Courbet e il realismo

Materie:Appunti
Categoria:Storia Dell'arte

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Testo

GUSTAVE COURBET (1819-1877)

Il 1848 è un anno di sanguinose sommosse popolari: gli operai esprimono il proprio malcontento, costringendo il re Luigi d’Orléans a lasciare il trono, proclamando la seconda repubblica. Molte di queste manifestazioni sono represse sanguinosamente, e in breve, Luigi Napoleone, inizialmente eletto come esponente del Partito dell’Ordine, compie un’opera radicale tale da ripristinare l’impero nel 1852.
In questo contesto anche l’arte attraversa una crisi di identità. I movimenti realisti nascono per rispondere a questa richiesta di vero: non si vuole più ingannare, proponendo soggetti falsi, ma, al contrario, si cerca di documentare la realtà nel modo più distaccato possibile, similmente a quanto accadeva in campo filosofico con il positivismo.
In Francia, il Realismo, diventa un metodo scientifico per indagare la realtà: il fine dell’artista sarà quello di annotare le caratteristiche del mondo, astenendosi da qualsiasi giudizio.
Il capostipite del realismo francese è Jean-Désiré-Gustave Courbet.
Nato da una famiglia contadina benestante, si forma da autodidatta e inizia la sua attività nel solco della tradizione romantica, dedicandosi alla copia dal vero e al rifacimento di alcuni dipinti. Ben presto, però, rifiuta ogni influenza con le forme d’arte ufficiali e proclama che la pittura deve essere solo rappresentazione di oggetti tangibili.
Gli anni successivi al 1850, sono di grande impegno ideologico. Nel 1861 apre una scuola, in aperta polemica con l’Accademia, ai suoi allievi insegna, infatti, che “non ci possono essere scuole: ci sono soltanto pittori”. Egli è convinto, infatti, che l’arte non possa essere appresa meccanicamente, ma che essa è individuale e, per ciascun artista, è il risultato della propria ispirazione. Per questo motivo, non impartiva mai lezioni teoriche, preferiva che gli allievi gli stessero accanto mentre dipingeva, come avveniva nelle botteghe.
Insieme alle polemiche incominciano a giungere anche i primi riconoscimenti, che egli accoglie senza entusiasmi, restando fedele alla propria ispirazione realistica.
Questo rigoroso atteggiamento lo porta a rifiutare anche la Legione d’Onore, una delle più prestigiose onorificenze di Francia. Nel 1871 partecipa all’insurrezione di Parigi, essendo processato e condannato con l’ingiusta accusa di aver istigato l’abbattimento della Colonna Vendôme (colonna in onore di Napoleone); costretto a vendere all’asta tutte le sue opere, muore in solitudine in un paesino svizzero.
Anche se il suo realismo ha radici lontane, Caravaggio, Rembrandt, Tiziano, la sua tecnica resta innovativa e personale: anche nella scelta dei temi abbandona i riferimenti storici, concentrandosi sui fenomeni del quotidiano, registrati col distacco di un osservatore oggettivo.

Lo Spaccapietre
Rappresenta un manovale intento a frantumare dei sassi.
Il soggetto è diverso da quelli della pittura accademica, trattandosi di una .
L’occhio di Courbet scava nella realtà: ecco le toppe sulle maniche, il panciotto strappato, i calzini bucati. A sinistra, sotto un cespuglio, vi sono una pentola e mezzo filone di pane, accenno a quello che sarà il pasto dello spaccapietre. Courbet rifugge da qualsiasi tentazione pietistica.

Atelier del pittore
L’artista lo definisce un’: espone i propri ideali artistici e umani.
Le grandi dimensioni alludono al gigantismo di molti dipinti accademici.
Al centro egli rappresenta se stesso intento a dipingere un paesaggio con un cielo estremamente realistico. Attorno a lui affollano una trentina di personaggi. A sinistra le classi sociali che vivono ai margini della società (operai, saltimbanchi, balordi). Hanno tutti la testa reclinata e l’atteggiamento pensoso. Nei loro volti si legge il fardello della vita e dei suoi dolori.
A destra ci sono invece i sogni e le allegorie. Tra queste l’amore, la filosofia e la letteratura. La verità nuda accanto all’artista osserva l’opera. Di fronte un bimbetto guarda: la verità è semplice ed innocente.
Fanciulle sulla riva della Senna
Rappresenta due giovani donne che si riposano su un fraticello in riva al fiume.
Questo dipinto scosse la critica del tempo, perché in esso, per la prima volta, la scena non appariva ambientata in una dimensione fantastica.
Le due ragazze erano vestite secondo l’epoca, e ciò escludeva la volontà di identificarle con qualche personaggio dell’antichità. Nei loro volti si legge la quotidianità della loro storia. Erano amiche o, all’occhio di qualche critico, prostitute. Le loro posizioni, goffe e sgraziate, ci dicono di come l’artista le abbia colte di sorpresa: quella in primo piano assopita, l’altra immersa nei propri pensieri.
Il realismo non deve indurci a credere che l’artista costruisse i suoi dipinti in modo casuale. Dimostra invece una grande attenzione ai problemi compositivi: realizzò moltissimi schizzi preparatori, e di alcuni di essi ci sono rimaste testimonianze, come nel carboncino di carta di due anni precedente, si nota come sia attento alla resa realistica fin dalle prime fasi. Il chiaroscuro dello sfondo ci testimonia come il disegno assuma valore documentativo, per rispecchiare la realtà.
In vista della realizzazione definitiva, Courbet realizza anche un bozzetto a colori, grande un terzo rispetto quello definitivo, in cui sono studiati l’equilibrio compositivo e la posizione dei colori.

Jo, la bella ragazza irlandese
Il tema del ritratto torna anche in questo olio, noto anche come “Donna d’Irlanda”.
Il personaggio si guarda allo specchio, districando i capelli con la mano destra.
La composizione, organizzata lungo una delle diagonali, è molto realistica:
gli occhi chiari, l’incarnato morbido e chiaro, i lunghi boccoli ricadenti sulle spalle. La resa dei particolari, quali la candida camicetta o il piano marmoreo, rimanda all’immediatezza di Delacroix.

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