DERIVATA DELLE FUNZIONI GONIOMETRICHE INVERSE

Materie:Appunti
Categoria:Matematica
Download:588
Data:08.02.2007
Numero di pagine:8
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
derivata-funzioni-goniometriche-inverse_1.zip (Dimensione: 27.29 Kb)
trucheck.it_derivata-delle-funzioni-goniometriche-inverse.doc     84 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

DERIVATA DELLE FUNZIONI GONIOMETRICHE INVERSE

1- Funzione inversa
Chiariamo innanzitutto il concetto di inverso: l’inverso di un numero non è il numero che si ottiene “capovolgendo” il numero dato, ma è quel numero che moltiplicato con l’iniziale fornisce come risultato l’elemento neutro della moltiplicazione tra numeri che è appunto 1. Così per esempio l’inverso del numero 2 è 1/2 poiché il prodotto di 2 con 1/2 fa esattamente 1. Ma l’importante è osservare che l’inverso è legato indissolubilmente al concetto di elemento neutro di un’operazione, e l’elemento neutro dell’ordinario prodotto tra numeri è proprio 1 poiché un qualunque x moltiplicato per 1 dà come risultato sempre x, ovvero l’1 della moltiplicazione non modifica il risultato dell’operazione.
Abbiamo già visto esempi di insiemi numerici nei quali le operazioni non davano i risultati ordinari, così, per esempio, le “classi di resto modulo m”, gli insiemi Zm che contengono esattamente gli elementi 0, 1, 2,…, m-1, avevano regole di moltiplicazione tali che ad ogni coppia di elementi di Zm veniva associato un altro elemento di Zm, sfruttando una sorta di “ordinamento circolare” di tali numeri. Così per esempio nell’insieme Z7 che contiene gli elementi 0,1,2,3,4,5,6 la somma di 3 con 4 non è 7 poiché 7 non sta nell’insieme, ma il numero 0 che si ottiene ricominciando dall’inizio il percorso circolare dei numeri, mentre il prodotto di 3 per 5 non è 15, 15 non è un elemento dell’insieme, ma 1 che si ottiene facendo due giri completi del ciclo 0-6 e ricominciando da 1. Così in particolare nell’insieme Z7 l’inverso di 3 non è 1/3, 1/3 non sta nell’insieme, ma proprio 5, perché il prodotto di 3 per 5 è sempre 1 che è l’elemento neutro del prodotto.
Così si deve procedere per le funzioni. La funzione inversa di una certa funzione f non è 1/f, ma un’altra funzione, g, che ha la proprietà che il “prodotto” di f per g è uguale all’elemento neutro di questa “operazione”. Il “prodotto” tra funzioni è la “composizione” delle funzioni. Un’operazione che in realtà facciamo regolarmente senza magari essercene pienamente accorti. Consideriamo, per esempio, la funzione , questa è la funzione “risultato” che si ottiene componendo tre funzioni: il quadrato, la somma con uno e il seno. Supponiamo infatti di dover calcolare quanto vale f(2), dobbiamo fare innanzitutto il quadrato di 2 (prima funzione): otteniamo 4, a questo risultato aggiungiamo 1, viene 5, a questo punto calcoliamo il seno di 5 e quello è il risultato. Per un generico x potremmo schematizzare la cosa così: : la funzione h porta x in un certo y che è il quadrato di x, poi sulla y interviene la funzione u che aggiunge 1 a y, e si ottiene z, infine su z interviene v che è la funzione seno e ci dà il risultato finale t. Dunque si ha: La composizione di tutte queste funzioni dà proprio la funzione f che abbiamo definito inizialmente, ora f abbina a x il risultato finale della catena che è t: e questo si indica così: , il tondino indica l’operazione di composizione di funzioni, e si noterà che le funzioni sono indicate dall’ultima che si applica alla prima, in concordanza con quanto dicevamo a proposito della derivata della funzione composta: si parte a derivare dal “fondo”, dalla “ultima funzione che si calcola”. C’è un motivo anche semplice per questo, l’argomento della f è x, come anche della h, quindi vicino al fondo della “composizione” deve stare ancora la x, in modo più completo scriveremo allora: .
Abbiamo già osservato che la composizione di funzioni non è commutativa, infatti le cose cambiano di parecchio se invece di fare il seno del quadrato più uno facciamo il seno di un numero più al quadrato, o il quadrato del seno più uno.
Ma veniamo all’inverso di una funzione, per arrivarci dobbiamo prima trovare un elemento neutro per l’operazione di composizione di funzioni, questo elemento neutro deve essere una funzione. Si potrebbe pensare alla funzione “costante” che dà sempre uno. Ad una funzione fatta cioè così: uno(x)=1, la funzione uno abbina ad ogni numero il numero 1. Vediamo subito che questo non è l’elemento neutro della composizione di funzioni. Un elemento neutro infatti dovrebbe fare questo servizio: se io compongo la funzione neutra con una qualunque altra funzione f deve venire come risultato la f stessa, così la funzione “uno” non è elemento neutro della composizione di funzioni, perché per esempio se io faccio la composizione del seno con “uno”, ottengo: Cioè la composizione della funzione seno con la funzione “uno” dà come risultato non la funzione seno di partenza, ma quest’altra funzione, la “uno”! Dunque uno non è elemento neutro della composizione di funzioni.
Funziona “bene” invece questa funzione: I(x)=x, funzione identità. Si vede subito, proprio con l’esempio del seno che i conti questa volta tornano: Non solo, questa funzione commuta anche con tutte le altre, e infatti è indifferente da dove si cominci:
Questo ovviamente vale per ogni funzione, non solo per la funzione seno, e la funzione I è proprio la funzione “elemento neutro” della composizione di funzioni. E allora a questo punto definire cosa sia la funzione inversa di una certa funzione f è facilissimo, è un’altra funzione, g, che ha la proprietà che se io la combino con la f stessa ottengo come risultato l’elemento neutro della composizione, ovvero la funzione I, con l’avvertenza che dobbiamo garantirci che questo avvenga “avanti e indietro”, ovvero qualunque sia l’ordine che seguiamo nel comporre le funzioni, cioè dobbiamo avere la certezza che la composizione con l’inversa sia sempre commutativa. Formalizziamo:
Definizione: Inversa di una funzione f è quella funzione g con la proprietà:, essendo I la funzione identità così definita: I(x)=x per ogni x.
[Noi considereremo sempre per x numeri reali, ma la definizione si può estendere anche ad x appartenenti ad altri insiemi numerici].
Di solito, e ora sappiamo non esserci ambiguità con la scrittura 1/f(x) che indica tutt’altra funzione, si indica la funzione inversa di f col simbolo f-1.
Ad esempio, nel dominio D dei numeri reali e positivi, l’inversa della funzione radice quadrata di x sarà la funzione x al quadrato perché:
Chiameremo invece arcsinx, arccosx e arctgx le funzioni inverse delle funzioni sinx, cosx e tgx rispettivamente, essendo tali funzioni quelle che hanno la proprietà: arcsin(sinx)=x, sin(arcsiny)=y, ovvero anche: .

2- Derivata di una funzione inversa
La regola di derivazione di una funzione inversa è piuttosto semplice e, in certo senso, intuitiva, ma di non semplice dimostrazione; se f è la nostra funzione e g la sua inversa, allora abbiamo per f un argomento x, mentre per g un certo argomento y, secondo lo schema seguente: , e ciò a cui si deve fare attenzione nella regola di derivazione è proprio questo “cambio di variabile” nell’argomento delle due funzioni, un cambio di variabile che è comunque importante sottolineare perché le due funzioni hanno due insiemi di partenza differenti, infatti la g parte da dove la f è arrivata, e torna al punto da cui la f era partita, per questo sottolineiamo la differenza tra le due funzioni scrivendo f(x) e g(y).
Con queste premesse la regola di derivazione è la seguente:
Regola di derivazione della funzione inversa: se f e g sono due funzioni, una inversa dell’altra, allora la derivata della g in un punto P è: .
Dimostrazione – Ovviamente si deve supporre che g sia continua nel punto P e che f’ non sia nulla in P, inoltre si ha: per la proprietà della funzione inversa. Per la dimostrazione ricordiamo la definizione di derivata in un punto, che è: , una formulazione leggermente diversa da quella alla quale siamo abituati nella quale compare esplicitamente l’incremento h, ma che sostanzialmente non differisce da quella. A questo punto si considera la funzione v seguente: , la v è continua nel punto P e inoltre: e quindi al limite per y che tende ad che tende ad yP si ottiene la tesi.

Come abbiamo fatto per la derivata in generale, la regola è estendibile da un punto a tutto un opportuno dominio di definizione: bisogna infatti avere cura di fare in modo che anche la funzione inversa sia una funzione, e quindi non sempre il dominio della g coincide con il condominio della f ma si dovranno fare talvolta alcune restrizioni. Ma a questo penseremo dopo.
La regola è molto utile, come vedremo, per il calcolo di derivate di funzioni inverse, ma nasconde un’insidia, per così dire: da una parte abbiamo una variabile, dall’altra un’altra, dunque non possiamo utilizzarla come “regola di derivazione” così com’è. Vediamo un esempio introduttivo, prima di passare alle funzioni circolari inverse. Consideriamo la derivata della radice di x, e cerchiamo di ottenerla da questa formula come inversa della funzione al quadrato. Abbiamo cioè:
, essendo 2x la derivata di x2, ma questa non è una regola di derivazione, e comunque è molto diversa da quella che abbiamo imparato a conoscere per la radice… Il problema sta proprio nelle variabili diverse a primo e secondo membro, noi con questa formula otteniamo che la derivata della “radice di y” è “uno fratto due x”, ma una formula degna di questo nome deve fornirci la derivata della “radice di y” in termini di y e non di x! Come ovviare a questo problema? Tentando di esprimere x al denominatore del secondo membro in termini di y, ma per farlo ci basta ricordare che , ovviamente lavoriamo sempre su un “dominio buono per la radice”, e quindi con x e y positivi. A questo punto sostituendo sopra al posto di x l’espressione appena trovata abbiamo ricavata per altra strada la derivata della radice, uguale e identica a quella che conosciamo salvo che per la differenza che qui l’incognita è indicata con y nella formula che avevamo imparato prima con x, ma sappiamo anche che le incognite possono essere indicate con tutte le lettere che più ci fanno comodo.
Un’altra applicazione può essere quella di calcolare la derivata del logaritmo in termini di derivata dell’esponenziale: .

3- Derivata delle funzioni goniometriche inverse
Veniamo al calcolo che più ci interessa, quello delle derivate delle tre funzioni arcoseno, arcocoseno, arcotangente. Ad ognuna di queste applicheremo la regola di derivazione delle inverse, partiamo dal seno: se f(x)=sin(x)=y, la sua inversa g(y)=arcsin(y), e la derivata di sin(x) è cos(x), da cui applicando la regola di derivazione delle inverse otteniamo per la derivata di arcsin(y):
, il problema è ora, come sopra, quello di far comparire y anche al secondo membro dell’uguaglianza. Per ottenere lo scopo partiamo dal fatto che sin(x)=y, se combiniamo questo con la prima relazione della goniometria, otteniamo: , e dunque la formula di derivata dell’arcoseno: , in modo del tutto simile si ottiene anche la derivata della funzione arccosy, in questo caso l’unica differenza sta nel fatto che la derivata del coseno è meno seno, dunque comparirà un meno nella formula, ovvero: . Come vedete queste due funzioni hanno una derivata definita solo quando il radicando è positivo, ovvero solo quando e infatti arcoseno e arcocoseno sono funzioni definite solo tra -1 e 1, poiché il seno e il coseno forniscono valori compresi tra -1 e +1, ovvero non esiste nessun angolo che abbia un seno maggiore di 1 o minore di -1, quindi arcoseno non si può calcolare per valori maggiori di 1 o minori di -1, dunque arcsin(2) non esiste, così come arccos(-2). Inoltre come vedete la derivata di arcoseno e arcocoseno non è definita nemmeno per -1 e +1, nonostante che arcsin(1) e arcsin(-1) esistano, si tratta dunque di esempi di funzioni continue su [-1,+1] ma derivabili solo su ]-1,+1[.
Infine la derivata dell’arcotangente: in questo caso dovremo porre f(x)=tg(x)=y, e g(y)=arctg(y), mentre per il calcolo della derivata della funzione inversa dovremo ricorrere a quello della derivata di tangente, che in questo caso dovremo scrivere in un modo diverso dal solito: , con questa andiamo a calcolare la derivata di arcotangente: , a questo punto si tratta di esprimere la variabile x al secondo membro in termini di y, ma la sostituzione qui è piuttosto semplice, è infatti: tg(x)=y, da cui immediatamente la preziosa formula (che ci tornerà molto utile nel calcolo di integrali): , qui si osserva che non ci sono problemi di dominio per la derivata, infatti visto che la tangente è illimitata a destra e sinistra, l’arcotangente è sempre definita, ovvero per qualunque numero reale si può sempre trovare un angolo la cui tangente sia proprio quel numero, in particolare osserveremo che: .

Esempio



  


  1. mah

    graziee loo iWEHFI Wigh voihnv voihv aovn voaivn sdv ofnv. oiehag orag rgoi fgaoih reaongrngfopearj?