Eutanasia

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Testo

Il termine “eutanasia”, dal greco “buona morte”, indica un’azione o un’omissione che procura la morte allo scopo di eliminare ogni dolore.
Il problema morale dell’eutanasia venne posto per la prima volta da F.Bacone, il quale sosteneva che “la missione del medico è quella di restituire la salute e di alleviare le sofferenze del paziente, non solo in vista della guarigione, ma anche per procurare al malato una morte tranquilla e serena.
Con questa affermazione Bacone prendeva posizione nei confronti di un problema, ai giorni nostri ancora molto sentito.
La questione di una possibile legittimazione dell’eutanasia cominciò a farsi strada, quando il progresso scientifico e tecnico giunse a fornire alla medicina strumenti in grado di contrastare, ritardare, o anticipare in modo dolce la morte.
Parlare di eutanasia è difficile, ma non si può restare insensibili all’appello che Piergiorgio Welby, copresidente dell’Associazione Coscioni e malato di distrofia muscolare da anni, ha rivolto qualche settima fa al nostro Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Welby descrive la sua vita come un testardo ed insensato accanimento nel mantenere attive delle funzioni biologiche.
E come lui molti altri malati si rispecchiano in questa orribile situazione.
Sono problemi che il Parlamento non può continuare ad ignorare.
Il 26 settembre sono stati presentati 10 proposte di legge a riguardo.
A leggerle con attenzione si può notare che solo Rifondazione comunista autorizza l’eutanasia, tassativamente esclusa invece dalla Lega e dalla Margherita.
Gli altri partiti, Ulivo, Idv, Rosa nel Pugno e Comunisti Italiani, tentano almeno una sua depenalizzazione.
Tutti i testi cercano ad ogni modo di affrontare il problema del “testamento biologico”, che garantirebbe al malato la possibilità di stabilire il limite alle cure, la soglia oltre la quale non andare e quindi il rifiuto dell’accanimento terapeutico.
Sebbene i poli siano divisi sulla questione, l’importante è che avvenga almeno un dibattito.
La decisione risulterebbe poi più facile, se la società si emancipasse da questo concetto materialistico di morte organica.
Questa è la premessa di ogni discorso sull’eutanasia.
Certo anche il corpo umano è soggetto al proprio ciclo biologico, come ogni altro esser vivente: viene alla luce, cresce, invecchia e muore.
Tuttavia questi eventi non devono essere esclusivamente biologici, ma essenzialmente spirituali; quindi solo l’uomo può dire che “vive” e che “muore”.
Nonostante queste promesse, il Cristianesimo condanna ogni genere di soppressione della vita umana, basandosi sulla convinzione che solo Dio può disporre della vita e della morte.
Già nel 1957 Pio XII affermo che “uno dei principi fondamentali è che l’uomo non è signore né proprietario, ma solo usufruttuario del suo corpo e della sua esistenza”.
Inoltre, dato che per questa religione il dolore ha il senso di un riscatto spirituale, in cui si sperimenta la presenza del Signore, è proibito alleviare ed abbreviare le sofferenze.
Infatti, la causa principale di decisioni di eutanasia è la concezione di una vita identificata nel piacere, perciò quando questo viene a mancare, ci si convince che la vita è inutile e si vuole morire.
Ma esiste davvero un criterio per stabilire se e quando la vita di una persona diventa inutile?!
Bisogna però sottolineare il fatto che se qualcuno perde la voglia di vivere, o decide comunque di porre fine alla propria esistenza, tenta di uccidersi e non ci riesce, lo Stato non lo punisce.
È come se dicesse: non tutelo la vita oltre e contro la tua volontà.
Perché ciò non dovrebbe valere se il soggetto, ammalato di male incurabile e doloroso, chiede espressamente ad un terzo di accelerare la sua morte?
È evidente come sia difficile parlare di eutanasia, ma credo che ogni individuo ha il diritto di vivere con dignità, ma anche il diritto di morire con dignità.
È crudele esigere che una persona venga mantenuta in vita contro il suo volere e la sofferenza inutile è un male che dovrebbe esser evitato nelle società civilizzate.

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