Materie: | Altro |
Categoria: | Storia Dell'arte |
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Testo
DAL FORO ROMANO ALLA
PIAZZA MEDIEVALE
LA NASCITA DEL FORO ROMANO
L’immagine più persuasiva della potenza di Roma è il foro romano, un complesso architettonico che corrisponde per lo più all’Agorà e all’acropoli greca. S’ipotizza, infatti, una loro comune origine da soluzioni urbanistiche dell’Asia minore. A differenza di queste però, il foro è caratterizzato dalla presenza di edifici sacri.
La parola foro deriva dalla radice del verbo greco LLLLLL, (phérein), “portare” o, secondo altri, dal latino forum, "luogo del mercato" o "luogo aperto".
Nella civiltà romana era originariamente lo spazio circostante la casa o la tomba; il termine passò poi a designare il centro religioso, civile e commerciale della città, nel quale si amministrava anche la giustizia.
Di solito sorgeva all’incrocio delle due strade più importanti, il cardus e il decumanus, ed aveva per lo più una forma allungata. In origine era uno spazio non recintato, privo di edifici, nel quale ci si riuniva nei giorni di mercato e in occasione di feste religiose, elezioni o altri avvenimenti di carattere pubblico, ma divenne poi il centro politico dove si trovavano gli edifici civici e amministrativi ed i templi più importanti.
Ogni città romana possedeva un foro, che non serviva soltanto come luogo in cui si trattavano affari politici o commerciali, ma originariamente anche come arena per giochi pubblici, svaghi, rappresentazioni teatrali, combattimenti di gladiatori e gare. Di questo tipo era il foro principale di Roma, il Forum romanum, dotato di portici che sostenevano gallerie per gli spettatori. A mano a mano che la città cresceva, tuttavia, divenne necessario creare un foro destinato appositamente agli affari legali e amministrativi, (forum civile), oltre a diversi fori per i commerci, (fora venalia), ciascuno destinato alla vendita di una merce particolare.
In questi ultimi si vendevano bestiame, ortaggi, pesce, cereali e vino. I negozi, (tabernae), erano situati attorno alla piazza del foro e spesso sulle strade che conducevano a essa. Oltre ai fori all'aperto, alcune città avevano anche mercati coperti.
Su uno dei lati corti era comunemente il capitolium, un tempio che era segno dell’attributo di colonia, assegnato alla città. I templi del foro non avevano solo scopi religiosi: a Roma, il tempio della Concordia era usato dal senato come luogo di riunione e il tempio di Saturno serviva come tesoreria dello stato e ospitava i documenti delle finanze statali. Il centro del foro era normalmente così pieno di statue, altari, archi e altri monumenti, che lo svolgimento degli affari ne era seriamente ostacolato.
Il primo foro di Roma venne realizzato durante la dominazioni degli etruschi nella capitale: questo è sicuramente il più anomalo ed il meno imitabile nella forma, ma proprio quello su cui si sono modellati tutti i fori delle città provinciali.
In età repubblicana invece, (509-31 a.C.), l’unico punto di riferimento per gli abitanti di Roma era una valletta ai piedi del Palatino, che nel giro di pochi secoli venne bonificata e organizzata in modo da includere le più importanti funzioni politiche, economiche e religiose della città e dello stato.
La monumentalità del Foro fu considerevolmente accresciuta dalla costruzione dei templi di Saturno, di Castore e Polluce e della Concordia. Il primo tribunale, la basilica Porcia, fu costruito nel 184 a.C. e fu seguito poi dalle basiliche Emilia, Sempronia e Opimia. Le basiliche diedero al foro un caratteristico aspetto a colonnati. Nel 54 a.C., per alleggerire il Foro romano, Giulio Cesare iniziò la costruzione di un nuovo foro cinto da mura, che aveva come edificio principale il tempio di Venere Genitrice. A partire dall’istituzione del principato, con Augusto, fino al momento centrale della vita dell’impero, con Traiano, la politica culturale di molti imperatori ha avuto come scopo il consolidamento del consenso pubblico e la celebrazione dell’autorità e della potenza imperiali. I fori continuarono ad essere i centri propulsori della vita pubblica e dell’arte, e ancor più divennero modelli esportabili in tutti i territori conquistati.
Nel 2 a.C. venne inaugurato il foro di Augusto e più di un secolo dopo, nel 117 a.C., fu ultimato il foro di Traiano, destinato nell’intenzione dell’imperatore a divenire il vero centro monumentale della capitale. Si trattò in entrambi i casi di opere grandiose a destinazione civile e tuttavia, per la valenza celebrativa dell’autorità e della persona dell’imperatore, erano anche espressione di un’architettura fortemente connotata dal punto di vista ideologico: basti pensare alle numerose statue simboliche previste dai rispettivi progetti iconografici.
Seguirono poi il foro di Vespasiano, che sorgeva attorno al tempio della Pace, il foro iniziato da Domiziano e completato da Nerva, nel quale vi era un tempio consacrato a Minerva ed infine il grandioso foro di Traiano.
I goti che invasero Roma nel V secolo d.C. non provocarono gravi danni ai fori imperiali, mentre il loro deterioramento divenne sensibile nel IX secolo e gli antichi edifici vennero in gran parte distrutti nel grande incendio del 1084, durante l'invasione del normanno Roberto il Guiscardo. Gli edifici abitabili furono convertiti in fortezze e durante il Rinascimento i blocchi di pietra provenienti dagli edifici dei fori furono riutilizzati altrove.
IL FORO DI AUGUSTO
Il piano edilizio di Augusto culminò proprio nella costruzione del foro. Creato in seguito ad un voto fatto prima della battaglia di Filippi, (42 a.C.), dove persero la vita Bruto e Cassio, uccisori di Cesare, la sua costruzione procedette con lentezza e l’inaugurazione avvenne soltanto nel 2 a.C.
Oltre a fornire nuovo spazio all’attività politica e commerciale della città, il Foro di Augusto costituì soprattutto un centro rappresentativo, destinato a glorificare l’imperatore.
L’area si estende su una superficie di 125x118 metri, espropriata ai privati, e sul fondo in forma di esedra è limitata da un muro in blocchi di pietra, alto circa 33 metri, che fungeva da protezione contro i frequenti incendi del quartiere popolare. Ma la sua forma imponente e monumentale, come dice Paul Zanker, famoso archeologo tedesco, “gli conferiva un evidente carattere simbolico poiché segnava il confine tra la semplicità dei quartieri e la maestà dei templi e dei pubblici edifici”.
La piazza vera e propria era circondata da due portici su basamenti a tre gradini, con copertura a doppio spiovente e colonne in marmo policromo che sostenevano, sopra l’architrave, un alto attico. Questo coronamento dell’edificio era decorato con cariatidi, copie di quelle dell’Eretteo ateniese, alternate a riquadri con scudi marmorei che presentavano al centro la testa di Giove e altre divinità.
All’interno dei portici si aprivano due esedre semicircolari con pareti rivestite di marmo e scandite da semicolonne collegate in alto da un architrave e alternate a nicchie. Qui erano poste statue marmoree delle quali si conservano soltanto frammenti. Il portico di sinistra poi, terminava con una sala quadrata riccamente ornata, dove forse al tempo dell’imperatore Claudio, era stata collocata una statua colossale di Augusto, alta circa 14 metri.
-il tempio per i sacrifici pubblici
Sul fondo della piazza, si erge il Tempio di Marte Ultore, (o Vendicatore), su un alto podio, rivestito di lastre marmoree; una scalinata di 16 gradini conduceva al pronao, al centro del quale era collocato l’altare, con otto colonne corinzie sulla fronte e otto sui lati lunghi, di cui ne rimangono attualmente soltanto 3. Sul fondo della cella rettangolare era posta l’abside, piuttosto ampia, che conteneva le statue di culto di Marte, Venere e del Divo Giulio.
È bene sottolineare che nel foro di Augusto venivano celebrati tutti i rituali concernenti la guerra ed i trionfi. Infatti, qui si riuniva il senato per deliberare sulle dichiarazioni di guerra e sulle trattative di pace. Sull’altare del tempio i governatori delle province dovevano celebrare un sacrificio prima di lasciare l’urbe ed infine qui venivano erette le statue dei generali vincitori.
I resti del foro rivelano una concezione architettonica essenzialmente conservatrice, ancora chiusa e compatta sul tipo di quella italica e con forti influenze attiche nella decorazione scultorea.
I bianchi rivestimenti marmorei, conferivano al nuovo centro della vita urbana un aspetto adeguato alla dignità del potere imperiale.
IL FORO DI TRAIANO
Il più grandioso è l’ultimo dei fori imperiali è quello di Traiano, realizzato con i provenienti della campagna contro i Daci.
Il foro di Traiano, (107-117 d.C.), fu concepito scenograficamente: vi si entrava attraverso un arco trionfale che inquadrava la statua equestre dell’imperatore collocata al centro della piazza e fiancheggiata da portici.
Sul fondo si stagliava la basilica Ulpia con tegole di bronzo dorato, dietro, c’erano due biblioteche, in mezzo alle quali si trovava la grandiosa colonna scolpita con immagini delle guerre daciche.
All’architetto Apollodoro di Damasco, che progettò il complesso, l’imperatore chiese inoltre di provvedere alla sistemazione della zona tra il lato del foro e il quirinale, con un altro complesso monumentale, i Mercati.
Nella ricostruzione è visibile un’ampia costruzione semicircolare elevata su due piani dove si trovavano le botteghe precedute da un portico al piano inferiore.
In questo modo la zona commerciale, pur mantenendo un collegamento diretto con gli altri edifici come la basilica, dove potevano essere discussi e stipulati i contratti, aveva uno spazio funzionale distinto: prima botteghe e attività commerciali si trovavano riunite nelle piazze.
Il foro, dunque, si presentava come un complesso monumentale sfarzoso, animato dalle diverse funzioni, (riunioni, cortei, celebrazioni), che incessantemente avevano luogo negli edifici, nei portici e nella piazza. Ma quello che più interessa sul piano della produzione artistica è la configurazione urbanistica di questi complessi, che devono essere considerati dei veri e propri organismi architettonici. Il genere umano per l’architettura si manifesta non solo nel dominio dello spazio interno degli edifici, ma anche nella distribuzione e nella presentazione dei monumenti, che gli architetti hanno pensato per una visione dinamica dello spazio e degli edifici.
Chi entrava nel foro aveva una serie di vedute che mutavano lungo il cammino secondo i punti di vista. Ognuna di queste inquadrature era stata stabilita con attenzione scenografica dai progettisti, tesi a creare uno spazio non solo funzionale, ma anche affascinante. Le facciate, i fianchi, gli scorci delle basiliche, dei templi, dei portici, delle biblioteche erano le “quinte” che scandivano lo spazio del foro, creando un magistrale spettacolo.
La distribuzione urbanistica dei fori potrebbe, però, ricollegarsi ai complessi monumentali delle città ellenistiche, dove erano adoperati solo l’arco, la volta e le pareti curve, tutti elementi fondamentali invece nel linguaggio architettonico romano, che si configura così in modo completamente nuovo.
Cupole, esedre circolari, colonnati ad archi all’esterno delle costruzione creano spazi più articolati. Che questi spazi esterni, per esempio la piazza delineata dai portici e dalla fronte della basilica nel foro di Traiano, fossero attentamente calcolati, lo attestano le fonti letterarie dell’epoca che riportano spesso teorie e opinioni sulla grandezza degli spazi.
LO SVILUPPO URBANO: LA NASCITA DELLA PIAZZA
I centri urbani medievali furono in gran parte costruiti senza fare riferimento a tracciati urbanistici regolari. In genere erano circondati da mura difensive, la cui costruzione comportava un enorme sforzo economico per la comunità, e spesso furono costruiti in posizione arroccata, su terreni dalla conformazione irregolare. Dopo l’anno mille un notevole aumento demografico, propiziato a sua volta dal miglioramento delle tecniche agricole e dal conseguente risveglio del commercio e delle attività artigianali, ha dato ovunque nuovo vigoroso impulso anche allo sviluppo urbanistico.
La popolazione rurale aspirava, infatti, a trasferirsi in città, dove la libertà individuale era maggiormente garantita da leggi più avanzate rispetto a quelle delle campagne, ancora sottomesse ai signori feudali. In Italia ciò portò un precoce sviluppo dell’economia mercantile e delle autonomie cittadine, spesso tra loro antagoniste.
Non è comunque possibile parlare di “città romanica” come di un organismo definito in se, in quanto non esiste un modello ideale.
Molti degli insediamenti che la nuova borghesia mercantile ed imprenditoriale era tornata ad abitare, infatti, altro non erano che le antiche civitates (città) romane. In esse, nonostante quasi mezzo millennio di degrado e d’abbandono le avesse rese inospitali e fatiscenti, sopravvivevano ancora antichi tracciati viari, tratti di fortificazioni e soprattutto una quantità enorme di rovine i cui resti saranno reimpiegati per secoli nella costruzione delle nuove architetture cittadine.
È così che molti edifici pubblici romani o parti delle loro fondamenta, vengono trasformati in torri e fortezze, mentre lunghi tratti delle antiche mura sono inglobati nel tracciato di quelle nuove o lasciate a difesa delle parti importanti delle nuove città.
Nei borghi che vanno lentamente creandosi fuori delle antiche porte, poi, grazie allo sviluppo di nuove botteghe artigiane e delle attività di scambio che ne conseguono, si creano importanti poli di attrazione economica.
Questi, a loro volta richiamano un numero sempre maggiori di abitanti, il che determina un ulteriore incremento edilizio.
Da ciò scaturisce il nuovo insediamento di strutture religiose quali chiese, conventi e, nei secoli successivi, anche ospizi ed altre opere di misericordia.
Quando poi lo sviluppo extra moenia, cioè fuori delle mura, giunge ad avere un’estensione territoriale ed un rilievo economico tali da giustificarlo, si procede alla costruzione di una nuova e ampia cinta muraria che inglobi al suo interno tutto il nuovo edificato.
Questo processo di progressivo accrescimento, del resto, può anche ripetersi più volte come nel caso emblematico di Firenze che fra il 1078 e il 1333 ebbe ben tre nuove cerchia di mura.
Contrariamente alla città romana, comunque, quella che si sviluppa tra XI e XII secolo non prevede una pianificazione precisa.
Anche nella città di nuova fondazione, la tendenza è soprattutto quella di adattarsi al meglio alle caratteristiche dei luoghi e alle funzioni che l’insediamento è chiamato a svolgere. Pur in assenza di specifici modelli possiamo qui accennare ad almeno tre grandi tipologie alle quali è possibile ricondurre un gran numero di città sorte in Europa soprattutto tra l’XI e i primi decenni del XIII secolo:
-la città a sviluppo lineare, organizzata lungo un’unica strada pressoché retta;
-la città a sviluppo ortogonale, organizzata intorno a due direttrici tra loro perpendicolari le quali, in
seguito, possono a loro volta duplicarsi all’infinito generando un tessuto a scacchiera;
-la città a sviluppo radiocentrico, cioè organizzato ad anelli concentrici intorno ad una piazza
centrale o ad un edificio–simbolo quale la cattedrale.
La nascita delle città corrisponde appunto anche alla nascita della piazza, uno spazio vuoto che fin dall’inizio si pone come un luogo di coesione della comunità.
Uno degli elementi che caratterizzano e condizionano la piazza è la funzione per cui essa viene creata: commerciale, civile e religiosa sono le tre principali funzioni della piazza medievale.
La piazza rinascimentale a differenza di quella che si forma spontaneamente nel corso dell’età medievale allo scopo di ospitare le varie funzioni cittadine, si presenta come il risultato di una scelta progettuale ben precisa, spesso opera di un architetto designato dagli “inquilini”, ovvero dalla classe dominante, che vuol. celebrare la propria immagine attraverso la rappresentazione visiva del potere.
Anche l’arredo urbano, costituito da statue, monumenti, fontane e altri interventi puramente decorativi, concorre alla celebrazione del potere della classe dominante, arrivando a caratterizzare il volto di una città: l’uso di questi segni urbani, al di là del valore estetico, fornisce per il medioevo, come per l’età neoclassica, un’immediata chiave di lettura del significato più complesso dell’intero spazio.
-Percezione dello spazio urbano.
La nuova fase di sviluppo che attraversava l’Europa dopo il fatidico anno mille ha nel riaccendersi della vitalità urbana uno degli aspetti più importanti: insediamenti di fondazione romana vengono riattivati, altre città si formano intorno monasteri o corti, altre ancora vengono create ex novo.
Nel nuovo quadro sociale ed economico la città diviene il centro delle attività artigianali commerciali e mercantili: in quanto luogo deputato per gli incontri e per scambi del territorio circostante e luogo di convergenza dei traffici più ampi, il contesto urbano si apre ad accogliere il fervore della vita dei suoi cittadini con adeguati spazi pubblici che favoriscano il nuovo clima di scambio che caratterizzano la civiltà europea e italiana a partire dal basso medioevo
Il ruolo cardine della vita urbana è indubbiamente assegnato alla piazza, attorno alla quale si dispongono tutti gli altri spazi e verso la quale convergono le strade principali.
La percezione di questo luogo come spazio che si spalanca nel tessuto urbanistico medievale, formato da un intrico di strade strette è evidente nella piazza cittadina che fa da sfondo alla presentazione al tempio di Gentile da Fabriano. Edifici dai colori pastello ospitano un episodio di storia sacra perfettamente calato nella realtà fiorentina del primo 400’: assistono alla scena due eleganti dame vestite alla moda dell’epoca e due mendicanti che rivelano la varietà sociale della popolazione urbana. Poiché la vita quotidiana dell’uomo medievale è strettamente permeata dalla religione, ciascun contesto urbano accoglie al suo interno una serie di piazze adibite specificamente a funzione religiose: dalla piazza della cattedrale, che ospita la chiesa con il battistero, alle piazze di grandi dimensioni adibite alla predicazione antistanti i conventi degli ordini mendicanti che, a partire dal 200, si inseriscono attivamente nel tessuto cittadino. A volte anche la piazze civili divengono il luogo dove la folla si raccoglie ad ascoltare le parole dei predicatori: la piazza è quindi la sede dei riti collettivi, delle penitenze pubbliche di spettacolari processioni e deliri religiosi.
-Il potere civile ed il potere religioso.
Nell’ambito della civiltà medievale il centro urbano è frequentemente costituito dalla cattedrale: il suo sagrato prende, infatti, il posto del foro nella società romana, divenendo non solo il luogo di riunione dell’assemblea, ma anche sede di mercato.
A partire dalla seconda metà del XII secolo, il progressivo consolidamento delle città comunali, guidate da un console che tende a soppiantare il monopolio del potere vescovile, provoca riflessi anche nel campo dell’organizzazione degli spazi urbani, distribuiti in modo che emergono con chiarezza i reciproci rapporti fra i poteri, gli edifici che li rappresentano e lo spazio loro pertinente.
Potere civile e potere religioso si dispongono coerentemente all’interno della città, riflettendo nella loro posizione dissidi e conflitti interni oppure i difficili equilibri che si vengono a creare nei vari comuni.
Città simbolo di questo genere di netta distinzione tra i poteri è Cremona, il cui cuore monumentale è costituito dalla piazza del Comune, esempio di coesistenza nella stessa area di funzione civile e religiosa, riunite nella medesima piazza nonostante la divisione interna della città.
Nonostante sia di formazione spontanea, per l'equilibrio del gioco spaziale, la chiara disposizione degli edifici che la circondano e il sapiente rapporto tra i toni rosso dei cotti e bianco dei marmi, ha la cadenza e quasi il rigore di un complesso progettato. Nell’armonica piazza, unitaria e ben calibrata, a fronte del Duomo, eretto in forme romaniche a partire dal XII sec., c’è il duecentesco palazzo del comune.
Funzione di raccordo fra i profondi portici degli edifici civili e la severa facciata rosata del Duomo, è svolta dal battistero, che con la sua forma ottagonale determina fughe spaziali che rompono la regolarità della piazza.
Diversa è invece la struttura dei poteri nel contesto urbanistico in un'altra delle città dell’Italia settentrionale: a Bergamo, fra piazza del Duomo e piazza Vecchia, sede degli edifici civili, viene progressivamente creato un sistema di collegamenti fra aree contigue, in corrispondenza di una specializzazione e differenziazione dell’uso dello spazio urbano.
Il fulcro cittadino, religioso ma anche politico e sociale era, infatti, inizialmente costituito dalla sola piazza del Duomo, sulla quale si affacciano anche Santa Maria Maggiore, la Cappella Colleoni ed il battistero.
Lo spostamento del potere civile nella piazza Vecchia, creata fra il 1440 e il 1493 demolendo antiche case e botteghe medievali, avviene non tanto contestualmente alla costruzione del palazzo della Ragione, già esistente nel XIII sec, quanto all’insediamento, con il dominio veneziano, di tutte le magistrature e degli uffici amministrativi nella piazza Vecchia. Questa diviene così il nuovo polo urbano, mentre a piazza del Duomo resta la funzione religiosa, monumentale e rappresentativa.
- L’arredo urbano.
La riqualificazione dell’ambiente urbano non avviene solamente attraverso precisi interventi architettonici volti a regolarizzare il tessuto cittadino o attraverso la costruzione di nuovi palazzi monumentali, pubblici e privati, con funzione di rappresentanza, ma l’espressione esteriore della ricchezza della città e della magnificenza di chi detiene il potere è costituita anche dall’arredo urbano: sculture e fontane, oltre a migliorare esteticamente la città, costituiscono il segno visibile di un lusso conquistato. La prima fontana pubblica in Italia inserita nella piazza, fulcro delle attività cittadine, è la fontana Maggiore di Perugina in piazza Grande. La Piazza Grande, (ora Piazza IV Novembre), è da sempre stata il fulcro urbanistico, politico e monumentale di Perugia. Sorge sullo stesso sito del centro della città etrusca e del foro romano; è stata da sempre punto di intersezione e di diramazione delle principali direttrici viarie: da qui partivano le cinque 'vie regali' che hanno strutturato la città medievale.
Inizialmente era occupata dalla cittadella vescovile che dovette poi cedere il posto all’espansione comunale con i suoi palazzi pubblici e appunto la fontana.
Questa fontana, l’emblema del comune medievale e simbolo della città è considerata la fontana più bella e famosa dell’intero medioevo.
Fu realizzata nel 1275-78 come punto terminale dell’Acquedotto di Monte Pacciano sotto la direzione di Fra Bevignate ad opera degli scultori Nicola (padre) e Giovanni (figlio) Pisano. La fontana è costituita da due vasche poligonali in pietra bianca e rosa sormontate da una tazza in bronzo con al suo centro un gruppo bronzeo di tre ninfe (o virtù teologali) che sorreggono un’anfora, dalla quale sgorga l’acqua (opera di Robeo).
Originariamente, sui loro capi erano apposti quattro grifoni, sempre in bronzo, per ogni punto cardinale che ora sono esposti alla Galleria Nazionale dell’Umbria.
Le formelle della vasca inferiore riproducono scene emblematiche del Vecchio Testamento (seduzione di Adamo da parte di Eva, di Sansone da parte di Dalila), della fondazione di Roma (grande esempio per Perugia), un ciclo di calendario di lavori agricoli intercalati dalle rappresentazioni dei relativi segni zodiacali, seguono le sette 'arti liberali' , oltre alla Filosofia. Tra le 'arti meccaniche' e quelle 'liberali' si trovano i bassorilievi del grifone, simbolo araldico di Perugia, e del leone, simbolo dell’appartenenza di Perugia ai Guelfi. Conclude il ciclo delle arti liberali una coppia di aquile, che però difficilmente possono essere interpretati come simbolo imperiale, considerando il legame di Perugia al papato. Essendo l’aquila anche il simbolo araldico di Pisa, è su questa formella che Giovanni Pisano ha apposto la sua firma.
La vasca superiore, sempre poligonale, poggia su 24 colonnine, sormontate da altrettante statue a ¾ di tondo. Rappresentano personaggi legati alla fondazione mitica della città e del suo ruolo politico e territoriale dell’epoca, Salomone e altri personaggi biblici da Mosé a Giovanni Battista, l’Arcangelo Michele e l’Arciprete Melchisedecco, la personificazione di Roma, della Chiesa, della Teologia ed i Santi Pietro e Paolo.
Restaurato nel 1948 con materiali non appropriati (p. es.: cemento), si è reso necessario un ulteriore restauro, molto approfondito, giunto al termine. Vista la sua lunga durata, comunque, fin dall’inizio dei lavori la fontana è stata ricoperta da una modernissima cupola in plexiglas con il duplice scopo di dare riparo ai restauratori ed all’opera stessa e di permettere al pubblico sia la visione della fontana che dei lavori in corso d’opera.
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