La società romana arcaica

Materie:Appunti
Categoria:Latino

Voto:

2 (2)
Download:507
Data:25.01.2007
Numero di pagine:6
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
societ-omana-arcaica_1.zip (Dimensione: 6.97 Kb)
trucheck.it_la-societ+     30 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Caratteristiche della società romana arcaica prima del 240 a.C..

Quello della letteratura latina è un esordio piuttosto tardivo che si verificò ben cinque secoli dopo la mitica fondazione di Roma, da parte di Romolo, collocata intorno al 753 a.C. Nel VI sec. dopo la cacciata dell’ultimo re, secondo una lenta evoluzione, si arrivò alla creazione della res publica caratterizzata dalla collaborazione di magistrature, del senato e del popolo. Solo dopo il III sec. lo Stato Romano ci appare in un momento di forte espansione.
I caratteri della letteratura romana delle origini furono influenzati da alcune manifestazioni e tradizioni d’origine indigena. La cultura romana dei primi secoli era sostanzialmente orale: poesie, preghiere, canti oltre ad essere concepiti come opere da affidare alla trasmissione orale erano opere anonime legate a singole individualità creative. Tra le forme preletterarie di tradizione orale vanno ricordati i cosiddetti carmina che rivestivano una notevole importanza sia all’interno della poesia celebrativa sia all’interno della poesia religiosa. Carmina è il nome dato sin dall’antichità a questi testi arcaici formulati per pregare una divinità, per celebrare un sacrificio o per accompagnare operazioni agricole.
Per quanto riguarda le forme preletterarie di tradizione scritta abbiamo degli antichi documenti epigrafici in lingua latina: la fibula prenestina, la coppa di Civita Castellana, il vaso di Dueno, il cippo del foro romano, la cista ficoroni e gli elogia degli Scipioni. La scrittura nel mondo arcaico assume un’indiscussa importanza all’interno di due particolari settori: quello della storiografia e del diritto. La storiografia, favorita in particolare nei secoli successivi dal contatto con il mondo greco, mette le radici nei cosiddetti Annales Pontificum, delle compilazioni annuali redatte dai pontefici che registravano su delle tavolette d’argilla, chiamate pugillares, gli avvenimenti più importanti che accadevano annualmente. Quest’usanza venne però interrotta da Muzio Scevola intorno al 130 il quale decise di raccogliere le tavole degli ultimi 280 anni per formare un unico corpus di 80 libri: gli Annales maximi. Ma in questa fase di riscrittura non mancarono probabilmente delle alterazioni della verità secondo gli interessi della classe gentilizia.
La conoscenza del diritto faceva parte del mos maiorum in altre parole del costume degli antenati e delle antiche tradizioni. La posizione sociale dei plebei era difficile e la loro partecipazione alla vita pubblica per mezzo dei Comizi centuriati non era determinante; le votazioni avvenivano infatti per centurie, il cui numero maggiore apparteneva ai patrizi. Inoltre le continue guerre sostenute da Roma per affermare la propria egemonia sui paesi limitrofi e sul Lazio ebbero ripercussioni negative sui plebei. Infatti mentre i patrizi potevano tranquillamente partecipare alle guerre dal momento che i loro campi venivano affidati agli schiavi, i plebei per poter partecipare alle guerre dovevano abbandonare i loro campi. Oltretutto l’agro publico, ossia il territorio conquistato ai nemici, una volta terminata vittoriosamente la battaglia, veniva diviso soltanto tra i patrizi. Poiché la vita per i plebei diventava sempre più dura si arrivò alla prima secessione che avvenne precisamente nel 494 a.C.; i plebei esasperati dai debiti e dai disagi della guerra abbandonarono Roma e si rifugiarono sul Monte Sacro con l’intento di fondare una nuova città. Il patrizio Menenio Agrippa dopo aver trattato con i plebei riuscì a farli tornare in città sotto alcune condizioni: i plebei volevano infatti la cancellazione del debito con i patrizi, l’istituzione dei tribuni della plebe e la creazione di un corpus di leggi scritte.
A Roma le leggi venivano tramandate oralmente e ciò dava spesso origine ad errate interpretazioni, ad abusi e a soprusi ai danni dei plebei che ne chiesero perciò la trascrizione in un codice. Fu pertanto scelto un Decemvirato con il compito preciso di redigere le leggi. Dopo che un’ambasceria venne inviata ad Atene per studiare la sua legislazione furono redatte Le Leggi delle XII Tavole, un corpus costituito da leggi riguardanti il diritto penale, processuale, privato, sacro, civile.
Vi sono alcune leggi che meglio evidenziano alcune usanze dei cittadini romani: Si membrum rupsit, ni cum eo pacit, talio esto (se un tale rompe un membro a qualcuno, se non interviene l’accordo si applichi la legge del taglione); Hominem mortuum in urbe ne sepelito ne urito (non si seppellisca ne si cremi un cadavere in città);
I plebei gradatamente riconquistarono i propri diritti; tuttavia l’ultima metà da raggiungere era l’uguaglianza tra patrizi e plebei. Dopo poco tempo infatti fu abolito il divieto di matrimonio tra patrizi e plebei con la legge Canuleia; fu esteso il diritto di consolato ai plebei con la legge Licinia-Sestia.
Altre testimonianze di forme preletterarie di tradizione scritta furono i calendari su cui erano registrati i giorni fasti e quelli nefasti cioè i giorni in cui era lecito amministrare la giustizia e fare tutte le altre attività e quelli in cui era sconsigliato per motivi di superstizione; e ancora i Foedera ed i Commentarii.
Un’altra caratteristica molto importante della società romana arcaica era il legame al mos maiorum. Nel “mos maiorum” ossia “il costume degli antenati” rientravano un’infinita di usanze e regole: l’attaccamento alla religione e alla famiglia, la coltivazione dei campi, la conduzione di una vita semplice, la sacralità dei costumi, l’attaccamento al lavoro, l’arte della guerra come strumento di difesa e di espansione, la “pietas”cioè il rispetto degli dei e la “fides” ossia la lealtà e la fiducia.
Molto importante era anche il concetto di patria potestas, un padre poteva uccidere il figlio se deforme, poteva non riconoscerlo all’atto della nascita, lo poteva vendere come schiavo, fino a tre volte, ma se un figlio riusciva a liberarsi o veniva riscattato dalla schiavitù, dopo la terza volta si poteva liberare dalla patria potestas: Si pater filium ter venum dederit, filius at patre libero esto.
Le divinità erano oggetto di un particolare culto di cui se ne occupavano i collegi sacerdotali: i Salii veneravano Marte, gli Arvali veneravano gli dei campestri, le Vestali tenevano perennemente il fuoco acceso a Vesta …
Oltre a forme preletterarie di genere orale o scritto vi erano anche delle forme preletterarie di tipo drammatico ciò destinate alla rappresentazione. I generi che ebbero origine in questo periodo furono: l’atellana, i fescennini e la satura. Tutti e tre rappresentano le forme più antiche d’arte drammatica anche se fra una e l’altra vi sono delle differenze dovute a degli sviluppi di tipo culturale. I fescennini erano una sorta di farsa campagnola dove i contadini sempre in tono scherzoso si scambiavano insulti volgari e osceni; ciò accadeva durante le feste di campagna o durante le cerimonie nuziali per augurare la felicità e la prosperità. La satura deve la sua origine ad un gruppo di giovani che furono invitati a Roma per dare uno spettacolo. Questi cantando e ballando ottennero un tale successo che numerosi giovani tentarono di imitarli creando una specie di gruppi che si esibivano durante le feste. L’atellana chiamata anche farsa osca è un esempio di rappresentazione più avanzata perché per la prima volta vengono usate delle maschere, delle maschere fisse che venivano usate durante ogni rappresentazione.
E’ possibile inquadrare la nascita della letteratura latina in quel processo d'ellenizzazione della cultura latina che assunse caratteri decisivi intorno al III sec. a.C. dopo che Roma ebbe conquistato le terre di Macedonia, di Siria, della Grecia e dell’Asia minore i contatti tra il mondo greco e il mondo latino divennero sempre più stretti e ciò costrinse i latini ad avvicinarsi sempre più alla loro lingua. A Roma cominciò ad affluire un numero sempre maggiore di schiavi e fra essi, non era c’era da meravigliarsi, vi erano numerosi artisti e letterati. Da un certo periodo in poi i Romani di media cultura furono tutti bilingue e si diffuse l’usanza, fra i ceti più elevati, d’imparare il greco sin dall’infanzia e di qui la conseguente nascita delle scuole e l’assunzione da parte delle famiglie più abbienti di precettori d’origine greca. Ma tutto questo movimento nell’ambito culturale comporto non pochi scontri a livello interno: da una parte vi erano gli innovatori che vedevano in questa relazione tra oriente e occidente un momento di crescita intellettuale; dall’altro i conservatori contrari a questo stretto rapporto perché temevano che i riti e le usanze greche, una volta stabilitesi a Roma, potessero danneggiare il mos maiorum a cui erano tanto legati. Possiamo quindi dire che, a parte qualche singolare avvenimento la cultura romana fu catturata da quella ellenica; in particolare un famoso verso di Orazio ci spiega meglio la situazione: Graecia capta vicit romanum victorem et intulit latio agresti litteras et artes ( la Grecia benché catturata ammaliò il vincitore romano e porto nella rurale Lazio le lettere e le arti).
Sempre in questo periodo si diffuse a Roma l’organizzazione di spettacoli teatrali, i cosiddetti ludi, che si tenevano in occasione di eventi religiosi. I primi ludi furono celebrati nel 240 per festeggiare la vittoria nella prima guerra punica. Durante questi ludi, per la prima volta, venne rappresentata una fabula composta dal poeta greco Livio Andronico. La data di inizio della letteratura latina è fissata all’incirca in questo periodo, infatti, l’opera di Andronico fu di rilevante importanza non solo in campo artistico ma anche in campo sociale: fu la prima fabula ad essere rappresentata a Roma, per la prima volta a Roma nacque un’associazione di scrittori e attori, e fu la prima volta in cui l’autore non si preoccupò tanto del valore comunicativo dell’opera ma uso il linguaggio anche per un fine estetico.

Esempio



  


  1. pippo

    bello piccole prostituzioni