Materie: | Appunti |
Categoria: | Storia Dell'arte |
Voto: | 1.5 (2) |
Download: | 122 |
Data: | 27.01.2006 |
Numero di pagine: | 4 |
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Testo
Giòtto: pittore italiano (Colle di Vespignano nel Mugello, Firenze, 1267 circa - Firenze 1337). Molto incerte sono le notizie sulla sua prima educazione artistica. I più lontani segni della sua attività sembra si possano ricercare ad Assisi, dove avrebbe lavorato nell'ultimo decennio del secolo, eseguendo alcune delle Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento nei registri più alti della navata della basilica superiore. Gli affreschi tutti assai guasti, rivelano modi desunti da Cimabue e dai pittori romani, seguaci del Cavallini, succeduti a Cimabue nella decorazione della basilica, unitamente a elementi ancora bizantini nel sistema cromatico con lumeggiature sovrapposte e frastagliate. In alcune scene tuttavia (ad es. la Deposizione) già si realizza il sentimento nuovo di uno spazio concreto, attraverso la disposizione delle figure, chiuse entro fermi contorni, e il loro rapporto con gli elementi del paesaggio. È probabile che, dopo l'esecuzione di questo primo ciclo di affreschi, Giotto sia andato a Roma: nella serie dei ventotto riquadri con le Storie di san Francesco, dipinte nell'ordine inferiore della navata della basilica superiore d'Assisi, si avverte infatti una più diretta esperienza dei modi cosmateschi nelle architetture dipinte sugli sfondi e, soprattutto, si sente la suggestione dell'arte di Arnolfo di Cambio, che consentì al giovane artista di dare maggior vigore al risalto plastico delle sue figure. Alla realizzazione di queste forme monumentali si adeguano alcune residue consuetudini bizantineggianti, come il lumeggiare violento, che qui diviene «mezzo più energico alle impressioni di massa e di rilievo» (Toesca). Giotto certamente ideò l'intero ciclo, ma per l'esecuzione si valse di collaboratori, tra i quali emerge il Maestro della Santa Cecilia. Nelle scene dipinte da Giotto, databili verso l'ultimo quinquennio del Duecento, vi sono pochi personaggi essenziali, le composizioni sono chiare e ordinate in modo da dare la massima evidenza al racconto degli episodi, condensati nei loro momenti più drammatici e significativi. Le immagini hanno potente risalto e il paesaggio, le architetture, i riferimenti ambientali non servono semplicemente da sfondo alle figure, ma si articolano con queste in modo da creare uno spazio commisurato ai moti e ai gesti dei personaggi e da conferire la maggior vivezza narrativa ai vari momenti della leggenda francescana, sottolineandone i più profondi significati. La Rinuncia ai beni terreni, il Miracolo dell'assetato, la Morte del cavaliere di Celano, la Predica davanti a papa Onorio, l'Apparizione al Capitolo di Arles sono i soggetti di alcuni tra i più bei riquadri di questo ciclo che segna, nel percorso stilistico di Giotto, la conquista della piena padronanza della forma, intesa come sintesi di spazio e di rilievo, e dà inizio così a una nuova tradizione figurativa. Importante in questo percorso è l'incontro con i modi del Cavallini, avvenuto a Roma, che rende meglio comprensibile il successivo passaggio a una modellazione delle forme più dolce e fusa rispetto a quella dei primi tempi. Le opere che documentano, nonostante i rifacimenti, questo contatto sono il mutilo affresco in San Giovanni in Laterano (Bonifacio VIII che indice il Giubileo) e il mosaico della Navicella per il portico di San Pietro.
Degli stessi anni, intorno al 1300, dovrebbe essere il Crocifisso di Santa Maria Novella a Firenze, dal bellissimo modellato del corpo. Fra il 1303 e il 1305 Giotto era a Padova, dove decorò l'interno della cappella degli Scrovegni con le Storie della Vergine nell'ordine superiore, la Vita di Cristo in quello mediano, i Vizi e le Virtù, a monocromo, in quello inferiore, entro finte edicole, l'Angelo e la Vergine Annunziata nell'arco trionfale, il Giudizio universale nella controfacciata e, sulla volta a botte della navatella, Cristo benedicente, la Vergine e i Profeti entro medaglioni. Questi affreschi sono il frutto della maturità artistica di Giotto: c'è qui una compostezza e una maggior distensione delle forme che ad Assisi; il tono del racconto si è fatto più grave e pacato. Tale semplificazione è frutto della diversa concezione della luce, intimamente fusa col colore. Anche il paesaggio, ancora più sobrio ed essenziale che ad Assisi, è in perfetta rispondenza col ritmo del racconto. Si vedano, ad es., l'Annuncio ad Anna, l'Incontro di Anna e Gioacchino, la Fuga in Egitto, la Cattura di Cristo, la Deposizione. Per la cappella degli Scrovegni, in cui concorse l'opera di alcuni collaboratori, evidente in certe discontinuità dell'esecuzione, Giotto dipinse anche un Crocifisso, che nel rilievo e nella modulazione del chiaroscuro testimonia, insieme con gli affreschi, la maturità dello stile giottesco.
Nell'ultimo trentennio della vita, l'attività di Giotto si intensificò ulteriormente: oltre alla Dormitio Virginis (Berlino, Staatliche Museen), al polittico Stefaneschi (Roma, Pinacoteca vaticana) e ad altri polittici, pale e crocifissi, usciti dalla sua bottega e oggi smembrati in numerose collezioni, le opere più importanti sono la pala di Ognissanti (Firenze, Uffizi), nella quale i colori fusi in gamme luminose e i volumi dal rilievo netto esaltano l'immagine monumentale, architettonica della Vergine, e gli affreschi, eseguiti non prima del 1317, con le Storie dei santi Giovanni Battista ed Evangelista nella cappella dei Peruzzi e le Storie di san Francesco nella cappella dei Bardi in Santa Croce a Firenze. Nei secondi, meglio conservati, le figure stesse creano l'architettura e si identificano con essa in un perfetto equilibrio, raggiungendo una più spiegata e statuaria monumentalità. Nel 1334 Giotto venne eletto capomaestro dell'Opera di Santa Reparata (la cattedrale di Firenze) e iniziò la costruzione del campanile, definito con precisione ai quattro spigoli della sua struttura dai robusti contrafforti a sezione ottagonale. Sembra che alla morte dell'artista la costruzione del campanile fosse giunta alla prima cornice; fu continuata da Andrea Pisano e terminata nel 1357 da Francesco Talenti e Neri di Fioravante i quali abolirono la cuspide piramidale che l'avrebbe, forse, completata alla sommità. Nessuna diretta testimonianza ci è rimasta dei viaggi e dei soggiorni di Giotto d'importanza determinante per il corso dell'arte negli anni che seguirono oltre che ad Assisi, a Roma e a Padova, a Rimini, dove fu prima del 1313 ed eseguì il solenne Crocifisso del Tempio Malatestiano, a Verona, a Napoli, dove la sua presenza è documentata da carte d'archivio tra il 1329 e il 1332, a Milano, dove fu chiamato da Azzone Visconti nel 1335-1336.