La guerra del commercio tra USA ed Europa

Materie:Appunti
Categoria:Ricerche

Voto:

1 (2)
Download:42
Data:13.02.2001
Numero di pagine:2
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
guerra-commercio-usa-europa_1.zip (Dimensione: 11.63 Kb)
trucheck.it_la-guerra-del-commercio-tra-usa-ed-europa.doc     32 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

Il 13 Novembre a Seattle si è aperto il Millennium Round, la nuova trattativa multilaterale del Wto (World Trade Organization), l’organizzazione di Ginevra del commercio mondiale, allo scopo di liberalizzare gli scambi internazionali.
Stati Uniti ed Europa partono da posizioni diverse, specie su temi agricoli. L’Europa vuole ampliare gli argomenti delle trattative, gli Stati Uniti considerano protezioniste le misure Ue di tutela degli alimenti.
Vinceranno gli Usa oppure l’Europa? Certamente in gioco c’è molto.
Il Wto, grazie al potere di sanzione economica, riesce a fare e disfare in pochi mesi equilibri che le Nazioni Unite hanno impiegato decenni a costruire. Dalla proibizione della vendita dell’amianto a quella delle reti che uccidono le tartarughe, dalla carne agli ormoni al taglio indiscriminato delle foreste tropicali, non c’è divieto che non rischi la scomunica presso l’organizzazione del commercio che rimane allergica a ogni vincolo che possa intaccare la libertà di scambio.
Questo è un momento storico, e i momenti storici, nel bene e nel male, creano un clima di attesa e sovente generano una carica di tensione difficile da controllare.
100.000 dimostranti erano a Seattle contro il commercio libero mondiale, ma bisogna anche considerare che ci sono un miliardo e mezzo di abitanti della terra che sognano di essere ammessi nel circolo della prosperità da commercio.
Non ci sono in ballo questioni esoteriche o di bandiera, ma interessi grandi e durevoli delle parti in causa. Gli Stati Uniti giocano in casa, a Seattle, e sono fortemente intenzionati a conformare il Millennium Round ai loro interessi commerciali: liberalizzazione delle aree di export più importanti per i produttori nazionali (agricoltura, servizi finanziari e d’informazione). Per soddisfare gli oppositori interni alla liberalizzazione (sindacati ed ambientalisti), essi spingono, per condizionare l’accesso presente e futuro dei Paesi in via di sviluppo ai loro mercati, all’adozione da parte di questi di standard di comportamento più elevati in materia di protezione ambientale e di diritti del lavoro. Questo porterebbe all’utilizzo indiscriminato dello strumento commerciale come mezzo di pressione politica, sociale e culturale sui Paesi meno avanzati. Questa è la ragione per cui essi rifiutano ogni legame, anche tenue, tra regole di commercio, di lavoro e di ambiente.
Il summit del Wto si chiude senza un accordo, la rivolta dei Paesi in via di sviluppo e la mobilitazione della società civile è stata in grado di pesare sulle grandi scelte e sugli squilibri politici che determinano il futuro del mondo.
Finché globalizzazione vuol dire potere di uno solo, l’accordo rimane impossibile; non può essere Washington a stabilire quali merci si possono produrre, come devono essere lavorate e a che prezzo vanno vendute.
Fortunatamente, la sconfitta dell’America e del Wto non sarà la sconfitta del liberismo commerciale che sopravvive alle paure e alle menzogne, ma soltanto un blocco temporaneo alla frenetica, e spesso cieca, rincorsa al “nuovo” visto sempre, dagli americani, come il “meglio”. Non per nobiltà culturale, ma per banali interessi, l’Europa funziona da limitatore di giri per l’America così come l’America deve continuare a servire da acceleratore per scuotere la sclerosi dirigista del vecchio mondo.

Esempio