Superuomo e decadentismo: tesina multidisciplinare

Materie:Tesina
Categoria:Multidisciplinare
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Testo

FRIEDRICH NIETZSCHE
• INTRODUZIONE
• IL SUPERUOMO
IL REGIME e IL SUPERUOMO
GABRIELE D’ANNUNZIO
• IL PERSONAGGIO E LA POETICA
• “IL SUPERUOMO” E LE IDEOLOGIE
• L’ESPERIENZA FIUMANA
DECADENTISMO
• COME SI SVILUPPA
• ESTETISMO
• FIGURA DEL DANDY
• POETA-VATE
OSCAR WILDE
• INTRODUZIONE
• ESTETISMO
• “THE PICTURE OF DORIAN GRAY”
FRIEDRICH NIETZSCHE
IL PENSIERO
Il suo pensiero ha influenzato tutta la cultura novecentesca, da cui sono nati movimenti come il Decadentismo, il Simbolismo, senza escludere l’influenza che ha avuto sul Nazismo e su personaggi come D’annunzio. La sua è la filosofia dell’irrazionalità, è un “maestro del sospetto”, un pensatore eminentemente critico – negativo, che attraverso un processo di “demitizzazione” e “ desacralizzazione” è riuscito a distruggere tutti i miti e le credenze, in quanto convinto che gli uomini abbiano costruito una serie di certezze per poter sopportare l’impatto con il caos della vita, che ad uno sguardo profondo si rivelano solo come delle necessità di sopravvivenza. Il filosofo ha il compito di svelare dietro le apparenze ogni verità, dietro ogni sistema etico o ogni modello di comportamento, individuare sempre precisi condizionamenti esterni. Questo tipo di polemica del passato, non è semplicemente una critica delle idee o dei sistemi, ma una messa in discussione della civiltà occidentale, che ha dato vita a delle credenze, da cui l’uomo è stato influenzato e condizionato. Da qui la critica verso Socrate in quanto il fondatore della razionalità, che dava spiegazione attraverso la ragione ad ogni cosa.
Nella sua prima opera “ LA NASCITA DELLA TRAGEDIA”, egli contesta l’immagine secondo la quale i greci, crearono opere belle e armoniose, perché tale era il loro spirito. La tragedia è la massima espressione artistica e culturale della civiltà ellenica, perché in essa si verifica un incontro tra due aspetti, dalla cui lotta e conciliazione la tragedia sarebbe appunto nata.
Questa dualità, è rappresentata da:
• Lo spirito Dionisiaco, scaturisce dalla forza vitale, dal senso caotico del divenire, l’istinto originario della ragione e si esprime nell’esaltazione dei sentimenti, nell’ebbrezza vitalistica e nella creatività della musica. Questo spirito è legato alla figura di Dioniso, Dio dell’oscurità, del disordine e del non conforme, che rappresenta l’energia istintuale. Per cui la sua forma espressiva, non può essere che la musica passionale che a sua volta genera passione.
• Lo spirito Apollineo scaturisce dalla fuga di fronte al flusso imprevedibile degli eventi, e che si esprime nelle forme limpide ed armoniche dell’arte plastica. L’apollineo è dunque legato alla figura di Apollo, Dio della luce, della misura e della bellezza formale, che simboleggia il moto verso la perfezione, dando vita alla scultura e all’architettura.
Il primo è lo spirito della natura dell’uomo, che da origine alla vita, mentre il secondo è stato creato, proprio come tentativo di razionalizzare il caos dell’esistenza rendendo accettabile la vita; è dal loro contrasto che nasce la tragediadel coro.
Lo spirito Apollineo, con Euripide, prende il sopravvento su quello Dionisiaco, in quanto si inizia a rappresentare nell’arte la mediocrità del quotidiano. Ciò segna la fine della tragedia, parallelamente segnata dalla vittoria dello spirito socratico, che con la sua razionalità, pretende di racchiudere in concetti l’esistenza, imponendo sulla vita e sul mondo il primato della ragione.
La morte della tragedia e l’abbandono dello spirito Dionisiaco, affermano un processo di decadenza, con la nascita della religione dell’etica e della morale, che ha segnato profondamente tutta l’esistenza dell’uomo. Nietzsche, si considera “il primo decente uomo” dopo “la falsità che dura da millenni”, ed è pienamente consapevole di creare una “una crisi, quale mai si era vista sulla faccia della terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che finora è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono una dinamite”.
Il suo compito è perciò ora quello di preparare l’umanità ad un’altra visione, prepararla ad un duro colpo che sconvolgerà l’esistenza, quello della “morte di Dio”, di cui il vero artefice è l’uomo, che abbandonando tutti i valori, potrà tornare alla sua natura, alla sua origine dove non era vincolato da nessuna credenza, vivendo in un unico mondo ed una sola vita, perché l’aldilà non esisterà più. Sarà Zarathustra ad abolire per sempre il dualismo tra questi due mondi, tra quello vero e quello apparente, creato dalla filosofia greca, e da cui nascerà un altro uomo: L’Uber-mensch”. La morte di Dio, segna l’avvento del Superuomo, che diventa protagonista della storia, ponendosi al di sopra dei valori della civiltà occidentale, la religione, la morale e la scienza, in quanto considerate nient’altro che mistificazioni volute dalla massa ed il risultato dello spegnersi nel corso dei millenni dell’originaria “volontà di potenza”, ossia dell’energia creatrice dell’uomo e dei suoi valori vitali.
Il Superuomo è colui che è in grado di accettare la vita; di rifiutare la morale tradizionale e di operare una trasvalutazione dei valori; di “reggere” la morte di Dio, guardando in faccia il reale al di là delle illusioni metafisiche; di superare il nichilismo; di collocarsi nella prospettiva dell’eterno ritorno e di porsi come volontà di potenza. Alla base di queste considerazioni, il Superuomo si proietta nel futuro, perciò viene tradotto con l’oltre – uomo, proprio per evidenziare la differenza tra il Superuomo del futuro e l’uomo del presente.
Questo concetto, è alla base della filosofia nietzscheana, ed in cui tutto è riassunto e si risolve.
Il Superuomo ha avuto diverse interpretazioni: quella che vede nell’incarnazione del soggetto, un’umanità liberata; quella del Nazismo, che vede la proclamazione di un’elite superiore.
Tutte queste interpretazioni, derivano dalla complessità di questa tematica, rivelata anche, politicamente parlando, da una ambiguità di fondo. Queste contraddizioni sono proprio volute per una denunzia nel corso della sua opera verso tutti gli idoli politici, dai nazionalisti ai socialisti, ai democratici.
Tutto ciò spiega quale sia il vero messaggio, di carattere esclusivamente filosofico, il significato più profondo, di cui Nietzsche si serve per esprimere il progetto di un nuovo essere qualificato da una serie di caratteristiche che emergono oggettivamente dall’insieme della sua opera. Perciò non un Superuomo di carattere politico, la quale conseguente interpretazione ne dimostra il suo fallimento, ma piuttosto colui, che avendo preso coscienza del fatto che tutti i valori tradizionali sono crollati, è in grado di ritornare ad essere “fedele alla terra”. Il superuomo ha in sé una forza creatrice, che gli permette di operare la traslazione dei valori e di sostituire ai vecchi doveri la propria volontà di potenza.
IL REGIME e IL SUPERUOMO
L’intera ideologia fascista non presenta particolare originalità nei contenuti, ma fa derivare le proprie basi teoriche da interpretazioni più o meno faziose delle dottrine filosofiche del recente passato, prima fra tutti l’esaltazione del Superuomo di Nietzsche, al solo scopo di rendere accattivante e convincente la rivoluzione fascista attraverso immagini e mezzi pubblici di comunicazione. Centrale diventa la figura del capo carismatico, il duce del fascismo Benito Mussolini, che fonda il suo potere sulle sue presunte doti eccezionali che ne fanno una figura infallibile.
Mussolini sottolineava l’importanza, sul piano della suggestione collettiva, di sfruttare l’idea che il nuovo ordine nascesse dalla rivoluzione fascista: “A noi occorre questa parola, perché fa un’impressione mistica sulle masse, dà all’uomo comune l’impressione di prendere parte ad un movimento eccezionale”.
Le tecniche di condizionamento con le quali si raggiungeva il consenso furono: la pubblicità, i giornalini a fumetti, la radio e il cinema, le celebrazioni, le manifestazioni di massa e i dialoghi dal balcone del duce con il popolo italiano radunato in piazza.
Nel 1933 l’Istituto Luce (L’Unione Cinematografica Educatrice) venne posto alle dipendenze del Ministero della Cultura Popolare, con il compito di documentare le opere del regime e diffondere le immagini ufficiali attraverso servizi fotografici, film, documentari propagandistici e cinegiornali distribuiti nelle sale cinematografiche di ogni parte d’Italia. Tutti gli argomenti trattati svolgevano una funzione politica, tutte le immagini e le parole che Mussolini e i suoi gerarchi decidevano di trasmettere avevano lo scopo di plagiare le masse all’ideale radioso della dittatura.
L’immagine diffusa di Mussolini era quella dell’uomo di governo, brillante, sportivo, elegante, super - attivo; il suo volto isolato era ingigantito o moltiplicato ossessivamente all’infinito dai fotomontaggi.
L’immagine del DUCE era ormai onnipresente e onnipotente allo scopo di comprovare il rapporto di forte legame e di identificazione con il popolo. La sua gestualità teatrale, le pose atteggiate e le mani sui fianchi venivano magnificate per far conoscere i molteplici aspetti del suo carattere impulsivo, esuberante, passionale.
GABRIELE D’ANNUNZIO
IL PERSONAGGIO E LA POETICA
Il personaggio di D’Annunzio nasce in opposizione a quella cultura scientifica che si stava sviluppando e che aveva portato ad una svalutazione dell’artista, che era stato emarginato poiché non rispondeva più alle nuove esigenze scientifiche. D’Annunzio allo stesso modo degli altri decadenti, creando un proprio modello di artista in grado di recuperare i valori tradizionali, ma soprattutto di ristabilirne il giusto ruolo ed i privilegi, inteso come unico mediatore e rivelatore di verità assolute attraverso la poesia e l’arte. Da origine così ad una poetica del tutto nuova sui palcoscenici della letteratura, in grado di stupire, di colpire e allo stesso tempo di esaltare la propria figura al cospetto di una società non protagonista, ma che dovrà essere soggetta alla figura del “SUPERUOMO”, da cui verrà educata alla religione dell’arte.
Un personaggio che basa la vita sull’estetismo, ossia sul culto della bellezza, sull’edonismo, che mira al piacere immediato, e sul panismo, la tendenza ad identificarsi nella natura, osservando la realtà da questo punto di vista; il tutto integrato in una vita inimitabile, fatta come un’opera d’arte, che deve far scalpore, al fine di diventare un vero e proprio mito di massa, su cui strumentalizzare la sua opera soddisfacendo a pieno merito le esigenze di una società spinta dalla mercificazione dell’arte. Da qui vengono messe in evidenza le sue contraddizioni, espresse nel disprezzo verso la massa che minaccia la borghesia, ma che nonostante ciò cerca di persuadere con il suo stile, proprio per riuscire a sponsorizzare la sua opera.
In lui si scopre il desiderio di vivere e di godere tutte le sensazioni, che con la sua immaginazione rende più esageratamente clamorose. Nel realizzare tutto ciò, unisce la cultura classica (il poeta-vate) alle nuove nascenti filosofie irrazionali come quella di Nietzsche, che ha un’influenza particolare sulla teoria del superuomo e quella psicoanalitica.
La sua produzione suscita enorme interesse al pubblico, attratto dal contrasto tra i protagonisti delle sue opere che si rivelano nel poeta, ma che al contrario di questi non riescono nel loro intento di una vita basata sull’estetismo. In conseguenza al fallimento dei personaggi, mette in risalto la sua figura, che a questo punto diventa superuomo, perché l’unico in grado di realizzare la vita esteticamente.
Da un punto di vista stilistico la sua produzione assume un atteggiamento particolarmente elegante, poiché coglie gli aspetti del mondo con la sensualità e riesce a scomporli in tanti piccoli momenti, godendoli uno ad uno. La sua raffinatezza si rivela anche nel linguaggio, nella ricercatezza della parola che sappia ammaliare la “scienza delle parole” è una scienza “suprema”, “ chi conosce questa, conosce tutto” affermò nel 1892, dopo aver affidato a IL PIACERE la parola d’ordine ”il verso è tutto”.
IL SUPERUOMO E LE IDEOLOGIE
Questa figura nasce in D’annunzio conseguentemente di quella esteta. Egli prova un odio ed un disgusto per i valori. Il poeta fugge dalla realtà verso un mondo di bellezza raffinata, insolita, preziosa. Tutto questo non solo nell’arte, ma anche nella vita. La vita stessa è un’opera d’arte da costruire con raffinatezza e ricercatezza. L’esteta ha il culto del bello fine a se stesso, ritiene i valori estetici primari riducendo tutti gli altri: “un’azione non deve essere giusta, ma bella!”. L’eroe decadente si considera eccezionale, speciale, disprezza l’uomo comune e la massa, costruisce la sua vita come un’opera d’arte attraverso l’artificio, sprezzando la spontaneità. Egli giunge ad un fallimento finale inevitabile.
Egli avendo rifiutato una problematica del vivere, si proiettò in una vita attiva e combattiva rivelando il suo vitalismo attraverso due concezioni:
• L’insofferenza di una vita comune e normale;
• Il vagheggiamento della “bella morte eroica”;
Insiste perciò sui temi della grandezza, dell’orgoglio, dell’eroismo estetizzante, ritrovando nel superuomo la perfetta identificazione con l’artista. D’Annunzio riprende però solo alcuni aspetti del superuomo nicciano, ovvero la coloritura antiborghese, aristocratica e imperialistica, forzandolo quindi in una condizione particolare.
D’Annunzio fu anche un’importante ideologo e politico, che lo coinvolse in diverse questioni di natura politica, che lo videro al centro dell’attenzione riguardo ad ardite imprese militari, soprattutto aree, mettendo in mostra quel suo esibizionismo, che mira a colpire ma non a riflettere, a persuadere ma non a convincere.
Il suo ideale è quello di nazionalismo. Tuttavia se si volesse ricondurre la sua ideologia ai fatti espressi nella sua vita, non sarebbe possibile in quanto segue ideali:
• Post-politici, dove non mira a conciliare le differenze tra le ideologie, o ad esaltare un’ideale, non è interessato da programmi, ma vuole ottenere il massimo utile dai meccanismi culturali della società di massa;
• Pre-politico, che mira ad una riduzione dell’io a puro istinto, a sensazione naturale. L’affermazione del soggetto coincide con la sua fusione panica nell’elemento naturale.
L’IMPRESA FIUMANA: “O FIUME O MORTE”
Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto, febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio
Gabriele D'Annunzio
11 settembre 1919
Così Gabriele D'Annunzio scriveva a Benito Mussolini: iniziava l'impresa di Fiume.
D'Annunzio, che non ha mai rinunciato a rivendicare i diritti dell'Italia su Fiume, organizza un corpo di spedizione. A Venezia egli raggruppa gli ufficiali che fanno parte di un nucleo d'agitazione che ha per motto "O Fiume o morte!". Questi ufficiali assicurano a D'Annunzio un contingente armato di circa mille uomini, ai quali altri se ne aggiungono poi durante la marcia sulla città irredenta.
Gabriele D'Annunzio si nomina capo del corpo di spedizione e il giorno 12 settembre 1919 entra in fiume alla testa delle truppe. La popolazione alla vista di questa entrata acclama le truppe di granatieri italiani ed il “poeta- soldato”.
L'impresa di D'Annunzio riesce anche grazie alla compiacente collaborazione del generale Pittaluga, comandante delle truppe italiane schierate davanti a Fiume, il quale concede via libera al piccolo esercito. Le truppe alleate nella città non oppongono resistenza e sgomberano il territorio chiedendo l'onore delle armi. Di fronte al colpo di mano il presidente Nitti, nel duplice intento di salvare la nazione da un pronunciamento militare e di non provocare incidenti internazionali, pronuncia un violento discorso: "L'Italia del mezzo milione di morti non deve perdersi per follie o per sport romantici e letterari dei vanesi". Mussolini, fronteggiando l'attacco contro il suo amico D'Annunzio, scrive sulle colonne del Popolo d'Italia:
"Il suo discorso è spaventosamente vile. La collera acre e bestiale di Nitti è provocata dalla paura che egli ha degli alleati. Questo uomo presenta continuamente un’Italia vile e tremebonda dinanzi al sinedrio dei lupi, delle volpi, degli sciacalli di Parigi. E crede con questo di ottenere pietà. E crede che facendosi piccini, che sminuendosi, prosternandosi, si ottenga qualche cosa. E' più facile il contrario".
D'Annunzio non reagisce agli attacchi del Presidente del Consiglio come Mussolini, ma conia per Nitti un soprannome, nel quale c'è tutto il suo disprezzo per il moderato che disapprova "le gesta sportive". Lo battezza "Cagoja".
20 settembre 1919. Gabriele D'Annunzio ottiene i pieni poteri e comincia a firmare decreti qualificandosi "Comandante della città di Fiume". Il 16 ottobre le truppe regolari dell'esercito continuano a bloccare la città e D'Annunzio dichiara Fiume "piazzaforte in tempo di guerra". Questo gli consente di applicare tutte le leggi del codice militare che in tal caso prevede anche la pena di morte con immediata esecuzione per chiunque si opponga alla causa Fiumana.
Il plebiscito del 26 ottobre segna il trionfo di D'Annunzio che ottiene 6999 voti favorevoli all'annessione su 7155 cittadini fiumani votanti.
Nel frattempo le potenze alleate ammoniscono il governo italiano sulle complicazioni che l'impresa fiumana può portare nelle trattative ma la loro presa di posizione è abbastanza moderata, tale da indurre Nitti a non intervenire con la forza contro D'Annunzio, ma a intavolare con lui pacifici negoziati. Arriviamo così alla vigilia delle elezioni. D'Annunzio riprende la sua attività espansionistica ed il 14 novembre sbarca a Zara, debolmente contrastato dal governatore militare. Occupata Zara, D'Annunzio riparte pochi giorni dopo lasciando una guarnigione a presidiare la città.
Gli italiani vanno alle urne ignorando le ultime imprese di D'Annunzio, perché il governo blocca la notizia attraverso la censura, temendo che il nuovo fatto d’armi possa mutare il corso della consultazione. Le elezioni del 1919 vedono la sconfitta dei fascisti e nel giugno del 1920 Giolitti subentra come Presidente del Consiglio a Nitti.
Il 1920 vede la conclusione definitiva dell'avventura fiumana di Gabriele D'Annunzio.
I rappresentanti delle potenze alleate si riuniscono a Rapallo. Il 12 novembre viene firmato un trattato che dichiara Fiume stato indipendente e assegna la Dalmazia alla Jugoslavia tranne la città di Zara che passa all'Italia. Il "poeta soldato" viene invitato ad andarsene da Fiume. Questa volta l'esercito e la marina italiana non potranno più mostrarsi compiacenti con D'Annunzio. Il generale Enrico Caviglia viene inviato a Fiume per far sgomberare la città dagli occupanti. E' Natale. D'Annunzio dichiara che quello sarà un “Natale di sangue” e promette che verserà anche il suo, ma il generale Caviglia ordina ad una nave da guerra di aprire il fuoco contro il palazzo del governo. Le prime bordate segnarono la fine dell'avventura di D'Annunzio.
DECADENTISMO
COME SI SVILUPPA…
In contrapposizione alle ideologie e al pensiero scientifico, che stava influenzando gran parte della cultura europea, dando vita a movimenti culturali come il NATURALISMO, nasce il DECADENTISMO.
Il termine Decadentismo, indica la decadenza o il tramonto di una cultura, in questo caso quella romantica, a cui segue l’origine di una nuova, basata sull’estetismo, perciò sul culto della bellezza e sul piacere.
Il primo romanzo d’impronta estetica è “A REBOURS “ del francese Huysmans.
Il decadentismo, mira ad esaltare la figura dell’intellettuale rispetto alla società di massa nascente, recuperando i valori classici e tradizionali, rivalutando il privilegio del ruolo dell’artista, e dando origine alla figura del DANDY, del POETA-VATE e del SUPERUOMO. Tutti questi atteggiamenti si identificano perfettamente nella nuova società, dove l’artista, esaltando la sua figura, facendo della propria vita un’opera d’arte che tende all’inimitabilità, diventa un vero e proprio mito, con lo scopo di pubblicizzare il proprio lavoro, soddisfacendo perfettamente le esigenze del pubblico e della società volte alla mercificazione dell’arte. Uno dei personaggi che riassume tutte queste caratteristiche è GABRIELE D’ANNUNZIO che con il romanzo “IL PIACERE” inaugura il decadentismo italiano (1890-1910/20), e ad altri scrittori europei come l’inglese OSCAR WILDE.
Da un punto di vista stilistico e letterario, tende quindi alla rappresentazione tramite simboli, attraverso cui il poeta con l’intuizione mistica, panica e magica, rivela nel particolare l’universale, prediligendo l’irrazionalità e lo studio profondo dell’inconscio, dell’ignoto e dell’immaginario.
Questo movimento è mosso inoltre da ideologie IMPERIALISTE e NAZIONALISTE e si rifà alle seguenti linee guida:
• Rifiuto del metodo scientifico e razionale e predisposizione ad atteggiamenti irrazionalistici, ispirati al sensualismo o al misticismo;
• Soggettivismo e individualismo: l’arte è intesa come mezzo d’espressione del soggetto delle sensazioni di vita interiore e sensuale. L’artista e’ un personaggio isolato ed eccezionale;
• Scoperta dell’inconscio: attraverso l’arte si esprimono le associazioni dell’io, i presentimenti e collegamenti tra il mistero dell’anima e della vita stessa dell’universo;
• Ricorso al simbolismo: corrispondenza fra l’anima del soggetto e la vita dell’universo, il ricorso alla metafora e alla sinestesia;
• Estetismo e religione dell’arte: i decadenti affermano l’autonomia dell’arte attraverso la teoria dell’arte per l’arte, liberandosi dai criteri di natura morale –politica -sociali; affermano anche la superiorità dell’arte, basandosi sull’ESTETISMO, sul culto della bellezza come ragione di vita e vera e propria religione;
• Concezione del poeta come artefice supremo o poeta-vate: la poesia è concepita come rivelazione dell’assoluto, quindi il poeta è mediatore o sacerdote di questa rivelazione. L’artista è inventore e creatore, non deve più imitare la vita, come i naturalisti, ma crearla.
DANDY
La figura del dandy nasce in Inghilterra con il romanticismo, ma si diffonde in Europa negli anni del Decadentismo, grazie soprattutto all’esempio di Oscar Wilde. Il dandy è l’eccentrico che si diverte a stupire e a colpire l’attenzione del pubblico, con gli atteggiamenti, con il modo di vestire, di vivere, con i gesti provocatori. Esibisce la propria “diversità”, cerca di imporla e di servirsene come trampolino di lancio per il successo. Si diverte dunque a scandalizzare e a provocare, ma in realtà vuole il riconoscimento del pubblico. La figura del dandy presuppone l’isolamento sociale dell’artista e la spinta della concorrenza lo induce a differenziarsi con gesti clamorosi; rivela anche quanto sia ambiguo il suo anticonformismo: dietro la rivolta si nasconde in realtà il desiderio di successo. Questo personaggio bene esprime, dunque, il destino dell’artista nella società che mercifica l’arte, in cui l’artista deve fare propaganda a se stesso per vendere i propri prodotti.
ESTETISMO
E’ un fenomeno letterario e di costume legato alla poetica del Decadentismo. Il suo atteggiamento principale sta nell’esaltazione della bellezza e dell’arte come sostituti dei valori tradizionali, e si manifesta nella ricerca dell’oggetto o della parola rari e squisiti, nel gusto per l’esotico e per gli aspetti più morbosi della sessualità. L’esteta o il dandy è spesso il protagonista delle opere decadenti, come ad esempio ne “Il piacere” di D’Annunzio.
POETA-VATE
In italiano la parola vate significa profeta o anche poeta di alta e nobile ispirazione morale e civile.
Nel linguaggio critico l’espressione assume due significati: può essere riferita alla letteratura italiana dell’ottocento, che indicava la funzione dello scrittore romantico-risorgimentale il quale guida il processo storico e ne anticipa o profetizza gli sviluppi futuri. In questo caso vengono citati Foscolo e Leopardi.
Oppure si riferisce anche alle letterature romantiche nordiche e decadenti europee, indicando la funzione oracolare e sacerdotale del poeta, considerato interprete privilegiato e rivelatore dei significati profondi della natura e della vita, in cui prevale l’aspetto mistico religioso ed estetizzante.
OSCAR WILDE
A major spokesman for the Aesthetic movement in the late 19th century and an advocate of “Art for art’s sake”, who proposes that beauty has no utilitarian value and is independent of morality, is Oscar Wilde. He was born in Dublin, Ireland, in 1854, by professional and literary, but also very eccentric, parents. His strange childhood, so, contributed to Wilde’s later homosexual inclinations. During the years of the school he was well known for his intelligence, his ostentatious dresses and his eccentric behaviour as well as for his aestheticism. He was an anti-conformist, a wonderful entertainer and a brilliant talker; his conversation was a provocative combination of satire, paradox and epigram through which every Victorian institution and value was criticized and ridiculed. He was deeply impressed by the teachings of the English writers John Ruskin, a critic of art, for his social ideas and for his ideas on the beauty of manual work; and Walter Pater, the theorist of aestheticism, who put in evidence the central importance of art in life and particularly on the aesthetic intensity by which life should be lived (the life imitated the art and not vice versa).
In the early 1880s, when the Aestheticism is the rage and despair of literary London, Wilde established himself in social and artistic circles. To shock society and to attract attention to himself, he began to dress in an eccentric and strange way, walking often up and down Piccadilly with a sun-flower in the hands. This exhibition gave him frequent caricatures and many invitations from London society, which were attracted by his temper and his brilliant conversation. In particular his literary prestige increased thanks to the novel “The picture of Dorian Gray”, a work which made him rich and famous. But Wilde’s fortune changed because he was accused to have an homosexual relationship. For this fact Wilde was arrested, tried and sentenced to two years’ hard labour.
The name of Wilde was connected with Aestheticism and Decadentism although he was different by others “decadents”, because he didn’t isolate himself from the world, from the society, but he tried to become popular. Until 1895 his life was characterized by “Hedonism” (a doctrine that considers pleasures as the greatest virtue). Influenced, in fact, by Pater and Huysmans’ novel he wrote “The picture of Dorian Gray”, which spoke about a beautiful (but immoral) young man, who tried to remain young and beautiful, while the signs of the passing years and dissipation appeared on the retract that an artist hade made for him. The face in the picture became gradually so horrible that Dorian finally stabbed it and died. In that moment the picture became beautiful and all the mysterious evil was presented on the odious face of Dorian.
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Esempio



  


  1. Francesca

    tesina sul decadentismo terza media

  2. nunzia

    tesina di inglese - estatismo - oscar wilde