Filippo Juvara

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte
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Testo

Filippo Juvara

Nasce a Messina nel 1678 e muore Madrid nel 1736. Dal padre Pietro, un abile artigiano orafo, egli apprende fin da giovane il gusto dell’arte e la modellazione scultorea. La sua formazione artistica avviene però a Roma. Qui, dopo aver lavorato per l’archtetto Carlo Fontana riesce subito ad affermarsi per le sue fantasiose qualità da scenografo. Nel 1714 è a Messina, dove Vittorio Amedeo II di Savoia ha subito modo di apprezzare le sue qualità artistiche. Al seguito del sovrano sabaudo Juvara si reca poi a Torino dove si guadagna la nomina a primo architetto di corte. Nel corso del lungo soggiorno torinese egli mette ulteriormente a punto la propria tecnica architettonica, tanto da conseguire una solida fama a livello europeo. Viene infatti invitato in Prtogallo, a Parigi, a Londra e ovunque realizza progetti nei quali invenzioni e momumentalità riescono sempre a sposarsi con grande naturalezza. Nel 1735 il re di Spagna Filippo V di Borbone lo chiama a Madrid per farsi progettare il nuovo Palazzo Reale, ma il pittore morirà improvvisamente nel 1736 senza poter costruire il palazzo.

Basilica di Superga
Nel 1717 l’artista inizia la costruzione della Basilica di Superga, un edificio momumentale posto sulla sommità dell’omonima collina, al margine orientale della città. Si tratta di un organismo architettonico di grande complessità che i Savoia vollero erigere a ricordo delle recenti vittorie sulla Francia. L’enorme fabbrica si articola intorno a una chiesa a pianta centrale sormontata da un’imponente cupola e preceduta da un alto e maestoso pronao a pianta quadrata. Questo è delimitato da otto colonne di marmo di Gàssino.
La parte tergale della chiesa che si allarga tramite un profondo presbiterio, è inglobata nel retrostante convento, a sua volta organizzato attorno a un vasto cortile rettangolare porticato sui quattro lati. Due massicci campanili affiancano il corpo cilindrico della chiesa, come se si trattasse di uno sfondo teatrale contro il quale l’intera basilica si proietta. La grande abilità di Juvara sta nell’aver saputo fondere senza forzature temi architettonici estremamente diversi. Muovendosi intorno alla plastica mole della basilica, le prospettive che ci offrono sono estremamente mutevoli e danno quasi l’impressione che i vari elementi cambino le proprie dimensioni ora dilatandosi ora comprimendosi. Tali suggestivi effetti ottici derivano dall’armonioso alternarsi di superfici curve e piane. All’interno di queste ultime si susseguono a loro volta spazi semiaperti o compattamente murati.

Palazzina di caccia di stupinigi
Nel 1729 Vittorio Amedeo II chiama Juvara a costruirgli in località Stupinigi una Palazzina di caccia. Anche in questo caso la costruzione ha un enorme impatto ambientalistico, in quanto sia per forma che per dimensioni non si configura come un semplice palazzo, ma come un organismo molto più complesso e articolato, posto nella campagna tra Orbassano e Michelino. L’idea di partenza è quella di un grande salone centrale di forma ellittica dal quale si dipartono quattro bracci più bassi disposti a croce di Sant’Andrea. In essi sono ricavati gli appartamenti reali e quelli per gli ospiti. La costruzione si protende poi anteriormente racchiudendo un vasto cortile ottagonale sul quale si affacciano gli edifici di servizio. Nel 1740, infine, dopo la morte del proggettista, vengono aggiunte anche due ulteriori ali avanzate con funzione di scuderie e di rimesse agricole, forse seguendo uno schizzo iniziale dello stesso Juvara. L’intero complesso, la cui realizzazione procedette con estrema rapidità, tanto che già nel 1731 potè essere inaugurato, anche se non del tutto compiuto, è inserito all’interno di un vastissimo giardino che, soprattutto nella parte posteriore si articola in un raffinato gioco geometrico di aiuole e viali, secondo ma moda francese del tempo. La Palazzina di Stupinigi, comunque, non è importante solo dal punto di vista artistico ma anche come indicatore di quella che è la tipica vita di corte del settecento. Le facciate esterne fra loro tutte sfalzate in altezza e snodate nell’angolazione, come in una sorta di gigantesco ferro di cavallo, creano un singolare effetto di movimento e contrabilancia la altrimenti esagerata maestosità delle dimensioni. L’interno costituisce un esempio di Roccocò italiano. Attorno al grande salone centrale, destinato ai ricevimenti, e alle feste di ballo vi sono il salone da gioco, il gabinetto degli specchi, la sala delle architetture, il gabinetto cinese, alcuni salottini separati per le signore e i signori, e molte anticamere. Il tutto è realizzato con grande sfarzo e raffinatezza, impiegando materiali preziosi e ricercati quali le lacche, la porcellana, gli stucchi dorati e gli specchi.
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