Principi di equità impositiva

Materie:Riassunto
Categoria:Scienze Delle Finanze

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I PRINCIPI DI EQUITÀ IMPOSITIVA
Alla base dello stati di diritto c’è il principio di eguaglianza. Secondo la costituzione “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali di fronte alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. In più si richiede “l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” A fondamento di questo principio di eguaglianza ci sono l’universalità e l’uniformità dell’imposizione. Secondo il principio di universalità dell’imposizione “tutti coloro che beneficiano dei servizi dello Stato e hanno capacità contributiva sono tenuti al pagamento dei tributi e non sono ammessi né privilegi né esclusioni da tale dovere”. L’onere delle imposte grava su tutte le persone residenti nel territorio dello Stato e anche sui non residenti ma che hanno dei beni immobili in quello Stato o vi esercitano imprese, professioni o altre attività. Ogni sistema tributario prevede casi di esenzione totale o parziale limitati ad alcune imposte e non comportano, comunque, mai l’esonero definitivo da qualunque obbligo tributario.
Le esenzioni fiscali sono previste: -per ragioni di interesse economico collettivo: ad esempio, l’esenzione dalle imposte sul reddito a favore delle nuove iniziative produttive, le esenzioni o le riduzioni di imposta per le opere di miglioramento agricolo o di bonifica; per ragioni di giustizia sociale: ad esempio, l’esenzione per le persone che non hanno capacità contributiva. Il secondo principio riguarda l’uniformità dell’imposizione, che stabilisce che “tutti i contribuenti devono sopportare il carico dell’imposta in condizioni di eguaglianza”. Questo principio si riferisce all’ammontare dell’imposta e alla distribuzione del carico tributario tra i diversi contribuenti. Per capire quali criteri si devono seguire per realizzare il principio dell’uniformità sono state formulate diverse teorie. Un primo gruppo di teorie si basa sul sacrificio che il contribuente deve sopportare per il pagamento delle imposte. “Equa distribuzione del carico tributario significa equa distribuzione dei sacrifici”. Una seconda teoria prende in considerazione la capacità contributiva del soggetto, cioè la capacità di far fronte, con i mezzi economici di cui dispone, all’onere dell’imposta. “Equa distribuzione dell’imposta significa adeguamento alla capacità contributiva di ciascuno”.
Teorie del sacrificio
Secondo una prima teoria, detta del sacrificio uguale, formulata da Stuart, l’eguaglianza tributaria si consegue facendo pagare ad ogni contribuente una somma che comporti, per ognuno, lo stesso grado di pena. Imporre a tutti un sacrificio uguale significa applicare delle imposte progressive. Questa formulazione di Stuart Mill viene poi ampliata da Pierson e Cohen Stuart, diventando la teoria del sacrificio proporzionale. Secondo questa teoria il prelievo è equo quando comporta per ciascun contribuente un sacrificio proporzionato alla sua ricchezza. In questo modo il sacrificio sopportato dai più abbienti è maggiore rispetto a quello sostenuto dai meno abbienti. Successivamente Edgworth formula la teoria del sacrificio minimo, cioè le imposte devono essere applicate in modo da arrecare il minimo sacrificio possibile alla massa dei contribuenti. In questo modo il sacrificio complessivo sarebbe tanto minore quanto maggiore è il prelievo di ricchezza dai più abbienti e tanto minore è il prelevamento di ricchezza dai meno abbienti.
Teoria della capacità contributiva
Secondo questa teoria le imposte devono essere ripartite a seconda della capacità economica dei singoli, ricavata da elementi concretamente determinabili, come l’ammontare del reddito o del patrimonio, le persone a carico, le spese per i bisogni primari e altre spese che influiscono sulla situazione economica del soggetto. Da qui si possono trarre le seguenti conseguenze:
- chi dispone di mezzi appena sufficienti per le fondamentali esigenze di vita non ha capacità contributiva (esenzione dei redditi minimi);
- i redditi più alti hanno maggiore capacità contributiva di quelli meno alti e quindi devono essere colpiti con aliquote più elevate (discriminazione quantitativa);
- bisogna considerare l’origine del reddito e, a seconda che derivi da capitale o da lavoro, attuare trattamenti differenziati. Questo perché i redditi da lavoro hanno meno capacità contributiva rispetto a quelli da capitale (discriminazione qualitativa);
- bisogna tener conto delle condizioni personali del contribuente, come per esempio dei carichi di famiglia (adeguamento alla situazione personale).
Confronto tra i diversi tipi di imposte
I diversi tipi di imposte sono strumenti che servono ad attuare il principio dell’equa distribuzione del carico tributario. Le imposte dirette offrono maggior garanzia di equità rispetto a quelle indirette, perché colpiscono indici immediati di capacità contributiva. Le imposte indirette hanno il pregio dell’universalità, in quanto colpiscono tutta la ricchezza esistente e tutti i redditi, anche i più modesti. Quando si tratta, però, di bisogni primari, queste pesano maggiormente si coloro che hanno minor capacità contributiva. Questo inconveniente può essere corretto adottando aliquote più elevate per i beni di lusso e più lievi, invece, per le merci di generale consumo. L’imposta generale corrisponde al principio di universalità, perché si applica allo stesso modo a tutti i redditi o a tutti i beni. L’imposta speciale consente di attuare una discriminazione qualitativa, ovvero un trattamento fiscale differenziato, a seconda dell’origine del reddito o della natura dei beni. L’imposta personale si adegua alla capacità contributiva, perché tiene conto di tutte le circostanze che influiscono sulla situazione economica del soggetto. Per questo è considerata più equa rispetto all’imposta reale, che colpisce i redditi e i beni in base alla loro natura, indipendentemente dalla situazione del possessore. L’imposte progressiva è lo strumento tipico per attuare la discriminazione quantitativa della ricchezza. Questa è equa solo se colpisce il reddito del contribuente nella sua globalità. In caso di inflazione, però, questa imposta crea effettivi fiscal drag. L’inflazione fa aumentare il livello della base imponibile, facendo scattare aliquote sempre più alte. In questo modo il contribuente pur disponendo in termini reali dello stesso potere d’acquisto, è costretto a sostenere un carico fiscale maggiore senza che la sua capacità contributiva sia mutata.

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