Confronto fra Ciacco e Filippo Argenti

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Testo

Damiana Casile
CIACCO E FILIPPO ARGENTI
Traccia = Ciacco, Corso Donati e Filippo Argenti prima di diventare personaggio del Decameron erano già entrati nell’opera maggiore di Dante, la Divina Commedia. Nell’Inferno Dante incontra molte anime dannate tra cui Ciacco e Filippo Argenti; nel Purgatorio vede invece, tra gli altri, Forese Donati, che gli parla del fratello Corso. Guarda come il poeta presenta questi personaggi e cerca di capire se la sua descrizione e quella di Boccaccia hanno dei punti in comune.
CIACCO
Ciacco è detto da Boccaccia giottissimo e Dante appunto lo incontra nell’Inferno nel cerchio dei golosi. Questi per la pena del contrappasso (legge divina per cui la pena a cui sono condannate le anime infernali è legata, per somiglianza o per opposizione, alla colpa commessa in vita; infatti i golosi, che nella loro vita sono stati ingordi come maiali, ora sono immersi nel fango puzzolente) sono condannati a essere sprofondati in un fango puzzolente, colpiti da pioggia, grandine e neve e tormentati da Cerbero, terribile mostro infernale con tre teste, che li graffia, li scuoia e li squarta. Ciacco che in vita amava il buon cibo, il buon vino e, smodatamente ghiotto, era sempre presente a pranzi e conviti, ora nell’Inferno è un’ombra vana nel fango, sopra cui camminano Dante e Virgilio. Egli si rivolge a Dante che non l’ha riconosciuto e gli ricorda la sua origine fiorentina, la sua golosità per cui era stato appunto soprannominato Ciacco, “porco” in fiorentino, e contrappone la vita serena di un tempo allo strazio della condanna infernale. La Firenze dove cammina il personaggio di Boccaccia è allegra e festosa, quella dantesca invece è piena di invidia, superbia, avarizia, luogo di scontri e di vendette, e Ciacco, nel Decameron buon conversatore e scaltro beffatore, è qui una povera anima dannata, resa irriconoscibile dalle pene e dai tormenti.
FILIPPO ARGENTI
Di Filippo Argenti Boccaccia mette in evidenza sia l’aspetto fisico sia il carattere. Innanzitutto lo descrive come uomo grande, nerboruto e forte, poi come sdegnoso, iracondo, bizzarro; Dante lo condanna appunto come iracondo nel quinto cerchio dell’Inferno. Filippo Argenti iroso in vita, è presentato anche nell’Inferno in un eccesso d’ira e viene condannato con gli altri iracondi a essere immerso nel fango della palude Stigia. Dante, che la sta attraversando su una barca insieme a Virgilio, lo riconosce tra gli altri e, sapendolo prepotente e arrogante, gli rivolge parole di sdegno e di disprezzo, esprimendo addirittura il desiderio di vederlo sprofondare nella melma. Mentre questo avviene, gli altri dannati si scagliano contro l’iroso fiorentino il quale, pazzo di rabbia, reagisce dilaniandosi.

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