Platone:le idee e l'essere

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Categoria:Filosofia

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Testo

Idee e essere
"Sopraceleste sito"
Abbiamo parlato fino ad ora dell'aspetto gnoseologico delle idee, ovvero del loro rapporto con la conoscenza. Ma che rapporto hanno con le cose del mondo che vediamo? Esistono davvero o sono solo un'invenzione della mente, oppure dell'anima? Se riprendiamo l'allegoria della caverna di prima, immaginiamo che la caverna sia il corpo e l'uomo l'anima, il pensiero dell'uomo in tutta la sua complessità. Quando esce dalla caverna, riesce ad ammirare le cose in sé. Allo stesso modo l'anima, attraverso uno slancio razionale, può elevarsi a capire le cose in sé, le idee. Ho saltato un punto: poiché l'idea di cavallo, intesa come modello di tutti i cavalli, è universale, possiamo ribaltare il discorso e dire che ogni cavallo diventa una "copia" imperfetta dell'idea di cavallo, della "cavallinità". Tornando all'allegoria, le copie imperfette sono rappresentate dalle ombre, e l'anima può quindi giungere a guardare i modelli delle ombre, ovvero le idee. Questo "posto" in cui soggiornano anima e idee è chiamato da Platone iperuranio, cioè "al di sopra del cielo". E ogni idea, che si trova nella perfetta immobilità atemporale del mondo iperuranio, esiste. È un ente in senso parmenideo. Qui nasce la metafisica occidentale: le cose che esistono realmente non sono quelle che vediamo, ma sono delle forme astratte, che non possiamo capire ma che possiamo ragionare. L'aletheia si sposta da questo mondo al "sopraceleste sito", l'iperuranio, che nel Fedro è descritto come il luogo in cui "dimora quell'essenza incolore, informe ed intangibile, contemplabile solo dall'intelletto, pilota dell'anima, quell'essenza che è scaturigine della vera scienza".
Idee con i piedi per terra?
Che rapporto c'è allora tra il mondo delle idee e quello reale? Aristotele parla di un incolmabile chorismòs, una spaccatura tra i due. La differenza fondamentale è che le idee, essendo enti parmenidei, hanno tutte le caratteristiche dell'essere, fra cui quella dell'unità. L'idea di cavallo è una, i cavalli al contrario sono molti. Il mondo sensibile è infatti caratterizzato dalla molteplicità, dal divenire cosmico eracliteo. Le cose del mondo reale non possono essere enti, poiché mutano in continuazione. Per trovare la loro causa prima dobbiamo risalire quindi alle idee. Quindi, in qualche modo, il mondo sensibile imita quello ideale. Oltre a questo dualismo mondo sensibile - mondo delle idee, bisogna postulare una simmetria dei due mondi: la realtà sensibile è infatti una copia che rispecchia, seppur imperfettamente, una realtà ideale. Eppure questo mondo non è tanto imperfetto: se non avessi mai visto una cosa "bella", non avrei motivo di sospettare che esista un'idea di bellezza. Ma d'altro canto, non posso aver visto una cosa "bella in sé", o vivrei nel mondo ideale. È l'anima che si eleva da un aspetto perfettibile (una qualsiasi cosa bella) alla perfezione (l'idea pura di bellezza).
Il Parmenide e i problemi delle idee
Ma come fa il mondo sensibile ad imitare il mondo delle idee? Nei dialoghi dell'età matura Platone sostiene la teoria della partecipazione (o metessi) di ogni oggetto all'idea. Ma in uno dei primi dialoghi della tarda maturità, il Parmenide, dove il protagonista non è Socrate ma il filosofo eleate, Platone mostra le contraddizioni di questa teoria: se le cose particolari partecipano a tutta l'idea, allora quest'ultima non è unitaria, ma è divisibile. D'altronde, se partecipano solo a una parte dell'idea, l'idea è composta da parti e quindi divisibile. In una fase più matura, nella Repubblica, Platone oppone alla teoria della partecipazione la teoria dell'imitazione o mimesis: gli oggetti sono copie delle idee, e quindi le idee sono i modelli fondamentali. Ma sempre nel Parmenide questa teoria è messa in crisi con l'argomento del terzo uomo: prendiamo due oggetti bianchi. Entrambi sono "copie" dell'idea di bianchezza. Allora ci deve essere un'altra idea di somiglianza tra l'idea di bianchezza e gli oggetti bianchi. Ma allora ce ne deve essere una di somiglianza tra l'idea di... e così via. Aristotele riprenderà quest'argomento per criticare la teoria delle idee. Nonostante queste falle della teoria delle idee, Platone continua a ritenerla valida e necessaria per continuare a filosofare. Nel Sofista, nel Politico e nel Flebo riformula la sua teoria. Si inizia con il cosiddetto "parricidio" di Parmenide: dato che ammettere la totalità e l'unità dell'essere porta a contraddizioni, è necessario ammettere che il contrario dell'essere non sia necessariamente il non essere. Facciamo un esempio: l'uomo è un bipede; il cavallo è un quadrupede. Quindi, in un certo senso, il contrario di "uomo" è "cavallo". Allora, se l'uomo è, il cavallo, che è il suo contrario, non è. Ma io vedo entrambi... Allora, Platone crea cinque "generi sommi", cinque mega-idee che partecipano alla formazione di tutte le altre: "essere", "identico", "diverso", "quiete" e "moto". In ogni idea "sono presenti" queste cinque generi sommi. Per esempio, prendiamo l'idea di uomo. Intanto l'uomo è. Poi l'uomo è identico a se stesso, ma è diverso da qualunque cosa che non sia un uomo. E può essere sia in quiete, sia in movimento. E ad ogni idea partecipano questi cinque generi. Attraverso la dialettica si può precisare sempre di più il soggetto dell'idea, senza però arrivare al particolare. Faccio un esempio: prendiamo l'operaio Giorgio. Partiamo dall'idea di essere, distinguendolo dal non essere. Definiamolo adesso attraverso il suo contrario e formiamo una catena. Non è non-vivente, quindi è vivente; non è una pianta, quindi è un animale; non è acquatico, quindi è terrestre; non è quadrupede, quindi è bipede; non è irrazionale, quindi è un uomo; non è nobile, quindi... Eccetera. Ma in questo modo, restringendo sempre di più il campo d'azione, per Platone non si arriva comunque a definire l'idea del particolare. Non esiste nessun "idea di Giorgio, operaio dell'Italgas ecc.".

La struttura dell'iperuranio
Anche nel mondo iperuranio è presente una gerarchia. Al di sopra di tutto, tra i principi protologici (quelli "primi primi primi") dell'universo, vi è il principio dell'ordine, chiamato "uno", e il principio del disordine, la "diade". L'uno è il principio del mondo ideale, perfettamente immobile e ordinato; la diade è il principio del caos, della materia informe che tende ad annichilirsi sparendo nell'infinitamente grande e nell'infinitamente piccolo. Subito dopo questi principi vi è l'idea di bene, il sole del mito della caverna (ricordiamo che la filosofia platonica, tramite la teoria dell'intellettualismo etico, è strumentale alla teoria politica, che esporremo dopo). Poco sotto troviamo i cinque generi sommi, che partecipano alla formazione di tutte le altre idee. Dopo l'idea di filosofia, seguita a ruota da matematica, geometria, e le altre arti non condannate da Platone. Dopo le idee geometriche (retta, punto, numero) e dopo, finalmente, tutte le altre idee.
Il Timeo e il Demiurgo
Nel Timeo Platone sferra un feroce attacco alle filosofie naturaliste presocratiche: la physis non è fatta a se, ma è opera di una theìa tèchne, la tecnica di un dio. C'è comunque una premessa: mentre i discorsi sul mondo iperuranio si basano totalmente sui logoi e sono quindi reali, sulla nascita del mondo sensibile non si può che fare un discorso probabile, sul quale non si può avere la certezza matematica. Platone immagina che il mondo sensibile prima di essere ordinato era costituito da chora, materia informe, in quello che oggi chiameremmo "il massimo stadio di entropia", il cui principio era la diade. Il demiurgo (artigiano) di Platone sulla base del mondo delle idee, plasma questa materia informe introducendo una struttura ordinata (uno), creando così una materia allo stesso tempo ordinata e disordinata, che entra cioè nel processo del divenire. In questo modo le cose, imperfette perché costituite anche dalla diade e pertanto soggette al divenire, sono "copie" delle idee perfette, che esistevano prima del demiurgo e al di fuori del demiurgo. Non solo: il mondo sensibile plasmato dal demiurgo ha un aspetto democriteo. Ogni corpo è costituito da una miriade di minuscole particelle di aria, acqua, fuoco o terra, ognuno dei quali ha la forma di un particolare poliedro regolare (il fuoco è un tetraedro, la terra un cubo, l'acqua un dodecaedro e l'aria, la più perfetta, un icosaedro).

Le idee e l'uomo
L'anima
Ad ogni essere umano associamo automaticamente il concetto di "vivo". Platone chiama la "parte" dell'uomo associata all'idea di vita anima (psiche, originariamente "soffio vitale"), riprendendo le teorie pitagoriche e orfiche. Il discorso sull'anima era accennato nella Repubblica nell'allegoria della caverna: l'anima del filosofo, dopo essersi liberata dai legami del corpo, riesce a giungere attraverso la seconda navigazione nel mondo delle idee. Nel Fedro Platone adduce tre prove dell'immortalità dell'anima, già postulata nel Menone:
1. Se l'anima partecipa all'idea di vita, in essa non può essere contemporaneamente presente l'idea di morte. Pertanto, non può morire. Ma se noi vediamo morire un corpo, soggetto alle leggi del divenire, quella povera anima da qualche parte dovrà pure andare. Ecco spiegata anche la teoria della metempsicosi.
2. L'anima è l'unica parte del corpo che può, attraverso i logoi, giungere al mondo iperuranio. Dunque anch'essa ha la stessa consistenza ontologica delle idee. Dato che l'idea, ente parmenideo, è immortale, anche l'anima dovrà essere tale.
3. Ogni cosa viene dal proprio opposto, come già aveva detto Eraclito. Perciò, come dalla vita viene la morte, anche dalla morte dovrà tornare la vita. Poiché nella Grecia classica non si parlava ancora di resurrezione dei corpi, l'unica parte che poteva sopravvivere era l'anima.
Nella Repubblica, Platone supera il semplice dualismo tra anima e corpo e suddivide l'anima stessa in tre parti: razionale, concupiscibile e volitiva, e spiega questa tripartizione attraverso la metafora dell'auriga:
• La parte razionale è la parte che distingue l'uomo dagli altri animali; è la sede dei ragionamenti, e alberga nella testa. Corrisponde al cavallo bianco del cocchio, il migliore dei due, che guida verso il mondo delle idee.
• La parte concupiscibile è o irascibile è la parte istintiva, che si lascia trasportare dalle passioni, e ha sede nel ventre. Corrisponde al cavallo nero, il più capriccioso, che trascina l'intera anima nel mondo sensibile.
• La parte volitiva è la parte più nobile, che in definitiva decide quale delle altre due parti assecondare. Corrisponde all'auriga, che decide quale direzione seguire.
Sempre nella Repubblica, Platone espone il mito di Er, in cui un uomo muore e descrive il mondo iperuranio. L'anima resta nel mondo iperuranio a contatto con le idee per circa mille anni, durante i quali è a contatto e conosce il mondo delle idee. Dopo questi mille anni, la parte concupiscibile ha il sopravvento su quella razionale, e pertanto l'anima si reincarna in un corpo nel mondo sensibile. Lì rimarrà per dieci cicli vitali, ossia circa altri mille anni, prima di ritornare nel mondo iperuranio. A seconda di quanto è stata in contatto con le idee nell'iperuranio, l'uomo in cui si è reincarnata sarà più o meno interessato alla ricerca della verità. Quest'ultima cosa è da ricollegare al processo dell'anamnesi descritto nel Menone.
Il Simposio e l'eros
L'amore platonico, l'eros, è l'intermediario tra il mondo sensibile e quello intelligibile; è l'amore per la conoscenza che spinge l'anima verso l'iperuranio. Platone esprime la filosofia dell'eros nel Simposio. In esso, i convitati di una cena importante (tra i quali l'immancabile Socrate) discutono dell'amore. Ogni invitato enuncia una caratteristica, e Socrate alla fine le riunisce insieme. Dopo la distinzione tra Afrodite Pandemia (l'amore volgare) e Afrodite Urania (l'amore che poi verrà definito platonico), si giunge alla definizione, attraverso il mito degli androgini, che l'amore è insufficienza. Socrate descrive l'amore come non un dio, ma un demone, figlio di Penia (la povertà, la mancanza) e Poros (l'espediente). Da degno figlio della madre, Eros non possiede nulla, ma comunque aspira a possedere: in particolare non è bello, ma aspira alla bellezza; e non è sapiente, poiché solo gli dei posseggono la sophìa, ma aspira a raggiungerla: è un filosofo.
Esistono vari gradi di amore:
1. Il più basso è l'amore fisico, ovvero il desiderio di possedere il corpo bello per generare un altro corpo bello;
2. Dall'amore per un particolare corpo bello viene l'amore per i corpi belli e quindi per la corporeità bella;
3. Gli amanti per una particolare arte: gli amanti della giustizia, della scienza, della pittura...
4. La forma suprema di amore è l'amore del bene, che conduce alla contemplazione dell'idea suprema di Bene, dalla quale discendono le altre virtù.

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