La teoria evolutiva

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Testo

Che cos'è l'evoluzione
In biologia l'evoluzione è il fenomeno del cambiamento, non necessariamente migliorativo, del genotipo (cioè del patrimonio genetico) degli individui di una specie. La teoria dell'evoluzione delle specie è un pilastro fondamentale della biologia moderna, anche se le cause e le modalità del suo manifestarsi sono tuttora oggetto di discussione e di ricerca. Secondo la teoria attuale, l'evoluzione delle specie è dovuta soprattutto alla selezione naturale, ma anche ad una molteplicità di fattori che interagiscono e si influenzano a vicenda; è per questo che l'evoluzione ha normalmente tempi lunghissimi ed è difficile da riprodurre in laboratorio.
Storia della teoria evolutiva
Oggi sappiamo che l'evoluzione delle specie è avvenuta in seguito a trasformazioni, selezionate poi dall'ambiente. Per arrivare a quest'affermazione, però, ci sono voluti molti anni. Infatti, ancora alla fine del 1700 lo scienziato Linneo sosteneva la teoria della fissità o teoria "fissista": la teoria, cioè, dell'immutabilità delle specie.
Solo all'inizio del XIX secolo iniziarono a sorgere negli studiosi di Scienze Naturali i primi dubbi: negli strati rocciosi più antichi, infatti, mancavano totalmente tracce (fossili) degli esseri allora viventi, mentre se ne rinvenivano altre appartenenti ad organismi che non esistevano più.
La teoria di Lamarck
Nel 1809, il naturalista Lamarck (1744 – 1829) presentò per primo una teoria evoluzionista secondo cui gli organismi viventi si modificherebbero gradualmente nel tempo adattandosi all'ambiente: l'uso o il non uso di determinati organi porterebbe con il tempo ad un loro potenziamento o ad un’atrofia. Tale ipotesi implica quello che oggi viene considerato l’errore di fondo: l’ereditabilità dei caratteri acquisiti. Ad esempio, un culturista non avrà necessariamente figli muscolosi, dal momento che la sua muscolosità è un carattere che fa parte del fenotipo, cioè delle caratteristiche esteriori di un individuo, e che deriva dall’interazione dello sportivo con l'ambiente - il continuo sollevare pesi -. Come verrà dimostrato da Mendel, invece, un carattere, per essere ereditario, dev’essere presente all’interno del genotipo di un individuo, cioè del suo patrimonio genetico; il particolare sviluppo muscolare non è codificato nei geni dell'uomo, perciò non viene trasmesso alla progenie. Fu in seguito che August Weissman dimostrò l'improbabilità della trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti.
Lamarck trovò opposizione in Georges Cuvier, il quale aveva elaborato la "teoria delle catastrofi naturali", secondo la quale la maggior parte degli organismi viventi nel passato sarebbe stata spazzata via da numerosi cataclismi e il mondo sarebbe poi stato ripopolato dalle specie sopravvissute.
Sebbene la sua teoria non fosse del tutto vera, Lamarck ebbe il merito di sostenere il concetto di evoluzione, contro le concezioni fissiste del suo tempo. Egli affermò che gli organismi viventi non sono immutabili, bensì si trasformano ininterrottamente per adattarsi all'ambiente e conseguire una migliore capacità di sopravvivere, e che le loro trasformazioni si accumulano nel corso delle generazioni dando luogo a specie nuove.
La teoria di Darwin
Dopo cinquant'anni Charles Darwin (1809 – 1882) formulò una nuova teoria evoluzionista.
Il noto naturalista, durante il suo viaggio giovanile sul brigantino Beagle, fu colpito dalla variabilità delle forme viventi che aveva avuto modo di osservare nei loro ambienti naturali intorno al mondo. Riflettendo sugli appunti di viaggio e traendo spunto dagli scritti dell'economista Thomas Malthus, Darwin si convinse che la “lotta per la vita” fosse uno dei motori principali dell'evoluzione, intuendo il ruolo selettivo passivo dell'ambiente sulle specie viventi. L'ambiente, infatti, non può essere la causa primaria nel processo di evoluzione (come invece sostenuto nella teoria di Lamarck) in quanto tale ruolo è giocato dalle mutazioni genetiche, in gran parte casuali. L'ambiente entra in azione in un secondo momento, nella determinazione del vantaggio o svantaggio riproduttivo che quelle mutazioni danno alla specie mutata; in poche parole, al loro migliore o peggiore adattamento (fitness in inglese). Tutte queste considerazioni Darwin le espose nella sua opera più celebre, L'origine delle specie (1859).
Darwin fu ben consapevole delle implicazioni che la sua teoria poteva avere riguardo all'origine dell'umanità, e del grave pericolo che la sua carriera e reputazione di eminente geologo correva nel caso in cui egli fosse stato accusato di blasfemia. Per questi motivi, egli lavorò in segreto ed attese di aver ottenuto delle prove notevoli a supporto della sua teoria prima di pubblicarla.
La mancanza di un meccanismo coerente dell'eredità restò uno dei principali punti deboli della teoria darwiniana fino alla riscoperta del lavoro di Mendel nei primi anni del XX secolo. Si può comunque dire che il maggior merito di Darwin fu quello di aver portato l'idea di evoluzione nell'arena del dibattito scientifico propriamente detto.
La teoria attuale
La moderna teoria dell'evoluzione (detta anche Sintesi moderna o Neodarwinismo) è basata sulla teoria di Charles Darwin, che postulava l'evoluzione delle specie attraverso la selezione naturale, combinata con la teoria di Gregor Mendel sull'ereditarietà biologica.
In breve, il neodarwinismo collega tra loro due scoperte: quella dell'unità fondamentale dell'eredità (il gene) e quella del meccanismo dell'evoluzione (la selezione naturale). La sintesi neodarwiniana unifica diverse branche della biologia che in precedenza avevano pochi punti di contatto, in particolare la genetica, la citologia, la sistematica, la botanica e la paleontologia.
Secondo la sintesi moderna (nella versione degli anni '30 e '40 del XX secolo), la variazione genetica delle popolazioni naturali viene prodotta in modo casuale da mutazioni (che oggi sappiamo essere a volte causata da errori nella replicazione del DNA) e ricombinazioni (crossing over dei cromosomi omologhi durante la meiosi). La speciazione (differenziazione di specie diverse a partire da un antenato comune) avviene gradualmente quando le popolazioni sono isolate dal punto di vista riproduttivo, per esempio in seguito alla formazione di barriere geografiche.

Posizioni contrarie
Ai giorni nostri sono state trovate prove di ordine paleontologico, biogeografico e matematico-informatico a sostegno della teoria evolutiva, ma permangono movimento di pensiero che la criticano e la negano sin dai suoi presupposti.
La teoria secondo la quale l'uomo è il risultato di una graduale trasformazione di ominidi preistorici in esseri più – appunto – "evoluti" è in aperta contraddizione con quella della Creazione biblica, per cui l'uomo sarebbe stato creato da Dio direttamente, come racconta il mito di Adamo ed Eva. Inoltre, la teoria dell'evoluzione non è accettata dai “fissisti” proprio perché ritengono che Dio, come l'uomo, abbia creato così come esistono adesso anche tutte le altre specie viventi.
È pur vero che anche all'interno della Chiesa esistono posizioni differenti, e oggi i teologi cattolici “evoluzionisti” accettano come plausibile la teoria di Darwin, rifacendosi al pensiero di Sant'Agostino, secondo il quale Dio non ha creato il mondo esattamente nelle condizioni in cui questo si trova attualmente, bensì in una condizione più semplice e rudimentale, con delle speciali capacità (dette “ragioni seminali”) di svilupparsi ed evolversi nei modi in cui di fatto si è in seguito sviluppato e perfezionato.
Considerazioni personali
La cosa che mi ha maggiormente colpito a proposito dell’evoluzione è che tutto il processo di differenziamento e speciazione avvenga in maniera totalmente casuale.
Mi rendo conto, analizzando il problema da un altro punto di vista, che ciò è marcatamente in contrasto con la teoria scientifico-religiosa (la propugnano persone credenti e non) del disegno intelligente, per la quale ci sarebbe un “progetto di vita” trascendente che ha guidato la storia naturale di questo pianeta. L’ideatore di questo progetto sarebbe da identificarsi con Dio, se si è credenti, o con una qualche entità metafisica se ci si vuole attenere ad un discorso più laico.
Ebbene, ammetto che riesce difficile pensare che tutto ciò a cui siamo arrivati oggi (organismi pensanti come l’uomo, gli organuli cellulari, l’efficientissimo meccanismo di duplicazione del DNA) sia stato un puro prodotto del caso. Non condivido però neanche l’idea della creazione, che si rifà ad un’interpretazione letterale della Bibbia, secondo la quale l’uomo sarebbe stato creato da Dio così come lo vediamo adesso.
Per questo motivo penso invece che la teoria evolutiva vada accettata come la più ragionevole, senza necessità di pronunciarsi su chi o cosa abbia guidato tutto il processo: a quanto ne sappiamo, tutto può essere avvenuto per caso dopo il Big Bang, oppure secondo un preciso disegno divino dopo la Creazione.
Sembra tuttavia strano che Dio abbia aspettato miliardi di anni per creare l’essere che sarebbe stato in grado di concepirlo, ma in questo risiede il grande mistero dell’uomo, unico essere vivente in grado di condurre razionalmente il suo pensiero, al di là del comportamento puramente dettato dall’istinto o dall’esperienza che caratterizza tutti gli altri animali.

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