il soffitto è coperto da volte a crociera; nel punto di incontro dei bracci si innalza un tiburio.
BASILICA DI SAN FRANCESCO AD ASSISI
La basilica, terminata nel 1228 in onore di S. Francesco d’Assisi, è formata da 2 chiese, una sovrastante all’altra. La chiesa inferiore è completamente interrata, quella superiore è esterna (questa disposizione fa riferimento ad un sogno del papa: la chiesa di Roma sta cadendo ed è sostenuta sulle spalle da un frate). La basilica si trova nel lato esterno della collina del Paradiso (chiamata così dopo la costruzione della chiesa, prima chiamata colle dell’Inferno).
La chiesa inferiore è a croce commissa con un’unica navata. Non ha una facciata essendo completamente interrata (l’ingresso è a lato). Dopo l’apertura di cappelle sui lati perse la sua struttura originaria. L’interno è scandito da 4 campate quadrate sostenute da bassi pilastri con arcate longitudinali e trasversali, volte a crociera e ogivali. L’abside è semicircolare e la muratura è molto spessa, poiché funge da fondamenta per la chiesa superiore. Per la sua posizione la chiesa risulta buia. Le pareti del transetto sono state dipinte da artisti quali Simone Martini, Cimabue e Giotto.
La chiesa superiore segue essenzialmente le caratteristiche della chiesa inferiore. E’ a una navata con transetto, scandita da quattro campate separate da pilastri a fascio coperti da strutture cilindriche rosa e posti per metà all’interno e per metà all’esterno della chiesa che danno un’impressione di inconsistenza. L’abside, a contrario, è poligonale. Qui si aprono bifore decorate da vetrate colorate, mentre la navata è illuminata da singole bifore poste al centro di ogni campata. Le pareti sono decorate con 28 pannelli, opera di Giotto, che ritraggono la vita di S. Francesco. Alla fine del 1200 nella decorazione del transetto e dell’abside è attivo Cimabue che compì, fra le altre opere, due grandiose crocifissioni.

FIRENZE:
CHIESA DI SANTA MARIA NOVELLA
La chiesa, voluta dai frati Sisto e Ristoro, fu ricostruita con impianto gotico su un’antica chiesa paleocristiana (S. Maria delle Vigne). La pianta è a croce commissa e a 3 navate molto lunghe in corrispondenza delle quali si aprono 3 portali. La facciata fu ricostruita del 1400 da Leon Battista Alberti. Per quanto riguarda l’interno, questo è diviso da pilastri cruciformi non molto possenti che danno un vasto respiro spaziale, assieme al restringimento dell’intercolumnio verso il fondo della chiesa (15m-11,5 m). Da questi pilastri si dipartono archi acuti trasversali che formano le volte a crociera. Il coro ha forma squadrata e la luce che entra nella chiesa proviene unicamente dalle finestre trifore della parete absidale.
BASILICA DI SANTA CROCE
La pianta della basilica è a croce commissa a tre navate, delle quali quella centrale è divisa in spazi rettangolari. La facciata è a salienti e l’interno è talmente vasto da dare la sensazione di un unico ambiente. La basilica è scandita da pilastri ottagonali dai quali si dipartono archi acuti ad ogiva inquadrati da lesene. Lo sviluppo verticale della chiesa è contenuto dalla presenza di un ballatoio che percorre tutto il perimetro dell’edificio. L’abside, all’interno circolare ma poligonale all’esterno, è affiancata da 6 cappelle per lato che si congiungono alla navata trasversale (cappella dei Pazzi di Filippo Brunelleschi). Le decorazioni originarie delle pareti non ci sono più poiché nel 1500 la basilica fu completamente intonacata di bianco da Giorgio Vasari in seguito ad un’epidemia di peste. L’illuminazione è omogenea e soffusa; la luce proviene principalmente dalle finestre dell’abside.
CATTEDRALE DI SANTA MARIA DEL FIORE
La chiesa, ricostruita sull’antica basilica paleocristiana-romanica di Santa Reparata, fu realizzata in diverse epoche ma mantiene la sua antica struttura gotica. Iniziata dall’architetto Arnolfo di Cambio, egli progettò lìedificio e ne diresse i lavori fino alla morte. Giotto assunse allora l’incarico di portare a termine la fabbrica, ma egli preferì dedicarsi alla costruzione dell’attiguo campanile. I lavori proseguirono con Andrea Pisano e Francesco Talenti al quale si deve il definitivo assetto delle strutture interne e il prolungamento della sezione longitudinale. La facciata ottocentesca è opera di Emilio de Fabris; la cupola fu costruita da Brunelleschi nel 1418 mentre il campanile fu progettato da Giotto.
La pianta è longitudinale a tre navate e termina con un ampio presbiterio trilobato con 5 cappelle radiali per ogni segmento. L’interno è diviso da pilastri cruciformi con capitelli corinzi dai quali si dipartono arcate ogivali che continuano a formare la cupola. Le arcate sono incorniciate da paraste e una cornice sopra la muratura interrompe lo sviluppo verticale. Il soffitto è coperto fa volte a crociera ogivali. La zona più luminosa è quella dell’altare, illuminata dalle finestre della cupola.
Il campanile, progettato da Giotto, è attiguo ma isolato al corpo della chiesa a destra della facciata. Ha una struttura parallelepipeda a pianta quadrata con 4 pilieri angolari. Alla morte di Giotto, i lavori furono ripresi con Andrea da Pontedera che nel 1302 costruì il secondo piano sul quale si aprono delle nicchie con delle sculture opera di Donatello. Il campanile fu completato da Francesco Talenti che costruì il terzo, quarto e quinto piano aprendo delle bifore nel terzo e quarto piano e terminando con una cella campanaria con unica finestra archivoltata e una cornice aggettante.
PALAZZO VECCHIO O DEI PRIORI
Il palazzo è a blocco unico e compatto, articolato su diversi piani, chiuso da una merlatura e arricchito da una torre interna.

SIENA:
Siena sì può definire la più gotica delle città italiane. In essa operarono artisti quali Simone Martini, Duccio di Buoninsegna e Giovanni Pisano. L’architettura evidenzia lo sviluppo bidimensionale degli edifici e vengono spesso usati materiali di colori diversi per decorarli, come possiamo notare in Piazza del Campo.
DUOMO DI SIENA
Il duomo ha una pianta a croce latina con tre navate. La parte absidale è a sua volta divisa in tre navate. All’incontro dei bracci della croce, nel transetto, si innalza una cupola a pianta esagonale. Tra i vari progettisti ci sono alcuni monaci della vicina abbazia cistercense di San Galgano affiancati da Nicola Pisano a cui si deve il perfezionamento dell’impianto a croce latina, con corpo longitudinale a tre navate, scandite in quattro campate rettangolari e divise da archi a tutto sesto sostenuti da alti pilastri cruciformi polistili a fasce bianche e nere. Giovanni Pisano estese le navate del coro aggiungendovi una campata e progettando la facciata a tre portali strombati con le sculture monumentali ad angolo rappresentanti profeti e sibille al di sopra dei portali d’ingresso. In un secondo tempo un nuovo progetto intendeva trasformare l’edificio esistente nel transetto di una nuova cattedrale, ma fu abbandonato. La parte superiore del duomo è gotica (guglie, pinnacoli: gotico flambato). All’interno del duomo sono contenuti il pergamo e l’ambone di Nicola Pisano. Questi sono pulpiti a se stanti, per la prima volta rivolti verso l’altare.
PITTURA – SCULTURA NEL GOTICO
La scultura gotica fu soggetta alle varie influenze delle dominazioni italiane. Nel nord risente di influssi francesizzanti, mentre nel centro-sud mantiene le tradizioni locali classicheggianti, ellenizzanti, che si rifanno all’arte romana.
Nelle opere di Nicola Pisano si risente l’influenza della pittura e dei sarcofagi paleocristiani ed etruschi.
Per quanto riguarda la pittura, questa si stacca dalla tradizione bizantina solo con l’operato di Giotto. Mente nelle zone orientali la pittura era costituita dalle icone bidimensionali di antica tradizione, in Italia ci fu un’evoluzione che si rifaceva alla cultura classica. Centro propulsore di questa evoluzione fu la corte di Federico II dove operò Nicola Pisano formandosi una ricca cultura nel campo della scultura.
PERGAMO DEL BATTISTERO DI PISA (Nicola Pisano)
Eseguito in marmo bianco e rosso, poggia sulla pavimentazione e supera i 4 metri di altezza. E’ un prisma a pianta esagonale sorretto da 6 colonne perimetrali con capitelli corinzi,tre delle quali impostate su leoni stilofori, e da una settima colonna posta al centro. Dalle colonne si dipartono archi trilobati a tutto sesto. Il parapetto è composto da pannelli scolpiti a tutto tondo separati da marmo rosso e colonnine binate classicheggianti. I cinque pannelli ritraggono scene della vita di Cristo (natività, magi, la strage degli innocenti, la crocifissione, il giudizio universale).
PULPITO DI SIENA (Nicola Pisano)
Il pulpito di Siena si presenta più riccamente decorato. E’ un prisma a base ottagonale, costituito da una base sulla quale appoggiato dei leoni stilofori. Il basamento della colonna centrale è costituito da 4 sculture allegoriche. Nella parte superiore ci sono i 7 pannelli eseguiti da Giovanni Pisano, non incorniciati ma separati da figure ad angolo che danno l’idea di una vasca rotondeggiante. La scultura è tridimensionale, la rappresentazione è più densa di soggetti e più drammatica (soprattutto nelle scene della crocifissione e del giudizio universale). Vi è inoltre un rapporto continuativo fra le scene rappresentate.
FONTANA DI PIAZZA MAGGIORE (Nicola Pisano)
È costituita da due vasche prismatiche una interna all’altra suddivise in pannelli. Nella parte centrale è collocata la ciotola dalla quale escono gli zampilli della fontana.
PULPITO DI SAN’T ANDREA A PISTOIA (Giovanni Pisano)
Il pergamo di Pistoia si rifà ai modelli di Nicola Pisano: al pergamo del battistero di Pisa e a quello del duomo di Siena. Dal primo deriva la pianta è esagonale che poggia su una base di 6 colonnine di marmo e porfido sorrette da leoni stilofori e da una colonna centrale. A differenza di questo le colonne sono molto più sottili e vengono utilizzati gli archi a sesto acuto nella sequenza degli archi trilobati. Del pergamo di Siena riprende invece la scelta di separare i rilievi con statue a tutto tondo collocate sugli spigoli. Le sculture sono sono molto più aggettanti, cariche di tensione, drammaticità e riprendono gli stessi temi del padre.
Giovanni Pisano vive in epoca gotica. In lui c’è una ricerca costante dell’effetto plastico della scultura, della morbidezza dei panneggi, del chiaroscuro, di un effetto dinamico e di drammaticità nelle sculture.
PULPITO DI PISA (Giovanni Pisano)
Il pulpito è a pianta ottagonale e poggia su un basamento formato da 6 colonne di marmo che poggiano su leoni stilofori e da una colonna centrale. I pannelli del parapetto sono bombati; le sculture sono aggettanti. Gli archi, quasi a schiena d’asino, formano volute e sono riccamente decorati. Con questa sua opera Pisano inaugura un nuovo tipo di architettura che sarà ripresa nel rinascimento da Ghiberti e Donatello.
CIMABUE
Cimabue nacque a Firenze e morì a Pisa. Lavorò soprattutto su tavola a tempera ma eseguì anche alcuni affreschi. La sua produzione artistica più importante è però costituita dai crocifissi (Crocifisso di Arezzo in S.Domenico, crocifisso in Santa Croce). Durante questo periodo esistevano due modelli principali per rappresentare la crocifissione: il cristo triumphans (con postura frontale, vivo sulla croce e vincitore sulla morte, privo di ogni segno di sofferenza) e la pietas (cioè sofferente, con gli occhi chiusi e il capo reclinato). Fra questi due Cimabue preferì la pietas, giungendo ad elaborare dei propri stilemi che possiamo ritrovare in tutte le sue croci dipinte. La linea che egli utilizza è forte, incisiva; cristo viene ritratto di profilo, la colorazione è quasi lignea con uno sfondo scuro, le linee anatomiche sono semplicemente abbozzate.
Celebre è il suo affresco della crocifissione contenuto nella basilica di S. Francesco ad Assisi. In questo affresco egli ritrae una crocifissione più violenta, la composizione è simmetrica, c’è un esaltazione dell’aspetto terreno delle persone circostanti la croce e di quello divino di cristo e degli angeli.
Maestà in trono (Cimabue)
Madonna Rucellai (Duccio di Buoninsegna)
-trono frontale, robusto
-bidimensionale
-piani paralleli in verticale
-parte bassa: 4 profeti in scorcio
-sensazione due piani diversi
-pittura più concreta
-trono in scorcio, struttura più leggera
-panneggio retto da angeli
-bidimensionale
-colore uniforme, panneggio reso più leggero da bordo dorato -> idea di un movimento curvilineo
-influenze coloristiche arte senese
La Vergine, seduta in trono, tiene sulle ginocchia il cristo benedicente, mentre ai lati del trono si dispongono simmetricamente alcune figure di angeli. Tale struttura compositiva richiama molto la Maestà di Santa Trinità di Cimabue, tanto che è possibile indicare proprio in Cimabue il principale punto di riferimento della formazione artistica di Duccio. Nella Madonna Rucellai, però, l’immagine è inserita entro una cornice ornata da trenta clipei. Il trono però non sembra avere né peso né volume , risultando per questo aspetto lontanissimo dalla salda articolazione architettonica che caratterizza i troni di Cimabue. Il corpo della Madonna non è modellato attraverso il chiaroscuro, come avviene in Cimabue, ma definito dalla stesura piatta del colore e dal sinuoso contorno dorato del manto scuro. La ricerca lineare e cromatica, che apre la strada alla successiva pittura senese, culmina nelle figure degli angeli, sospesi nell’aria, definiti da una colore delicato e connotati da espressioni di affetto nei confronti del gruppo divino.
GIOTTO DI BONDONE
Giotto nacque nel 1267 e morì intorno al 1340. Egli svolse nel processo di rinnovamento della pittura italiana un ruolo di eccezionale rilievo introducendo un nuovo tipo di resa spaziale e della resa della figura umana con particolare attenzione alla realtà fisica e alla caratterizzazione espressiva, elementi del tutto nuovi nel panorama della pittura europea. Egli si formò a contatto con la cultura classica degli artisti romani a Roma o più probabilmente del cantiere della basilica di Assisi. E’ influenzato anche dall’opera di Cimabue che fu forse suo maestro. Nell’affresco di “Isacco che respinge Esaù” per esempio, egli mostra l’influenza della tarda pittura romana soprattutto per quanto riguarda le figure femminili. L’impostazione è molto più maestosa e volumetrica. Nell’affresco del “Dono del mantello” Giotto rappresenta un paesaggio simulato molto semplice, con un numero di figure e di ambienti molto ridotto. La composizione è inquadrata in una cornice ed è impostata secondo due diagonali (costituiti dai profili delle rocce del paesaggio) che si incontrano nell’aureola di San Francesco che funge da asse di simmetria. In questo affresco possiamo notare come Giotto abbia cercato di rendere la semplicità del paesaggio accompagnato dall’aspetto poderoso delle figure rese con pennellate molto ampie. Nonostante la grande novità da lui apportata, siamo ancora lontani da una realizzazione naturale del paesaggio e dello spazio.
CAPPELLA DEGLI SCROVEGNI
La cappella degli Scrovegni è una costruzione a navata unica di modeste dimensioni, voltata a botte, con una trifora nella parte alta della facciata e sei alte monofore sulla parete destra. Il presbiterio, squadrato e voltato a crociera, custodisce le tombe di Enrico Scrovegni e della moglie. L’esterno, in mattoni a vista, è molto semplice; l’interno, di contro, è stato interamente affrescato da Giotto. Il ciclo narrativo sulle pareti principali è distribuito in quattro registri sovrapposti. A partire dalla fascia alta della parete destra con le storie di Anna e Gioacchino, seguono le storie della Vergine su quella di sinistra e, scendendo tra le due pareti, quelle dell’infanzia, della vita e della passione di Cristo. Il programma si conclude nel grandioso Giudizio Universale collocato sulla controfacciata. In esso viene rappresentato Cristo al centro con gli eletti e i beati fra i quali c’è anche il committente, ritratto nell’atto di offrire alla Vergine il modellino della cappella. Al culmine dell’arco trionfale della cappella è posto l’episodio in cui Dio Padre ordina all’arcangelo Gabriele di annunciare alla Vergine la nascita del Salvatore. Alla base delle pareti corre un alto zoccolo dipinto con riquadri e monocromo, nel quale a specchiature di finti marmi si alternano raffigurazioni allegoriche dei vizi e delle virtù, realizzate con finti bassorilievi marmorei. I cosiddetti coretti, due riquadri simmetrici e senza figure unificati bel punto di fuga sulla parete del coro, fingono ambienti voltati a crociera con bifore aperte e lampadari appesi all’incrocio della volta, rendono due interni a destra e sinistra. La chiarezza della serie di affreschi è data da una fitta serie di richiami tra gli episodi, quali l’iterazione di gesti e fisionomie e la ripetizione degli stessi ambienti architettonici.
L’angusto spazio della cappella e l’asimmetria dovuta alla presenza di finestre su un solo lato determinano la suddivisione e la distribuzione dei riquadri narrativi sulle pareti secondo scelte stilistiche profondamente differenti rispetto a quelle adottate nella Basilica si S. Francesco ad Assisi. A Padova Giotto assume come unità di misura per i riquadri lo spazio compreso tra due finestre occupandolo con due storie, una sopra l’altra. Ne risultano riquadri più piccoli di quelli di Assisi, disposti su un unico registro. Da qui deriva anche il mutamento del rapporto tra le figure, lo spazio che le contiene e i riquadri verso proporzioni più vicine a quelle reali, con una sola struttura architettonica a creare l’ambiente di ciascuna storia. Nella cappella degli Scrovegni Giotto opera una svolta di portata storica nella pittura, inaugurando un modo tutto nuovo di porre il problema della percezione e della resa di oggetti e figure, dei loro rapporti reciproci e del loro porsi rispetto ad un piano comune. Egli mostra un’eccezionale padronanza della prospettiva e una nuova considerazione della figura umana, trattata come corpo tridimensionale nello spazio e colta in una amplissima serie si posizioni. La reintroduzione della raffigurazione di profilo è una novità importantissima, dopo secoli di raffigurazione frontale. I corpi sono esaltati dalla scelta cromatica, accordata su toni bassi e uniformi e dalla sobrietà dei panneggi.
Nel Compianto di Cristo morto si tocca un altissimo vertice espressivo. Sullo sfondo di una natura spoglia si collocano Cristo morto circondato dalle pie donne, dalla Madonna, da due santi e dall’importante figura di San Giovanni al centro della composizione. Questa segue una linea obliqua che parte dal centro del quadro e sembra congiungersi tra la Madonna e Cristo. Nella parte alta Giotto raffigura dieci angeli che volano nel cielo con un movimento di dolore, angoscia e rabbia. Da ogni figura trapela un senso di grande drammaticità reso dalle diverse posture: come quella di San Giovanni che spalanca le braccia piegandosi in avanti o della donna a sinistra che piega le braccia al petto, congiungendo le mani come a sostegno del capo.
Maestà d’Ognissanti
Il processo di resa più concreta delle forme e di umanizzazione dei sentimenti culminerà con la Maestà della chiesa di Ognissanti a Firenze di Giotto. L’opera è caratterizzata da una nuova leggerezza, data dalla ricerca decorativa di rendere la massa volumetrica attraverso i passaggi di colore. Attraverso pennellate rotondeggianti e schiarimenti, Giotto riesce a rendere le forme del petto e della ginocchia della madonna, novità assoluta nella rappresentazione mariana.

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