L'Italia nel XIV e XV secolo

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Testo

L’ITALIA NEL XIV E XV SECOLO
La formazione delle signorie
Nel XIV secolo, l’Impero ridusse la sua azione politica e militare all’area tedesca. In Italia, libera da interferenze esterne, si svilupparono, all’interno dei comuni, nuovi ordinamenti e avvenne un’espansione territoriale dei centri maggiori, producendo una situazione di consolidamento istituzionale e di assoggettamento dei poteri locali.
Agli inizi del Trecento, le istituzioni comunali non avevano realizzato un’effettiva democrazia, ma le istituzioni operanti permettevano ad una gran parte della popolazione di partecipare alla politica cittadina, nella quale erano rappresentati i diversi interessi. Ma i contrasti tra le categorie sociali, le lotte tra fazioni e le interferenze dei comuni vicini determinavano situazioni di permanente conflittualità; l’istituzione podestarile, poiché la carica era limitata e sottoposta a molteplici vincoli, non aveva risolto questo problema.
Nei primi del Trecento, accadde che alcune famiglie si impossessarono del potere cittadino: ciò avvenne con l’attribuzione a un signore di poteri straordinari in circostanze particolari, finendo col cumulare cariche diverse, esercitando un’effettiva egemonia.
Nell’Italia del centro – nord si assistette ad un pullulare di signorie di estrazione feudale, ma la maggior parte di esse non fu duratura. Il regime signorile riuscì a mettere radici nel caso in cui il signore, giunto al potere, riusciva a proporsi come tutore degli interessi collettivi.
La pacificazione ottenuta all’interno della signoria consentì ai signori di intraprendere un’aggressiva politica estera, volta ad estendere i loro domini, facendo ricorso all’assoldamento di truppe mercenarie. Lo stato di guerre continue, sommato alle pestilenze e alle difficoltà economiche, ebbe gravi ripercussioni sulla vita delle popolazioni italiane.
L’Italia dei principati e degli Stati regionali
La stabilizzazione del potere signorile si completò con l’acquisizione di un formale riconoscimento da parte del papa o dell’imperatore: il potere di fatto diventava potere di diritto, sancito da un’investitura dall’alto. Nel 1395, Gian Galeazzo Visconti ottenne il titolo di duca di Milano: la signoria diventava principato.
Il signore aveva conquistato un ruolo indipendente rispetto alle forze politiche cittadine; il suo distacco dalla popolazione fu reso evidente dall’adozione di uno stile di vita regale e dal costituirsi di una corte, formata da una cerchia di uomini che assicuravano le proprie fortune con la fedeltà al principe.
Il patriziato urbano formarono con i principi un’unica oligarchia, che deteneva il monopolio del potere amministrativo e si spartiva le cariche più remunerative.
Si costituì un nuovo patriziato cittadino, nelle città che avevano formalmente conservato gli ordinamenti repubblicani; la proprietà terriera tornò la base materiale che dava all’aristocrazia l’agio di dedicarsi alla politica, alle lettere, alle arti. Si diffusero le ville di campagna, dove l’aristocrazia cittadina conduceva la sua esistenza.
La città dominante aggregò sotto di sé precedenti dominazioni signorili, così che si delinearono alcuni Stati di dimensioni regionali: il ducato di Milano, il ducato di Savoia, le repubbliche di Firenze e Venezia, lo Stato Pontificio. Alcune dominazioni signorili di origine feudale continuarono ad esercitare la loro egemonia politica: con queste dominazioni, le nuove autorità centrali vennero a patti, riconoscendole nella forma della subordinazione feudale.
I nuclei periferici di potere furono inseriti nella cornice dello Stato regionale, all’interno di cui sopravvisse una pluralità di giurisdizioni, tra cui il potere della Chiesa.
I principati italiani non riuscirono a costituire strutture salde, poiché non c’era un sentimento popolare di patriottismo.
Milano dai Visconti agli Sforza
L’arcivescovo Ottone Visconti, dopo aver sconfitto a Desio, nel 1277, la famiglia dei Della Torre, fondò il dominio politico della propria famiglia e la signoria viscontea si rafforzò sotto i suoi successori.
Il culmine della potenza viscontea fu raggiunto da Gian Galeazzo, che riunì tutti i possedimenti della famiglia. La nomina a duca di Milano, ottenuta dall’imperatore dietro pagamento, lo mise in condizione di sviluppare la politica espansionistica avviata dai suoi predecessori, poiché la prosperità economica del milanese gli consentiva di disporre di forze militari mercenarie, grazie a cui sottomise Pisa, Lucca, Siena e Perugia. La morte colse il duca di Milano nel 1402.
Nei tumulti che ne derivarono, gran parte dei territori recuperarono la loro autonomia, finché, con Filippo Maria, lo Stato visconteo si ricostituì su un territorio compatto. Il ducato di Milano passò poi, nel 1450, a Francesco Sforza.
Gli altri Stati dell’Italia settentrionale. La repubblica di Venezia
All’estremità occidentale dell’Italia settentrionale, esisteva la contea di Savoia, portata all’ingrandimento da Amedeo IV. I Savoia conquistarono con Nizza uno sbocco sul mare e ottennero il titolo ducale e la sovranità su Ginevra.
Nella Pianura Padana, le tre signorie più importanti furono quelle degli Scaligeri a Verona, Estensi a Ferrara e dei Gonzaga a Mantova.
La signoria scaligera raggiunse il culmine con Cangrande e con Mastino II, che estesero i domini scaligeri verso la Lombardia, l’Emilia e la Toscana, prima di subire, nel 1341, una sconfitta che ridimensionò le ambizioni veronesi.
Gli Estensi, signori di Ferrara, seppero costruire un impero duraturo e fecero della città uno dei centri culturali e artistici di maggior prestigio, specialmente sotto Borso d’Este, che trasformò la signoria in principato.
La dominazione di Gonzaga, instaurata nel 1328, riuscì a fare di Mantova una delle capitali dell’arte italiana del Quattrocento.
Dopo la vittoria conseguita su Pisa nella battaglia della Meloria del 1284, Genova acquistò l’egemonia sul Tirreno ed estese verso oriente il raggio della propria azione commerciale, politica e militare. Il potere effettivo si concentrò nel Banco di San Giorgio, la massima istituzione bancaria dell’Europa, e nell’oligarchia finanziaria e mercantile.
Venezia dominava su tutto l’Adriatico e il commercio delle regioni del Nord Italia gravitava sul suo porto, dove giungevano le mercanzie dall’Oriente. Accanto al commercio, si svilupparono le attività manifatturiere, specializzate nella produzione di articoli di lusso.
Venezia conobbe solo in modo limitato le lotte sociali politiche che furono tipiche delle altre città italiane. Le riforme istituzionali varate tra il 1297 e il 1323 avevano costituito una classe dirigente ereditaria, che governò Venezia attraverso un sistema di magistrature limitatesi l’un l’altra, assicurando continuità ala politica veneziana.
La politica estera del Trecento di Venerai fu caratterizzata dalla rivalità con Genova, che non si risolse nemmeno con la Guerra di Chioggia, in cui Venezia, riuscita a respingere i Genovesi, fu costretta a gravose condizioni di pace.
Dopo la morte di Gian Galeazzo Visconti nel 1402 e l’eclisse del pericolo turco, Venezia approfittò per iniziare l’espansione sulla terraferma, spinta dalla necessità di controllare dei territori importanti per l’approvvigionamento alimentare. Il doge Tommaso Mocenigo era contrario all’espansione continentale, ma il successo arrise al suo avversario, Francesco Foscari, che divenne doge nel 1423. Iniziò una lotta col ducato di Milano, durante cui Venezia, alleata con i nemici dei Visconti, si trasformò in uno Stato di terraferma. La caduta di Costantinopoli del 1453, che ripropose la minaccia ottomana, indusse Venezia a siglare con Francesco Sforza la pace di Lodi nel 1454. Dal 1463 al 1479 si combatté la prima guerra turco – veneziana.
Firenze
A Firenze, il Trecento vide la tenuta delle istituzioni comunali, dirette dalle Arti che rappresentavano i ceti mercantili e artigiani; a fianco di esse c’era il Raggruppamento di Parte Guelfa, di cui facevano parte le famiglie che potevano permettersi la tassa d’iscrizione, che poteva esiliare i sospettati di filo – ghibellinismo. Privo di qualunque peso politico era il popolo minuto, che fu protagonista della sollevazione contro Gualtieri di Brienne, del movimento diretto da Ciuto Brandini e del tumulto dei Ciompi, che non ebbero esiti efficaci, ma portarono all’istituzione degli Otto di Guardia, vigilanti sulla difesa dell’ordine pubblico.
Nel quadro di irrigidimento delle istituzioni, emerse la famiglia dei Medici, di estrazione popolare e proprietaria di terre nel Mugello, che aveva le sue basi economiche nel commercio e nell’attività finanziaria. La signoria fiorentina dei Medici nacque nel 1434, quando Cosimo dei Medici fu richiamato dall’esilio e ricevette la carica di gonfaloniere della città.
La politica estera fiorentina divenne più dinamica agli inizi del nuovo secolo: con la conquista di Pisa e di Livorno, il territorio della repubblica fiorentina raggiungeva lo sbocco al mare e si avviava a dimensioni regionali. L’avvento della signoria medicea valse a realizzare un maggior equilibrio tra il capoluogo e le altre città toscane.
Lo Stato Pontificio
I disordini determinati dalla ripresa dei nuclei di potere locale e le difficoltà economiche attraversate da Roma costituirono il contesto in cui s’inquadrò l’episodio di Cola di Rienzo. Era un cittadino di Roma che, nel 1347, con l’appoggio delle milizie popolari, riuscì a farsi eleggere tribuno della città; egli vagheggiò la restaurazione imperiale di Roma, combinando progetti di riforma sociale e di rinnovamento religioso. Dopo essere stato cacciato, fece ritorno a Roma con l’appoggio della Curia; fu trucidato in una sommossa popolare nel 1354.
La Curia avignonese inviò a Roma il cardinale Egidio di Albornoz, che riuscì a ricondurre i poteri locali sotto il controllo della Chiesa. Nel 1357, furono emanate le Costituzioni Egidiane, in cui erano definiti i rapporti locali col governo centrale.
I successi dell’Albornoz posero le condizioni per il ritorno del papato a Roma, con Gregorio XI, nel 1377, sennonché l’apertura del Grande Scisma inaugurò un nuovo periodo di turbolenze. La riaffermazione del potere papale pose fine allo stato di anarchia e lo Stato Pontificio si affermò come una delle grandi potenze italiane.
All’interno di esso si formarono alcune dominazioni signorili, come effetto del nepotismo papale; tra questi potentati, si consolidarono quelli dei Montefeltro di Urbino e dei Malatesta di Rimini.
Il successo ottenuto dai pontefici come sovrani territoriali rese più aspra la conflittualità tra le grandi casate aristocratiche per accaparrarsi cariche ecclesiastiche.
L’Italia meridionale
Il rego angioino di Napoli, privato della Sicilia, conobbe sotto Roberto I d’Angiò un periodo di prosperità e di successi politici.
Appoggiatosi ai banchieri fiorentini, nutrì l’ambizione di recuperare la Sicilia e di attuare un’egemonia sulla penisola.
Dopo la sua morte, il regno entrò in crisi, finché si ebbe una ripresa col re Ladislao, ma nel 1442 Alfonso V il Magnanimo si impadronì di Napoli e riunificò l’Italia meridionale.
In Sicilia, regno indipendente sotto Federico II, la nobiltà feudale riacquistò la forza perduta durante la dominazione normanna e sveva; la Sicilia attraversò un secolo di anarchia feudale.
Questa situazione portò, nel 1412, all’annessione dell’isola al regno di Aragona.
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