Il coraggio delle proprie idee

Materie:Tesina
Categoria:Multidisciplinare

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Testo

Esame Di Stato
Anno scolastico 2008-2009
Liceo Scientifico “Galileo Galilei” Terni
Manni Chiara
Classe 5° C
Il Coraggio
Delle Idee
…Introduzione
“Mi resi conto […] che da un punto di vista storico, le teorie scientifiche derivano dai miti, e che un mito può contenere importanti anticipazioni delle teorie scientifiche” (Karl Popper – congetture e confutazioni).
In questo modo Karl Popper, uno dei più quotati filosofi del ‘900, indica quanto, secondo lui, sia importante il mito, la fantasia, la creatività, per arrivare alla verità scientifica. Popper fa riferimento solo alla scienza e al suo sviluppo, ma i suoi concetti e le sue teorie possono benissimo essere generalizzate a tutti gli ambiti.
Il mito è l’idea, buona o cattiva, giusta o sbagliata, sperimentale o teorica, motivata o meno; comunque sia, ogni invenzione, ogni scoperta, ogni miglioramento che ha permesso all’uomo di passare dall’età della pietra alla conquista spaziale, ha avuto origine da un pensiero, nato forse per caso.
In questo elaborato si tenterà di descrivere questo complicato e sfaccettato processo, in cui le idee nascono, prendono forma, si sviluppano e sono sostenute dal creatore fino a quando vengono accettate dalla società e messe in pratica. Ogni personaggio analizzato è stato, nel suo campo, un innovatore. Ciò non vuol dire che ognuno di questi abbia prodotto, nei suoi pensieri, delle teorie o delle idee vincenti sotto tutti gli aspetti, inattaccabili, non criticabili e perfette. Ciò che si vuole evidenziare è proprio il contrario: l’idea, la sua genesi, e soprattutto la battaglia che gli ideatori hanno dovuto sostenere per farsi ascoltare, in mezzo a un mondo concorrenziale, poliedrico e iper-critico. Verrà inoltre analizzata la strategia utilizzata per riuscire nei propri intenti e farsi strada attraverso la selva di tutte le altre idee presenti.
Questo elaborato racconta la storia di uomini, comuni, che per tutta la vita hanno seguito e perseguito lo stesso obiettivo. Il risultato, al momento, non importava, era di secondo piano, quello che premeva a questi uomini era imporsi, quasi a voler gridare che erano vivi, che avevano qualcosa da proporre.
Presi singolarmente però, presentano enormi differenze l’uno dall’altro: c’è chi da una semplice osservazione trae conclusioni affrettate, senza curarsi del motivo, con l’intento di occuparsene solo in un secondo momento, dopo che l’idea è stata consolidata nella mente. C’è chi è mosso dalla pura passione, dall’amore per il proprio lavoro, dalla disumana dedizione, facendo miriadi di sperimentazioni, prove e verifiche, per svelare misteri e incoerenze. C’è chi è addirittura capace di lasciare tutto, abbandonare per un momento i propri agi e abitudini, per capire, fisicamente, com’è la vita a contatto con una realtà totalmente differente. C’è infine chi è disposto a tutto per affermarsi, chi è autore di trovate sempre nuove, per farsi conoscere e raccogliere consensi sempre maggiori.
In ordine essi sono: Alfred Wegener, Enrico Fermi, George Orwell e Gabriele D’Annunzio.
Sono Figure che non hanno niente in comune, se non quell’energia infinita proveniente dalla loro volontà e utilizzata nelle loro azioni, che rimarranno, in ogni caso, qualsiasi cosa essi abbiano detto, nella storia. Ciò è tutto merito loro e della loro testardaggine.
Anche i modi con cui sono riusciti ad emergere dalla massa e a diventare famosi sono del tutto differenti. Un uomo come Alfred Wegener ha vissuto per tutta la vita essendo criticato, schernito e non preso in considerazione, anche se anni dopo, se fosse stato vivo, avrebbe sicuramente guadagnato fama e stima da tutti. Nonostante questo però, fino alla fine, è rimasto sempre fedele alla sua idea, non tradendola mai, continuando a correggerla e a rivederla. Un uomo come Gabriele D’Annunzio, al contrario, ha goduto per tutta la sua esistenza di fama, popolarità, donne e quant’altro: poteva avere tutto dalla vita, grazie alla sua abilità di poeta, predicatore e guidatore di folle, ma non si è mai accontentato, ha voluto provare esperienze sempre nuove, andando incontro a disgrazie come la bancarotta, la perdita dell’occhio destro, e passare l’ultima parte della sua vita ritirato e isolato nella sua “villa-mausoleo” del Lago di Garda.
Senza questi uomini forse la storia non sarebbe la stessa.
Senza Wegener forse non sarebbe mai esistito un Harry Hammond Hess (geologo), fondatore della teoria della espansione dei fondali oceanici, tutt’oggi utilizzata;
Senza Enrico Fermi forse lo studio della fisica moderna atomistica non sarebbe stato producente allo stesso modo;
Senza Gabriele D’Annunzio forse tutte le persone scontente della “vittoria mutilata” italiana dopo la prima guerra mondiale non avrebbero potuto trovare un riferimento;
Senza George Orwell forse ora non saremmo così sensibili sulle terribili tirannie dei totalitarismi e sull’inutilità di tutte le rivoluzioni violente.
Sia che il processo evolutivo di un’idea proceda secondo il modello Popperiano (falsificazioni successive), sia che proceda secondo quello di Kuhn (successive rivoluzioni scientifiche), tutti sono d’accordo sul punto di partenza:
un’idea, per quanto strana, pazza e bizzarra, seppur formulata con cognizione di causa, è da ascoltare ed esaminare, poiché potrebbe contenere delle importanti verità.
Per questo chiunque non combatte per le proprie idee, chi non ha il coraggio di quel che pensa, è il criminale peggiore che esista su questa terra.
Enrico Fermi diceva al suo allievo, collega ed amico Ettore Majorana:
“Avevi capito tutto e hai rovinato tutto
Ma lo sai cosa hai fatto?
Uno scienziato che brucia il suo lavoro è come un padre che uccide il proprio figlio
Sei un criminale…e della specie peggiore” 1
Indice:
Il coraggio delle idee, perché proprio loro?.......................................................pag. 6
Enrico Fermi e I Ragazzi Di Via Panisperna…………………………………………...pag. 9
Gabriele D’Annunzio………………………………………………………………...pag. 16
Alfred Wegener……………………………………………………………………..pag. 22
George Orwell………………………………………………………………………pag. 29
Karl Popper e Thomas Kuhn…………………………………………………………pag. 35
Karl Popper……………………………………………………………..… pag. 36
Thomas Kuhn…………………………………………………………….…pag. 40
Bibliografia………………………………………………………………………pag. 43
Il Coraggio Delle Idee:
perché proprio loro?
I Ragazzi Di Via Panisperna:
Sono il simbolo della voglia di conoscenza, il simbolo dello sperimentalismo degli anni ’30. Sono la prova vivente di quanto, in quegli anni, ci fosse la febbrile corsa alla scoperta, alla ricerca dell’ignoto, per sfamare la brama di conoscenza dell’uomo, disorientato dalle nuove meraviglie che gli si presentano davanti, meraviglie microscopiche, insignificanti all’occhio umano, ma così importanti per la vita: gli atomi, il loro nucleo, la forza da loro esercitata, le loro conseguenze, il loro comportamento, il loro decadimento.
Furono un gruppo di ragazzini, prima studenti, poi insegnanti. Giovani uomini mossi soltanto dalla voglia di scoprire qualcosa di nuovo, non solo per la comunità, o la bramosia di diventare famosi, ma soprattutto per sé stessi. Secondo loro la scienza non è solo un mezzo per migliorare le condizioni di vita dell’umanità, o peggio, per migliorare il proprio stato sociale.
No, essa è anche bellezza, perfezione, da apprezzare e fare propria.
Nei loro esperimenti c’è tutto l’amore che una madre potrebbe mettere con il proprio figlio. Si dice che Enrico Fermi, capostipite del gruppo, non sia stato presente al momento del parto della moglie, poiché era nel suo laboratorio insieme ai compagni ad osservare interessanti risultati.
Il loro genuino attaccamento alla scienza, la loro giovinezza, e, forse, la loro ingenuità di fronte a quel mondo pieno di competizione che era la scienza, tutte queste caratteristiche, rappresentano proprio la loro principale forza e, probabilmente, la ragione per cui riuscirono ad arrivare a così importanti risultati.
• Enrico Fermi: è il capostipite del gruppo, colui che ebbe l’idea di crearlo, come fosse una moderna equipe di scienziati uniti sotto lo stesso obiettivo. Neanche a dirlo, fu il personaggio che ebbe maggior successo di tutti e portò a compimento valide teorie (studio dei neutroni lenti, decadimento beta) che ancora oggi vengono studiate.
• Ettore Majorana: si potrebbe obiettare che un matematico non ha nulla a che fare con un gruppo di fisici sperimentali. Ebbene questo è del tutto errato. Senza il contributo di Majorana, per quanto riguarda i problemi teorici, nessuno di questo gruppo sarebbe potuto arrivare ai risultati ottenuti. l’amore per la matematica, pura, fine a sé stessa, gli conferiva una capacità di calcolo enorme, infatti fu una vera autorità in materia, e chiunque chiedeva aiuto a lui quando aveva un problema.
Purtroppo questo gruppo di eminenti personaggi, ha vita breve. Chissà quante e quali altre scoperte avrebbero potuto fare se fossero stati insieme. Purtroppo invece, alle porte della seconda guerra mondiale, ognuno prese strade diverse, per colpa di problemi razziali e pochi finanziamenti per la ricerca. Essi dovettero andare all’estero per avere i finanziamenti necessari e sfruttare appieno le proprie capacità. Un esempio lampante è proprio Enrico Fermi (si osservi la sezione dedicatagli).
Gabriele D’Annunzio (una buona idea potrebbe essere anche Foscolo per il fatto che ha rinunciato alla direzione del giornale per esiliarsi volontariamente,..)
Definito da alcuni libri di testo come il poeta soldato. Considerato da tutti bambino prodigio, è sempre stato al centro dell’attenzione, e non gli è mai dispiaciuto, anzi.
Sicuramente è stato un uomo che ha saputo prendere in mano la sua vita, che non ha mai perso tempo: già da giovanissimo comincia a scrivere e a pubblicare opere (16 anni), diventa poeta affermato, aviatore, soldato, sollevatore di folle, comandante di esercito, e anche principe, nominato nientemeno che da Benito Mussolini.
Questa voglia di vivere, di non perdere nemmeno un secondo di vita, è stato il tormento per tutta la sua esistenza. Egli preferiva morire che stare fermo ad aspettare passivamente gli eventi. Lo specchio di questo atteggiamento è la sua vita: frenetica, sempre in movimento, mai con la stessa donna. Questa turbolenza alla fine lo porterà quasi alla morte, terminando la sua vita ritirato in una villa sul lago di Garda a contemplare sé stesso.
Il suo coraggio sta nell’essersi sempre saputo mettere in discussione, di aver creduto nei suoi ideali sempre, e di aver saputo essere un trascinatore.
Infatti, come vedremo nel corso dell’elaborato, egli era consapevole che non bastava soltanto un’idea, ma bisognava anche studiare come proporre questa idea alla gente, come farsi accettare e farsi seguire.
Per questo egli, oltre che stimato poeta, fu anche uomo di spettacolo, commediante, e soprattutto, inventore di motti e di trovate pubblicitarie.
Questo modo di porsi poi, sarà quello che adotterà anche Mussolini: sapere come “vendersi”, come “pubblicizzarsi”, è una dote fondamentale per un uomo di spicco nella società.
E questo, D’Annunzio, lo sapeva bene.
Alfred Wegener:
Quest’uomo è forse il più rappresentativo per quanto riguarda “il coraggio delle idee”;egli ebbe un’intuizione, scaturitagli dalla semplice e misera osservazione: la deriva dei continenti. Solo più tardi cercò di spiegare quell’intuizione così innovativa, ma così rivoluzionaria. In questo mondo però, si sa, senza il motivo, solo con la tesi, non si arriva da nessuna parte, aggiungerei, giustamente. Agli occhi degli altri scienziati infatti la sua “rivoluzione”sembrava solo una teoria strampalata. Pochissimi sono stati i suoi sostenitori, moltissimi invece, i critici.
La cosa stupefacente, è che alla fine, Wegener aveva ragione!
Dopo le prime critiche infatti egli corresse la sua teoria, cercando di dare spiegazioni alle cause prime che avevano generato quegli enormi movimenti, ma senza particolari successi.
Nonostante le critiche, le derisioni, tutte le avversità, egli perseguì fino in fondo le sue idee, con un coraggio quasi senza precedenti, quasi come fosse il Galileo dell’era moderna.
La sua opera quindi, la sua idea, seppur incompleta e lacunosa, ha proiettato gli studi in una direzione nuova, rivoluzionaria, ed è per questo che a pieno diritto, Alfred Wegener, andrà ricordato per sempre.
George Orwell:
Egli fu l’uomo che rifiutò tutto quanto aveva: il suo status sociale, il suo paese, il suo credo politico.
Tutto questo per riuscire a scrivere, nelle sue opere, la verità, obiettiva, non più vista dall’alto verso il basso, per quanto umana, ma dallo stesso punto di partenza dei protagonisti dei suoi romanzi.
Il suo status sociale, la borghesia, non gli permetteva di capire come vivevano i meno abbienti, quelli che non avevano avuto come lui, gli stessi privilegi. Allora decise, coraggiosamente, di vivere per un piccolo periodo della sua vita in mezzo alla classe “meno fortunata”, e compiere lavori più umili, come il poliziotto.
Questo, e i numerosi viaggi al di fuori dell’Inghilterra, gli diedero una conoscenza globale enorme, e lo disillusero dai finti ideali borghesi.
Si rese conto infatti che il mondo, non stava andando come doveva, si stava pian piano distorcendo, alienando. Quel mondo che portava con sé la promessa di essere migliore con l’avvento del socialismo e del comunismo stile sovietico (suo partito favorito), divenne oggetto di aspre critiche per le violenze manifestate all’interno dei regimi totalitari.
Orwell capì, che nessuna rivoluzione, porta alla perfezione sognata.
Karl Popper, Thomas Kuhn:
Un idea nasce dall’intuizione, l’epistemologia è la branca della filosofia che si occupa del metodo corretto per arrivare a una idea buona, o comunque utile allo sviluppo di teorie innovative e corrette da un punto di vista logico.
• Karl Popper: è un epistemologo famosissimo, considerato uno dei più eminenti epistemologi e, in generale, della filosofia del 900.
È fondamentale per Popper porsi domande sempre nuove, per progredire nello sviluppo dell’uomo. Una vita senza problemi, è una vita senza progresso. Maggiori gradi di conoscenza, secondo Popper, si ottengono per accumulo di falsificazioni (per maggiori spiegazioni si osservi la sezione dedicata)
Quello che conta è che Karl Popper considera ogni tipo di idea valida da un punto di vista conoscitivo, perché anche se completamente sbagliata, essa permette delle confutazioni, quindi uno stimolo per la scienza e l’umanità a cercare una verità migliore (ad esempio l’astrologia seppur su basi non scientifiche afferma che i pianeti influiscono sulla nostra vita). Il compito di ogni uomo quindi, è quello di avere il coraggio di mostrare sé stessi e le proprie idee, senza paura di sbagliare, poiché anche un’idea sbagliata, contribuisce al progresso. Senza le idee sbagliate, quindi, non si potrebbe mai arrivare a delle idee giuste.
• Thomas Kuhn: è uno dei maggiori esponenti dell’epistemologia post-popperiana, e uno dei suoi più ferventi critici. Più che altro viene ricordato per il suo minuzioso studio sulle rivoluzioni scientifiche (si osservi la sezione dedicata). Quel che conta è che Kuhn faccia notare come, quando avviene una rivoluzione scientifica, il sistema della conoscenza venga completamente ribaltato, e come le teorie (pre e post rivoluzione)siano tra di loro inconciliabili.
Un altro punto importante è l’importanza del “Consenso” che un’idea deve avere. Egli afferma infatti che senza un adeguato “confezionamento” dell’idea, essa è destinata a rimanere tale, con una conseguente perdita per tutti i possibili beneficiari.
Nella parte successiva si esaminerà ciascuno di questi personaggi per approfondire le loro idee, i loro pensieri e le loro opere.
Enrico Fermi e I Ragazzi Di Via Panisperna
I giovani autori della prima fissione nucleare inconsapevole
(Enrico Fermi in laboratorio)
(sede del Regio Istituto Di Fisica a Roma, via Panisperna)
I ragazzi di via panisperna sono un gruppo di studenti giovanissimi, discepoli del già celebre fisico Enrico Fermi, così chiamati poiché lavoravano presso l’istituto a Roma di via Panisperna. Fermi insieme a tutto il gruppo, conduce molti esperimenti innovativi preso il Regio istituto di Fisica dell'Università di Roma. Tutti sono mossi da un obiettivo comune: la conoscenza in profondità dell’atomo e delle sue proprietà, che fino ad allora aveva dato origini solo a teorie parziali e non soddisfacenti. Grazie alla collaborazione del direttore, Orso Maria Orbino, l’università diventa un vero e proprio centro di ricerca nel quale Fermi e i suoi studiano sperimentalmente le proprietà del nucleo atomico.
Le loro ricerche di laboratorio riguardarono inizialmente la spettroscopia atomica e molecolare, quindi si orientarono verso lo studio sperimentale del nucleo atomico.
Il Gruppo
Come abbiamo già detto il gruppo era costituito da ragazzi giovanissimi. I principali e più importanti sono: Edoardo Amaldi, Franco Rasetti ed Emilio Segrè, ai quali nel 1934 si aggiunse Bruno Pontecorvo.
Le due figure principali però sono sempre stati Enrico Fermi (1901 – 1954), capo ed ideatore del gruppo, ed Ettore Majorana ( 1906 - 1938 scomparso), collaboratore per i problemi teorici.
Majorana si distingueva già durante il periodo di studi, tutti gli altri scienziati si rivolgevano a lui quando avevano bisogno di un consulto o di un aiuto. Il suo talento venne subito riconosciuto da Enrico Fermi, il quale lo convinse a iscriversi prima a fisica, e poi ai “ragazzi di via panisperna”.
Enrico ed Ettore: compagni di lavoro e amici
Enrico Fermi provava per Majorana sia ammirazione, in quanto matematico eccellente, sia puro affetto. I due infatti, nei loro scambi di idee e teorie si davano del “tu” e si comportavano proprio come due amici, mangiavano assieme, uscivano, eccetera, cosa che, a quei tempi, era rarissima tra professori, o peggio, tra un professore e un alunno.
Si dice che questo rapporto sia nato già dal primo giorno in cui si conobbero. Fermi sfidò Majorana, quando ancora era un suo studente, nella risoluzione di un problema di fisica. Majorana vinse: risolse l’esercizio in minor tempo e usando solamente un foglio di carta, mentre Fermi risolse sì l’esercizio, ma per farlo riempì un’intera lavagna
Fermi scrive di Majorana:
«Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango, che fanno del loro meglio ma non vanno lontano. C'è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza, fondamentale per lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni come Galileo e Newton. Ebbene Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha. Sfortunatamente gli mancava quel che è invece comune trovare negli altri uomini: il semplice buon senso.»
I Problemi Dopo Le Scoperte
Le loro ricerche di laboratorio riguardarono inizialmente la spettroscopia atomica e molecolare, quindi si orientarono verso lo studio sperimentale del nucleo atomico: attraverso il bombardamento di varie sostanze mediante neutroni, ottenuti irradiando il berillio con particelle alfa emesse dal radon, che è un gas fortemente radioattivo, fu possibile rendere artificialmente radioattivi numerosi elementi stabili. Sul versante teorico, importantissimi per la comprensione della struttura del nucleo atomico e delle forze che vi agiscono furono i lavori di Majorana (forze di Majorana).
Nel 1938, anche a causa delle leggi razziali e dell'ormai prossima seconda guerra mondiale, il gruppo si disperse e la maggior parte dei "ragazzi" emigrò all'estero. Del gruppo rimase in Italia solo Amaldi, che fu poi l'artefice della ricostruzione della fisica italiana nel dopoguerra e fra i fondatori del CERN.
Majorana inoltre aveva già intuito che le loro scoperte, nelle mani sbagliate, avrebbero potuto portare ad eventi catastrofici. Forse è anche per questo che ad un certo punto lasciò il suo lavoro a Roma e si ritirò a vita privata, per poi scomparire misteriosamente e non lasciare più nessuna traccia di sé (tutt’oggi non si sa come sia scomparso, ci sono solo molte ipotesi).
Sul finire del 1938, poco dopo la promulgazione in Italia delle cosiddette leggi razziali, Fermi si recò a Stoccolma per ricevere il premio Nobel, conferitogli per i suoi fondamentali contributi alla fisica dei neutroni, e di lì proseguì per gli Stati Uniti dove si stabilì (prendendo la cittadinanza nel 1944). La decisione di emigrare da parte di Fermi fu presa anche perché sua moglie, Laura Capon, era ebrea.
Come tutti sanno Enrico Fermi, dopo che si trasferì in America continuò le sue ricerche, e fu uno tra i creatori della famigerata “bomba atomica a fissione nucleare”. Egli fu costretto a scappare dall’Italia e a non tornare più.
Purtroppo però, portò con sé anche la sua mente, il suo spirito motivato alla ricerca e le sue scoperte.
Il film di Gianni Amelio: la storia umana di Enrico ed Ettore
La vicenda è ispirata ad una storia vera ed è ambientata negli anni Trenta quando, all'Istituto di Fisica di via Panisperna, a Roma, il fisico Enrico Fermi riuscì a coinvolgere un gruppo di ragazzi - Emilio, Bruno, Edoardo ed Ettore (oggi noti come: Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo, Edoardo Amaldi ed Ettore Majorana) - formando un gruppo di lavoro impegnato nella ricerca scientifica che porterà a grandi scoperte in campo della fisica nucleare.
Le vite - le ansie, e gli entusiasmi anche - di questi giovani sono raccontate con pathos e delicatezza al tempo stesso guardando principalmente al loro lato privato, con le loro energie giovanili, ma anche le paure e le debolezze.
La storia ha tra i filoni principali il rapporto tra Enrico e Ettore, col primo che finisce per essere un po' padre, un po' fratello maggiore di Ettore e con i tipici scontri (di dissapori che nascondono affetto) che ci sono in una famiglia. il regime politico, le leggi razziali, la scomparsa nel nulla di Ettore (morte sospetta o suicidio, non si saprà mai) che già avvertiva come le loro entusiasmanti scoperte nelle mani sbagliate avrebbero potuto essere potenti armi di distruzione (vedere con attenzione la scena ambientata nei campi siciliani) purtroppo si rivelano più decisivi dell'amore per la fisica che li aveva tanto uniti e i ragazzi prendono strade diverse.
Seguirà un approfondimento sul capostipite del gruppo, Enrico Fermi.
La Teoria Del Decadimento Beta
Legge del decadimento radioattivo
Ricordiamo la legge generale di questo fenomeno:
la legge con cui la massa varia in funzione del tempo è la stessa per tutti i corpi radioattivi ed è rappresentata dalla “curva di decadimento”, che è una curva esponenziale decrescente. Essa ha la proprietà caratteristica di ridursi alla metà in un intervallo di tempo costante detto “Periodo Di Dimezzamento”.
Dove N0 è il numero di nuclei radioattivi presenti all’istante t = 0, N(t) è il numero di nuclei “superstiti” all’istante t e è una costante tipica di ogni tipo nucleo, che è detta vita media del nucleo ed è legata al periodo di dimezzamento.
Il processo continua fino a che la sostanza non ha raggiunto la stabilità. Ad esempio nella famiglia dell’uranio, l’ultimo stadio del decadimento è il piombo, stabile e non radioattivo.
Negli anni successivi alla scoperta della radioattività è stato osservato un diverso comportamento delle particelle emesse dalle sostanze radioattive durante il decadimento. Le particelle emesse lasciavano negli strumenti di rivelazione delle tracce simili a delle scie. Quando era presente un campo magnetico le scie di alcune sostanze radioattive venivano deviate da un lato, altre restavano inalterate e altre venivano deviate dalla parte opposta.
• Particelle Alfa ⇒ vengono deviate da una parte
• Particelle Beta ⇒ vengono deviate dalla parte opposta
• Particelle Gamma ⇒ non subiscono deviazioni
Queste ricerche hanno portato alla conoscenza del fatto che la scia emessa nel caso dei raggi beta è dovuta al fatto che viene emesso un elettrone nel corso del decadimento beta. Il motivo per cui i tre tipi di raggi sono deviati in modo diverso dipende dalla diversa carica elettrica che hanno le particelle emesse: positive (si tratta di particelle alfa) nel caso decadimento alfa, negative (elettroni) nel caso del decadimento beta e neutro (si tratta di fotoni) nel caso del decadimento gamma.
In natura l'unico decadimento che si osserva spontaneamente è:
in cui un neutrone si trasforma in un protone e viene emesso un elettrone ed un anti-neutrino.
Normalmente il neutrone coinvolto si trova in un nucleo di un atomo e quello che si verifica, oltre alla emissione delle due particelle, è che l'atomo si trasforma in quello di un altro elemento (in quello con numero atomico (Z) successivo). La somma dei protoni e dei neutroni (A) all'interno del nucleo rimane invariata.
Cosa è innovativo?
Le forze nucleari, che tengono insieme i nuclei, sono la causa dei decadimenti alfa e le particelle emesse in qualche modo già pre-esistevano alla loro emissione.
Diverso è il caso del decadimento beta:
esso è un nuovo tipo di forza e fa sì che venga creata una coppia di particelle che non pre-esistevano nel nucleo. La coppia è formata da un elettrone (carico negativamente) e da un altro elettrone, paradossalmente neutro, e infinitamente con massa inferiore dell’elettrone “normale”: il neutrino (un milione di volte più leggero dell’elettrone).
Questa è la scoperta più importante di Enrico Fermi, ancora oggi valida, e ha posto le basi per lo studio della fisica moderna nucleare.
Lo Studio Dei Neutroni Lenti
Quando faceva ancora parte dei “ragazzi di via panisperna”, durante i suoi esperimenti di studio del nucleo, decise di bombardare questi ultimi con particelle neutre, i neutroni appunto.
Tra l’altro questa particella, nata ufficialmente nel 1933 ad opera dell’inglese Chadwick , fu intuita e scoperta anni prima da Ettore Majorana, ma non ebbe il coraggio di pubblicare la sua opera, la bruciò, e così il merito andò a Chadwick.
Il neutrone, elettricamente neutro, era l’unica particella capace di penetrare il nucleo.
Fermi riuscì, analizzando la sostanza prima e dopo il bombardamento, a capire che questa tecnica cambiava la struttura stessa della sostanza.
Successivamente si scoprì che più il neutrone era “lento”, più aveva probabilità di colpire i nuclei degli atomi, e quindi di provocare una reazione.
Il neutrone lento non è altro che un neutrone che ha perso energia a causa di urti elastici contro nuclei più leggeri che si trovano lungo il suo cammino.
Nei moderni reattori a fissione, infatti, i neutroni sono “alleggeriti” mediante l’introduzione di materiale leggero (moderatore).
Così facendo il neutrone colpisce inizialmente i nuclei del moderatore, più leggero, perde velocità, quindi rallenta, e solo successivamente colpisce la sostanza radioattiva interessata.
L’elaborazione di questa teoria fornì allo scienziato il premio nobel per la fisica nel 1938.
La Beffa!!!
Nel Paragrafo precedente abbiamo parlato, non a caso di fissione nucleare.
Riferendosi alla vita di Fermi però, nel 1938, anno del nobel per la teoria sui neutroni, nessuno mai aveva parlato di fissione nucleare.
Solo anni più tardi, dopo essersi trasferito in America, Fermi avrebbe introdotto il concetto, con il conseguente studio sulla reazione a catena della fissione che avrebbe portato alla creazione della bomba atomica.
Nel ’38 Fermi pensò di aver creato dal bombardamento neutronico dell’uranio due NUOVI elementi: l’esperio, e l’ausonio, con proprietà radioattive particolari e differenti dall’uranio originale.
Questa ipotesi è errata, poiché, in quell’esperimento Fermi, e i ragazzi di via panisperna, avevano assistito alla PRIMA REAZIONE DI FISSIONE NUCLEARE, INCONSAPEVOLMENTE!
Prima di capirlo però, la sua tesi fu pubblicata, contro la sua volontà tra l’altro, e la scoperta venne fatta solo più tardi, in America, dove le ricerche erano molto più finanziate e seguite, con il conseguente sviluppo, in America, della bomba atomica.
Gabriele D’Annunzio (1863 – 1938)
Il poeta soldato, amatore, giornalista e politico
(Gabriele D’Annunzio) (Gabriele D’Annunzio all’età di17 anni)

(Ritratto del poeta soldato) (Passione per l’aviazione)
Gabriele D'Annunzio è stato uno scrittore, drammaturgo e poeta italiano, simbolo del decadentismo ed eroe di guerra. Personaggio pubblico al di là del suo ruolo, eccentrico ed eclettico, discusso, amato od odiato, oltre a quella letteraria ebbe anche una notevole carriera politica.
Un personaggio sempre attento al volere della gente, consapevole dell’influenza che egli aveva sulle masse, seppe sempre sfruttare al meglio le sue idee e il suo pensiero tanto da diventare famoso e ammirato dalla gente, che lo ricordava anche, e a volte soprattutto, per le sue azioni nella società, più che per le sue opere letterarie.
La Vita
D’Annunzio nasce a Pescara il 12 marzo 1863. Egli viene da una famiglia agiata, di estrazione borghese. È considerato un bambino prodigio, infatti frequenta una scuola speciale, il famoso Cicognini di prato. Negli anni del collegio incontra il pittore Francesco Paolo Michetti che lo farà entrare nella sua casa di Francavilla, che comprendeva un vasto di numero di intellettuali, i quali gli permettono di esprimere e sviluppare al meglio le sue doti e le sue attitudini pittoriche e musicali.
Già dalla sua prima opera, Primo Vere (1876) dimostra una grande abilità propagandistica, infatti egli inscena la sua morte apparente, così da far risultare la sua opera più interessante e riuscendo a vendere molte più copie. Infatti secondo lui era molto importante l’apparenza e il modo di porsi nella società, quasi come fosse un esperto di “marketing” di oggi.
Tra i suoi vari soggiorni nelle città d’Italia, ricordiamo Roma, considerata da D’Annunzio come teatro di divertimenti, ma anche di speculazioni e frodi edilizie. In questo periodo della sua vita egli comincia a scrivere per i giornali, più che altro per sostenere il suo tenore di vita, che era sempre più mondano e sfrenato. Egli infatti considera il giornalismo come “miserabile fatica quotidiana!”.
Egli quindi alterna scrittura di poesia, il suo lavoro prediletto, ma meno redditizio, alla prosa, meno amata, ma più remunerativa, rifacendosi all’estetismo di Oscar Wilde, scrivendo a volte anche di temi erotici.
Egli ammette, impersonando il protagonista del suo romanzo “Il Piacere”, di trovare piacere nelle “cose inutili e belle”, pur essendo consapevole di rovinare sempre di più il suo patrimonio.
È costretto infatti a spostarsi da Roma, rifugiandosi nella Napoli intellettuale. In questi anni si sviluppa la passione per la musica, soprattutto di Wagner, poiché secondo lui ben spiegava i timori, le angosce della realtà e i sogni di possanza dell’uomo.
Data la sua popolarità, nel 1897 egli riesce a farsi eleggere nel parlamento, parlando di “estetizzazione della politica”. Nelle sue teorie parla di passione collettive e di esaltazione della forza. Infatti fa parte delle file della estrema destra.
Nei primi anni del ‘900 egli fa due incontri fondamentali. Il primo con la scoperta della filosofia Nietscheiana, che tratta del oltre-uomo, da lui erroneamente chiamato superuomo, cioè un essere umano capace di uscire dalle angosce della vita e di farsi strada attraverso le difficoltà.
Il secondo incontro è la celebre attrice teatrale Eleonora Duse, probabilmente la donna più importante della sua vita. Per la Duse egli scrive più di 20.000 versi, anche se le opere, cronologicamente, segnano la disfatta della loro relazione. “La figlia di Iorio”, una sua grande opera teatrale, infatti, è un successone, ma segna la fine dei rapporti tra i due.
D’Annunzio infatti è sempre stato un donnaiolo e ha sempre condotto una vita spregiudicata, tanto da suscitare amore e odio nella gente, a seconda della loro filosofia di vita.
In questo periodo (1909), fedele al suo ideale di “rinnovarsi o morire”, fece la sua prima esperienza di volo.
Siamo alle porte della prima guerra mondiale e D’Annunzio è pieno d’ammirazione per la motivazione dei giovani, che credevano nei rispettivi ideali politici.
Per questo motivo la sua letteratura subisce un profondo cambiamento, passando da letteratura dell’esteta a letteratura dell’impegno, la “scossa elettrica” che lo salva dalla vecchiaia.
Si arruola in marina, vuole distinguersi dalla massa, e far vedere che anche lui ha qualcosa da dire in questa guerra. Usando le sue parole: “Bisogna osare l’inosabile”. Avrà un incidente all’occhio destro, ma neanche questo lo fermerà.
Come tutti sanno egli è l’autore di quella che è passata alla storia come “l’impresa di fiume”, rifiutandosi di accettare le trattative di pace dopo la guerra, e sfruttando la sua popolarità, occupa la città, e manterrà il controllo per quasi un anno, dopodichè il movimento verrà represso da Giolitti.
Negli ultimi anni della sua vita egli si spegne lentamente. Non sceglie tra fascismo e socialismo, sta in una posizione intermedia, probabilmente anche perché si rende conto che ormai non gli interessa più, ed è troppo vecchio per continuare quella vita che tanto amava. Si ritira sul lago di Garda, il famoso Vittoriale, quello che poi diventerà il mausoleo D’Annunziano, circondandosi di sue opere, delle sue passioni, come se egli fosse, sempre usando le sue parole, il postero di sé stesso.

Personalità
Questa lunga descrizione della vita era necessaria per delineare la personalità di questo autore. È un personaggio eclettico, molto attento, alla moda, alle diverse correnti politiche, un uomo che ha sempre voluto primeggiare, essere famoso, essere sulla bocca di tutti. Non era interessato nei commenti negativi della gente, era consapevole che il suo stile di vita lo avrebbe portato alla rovina, ma non per questo si fermò, anzi andò sempre avanti per la sua strada, senza mai rendere conto a nessuno, quasi la sua vita gli scappasse di mano.
Nelle sue opere si rifà dapprima all’estetismo di Wilde, poi al superuomo di Nietsche. Queste due figure avevano in comune l’idea di distinguersi, di essere diversi per apparire, e soprattutto per riuscire.
La sua forza infatti è stata proprio questa: la sua personalità, la sua stranezza, la sua ecletticità, lo ha portato ad avere un seguito sempre maggiore. Questo, unito alla sua forte cultura e alla sua abilità nello scrivere, gli ha dato un potere di influenza enorme come si è visto nel corso della sua vita, arrivando a dei campi che non gli competevano per niente: la politica e l’occupazione di fiume.
Di fronte alla Prima Guerra Mondiale
Rifiutata la cattedra di letteratura italiana che era stata di Giovanni Pascoli, partecipò come volontario alla Prima guerra mondiale con alcune azioni dimostrative navali ed aeree e il volo su Vienna, che intimava agli Austriaci di arrendersi lanciando dal suo aereo dei volantini.
Nel 1915 ritornò in Italia, conducendo da subito una intensa propaganda interventista. Il discorso celebrativo che D'Annuzio pronuncia a Quarto (4 maggio 1915) suscita entusiastiche manifestazioni interventiste. D'Annunzio si arruola volontario. Nel gennaio del 1916, costretto a un atterraggio d'emergenza subì una lesione, all'altezza della tempia e dell'arcata sopraccigliare, sbattendo contro la mitragliatrice del suo aereo. Non curò la ferità per un mese, perdendo un occhio. Visse così un periodo di convalescenza, in cui fu assistito dalla figlia Renata. Ma ben presto tornò in guerra. Contro i consigli dei medici, continuò a partecipare ad azioni belliche aeree e di terra.
Questo fa ben capire quanto lo scrittore tenesse ai suoi ideali, e con quanta determinazione li perseguì. Avrebbe potuto continuare ad avere una vita più che agiata, data la sua fama e il suo precedente patrimonio, ma non sarebbe stata vita, non per lui.
L’impresa di Fiume
Nel 1919 organizzò un clamoroso colpo di mano para-militare, guidando una spedizione di "legionari" all'occupazione della città di Fiume, che le potenze alleate vincitrici non avevano assegnato all'Italia. Con questo gesto D'Annunzio raggiunse l'apice del processo di edificazione del proprio mito personale.
Il suo merito è quello di aver avvertito per primo il malcontento generale verso le condizioni di pace dopo la guerra. Egli infatti, come molti altri, appoggiandosi alle idee degli interventisti imperialisti (corrente di estrema destra formatasi durante la prima guerra mondiale) parla di “vittoria mutilata”. Questa insoddisfazione nasce dalla mancata annessione dei territori sull’adriatico in seguito all’opposizione delle potenze alleate.
Con queste parole D’Annunzio si rivolge a Mussolini, allora addirittura meno popolare di lui:
Mio caro compagno, il dado è tratto! Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto, febbricitante. Ma non è possibile differire. Anche una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio
Gabriele D'Annunzio
11 settembre 1919
Con questo gesto egli si definisce come nuovo Garibaldi, liberatore di una città oppressa, seguito da una legione di volontari (da sottolineare questa ultima parola).
Mussolini era molto compiaciuto di tale gesto, poiché anche lui era deluso dalle trattative di pace della prima guerra mondiale. La sete di conquista di D’Annunzio tuttavia non si placò: c’è chi dice che propose al futuro duce di voler fare una marcia su Roma per conquistare il potere. Mussolini riuscì a dissuaderlo, non perché non fosse d’accordo, ma probabilmente perché marciare su Roma era sempre stato un grande sogno, ma non voleva lasciare “l’onore” al poeta, a quel tempo, molto più popolare di lui.
Purtroppo l’abilità come comandante di D’Annunzio non era tale da durare. I suoi vizi e la quasi totale situazione di anarchia portarono inevitabilmente, dopo il Trattato Di Rapallo (potenze alleate riunite) , ma solo e soltanto un anno dopo, alla repressione da parte del governo Giolitti, costretto a un utilizzo considerevole delle armi, con conseguente spargimento di sangue.
Curiosità e motti
A conferma di quanto detto sopra, si può dire che D’Annunzio sia uno dei primi letterati che sappia come “vendere” la sua immagine, come diventare popolare, come trovare sempre nuove trovate pubblicitarie. Ricordiamo a questo proposito la scrittura a 16 anni di “Primo Vere”, per cui dopo l’uscita sparse voci sulla sua falsa morte per ricevere critiche, condoglianze, ma anche recensioni positive, dai più illustri critici del tempo.
Possiamo concludere con piccole curiosità significative:
• coniatore di neologismi, fu lui a privilegiare in Italia tra le tante varianti che allora si usavano la parola "automobile", in origine di genere maschile.
• Il nome La Rinascente, per gli omonimi grandi magazzini di Milano, fu scelto da Gabriele D'Annunzio in occasione della loro riapertura in seguito ad un periodo di inattività causato da un brutto incendio.
• Me Ne Frego, il grido di D'Annunzio alla guida dei legionari alla conquista di Fiume, diventato poi il motto delle Squadre d'azione fasciste.
Motti di guerra
• Memento Audēre Semper (ricorda di osare sempre)
o il più famoso di tutti, mostra il concetto sempre caro all’autore che il tempo non risparmia niente e nessuno, quindi ogni momento è valido per osare nella vita
• Semper Adamas (sempre adamantino, duro come il diamante)
• Immotus nec Iners (fermo ma non inerte)
La frase è di Orazio ed orna, come motto, lo stemma nobiliare di "Principe di Monte Nevoso"; il titolo di principe fu concesso a D'Annunzio Mussolini il 15 marzo 1924, dopo la definitiva annessione di Fiume all’Italia. Sembra evidente come la scelta di questo motto avesse un intento dichiaratamente polemico con lo stesso Duce. Nella raffigurazione, si vede la cima di un monte coperta di neve e sovrastata dalla costellazione dell’Orsa Maggiore.
Alfred Wegener (1880 – 1930)
il Meteorologo padre della geologia moderna
(Alfred Wegener)
(spedizione in Siberia) (ritratto durante la spedizione in Groenlandia)
Alfred Lothar Wegener è l’autore della celebre teoria della “deriva dei continenti”, presentata nel libro: The Origin of Continents and Oceans. Qui vediamo l’elaborazione di una teoria, portata avanti scientificamente, ma partita da una pura e semplice idea, nata dalla semplice osservazione; egli scrive:
L'idea della deriva dei continenti mi si presentò già nel 1910. Nell'esaminare la carta geografica dei due emisferi, ebbi l'impressione immediata della concordanza delle coste atlantiche, ma ritenendola improbabile non la presi per allora in considerazione. Nell'autunno del 1911, essendomi capitata in mano una relazione su un antico collegamento continentale tra il Brasile e l'Africa, venni a conoscenza dei risultati paleontologici ottenuti, a me ignoti fino allora. Ciò mi spinse a prendere in esame i dati acquisiti nel campo geologico e paleontologico riferentesi a questa questione: ora, le osservazioni fatte furono così notevoli che si radicò in me la convinzione dell'esattezza fondamentale di quell'idea. Idea che resi nota per la prima volta il 6 gennaio 1912, in una conferenza tenuta alla Società Geologica di Francoforte sul Meno su: "La formazione dei continenti e degli oceani in base alla geofisica".
Siamo nel 1912, anno di svolta per questo pioniere della scienza. Dopo questi anni continuò scrupolosamente nell’elaborazione della sua teoria, per tutta la vita, fino alla sua morte, colpito da un attacco cardiaco durante la sua terza e ultima spedizione in Groenlandia, dove analizzava le condizioni climatiche del posto.
Biografia
Nonostante le sue scoperte abbiano posto le basi della geologia moderna, Alfred Wegener non fu un geologo di professione. Nato a Berlino nel 1880 da una famiglia di pastori protestanti, studiosi di filologia classica, s'interessò giovanissimo alle scienze naturali. Studiò alle università di Innsbruck, Berlino e Heidelberg; nel 1904 si laureò in fisica e ottenne il dottorato in astronomia.
Appassionato di meteorologia, colpì i contemporanei innanzitutto per il suo spirito di avventura. Mentre il naturalista prussiano Alexander von Humboldt deteneva il primato di altezza in pallone per aver raggiunto i 5800 metri di quota, Alfred, dopo aver imparato ad usare aquiloni e palloni per osservazioni meteorologiche, stabilì nel 1906, assieme a suo fratello Kurt, il record mondiale di permanenza in volo aerostatico, con 52 ore ininterrotto di volo.
Nel 1906 compì la sua prima importante spedizione in Groenlandia (spedizione Mylius Erichsen, preparata in Danimarca) come meteorologo; inizia così la sua collaborazione e amicizia con il direttore dell'osservatorio di Amburgo, V. Köppen, del quale sposerà la figlia, Else.
Nel 1913 partecipò ad una seconda spedizione in Groenlandia con l'esploratore danese J.P. Koch, nota per la più lunga traversata a piedi della calotta polare mai effettuata.
Nello stesso anno sostituì il suocero alla direzione del dipartimento di ricerche meteorologiche dell'Osservatorio marino di Amburgo; nel 1918 fu nominato professore di meteorologia e geofisica all'università di Amburgo e nel 1924 ottenne una cattedra di meteorologia e geofisica all'università di Graz, in Austria, dove rimase sei anni.
A partire dal 1910, i suoi interessi si volsero decisamente verso il campo geofisico e si dedicò particolarmente all'elaborazione della teoria della deriva dei continenti cui ipotesi è formulata nel 1912 ne "La formazione dei continenti" e nel 1915 ne "La formazione dei continenti e degli oceani". Basandosi su prove di diverso tipo, infatti, propose la teoria secondo la quale i continenti fossero andati e andassero "alla deriva" e arrivò a ricostruire quale fosse stata la disposizione dei continenti e degli oceani nel passato geologico
Alfred Wegener morì nel 1930, probabilmente per un attacco cardiaco, nel corso di una terza spedizione in Groenlandia da lui guidata; il suo corpo sarà ritrovato solo nel maggio 1931.
Teoria della deriva dei continenti
Secondo la sua ipotesi nel Paleozoico e per quasi tutto il Triassico, le terre emerse furono raggruppate in un unico, enorme continente che lo stesso Wegener denominò Pangea. Le acque contemporaneamente costituivano un solo sterminato oceano denominato Panthalassa.
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Circa 200 milioni di anni fa la Pangea avrebbe cominciato a frammentarsi lentamente, dapprima in due parti: una a nord dell'equatore chiamata Laurasia che comprendeva il Nordamerica e l'Eurasia attuali e l'altra a sud, chiamata Gondwana, circondati entrambi dall'oceano denominato Thetys.


Lentamente i due supercontinenti, Laurasia e Gondwana si ruppero in parti più piccole che andarono alla deriva sulla costa oceanica fluida. La Laurasia andò alla deriva verso il Nord, mentre il blocco America del Sud-Africa si staccò dal blocco Australia-Antartide.
Durante il Cretaceo, il Sud America e l'Africa si erano già allontanati, mentre solo nel Neozoico Europa ed America Settentrionale si separarono definitivamente come avvenne per il Sud America e l’Antartide.

Prove a sostegno della Tesi
L’idea nacque da alcune semplici osservazioni che costituiscono comunque delle prove a fondamento della sua teoria.
Prove Geomorfologiche: le sponde geografiche dell’Africa e delle regioni meridionali del Sudamerica si potrebbero incastrare come i pezzi di un puzzle. Tale incastro si potrebbe giustificare solo accettando l’ipotesi di una passata unione dei due continenti. Questa prova venne subito messa in dubbio dai maggiori critici: l’incastro non risultava preciso e, in secondo luogo, molti ritenevano assai improbabile che la morfologia delle coste, continuamente sottoposte all’azione erosiva del mare, potesse essere rimasta inalterata per tempi così lunghi, conservando la corrispondenza iniziale.
Prove Paleontologiche: confrontando le sponde e i fossili ritrovati in varie parti del mondo, come ad esempio le due sponde dell’oceano atlantico, si è potuto osservare che sono sorprendentemente simili. È il caso di certi di rettili come il Mesosauro, o piante come la Glossotteris.

Prove Paleoclimatiche: conducendo ricerche anche sulla distribuzione dei climi del passato, rilevò in Sudamerica, Australia, Africa ed India, rocce sedimentarie paleozoiche deposte in ambiente glaciale, le tilliti, (morene fossili), mentre in Siberia, America settentrionale ed Europa centrosettentrionale trovò dei carboni fossili della stessa età delle tilliti, ma formate da resti vegetali tipici di climi tropicali. La particolare distribuzione di queste rocce poteva essere spiegata solo ammettendo che al momento della loro deposizione le terre soggette al clima glaciale fossero tutte unite tra di loro, così come dovevano esserlo quelle dove il clima era invece tropicale. Questo implica che originariamente, la Pangea doveva essere molto più spostata verso sud, di quanto non lo siano attualmente.
Problemi e Critiche
Il punto debole dell'impalcatura della teoria di Wegener era l'incertezza delle forze motrici, come egli stesso ammette:
" il Newton della teoria della deriva non è ancora apparso….E' probabile che la soluzione completa del problema delle forze motrici sia ancora lontana a venire, perché significa districare un groviglio di fenomeni interdipendenti in cui spesso è difficile distinguere la causa dall'effetto,"
Formulò tuttavia alcune ipotesi indicando due possibili componenti. Una cosiddetta forza di fuga dei poli che doveva spiegare i movimenti dei continenti verso l'equatore e una sorta di forza di marea per spiegare la deriva verso ovest dei continenti americani . la prima si basava sui principi della forza centrifuga, per cui la Terra, ruotando attorno a sé stessa, allontanasse i gruppi continentali sempre di più tra di loro. La seconda invece si basa sull’attrazione luni-solare, e sulla legge delle maree, per cui bisognerebbe ammettere uno spostamento del continente americano verso ovest.
Queste forze però sono troppo deboli sul nostro pianeta, ed è per questo che molti geologi gli si scagliarono contro:
Primo fra tutti Harold Jeffreys, geologo britannico. Egli calcolò che questi meccanismi erano troppo deboli per superare l’attrito tra i continenti e la crosta sottostante.
Anche Wegener dopo questa e molte altre critiche accettò il limite della sua affascinante teoria. Egli infatti, come già annunciato sopra, esclama che “il Newton della deriva non è ancora apparso”.
Sarà Harry Hammond Hess a compiere un nuovo importante passo verso lo studio della geologia, quello della teoria dell’espansione dei fondali oceanici.
È a lui che bisogna riferirsi per quanto riguarda l’evoluzione della teoria di Wegener.
Dopo l’accettazione della teoria do Hess si capì che quest’ultimo aveva avuto la giusta intuizione, ma non aveva trovato la causa.
Andando avanti con gli anni, si raggiungerà sempre più un perfezionamento di tutte queste teorie, fino ad arrivare alla odierna TETTONICA A ZOLLE (1970).
George Orwell (1903 – 1950)
The man against totalitarianism, without any prejudice2
(George Orwell) (Orwell broadcasting for the BBC)
(Animal Farm) (Nineteen Eighty-Four)
Eric Arthur Blair (25 June 1903 – 21 January 1950), better known by the pen name George Orwell, was an English author and journalist.
It is necessary to see both his life and his works to understand what he wanted to say.
He was born in India, one of the most important English colonies. He rejected his social class (English middle class) because he didn’t want to accept his starting point. He tried to be as objective as he could.
His Life
Eric Blair was born in India in 1903, Orwell was the son of a minor colonial official.
As a small child, he was taken to England by his mother, and spent a happy childhood. He was discontent of his school days, due to physical discomfort, loneliness, lack of privacy, humiliating punishments, pressure to conform to the values of the English public school tradition, such as the development of “Character”, a spirit of competition and a rigid adherence to discipline.
Orwell was developing an independent-minded personality, indifference to accepted values, and professed atheism and socialism.
In 1922 he became a policeman for the Indian Imperial Police. He remained there from 1922 to 1927.
His colonial experience inspired his first works (for example: “Shooting an Elephant”).
Back in London, he started a social experiment: wearing second-hand clothes, he spent short periods living in common lodging-houses. In this way he directly experienced poverty and learned how institutions for the poor, such as hostels, prisons and hospitals, worked.
When he ran out of money, he worked as a dishwasher in a hotel.
In December 1946 Orwell went to Catalonia to report on the Spanish civil war; here he was a witness to squalor and disorganisation but also found comradeship.
When the Second World War broke out, Orwell moved again to London (1941) and joined the BBC, broadcasting cultural and political programmes to India.
Throughout these years he also wrote many reviews and political articles for “The Observer”
He died of Tuberculosis in 1950.
Why he Wrote

In one of his most famous Essays, “Why I Write”, Orwell confessed that at the beginning of his life he had wanted to write naturalistic novels with unhappy endings, but he had always been fascinated by novels of criticism.
His principal aim was that of writing about reality and therefore of putting on a social function.
He wanted to educate, to persuade. This explains why subjective feelings pervade the critical and documentary work, and his most successful novels express political themes.
It is important to note that he was very objective in his works. Infact, as we have seen before, he refused to accept his social class and he rejected his country, too.
He believed in the impartiality of his thoughts.
However he was first of all an English writer in the sense he had a deep understandings of the English character, but he had the ability to move outside his country and its way of thinking, thanks to his various experiences abroad (Paris, North of England and Spain).
In this way he could appraise strengths and weakness of people, and discuss them with an impartial, penetrating, original insight.
Orwell’s life and works were also characterized by the unresolved conflict between his bourgeois background and education and his emotional identification with the working class.
Social Experiments, awareness of what he was writing of
During all his life he had different jobs. He was a policeman, a reporter, and even a dishwasher.
He rejected his social class and shared feelings and emotions with the poor, in a little part of his life.
So he is suited to write in an objective way. He is aware of the situation of the poor, and of people in general, and he knows what they think, what they want and what are discontent of.
Furthermore, he experienced totalitarianism directly, and he totally refused it. Though he was and remained for all of his life a socialist, he didn’t approve of the terrible actions of Stalin’s Soviet Union, and he didn’t miss to point out this topic in his two masterpieces:
• Animal Farm
• Nineteen Eighty-Four
His masterpieces: political themes, criticism against society
He always talked about political themes; he wanted to focus on reality, on the problems of society, and this is the reason why his works had a didactic aim.
It doesn’t mean that he wanted to publish or promote a political party.
He was against totalitarianism, from both sides.
Orwell believed that the writer had the responsibility to observe and record his age, and he should be independent. No good writing could come from following any party line.
Here is a description of his two masterpieces, written in the final part of his life.
Animal farm (1945)
This book is a short narrative describing a group of oppressed animals on a farm who are capable of speech and reason.
They, inspired by an old boar, overcome their cruel master and set up a revolutionary government.
The animals’ life is guided by seven commandments based on equality.
However this situation is gradually altered by the pigs that at the end arrogate themselves the privileges previously exercised by humans.
“All Animals are equal, but some animals are more equal than others”.
This work is a satiric representation of the Soviet Union situation. But not only: Orwell wanted to write a satire on dictatorship in general, as the fact he named the ruling pig “Napoleon” clearly shows.
Features:
• Multiple levels of interpretation
o Animal fable
o A novel of political criticism
o Satire on dictatorship
• Particular style
o Complex message in simple terms
• Humour and sarcasm
• Impersonality
o This feature strengthens the satirical elements and at the same time stimulates thought and disturbs emotions.
Failure of the revolutions
Orwell wants to point out that all revolutions fail to achieve the expectations of their promoters, and, in the end, the ideals that inspired them are disillusioned by the ruling elite (pigs), which concentrate power in their own hands.
So the book can be seen as a permanent parable which deals with permanent truth. This truth is wider than any literary interpretation.

Nineteen Eighty-Four (1949)
The novel describes a future England, no longed the head of an empire, but an outpost of Oceania, a vast totalitarian system, including North America and the British Empire, and extending over a third of the globe.
The work is divided into three parts.
• Part one: introduces the main character Winston Smith, in the context of an regimented oppressive world.
• Part two: his love for Julia, and the temporary happiness their relationship brings to both
• Part three: Winston’s imprisonment and torture by the thought-police, and the final loss of his intellectual integrity.
Orwell defined it as “a novel about the future”.
Even the title suggests the author’s target: to warn about the future and attack the present society. He wants to alert the readers that if totalitarianism continues to exist it will generate a dystopian world as it is written in the novel.
Features:
• Squalid and menacing London
o The city in the future is no more a safe place
• Nightmarish world with no privacy and no liberties
• Society subordinated to the State in every aspect
o The most famous citation is
“Big Brother is watching You”
• Parody, satire (as Gulliver’s Travels – Swift)
o Various styles and genres combined
o Documentary realism is always present
o Sympathy for millions of people persecuted and murdered during the war
• So famous and so popular that:
o It has been filmed, dramatised, adapted for television and translated in many languages
The last idealist and the last opponent of totalitarianism: Winston Smith
He is the protagonist of the novel. He is the only one who still believes in traditional humane values during this distopian totalitarian age.
He experiences directly with the decadence and the squalor of this future world, and he is progressively alienated from his traditional and humane thoughts. In the end his “human mind” doesn’t survive: he is imprisoned and he looses his intellectual integrity.
In a sense he can be seen as Orwell’s alter-ego. Even the author knows that this society, in his present, is alienating, and this novel is the projection of a world that continues on the road of totalitarianism
Karl Popper (1902 – 1994), Thomas Kuhn (1922 – 1996)
L’epistemologo per antonomasia e uno dei suoi discepoli più critici
(Karl Popper) (Karl Popper)

(Thomas Kuhn) (Thomas Kuhn)
Se fino ad ora abbiamo esaminato grandi pionieri, uomini motivati e innovatori, ora ci si domanda:
come si fa a rendere l’idea utilizzabile? Qual è il giusto processo conoscitivo per apprendere nuove nozioni e per far progredire l’uomo? Cosa è valido e cosa non lo è?
E ancora:
• Le leggi scientifiche sono incondizionatamente vere?
• Esiste e che cos’è il metodo scientifico?
• Che ruolo ha la storia rispetto alla scienza?
• Che ruolo ha l’individuo?
A tutte queste domande risponde il celeberrimo filosofo epistemologo Karl popper e tutti quelli dopo di lui (chiamati appunto post-popperiani), come ad esempio Thomas Kuhn
Karl Popper
«Ogniqualvolta una teoria ti sembra essere l’unica possibile, prendilo come un segno che non hai capito né la teoria né il problema che si intendeva risolvere. (Karl Popper, "Conoscenza oggettiva: un punto di vista evoluzionistico")»
Karl Raimund Popper (Vienna, 28 luglio 1902 - 17 settembre 1994), epistemologo austriaco di nascita, britannico d'adozione, è considerato uno dei più influenti filosofi della scienza del Novecento.
Popper è anche considerato un filosofo politico di statura considerevole, difensore della democrazia e del liberalismo e avversario di ogni forma di totalitarismo. Egli è noto per il rifiuto e la critica dell'induzione, la proposta della falsificabilità come criterio di demarcazione tra scienza e metafisica, la difesa della “società aperta”.
Tutti questi punti della sua teoria non sono divisibili, poiché il suo pensiero è organico e inscindibile, divideremo in paragrafi il pensiero solo per comodità.
L’induzione: la forma più sbagliata per conoscere
Il principio dell’induzione afferma che per conoscere un certo fenomeno bisogna partire dall’osservazione particolare di un evento, o meglio, di più eventi simili, per arrivare successivamente a una concezione generale.
Ciò, secondo Popper è sbagliato, poiché non si può mai arrivare all’osservazione completa di tutti gli eventi particolari di un certo fenomeno.
L’induzione cioè, non può essere giustificata logicamente:
osserviamo un gruppo di cigni: tutti bianchi. Tesi induttiva: tutti i cigni sono bianchi. Scientificamente erroneo, non si può pretendere a priori che non esista per assurdo un cigno nero.
Il procedimento corretto dell’induzione quindi, fatto correttamente, senza ammettere conoscenze a priori, sarebbe inevitabilmente infinito.
Per questo si introduce il concetto di falsificabilità: più il processo di falsificazione è attivo, più si progredisce in fretta.
Il Falsificazionismo
La teoria epistemologica si potrebbe schematizzare così:

Problema: sono la condizione necessaria allo sviluppo scientifico. Essi nascono dai contrasti e dalle liti degli scienziati con idee e opinioni diverse. Questa competizione è necessaria per il progresso, senza di questa, saremmo in una situazione di stasi perenne.
Congettura: sono le ipotesi, le alternative per risolvere i problemi. Ogni tipo di ipotesi è valida, basta che esse siano predisposte a un criterio di verificabilità, e non sostengano niente a priori.
Per questo anche teorie come l’astrologia e l’atomismo Democrideo sono ammesse in Popper. Ogni teoria disposta a verificabilità ha in se un propria verità. L’astrologia infatti, anche se partendo da presupposti errati, afferma che i pianeti influenzano la vita terrestre, e ciò è sicuramente vero (eventi sublunari)
Confutazione: cuore della teoria. Principio del Falsificazionismo. La congettura deve essere verificabile e verificata. Basta una smentita per invalidare il sistema. Se essa non si trova si parla di “teoria corroborata”.
La cosa più importante quindi è che ogni teoria possa venire falsificata, così da porre nuovi problemi, che genereranno nuove congetture, che genereranno nuove confutazioni e così via.
È un processo infinito, come l’induzione, ma, al contrario di quest’ultima, il falsificazionismo assicura teorie valide, almeno finché non vengono falsificate da un’altra.
Verità e certezza
Le due parole nella tesi Popperiana non hanno lo stesso significato.
Popper scrive:
“Aspiriamo alla verità, e spesso possiamo raggiungerla, anche se accade raramente, o mai, che possiamo essere del tutto certi di averla raggiunta (un uomo può scalare una montagna nella nebbia, e può non essere certo di avere raggiunto la vetta, ma egli può averla effettivamente raggiunta, e raggiungere la verità può non essere impossibile. La certezza non è un obiettivo degno di essere perseguito dalla scienza, la verità lo è.
Questo (razionalismo critico) implica che nessuna teoria è definitiva e infallibile, ma il processo di conoscenza è al contrario infinito e in continua evoluzione. Guai a giudicare certo qualcosa che è solo vero.
La Società Aperta
Popper afferma che una società per definirsi tale deve essere aperta e democratica.
Essa deve essere basata su libere elezioni e improntata a regole e valori in grado di evitare il generarsi di uno stato chiuso e totalitario, pericolosissimo per la libertà dell’individuo.
Nella società aperta è possibile dialogare, discutere, in modo da avvalorare quanto detto precedentemente nella sua teoria: confutare e falsificare per progredire.
La democrazia è necessaria per una giusta ed equa circolazione delle idee.
Non per questo però bisogna intendere che ognuno possa fare ciò che vuole.
Egli afferma infatti che lo stato è un male, perché di qualunque corrente sia, tende sempre a fare i suoi interessi, ma è un male necessario, poiché è l’unico organo capace di mantenere l’ordine e un grado di civiltà nella norma.
Egli scrive:
“La lotta società aperta ed i suoi nemici alla miseria deve essere condotta dal Governo, mentre la ricerca della felicità deve essere lasciata all'iniziativa privata. In altre parole bisogna essere socialisti al vertice e liberi imprenditori alla base.”
Pone alla base della sua formulazione dei concetti fondamentali e condivisibili:
1. la democrazia è necessaria.
a. Il governo può essere eliminato senza spargimento di sangue, al contrario della tirannide.
2. la democrazia non può assicurare la felicità del cittadino
a. sono i cittadini che devono agire per proprio conto nei limiti consentiti dalla legge.
3. ora si è democratici perché la democrazia è il male minore (ammissione di fallibilismo)
a. se la maggioranza dovesse votare a favore della tirannide allora vorrebbe dire che la “forza democratica” non è abbastanza forte e radicata
4. i cittadini devono contribuire a mantenere solidi i pilastri della democrazia
5. non esiste l’utopia dello stato perfetto (falsificazionismo)
6. il liberalismo e la democrazia credono nell’evoluzione, non nella rivoluzione.
Thomas Kuhn
«Uno storico acuto, esaminando un caso di “riorientamento” della scienza non può far altro che descriverlo come un “afferrare dall’altro lato il bastone”»
Thomas Kuhn è uno dei filosofi più rappresentativi delle teorie post-popperiane.
Kuhn ribalta la concezione di Popper. Quest’ultimo credeva nell’evoluzione e nella falsificazione delle teorie, mentre kuhn afferma che non esiste nessuna evoluzione, ma solo una rivoluzione
Egli distingue due tipi di scienza:
-la scienza normale
-le rivoluzioni scientifiche
Vediamo il processo:
In sintesi:
la scienza normale consiste in teorie singole e condivise dalla comunità scientifica. Esse vengono assunte come paradigma per risolvere i problemi che si presentano (rompicapo). Questo tipo di scienza non ammette innovazioni perché tenta di risolvere i diversi problemi sempre con lo stesso paradigma.
Ogni tanto però, attraverso l’osservazione dei fenomeni, sorgono delle anomalie, che non sono spiegabili con il paradigma attivo.
Ecco che allora il paradigma entra in crisi, e segue un periodo di caos totale, dove gli scienziati sono disorientati e impauriti per non riuscire a risolvere il problema.
Questo disordine continua fino alla fase della rivoluzione scientifica, cioè un momento in cui, per un’idea nata dal genio di una persona il problema viene risolto.
Questa idea che ha generato la rivoluzione scientifica assume il significato di nuovo paradigma. E il processo prende di nuovo il via.
Si osservi attentamente però che la rivoluzione scientifica non è vista come un banale accumulo di nuove teorie o di sostituzione di queste.
Si tratta invece di un riorientamento complessivo del quadro teorico, cioè un modo nuovo per guardare i fatti nuovi messi in luce.
Il Consenso
Kuhn traccia una analogia tra scienza e politica, pensando che anche quest’ultima vada avanti per “rivoluzioni”. In effetti la politica, dopo una “rivoluzione”, o più in generale, un cambiamento, abbandona il vecchio assetto (vecchio paradigma), per far subentrare il nuovo (nuovo paradigma).
Un punto fondamentale della sua riflessione è il Consenso.
Secondo Kuhn infatti, per far accettare la propria teoria, per vincere questa battaglia, che ha come risultato l’istituzione della teoria a paradigma, non serve utilizzare il criterio della giustizia, ma solo quello del consenso.
Una teoria infatti, seppur giusta, se non è condivisa dalla comunità, non verrà mai ne accettata, ne tantomeno utilizzata.
Senza il consenso quindi non ha senso formulare teorie, anzi è più dannoso che non dire niente. L’unico risultato sarebbe quello di creare scompiglio nella scienza o nella politica.
Ammettiamo che la teoria sia buona e valida, ma senza consenso.
Nessuno mai potrà usufruire dei vantaggi che propone.
Ecco perché è importante come si presenta la propria idea, chi si usa come tramite, e il modo per pubblicarla, o meglio, diffonderla e pubblicizzarla.
I criteri da utilizzare sono infatti:
• la persuasione
• l’accuratezza della teoria
• la coerenza della teoria
• la semplicità (in modo che possa essere divulgata al meglio)
• la redditività
• la capacità di prevedere avvenimenti futuri
L’incommensurabilità tra Paradigmi
L’ultimo punto fondamentale, per il quale venne inoltre aspramente criticato, è l’incommensurabilità tra paradigmi, cioè la non comunicabilità, l’impossibilità di conciliare due teorie diverse, divise da una rivoluzione scientifica.
È una visione molto dogmatica della scienza, che contraddice appieno il pensiero Popperiano: mentre infatti questo si evolveva gradualmente per falsificazioni successive, il metodo di kuhn taglia nettamente con il passato e con la teoria precedente.
Bibliografia
La fisica per i licei Scientifici (quarta edizione) Vol. 3
Ugo Amaldi
Zanichelli editore
Tempi e immagine della letteratura Vol. 5
Gian Mario Anselmi, Gabriella Fenocchio, (coordinamento di) Ezio Raimondi
Edizioni scolastiche Bruno mondatori
Geografia Generale (terza edizione) – La Terra nell’Universo
Ivo Neviani, Cristina Pignocchino Feyles
SEI editore
Only Connect… A History and Anthology of English Literature (with American & Commonwealth Insights) (second edition) – From The Early Romantics to the Present Age
Marina Spiazzi, Marina Tavella
Zanichelli editore
La Comunicazione Filosofica Vol. 3 Tomo B – il pensiero contemporaneo, dalla svolta linguistica alla logica virtuale
Domenico Massaro
Paravia Editore
www.wikipedia.com (enciclopedia libera on-line)
www.arrigoamadori.com (e-school di Arrigo Amadori, concetti fondamentali di Fisica e matematica)
http://www.phys.uniroma1.it (università di Roma “La sapienza”, dipartimento di fisica)
1 Questa citazione è stata liberamente creata da Gianni Amelio, nel suo film “I ragazzi di via Panisperna”, che racconta la storia e i rapporti tra Fermi e Majorana, ancora giovani. Se pur inventata, è comunque significativa per comprendere il pensiero di Fermi nei riguardi di Majorana:
« Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha. Sfortunatamente gli mancava quel che è invece comune trovare negli altri uomini: il semplice buon senso.»
2 Questa sezione verrà trattata nella lingua originale dell’autore.
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Esempio



  


  1. antonella

    devo esporre la mia mappa concettuale intitolata: I mutamenti sociali ed economici tra fine 8

  2. schiappa

    son arrivato cercando un autore di testi delle superiori e sono contento di avere trovato questo..