Eutanasia: aspetti a confronto

Materie:Tesina
Categoria:Filosofia
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Testo


TESI
" Eutanasia: aspetti a confronto "

La bioetica ・una disciplina che esamina i problemi morali e normativi in ambito bio-medico. Possiamo definirla una nuova disciplina, che nasce come campo di riflessione e di ricerca sui dilemmi morali sollevati dall’innovazione tecnologica in biologia e in medicina. La bioetica esprime il bisogno di affrontare i quesiti posti dalla ricerca biologica e medica e delle sue applicazioni per definirne percorsi e confini. Essa riflette l'esigenza di pensare gli stessi scopi della scienza medica che ・arrivata a decifrare i processi biologici della nascita e della morte, che ha superato i confini della vita stessa: p・creare la vita in provetta e, posporre oltre i limiti naturali, la morte con la terapia intensiva. La bioetica esprime anche il bisogno di affrontare i quesiti posti dalle frontiere aperte dalla biologia molecolare e le perplessit・sollevate dai progressi dell'ingegneria genetica che consente di intervenire sul patrimonio genetico (di uomini, piante e animali) per correggerlo e manipolarlo.
A partire dagli anni settanta i temi dibattuti spaziano, dall'ingegneria genetica alla tutela dell'ambiente, ma il nucleo centrale ・rappresentato dai problemi legati all'etica medica, con le questioni di inizio e fine vita, come l'aborto, i trapianti d'organo, fecondazione artificiale e l'eutanasia.
Il termine "bioetica" nacque negli Stati Uniti ad opera dell'oncologo Van Rensselaer Potter, negli anni '70, seguito da grandi cambiamenti della medicina e della ricerca biologica, che cominciano ad influenzare sempre pi・la vita quotidiana delle persone. (Eugenio Lecaldano).
Potter affermava che la bioetica doveva essere "una nuova disciplina che combinasse la conoscenza biologica con la conoscenza del sistema dei valori umani". Egli rivendicava il pericolo per la sopravvivenza del nostro ecosistema, nella divisione tra due saperi, quello umanistico e quello scientifico, cio・la distinzione tra i valori etici (ethical value) e fatti biologici (biological facts). Riteneva che solo l'istinto alla sopravvivenza non bastasse, occorreva una nuova scienza, la bioetica, chiamata "scienza della sopravvivenza" (science of survival). Questa sopravvivenza, era garantita dall'unione di questi due saperi, scientifico e umanistico-morale. Inoltre, affermava che la bioetica non doveva occuparsi solo dell'uomo ma anche della sua vita in generale; una bioetica che chiamer・"global bioethics".
In quegli stessi anni ・molto importante ricordare un famoso ostetrico di origine olandese, Andr・Hellegers, fondatore del Kennedy Institute of Ethics. Fu il primo ad introdurre il termine bioetica nel mondo universitario. Hellegers considera la bioetica come una disciplina specifica capace di sintetizzare le conoscenze mediche e quelle etiche.
C'・da ricordare, che gi・qualche anno prima di Potter e Hellegers, nel 1969, era sorto l'Hastings Center, ad opera del filosofo cattolico Daniel Callahan e dello psichiatra Willard Gaylin, che studiavano e formulavano norme nel campo della ricerca e della sperimentazione in ambito biomedico, senza che venisse utilizzato ancora il termine bioetica. Il centro era un istituto di ricerca senza scopo di lucro. Diversi gli scopi specifici della sua attivit・ tentare di risolvere i problemi etici della medicina; elaborare direttive per molti difficili problemi morali della societ・contemporanea quali, l'AIDS, la sospensione delle terapie di sostegno vitale ecc. (E. Sgreccia).
Essa si propone, al di l・di qualsiasi ideologia e religione, di affrontare e fornire una soluzione alle questioni etiche emerse con le nuove conquiste in campo biomedico. The Hastings Center si contraddistingue per il forte proposito politico-pedagogico. Alla fine degli anni '60 il passaggio di A. Hellegers alla Georgetown University e la presenza di P. Ramsey nella stessa sede con il compito di fare ricerca sull'etica medica, sfociano nella fondazione, nel 1971, del The Kennedy Institute of Ethics presso la Georgetown University di Washington. L'istituto si propone di promuovere una concezione di bioetica, inteso come "antropologia morale" fondata sulla ricerca di ci・che ・universalmente umano, e concretizza la ricerca della Encyclopedia of Bioethics, pubblicata nel 1978: il pi・completo e autorevole strumento per chi si occupi di temi bioetici. Da allora questa "disciplina" nuova ・stata introdotta nelle universit・ Nel 1985 ・stata istituita in Italia la prima cattedra di bioetica presso la Facolt・di Medicina e Chirurgia della Universit・Cattolica di Roma. Nel 1993 il direttore generale dell'UNESCO ha istituito il CIB, Comitato internazionale di Bioetica, per studiare e valutare le prospettive e le immense potenzialit・degli studi biomedici ed, in particolare, il progetto Genoma Umano. Anche in Italia nel 1990 ・sorto, il Comitato Nazionale di Bioetica che sino ad oggi ha analizzato svariate tematiche etiche di scottante attualit・ L'autorevole Encyclopedia of Bioethics, New York 1978, di cui ora disponibile una seconda edizione 1995, definisce la bioetica come "lo studio sistematico della condotta umana nell'ambito della scienza della vita e della cura della salute, in quanto questa condotta ・esaminata alla luce dei valori morali e dei principi". La bioetica si p・concepire allora come "quella parte della filosofia morale che ha per oggetto e ambito l'intervento dell'uomo sull'uomo in campo biomedico". Si tratta quindi di un'elaborazione razionale che riguarda l'aspetto etico (il lecito e il non-lecito) nel vasto e importantissimo campo delle scienze mediche.
Il punto centrale ・costituito da questioni etiche nate dai profondi mutamenti che la medicina e la biologia hanno provocato su ci・che concerne il nascere, curarsi e morire. Essa ・identificata come un "laboratorio culturale" in cui le riflessioni sulle questioni morali si svolgono in modi pubblicamente comprensibili a tutti. In tale riferimento Ugo Scarpelli dice: "la bioetica non p・essere caratterizzata quale disciplina autonoma n・con riguardo all'oggetto n・con riguardo al metodo. Per l'oggetto, non c'・atto relativo alla macchina (il corpo) che non investa lo spettro nella macchina (lo spirito): la stessa contrapposizione fra la macchina e lo spettro ・fallace e va abbandonata. Per il metodo la bioetica essendo parte dell'etica ne condivide il metodo o la mancanza di metodo".
Molti si sono interessati di tale disciplina, ad esempio Giovanni Berlinguer, che la considera come un Bridge to the Past. Sin dagli anni settanta il campo bioetico ・stato occupato dalle scoperte biologiche, fra cui la conoscenza del DNA, la possibilit・di modificare e costruire specie viventi, la medicina predittiva, la procreazione assistita, la terapia genetica, le tecniche dei trapianti ecc. L'uomo ・diventato una forza genetica che influenza la natura stessa, trasformandola in modo irreversibile. La stessa specie umana, nata per evoluzione naturale e cresciuta per evoluzione culturale, si avvia ad una terza fase, di mutamenti per via tecnologica. Il concetto di responsabilit・ cio・il dovere di rispondere, sia nel bene che nel male, delle proprie azioni, entra a far parte delle categorie morali (H. Jonas).
Non vi ・una sola bioetica, ma molte. La bioetica di frontiera, per i temi dell'etica medica; bioetica quotidiana, cio・la morale che guida nelle scelte di ogni giorno. La bioetica attrae a s・molti specialisti: delle scienze naturali, della medicina, del diritto, della filosofia, dell'antropologia, della teologia, della psicologia e da vita alla figura del bioeticista, teorico o consigliere, che lavora negli Ospedali o centri di ricerca. (G. Berlinguer)
Matilde Callari Galli afferma che bioetica significa etica della vita ed implica la necessit・che molte discipline siano chiamate ad interessarsi dei problemi che essa pone; problemi che investono livelli teorici, metodologici, epistemologici, interazioni e relazioni quotidiane, comportamenti e atteggiamenti, modelli culturali ed educativi. Proprio tra questi problemi che si innesta l'antropologia culturale.
Attraverso l'insegnamento di Emil Durkeim, M. Callari Galli, vuole usare la chiave antropologica per analizzare i diversi fenomeni, come la trasmissione culturale, il rapporto tra uomo e ambiente, la convivenza tra gruppi diversi, in seguito allo sviluppo delle nuove tecnologie della vita. Sono due, in particolare, gli aspetti su cui la riflessione antropologica apporta il suo contributo: il rapporto tra tecnologia e cultura e il rapporto tra differenza e alterit・ (M. Callari Galli)
Giovanni Berlinguer ci parla anche di bioetica giustificativa, cio・la tendenza a ritenere che tutto ci・che ・tecnicamente possibile, p・essere legittimo. Si mostra contrario alla fecondazione artificiale e alla compravendita degli organi da usare per fini di trapianto. La bioetica si occupa di argomenti nei quali ・difficile evitare una qualche sorta di aspetto trascendentale: la vita, la nascita, la morte, la sofferenza, l'umana solidariet・ecc. W. T. Reich ritiene: "che ・arrivato il momento per l'inserimento di pi・idee religiose e spirituali nella bioetica, specialmente quando essa p・essere sviluppata in un quadro che ha senso per persone impegnate in discipline laiche". Reich ci dice che c'・bisogno di religione, perch・c'・bisogno di una morale trascendentale, in quanto il pensiero laico trascura la riflessione sui fondamenti della vita.
In questi ultimi decenni, se da una parte la medicina non ・pi・solo assistenza, ma ・anche un modo per intervenire sulla vita, dall'altra la ricerca e la sperimentazione biomedica, la nuova genetica e le biotecnologie, giunte ormai alle soglie del mistero della vita, consentono all'uomo di prendere in mano il proprio destino.
Tutto questo rappresenta una svolta epocale, impensabile solo pochi anni fa, che pone l'umanit・di fronte al difficile problema di decidere quali, tra le pratiche oggi "tecnicamente" possibili, siano anche "eticamente" lecite. Questo ・appunto il compito della bioetica.
"Decidere quali, tra le pratiche oggi tecnicamente possibili...". Ci・significa che per comprendere di cosa si sta parlando ・di fondamentale importanza, innanzitutto, avere per lo meno un' idea di ci・che oggi ・effettivamente possibile. Rendersi conto di ci・che costituisce materia di indagine e riflessione per la bioetica ・qualcosa che richiede una conoscenza degli eventi pi・significativi in ambito scientifico e tecnologico, delle tappe che hanno condotto l'umanit・agli attuali traguardi.
La bioetica, del resto, ・chiamata a dare risposta non tanto a questioni meramente "astratte" o accademiche, ma a problemi dai risvolti assai concreti, spesso drammaticamente concreti. Come ha giustamente fatto notare H. T. Engelhardt, "la bioetica nasce spontaneamente dalle preoccupazioni di pazienti, medici e infermieri" (Opera cit.).
Ma tale "concretezza" ci mette subito di fronte ad una caratteristica intrinseca della bioetica: il suo essere sostanzialmente non una disciplina in senso stretto, bens・un approccio interdisciplinare. Infatti ognuna delle questioni sulle quali la bioetica si esercita presenta aspetti di grande rilevanza per discipline quali la medicina, la biologia, il diritto, la teologia, la filosofia, la psicologia, la sociologia, l'economia, l'ecologia, ecc. Occorre dunque che la bioetica si sviluppi attraverso un continuo confronto tra studiosi e operatori di matrice diversa, disposti a scambiarsi informazioni, interrogativi ed esperienze, oltre che a superare le inevitabili incomprensioni che scaturiscono da approcci e prospettive teoriche spesso assai distanti.
Un'altra caratteristica intrinseca della bioetica, non meno importante della precedente, ・il suo essere "campo e occasione di un dibattito pubblico, che esplicitamente si propone di sottrarre alla esclusiva gestione degli esperti temi che sono di interesse comune" (A. Di Meo, C. Mancina).
Tuttavia, se sul carattere interdisciplinare della bioetica, tutti gli studiosi sembrano concordi, sulla sua dimensione "pubblica" le idee sono dissonanti. Anzi, le divergenze in materia sono forse pi・profonde di quanto non lo siano quelle "classiche" tra etiche di derivazione teologico-religiosa, basate su verit・rivelate e su dogmi, ed etiche laiche, che assumono valori pi・materiali quali principi-guida. Una buona parte degli studiosi, ad esempio, tende a limitare la propria indagine alle applicazioni della ricerca, evitando di porre il problema di tutto ci・che "sta a monte", e in particolare di quale concezione della scienza si debba ritenere preferibile, mettendo se necessario in discussione il modello imperante.
La questione, invece, ・della massima importanza, dal momento che se la scienza ・comunque e sempre fuori discussione, se cio・si segue il vecchio adagio secondo cui "la scienza non ・n・buona n・cattiva e il problema ・costituito esclusivamente dall'uso che se ne fa", ・inevitabile che la bioetica veda restringersi sensibilmente il proprio territorio e si precluda, di fatto, la possibilit・ di intervenire e di incidere in profondit・ Ai non-specialisti, all'opinione pubblica, in tal caso, non resta che prendere atto che il dibattito ・ tutt'altro che "aperto" e "pubblico", che la possibilit・ di intervenire in esso ・limitata alla fase in cui "i giochi sono gi・ fatti" e la discussione, per quanto animata, rischia di assomigliare ad una semplice esercitazione accademica.
Spostando non di molto l'angolo visuale, si p・inoltre facilmente scorgere un altro importantissimo nodo della bioetica: il rapporto tra quest'ultima e la filosofia. Rapporto che si alimenta sia della riabilitazione della filosofia pratica in atto in questi anni nell'ambito della cultura tedesca (ma non solo), con particolare riferimento all'etica aristotelica e a quella di Kant, sia degli sviluppi della riflessione filosofica sull'etica in ambito anglosassone, che a partire dai primi anni settanta si ・cimentata soprattutto nella costruzione di precise teorie normative (E. Lecaldano).
I temi che in tal modo si sono imposti all'attenzione sono quelli della responsabilit・("di chi" e "verso chi"), del rapporto etica-scienza, etica-diritto, etica-religione, e infine quello che ben si compendia nel titolo di un saggio di Stephen Toulmin.
Domandarsi quale sia il posto della ragione nell'etica rappresenta certamente il pi・filosofico tra i temi del dibattito sulla bioetica. Ma ・ancora pi・importante sottolineare che tale questione diventa decisiva nel momento in cui si fa sempre pi・strada la convinzione che, in una societ・pluralista, una civile convivenza tra posizioni, storie, religioni e culture diverse e talvolta lontanissime non p・che "cercare un superamento del disaccordo mediante il ricorso ad argomentazioni razionali", perch・"il campo della morale ・proprio quello in cui i disaccordi relativi a decisioni e scelte, ben lungi dal presentarsi come irrisolti, vengono resi pubblici nel tentativo di risolverli, non tanto con il ricorso alla forza o con un appello ad autorit・o a intuizioni o emozioni personali, quanto con procedure razionali condivise da tutti". (E. Lecaldano)
H. T. Engelhardt ha espresso tutto ci・con questa magistrale osservazione: "La bioetica si sta sviluppando come la lingua franca di un mondo che si interessa nell'assistenza sanitaria ma non possiede una concezione etica comune".
"Forse nessun altro campo dell'etica applicata - scrive Antonio Autiero - manifesta tanta intolleranza alla polarizzazione come la bioetica". (C. Viafora). Ecco perch・ "usciti dalla ubriacatura della ragione lineare dell'illuminismo e desiderosi di punti di riferimento ispirativi del vivere e normativi dell'agire", abbiamo bisogno di "una ragione trasversale che - lo aveva intuito Wittgenstein nella prefazione delle sue "Philosophiche Untersuchungen" - ha per caratteristica fondamentale quella di abbracciare il destino di una radicale pluralit・in cui va a dissolversi la presunta totalit・unificante, che era il sogno e l'impresa della modernit・quot;. Un'autentica sfida filosofica, questa, che sarebbe per・un errore considerare alla stregua di una disputa tra filosofi. Infatti ・probabilmente su di essa che si gioca il futuro stesso della bioetica. Un risvolto sociologico della questione - che ci riporta alla dimensione pubblica della bioetica, cui si ・accennato in precedenza - ・colto da Edgar Morin, per il quale una "folle" ragione, consumata la dissociazione dall'umanesimo ・divenuta "il grande mito unificatore del sapere, dell'etica e della politica", rappresenta ormai "una delle fonti del totalitarismo moderno" (F. Terragni).
・inevitabile, a questo punto, aprire un immenso contenzioso nel quale vengono evocati scenari economici e politici di dimensione planetaria. Del panorama fanno parte a pieno titolo le biotecnologie, la brevettabilit・della vita, le clonazioni, le tecniche di fecondazione artificiale in vitro, le esigenze della globalizzazione dei mercati, la realt・dei rapporti tra il Nord e il Sud del mondo, il modello di societ・che si sta preparando. A ciascuno di noi, scienziati o semplici cittadini, studenti o uomini delle istituzioni, compete una precisa assunzione di responsabilit・ Tutti hanno il diritto di essere informati, formati e interpellati sulle ricadute dei progressi scientifici e tecnologici, dal rischio biologico alle conseguenze per gli ecosistemi. Il che presuppone che vi sia chi si faccia carico, istituzionalmente o spontaneisticamente, di svolgere questo non facile compito. Ma nel contempo si richiede una rinuncia all'ignavia, un abito mentale che non ・sempre e soltanto la conseguenza di una mancata o scarsa informazione/formazione.
La posta in gioco ・ inutile dirlo, il futuro di ciascuno di noi. Ed ecco, qualora occorresse sottolinearlo, un ottimo motivo per portare la bioetica nella scuola. La bioetica per・ si occupa anche di assistenza sanitaria e quindi del malato, della sua malattia, dei suoi diritti e dei suoi doveri, e del rapporto tra medico e paziente.
Il termine EUTANASIA viene ripreso e introdotto nel linguaggio medico dal filosofo inglese Francesco Bacone, agli inizi del secolo XVII. Bacone scrive in un passo.
Il termine eutanasia ・formato da due parole greche eu= "buona e thanathos = "morte", perci・ il suo significato ・quello di "buona morte". Il termine ・stato usato, in questo senso, per la prima volta dallo scrittore latino Svetonio, per indicare il tipo di morte che Cesare Augusto soleva augurare a s・ Dal momento che tutti dobbiamo morire, ognuno di noi augura a s・una "buona" morte piuttosto che una "cattiva" morte. La morte ・buona quando sopravviene in modo "calmo e dolce", senza dolore e sofferenza (Demetrio Neri ).
Secondo Rosangela Barcaro il termine "eutanasia" assume diversi significati, in riferimento ai diversi contesti storici.
Il dibattito contemporaneo sul tema del suicidio ("mors volontaria"), e del'eutanasia (morte dolce e serena), tende a congiungere le due pratiche. Il suicidio ・visto come una forma di eutanasia, nei casi in cui la persona agisce consapevolmente per togliersi la vita, tale realt・prende il nome di "euthanatic suicide". Il suicidio eutanasico, per・va distinto da quello praticato per sottrarsi da una situazione di disagio sociale. Eutanasia attiva volontaria, suicidio medicalmente assistito e suicidio eutanasico, si differenziano tra loro per il modo in cui si ottiene la morte. Infatti, mentre nel suicidio eutanasico la persona sceglie i mezzi e si priva da s・della vita, negli altri casi compare la figura del medico, che nei casi di suicidio medicalmente assistito, da consigli e farmaci al paziente, e nei casi di eutanasia attiva volontaria, pratica 'iniezione letale richiesta dal paziente.
Frequentemente si distingue fra eutanasia attiva — o positiva, o diretta —, l・dove il medico, o chi per lui, interviene direttamente per procurare la morte di un paziente, ed eutanasia passiva o negativa, o indiretta —, dove si ha invece astensione da interventi che manterrebbero la persona in vita. Si distingue inoltre fra eutanasia volontaria, quella esplicitamente richiesta dal paziente, ed eutanasia non volontaria, quando la volont・ del paziente non pu・essere espressa, perch・si tratta di persona incapace.
Eutanasia si oppone talora a distanasia o ad accanimento terapeutico, che indicano invece il ricorso a interventi medici di prolungamento della vita non rispettosi della dignit・del paziente. Prossimo concettualmente e fattualmente al'eutanasia, bench・distinto da essa, ・poi il suicidio medicalmente assistito, in cui la morte ・conseguenza diretta di un atto suicida del paziente, ma consigliato e/o aiutato da un medico. Si tratta, come si vede, di una mappa di significati tutt'altro che omogenea e definita, e assai sensibile alla prospettiva teorica adottata.
Una definizione completa e precisa — abitualmente citata anche da autori che non ne condividono le valutazioni etiche concomitanti — si trova nella Dichiarazione sul'eutanasia "Iura et bona", pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 5 maggio 1980 al n. 6. Una delle caratteristiche definitorie del'eutanasia ・dunque il suo obiettivo di ridurre la sofferenza. Talora si ritiene che la richiesta di un intervento eutanasico o di un'assistenza al suicidio da parte dei pazienti sia direttamente proporzionale alla gravit・della loro malattia, e alla loro sofferenza. Si tratta, invero, di una semplificazione indebita. Se prendiamo in esame i casi di suicidio, per esempio, "gli studi indicano — secondo il documento When Death Is Sought: Assisted Suicide and Euthanasia in the Medical Context, pubblicato nel 1994 dallo Stato di New York. 'esperienza degli Hospice, cliniche il cui obiettivo primario ・'umanizzazione del'assistenza ai pazienti in fin di vita, e il trattamento del dolore — attraverso le cosiddette cure "palliative" — mette in dubbio ulteriormente questa correlazione fra sofferenza e desiderio di morire apparentemente cos・ovvia: si legge nel documento citato (L. Cantoni).
Oramai, quando si parla di eutanasia, ci si riferisce a quei casi di persone che desiderano la morte e chiedono aiuto per ottenerla. 'aumento della richiesta di legalizzazione ・stato causato dai giudici e dai tribunali che hanno mostrato indulgenza verso i casi di eutanasia non-volontaria e di eutanasia volontaria.
Verso il 1920, in Italia si parlava di uccisione pietosa, piuttosto che di eutanasia, questo perch・la maggior parte di coloro che venivano aiutati a morire, erano handicappati gravi. Quando nel processo di Norimberga, vengono resi pubblici i crimini commessi dai nazisti sugli Ebrei, tentare di giustificare 'eutanasia, venne concepito come un voler riproporre le stragi naziste allo scopo di nascondere le ragioni politiche ed ideologiche con la piet・per chi soffre. Le cose cambiano, per・ nella seconda met・del secolo odierno, col verificarsi di casi di coma e malattie croniche. Gli esempi pinoti di persone mantenute in vita da apparecchiature per la rianimazione sono quelli di Karen A. Quinlan, Nancy Cruzan e Anthony Bland.
Hugo T. Engelhardt si ・interessato in particolar modo della liceit・morale e giuridica della pratica del suicidio e del'eutanasia volontaria. Nel suo saggio affronta il problema della libera scelta in favore della morte affermando che essa ・razionale quando ・il risultato della : "capacit・degli individui di capire ed apprezzare le conseguenze delle loro azioni".
Per Engelhardt 'unica limitazione alla libert・individuale ・la malattia mentale, perch・offusca la possibilit・di scegliere razionalmente.
'eutanasia attiva volontaria e il suicidio medicalmente assistito sono vietati dalla legge, perch・esistono leggi che vietano e puniscono 'omicidio e 'assistenza al suicidio. La nostra libert・individuale non pu・esprimersi attraverso la richiesta della morte, ma al massimo attraverso il suicidio (R. Barcaro).
Secondo Kant, il suicidio come 'omicidio, dal punto di vista morale, ・vietato perch・contrario alla natura razionale del'uomo.
Per Bacone ・compito del medico far in modo che la morte sia buona, anche quando non giunge naturalmente. Vi sono per・delle condizioni nelle quali no si pu・parlare di morte "buona". Una delle condizioni necessarie della liceit・del'eutanasia ・che la morte costituisca un beneficio per il paziente.
Compito del'arte medica, secondo Bacone, ・di evitare la sofferenza inutile, anche di fronte ai casi di malattie terminali.
La presenza delle tre caratteristiche importanti (condizioni oggettive, rapporto medico-paziente, beneficialit・della morte per il paziente) ci consente di individuare il contesto in cui ・corretto parlare di eutanasia. Si parla anche di usi aberranti, come 'eutanasia eugenetica (eliminazioni di individui deformi per migliorare la razza) o 'eutanasia economica (eliminazioni di tutti coloro che sono un peso per la societ・, ma qui il beneficio cercato non ・quello del malato, ma quello della societ・
Bacone ci parla di alcune forme di assistenza che oggi noi chiamiamo "accompagnamento del morente" e "umanizzazione della morte". La prima forma si riferisce ai profondi cambiamenti nelle circostanze del morire. Infatti, mentre prima si giungeva alla morte prematuramente, oggi si muore piardi e non per malattie infettive ma per malattie croniche di lunga durata. La seconda forma riguarda 'atteggiamento culturale, diffuso nella societ・contemporanea di "rimozione della morte", cio・si tende ad esorcizzare la morte, in modo che non possa turbare il normale svolgersi della vita (D. Neri).
Questo atteggiamento ・stato favorito anche dalla crescente "ospedalizzazione della morte", infatti nei paesi ricchi '80% delle morti non avviene pin casa, ma in ospedale. Tale soluzione ha trovato realizzazione nel movimento delle "cure palliative", nato sul'esempio degli "hospices" creati dalla dottoressa Cicely Saunders in Inghilterra, venti anni fa: il loro compito ・quello di mettere le persone in grado di "morire bene", senza fare nulla per anticiparne il momento.
Se la vita ・un bene e la morte ・un male, allora ・chiaro che anticiparla non ・un atto benefico. Tale concezione ・alla base del "vitalismo", che per molti anni ha caratterizzato una buona parte della pratica medica. Il "vitalismo" sostiene che la medicina sia legata con la vita umana, perci・ha il compito di difenderla ad ogni costo. Ad esso va il merito degli incredibili progressi, avvenuti a partire dagli anni '50, nel campo della rianimazione. Ma accanto agli aspetti positivi, nascono anche quelli negativi, perch・'ostinazione vitalistica o terapeutica, pu・trasformarsi in accanimento, che viene definito nel'art. 20 del Codice italiano di deontologia medica del 1989.
Un grande cambiamento ha riportato la medicina, negli ultimi anni. Infatti, oggi abbiamo medicine, come gli antibiotici, che guariscono malattie che prima portavano alla morte; abbiamo strumenti, come la dialisi, che sostituiscono funzioni vitali compromesse e macchine che tengono in vita 'organismo umano (D. Neri). Insieme a questi aspetti positivi vi sono quelli negativi; secondo Daniel Callahan ormai non si riesce pi capire fin dove la tecnologia medica costituisca un reale beneficio per il paziente. Non si sa se, in realt・ stiamo aggiungendo vita ai giorni o solo giorni alla vita.
Per Callahan ・da qui che nascono i problemi e la crescente pressione a favore del'eutanasia.
Con la creazione di tecnologie sempre piofisticate, ci siamo illusi di saper governarla, cio・capire fino a che punto possiamo arrivare per tenere in vita il paziente, invece ne siamo rimasti prigionieri e ora cerchiamo una via d'uscita rivendicando il diritto di morire. La proposta di Callahan mira al ridimensionamento del ruolo della medicina nella vita umana e alla creazione di una mentalit・comune non pissessionata dai miti individualistici del'autonomia e del controllo della propria vita; si tratta di cominciare a cambiare la "presunzione a curare sempre". Callahan aggiunge.
Secondo Antonio Tarantino parlare di eutanasia, vuol dire parlare del diritto alla vita. Tutti i problemi pimportanti della vita sono collegati ai diritti della persona umana.
La storia ci ricorda che 'eutanasia era gi・giustificata nel'antichit・classica greco-romana, praticata nella forma eugenetica, questo perch・in un contesto socio-politico, i diritti della polis avevano la precedenza su quelli dei singoli cittadini, per cui la vita dei singoli era utile se rapportata a quella della polis. Ora 'eutanasia non si caratterizza piella forma eugenetica o nella programmazione eutanasia, come ha fatto Hitler nel 1939-1941, che ha eliminato pii 70.000 persone. In tale proposito si ・espresso anche Mon. Sgreccia nella sua opera "Manuale di bioetica". Egli dice che quello di Hitler fu il primo programma politico del'eutanasia, studiato e messo in atto, dove migliaia di vite, definite "esistenze prive di valore vitale" furono eliminate (F. D'Agostino).Tutto ci・che accadde era da collegare al razzismo e allo statalismo assolutistico, fatto collimare con un cinico calcolo di alleggerimento delle spese dello Stato, per convogliare le risorse economiche nelle spese di guerra. ・pihe giusto distinguere 'ideologia odierna per la legalizzazione del'eutanasia, da quella nazista. Nonostante ci・ vi ・un punto in comune; la "mancanza del concetto di emergenza-trascendenza della persona umana", legato al'affermazione del'esistenza di un Dio personale, che comporta la pretesa, da parte del capo politico di un regime assoluto, del'arbitrio del'uomo sul'uomo (E. Sgreccia).
Oggi 'eutanasia si caratterizza nel'ambito di un movimento ideologico, dove si privilegia il diritto del malato ad essere protetto dalla sua malattia. In base a ci・ si passa da un diritto alla vita ad un diritto della qualit・della vita, affermando, in modo assurdo, che una malattia che intacca una persona fisicamente, la renda socialmente inutilizzabile (A. Tarantino).
La secolarizzazione del pensiero e della vita non consente di capire il significato della morte e del dolore. La morte trova un senso solo se, privando 'uomo dei beni materiali, ci conduce verso la speranza di una vita piiena. Questa incapacit・di dare un senso alla morte comporta due atteggiamenti: da una parte si tende ad eliminarla dalla vita, dalla coscienza; dal'altra la si anticipa (P. Ari駸).
"'eutanasia si ricollega al processo di secolarizzazione che pervade la nostra societ・e che si esprime, soprattutto, come forma suprema di rivendicazione della indipendenza del'uomo anche – anzi soprattutto – di fronte a Dio e conseguentemente come vanificazione della sofferenza e come rifiuto del simbolismo religioso della morte". (G. Campanini).
Occorre fare una distinzione tra "eutanasia attiva" ed "eutanasia passiva". La prima si riferisce al causare direttamente la morte del paziente, la seconda al'astenersi dal fare qualcosa per mantenere in vita il paziente o il causarne la morte in modo indiretto. Possiamo ritenere differente, togliere il sondino nasogastrico per 'idratazione e 'alimentazione artificiale e spegnere il respiratore automatico, dal'iniettare una dose mortale di un medicinale. Difatti il medico trova più giusto moralmente, "lasciar accadere qualcosa" invece di "far accadere qualcosa". In tale ambito, è molto importante in riguardo alle nostre responsabilità nei confronti della vita umana, questa evidente differenza tra 'azione e 'omissione, tra il fare e il non fare. Anche la teleologia e la deontologia si sono interessate di tale problema.
Per la teleologia, 'etica riguarda ciò che accade alle persone in conseguenza delle loro azioni. La più important etica teleologica ・'utilitarismo che s'interessa alle conseguenze che le nostre azioni possono avere sul mondo.
'etica deontologia si occupa "del dovere", ciò dei doveri che una persona ha e che non dovrebbe violare.
La tesi centrale del'etica medica ritiene che ・sempre sbagliato uccidere intenzionalmente un paziente, mentre ritiene lecito lasciarlo morire intenzionalmente. Bisogna fare una distinzione tra uccisione "diretta" e "indiretta". 'uccisione "diretta" ・quella perseguita intenzionalmente, sia come fine che come mezzo per raggiungere uno scopo, come ad esempio proteggere un segreto militare. Quella "indiretta", non ・perseguita anche se prevista. Ci・che importa ・che, mentre la prima ・sempre vietata, la seconda, in alcuni casi, ・giustificata, come nel caso della legittima difesa.
Fu per 'appunto San Tommaso che elabor・la giustificazione della uccisione per legittima difesa, in seguito alla quale si svilupp・la complessa teoria, dottrina del doppio effetto, che stabilisce le condizioni in base alle quali una persona può causare la morte di un'altra, senza per・perdere la propria dignit・morale. Questa dottrina è di tipo consequenzialistico, cio・s'interessa del bilancio delle conseguenze, ed elabora quattro condizioni in riferimento alla permissibilit・di un atto che causa conseguenze buone e cattive (D. Neri).
Secondo James Rachels, Socrate quattro secoli prima di Cristo diceva: "Un medico non avrebbe mai cercato di curare corpi che la malattia aveva penetrato sempre più a fondo, non voleva allungare vite di nessuna utilità quotò;. Ciò significa che per tutti era lecito permettere di morire quando le sofferenze erano insostenibili. Uccidere, però restava inammissibile.
Con le nuove apparecchiature, respiratori ecc., oggi è possibile mantenere in vita anche "vegetali umani" privi di pensiero. Ma, farlo è inutile. Il Papa ha riaffermato un permesso: "Pio XII sosteneva, nel 1958, che possiamo - permettere al paziente che ègi・virtualmente morto di trapassare in pace".
Anche il documento del'AMA condanna : "'uccisione per piet・ ma dice che ・ammissibile – sospendere o omettere il trattamento per lasciar morire un paziente terminale". La comunità medica, perciò accetta la distinzione tra eutanasia attiva e quella passiva. Per "eutanasia attiva" si intende un'azione positiva volta ad uccidere il paziente, cioè fare un'iniezione di cloruro di potassio ecc.; "eutanasia passiva" vuol dire evitare di fare ci・che servirebbe a tenere in vita il paziente, cioè lasciar morire in modo naturale.
Agli inizi del XX secolo nascono le società・e i movimenti a favore del riconoscimento e della regolamentazione giuridica del suicidio assistito e del'eutanasia volontaria. Talune società・si basano su alcuni principi. I movimenti a favore del'eutanasia sono uniti da un'unica opinione, che sia un dovere morale aiutare a morire chi a chiederlo ・senza alcuna speranza di guarigione. Il loro obiettivo finale ・rappresentato dal raggiungimento della legalizzazione e depenalizzazione del'eutanasia attiva e del suicidio assistito.
Esiste una Federazione Mondiale di Società・per il diritto di morire ("World Federation of Right to Die Societies") di cui fanno parte le "Voluntary Eutanasia Sicieties" e la piota "Hemlock Society". Quest'ultima ・fuatrice di "referendum" popolari pro-legalizzazione del'eutanasia attiva volontaria e del suicidio assistit. Tra i suoi fondatori ricordiamo Derek Humphry, giornalista inglese, famoso per 'attivit・a sostegno della legalizzazione e per aver aiutato tre suoi, in quella che lui definisce "autolib Il termine EUTANASIA viene ripreso e introdotto nel linguaggio medico dal filosofo inglese Francesco Bacone, agli inizi del secolo XVII. Bacone scrive in un passo.
Il termine eutanasia è formato da due parole greche eu= "buona e thanathos = "morte", perciò・ il suo significato quello di "buona morte". Il termine è stato usato, in questo senso, per la prima volta dallo scrittore latino Svetonio, per indicare il tipo di morte che Cesare Augusto soleva augurare a sè・ Dal momento che tutti dobbiamo morire, ognuno di noi augura a se・una "buona" morte piuttosto che una "cattiva" morte. La morte è buona quando sopravviene in modo "calmo e dolce", senza dolore e sofferenza (Demetrio Neri ).
Secondo Rosangela Barcaro il termine "eutanasia" assume diversi significati, in riferimento ai diversi contesti storici.
Il dibattito contemporaneo sul tema del suicidio ("mors volontaria"), e del'eutanasia (morte dolce e serena), tende a congiungere le due pratiche. Il suicidio è visto come una forma di eutanasia, nei casi in cui la persona agisce consapevolmente per togliersi la vita, tale realtà prende il nome di "euthanatic suicide". Il suicidio eutanasico, perciò va distinto da quello praticato per sottrarsi da una situazione di disagio sociale. Eutanasia attiva volontaria, suicidio medicalmente assistito e suicidio eutanasico, si differenziano tra loro per il modo in cui si ottiene la morte. Infatti, mentre nel suicidio eutanasico la persona sceglie i mezzi e si priva da s・della vita, negli altri casi compare la figura del medico, che nei casi di suicidio medicalmente assistito, da consigli e farmaci al paziente, e nei casi di eutanasia attiva volontaria, pratica 'iniezione letale richiesta dal paziente.
Frequentemente si distingue fra eutanasia attiva — o positiva, o diretta —, là dove il medico, o chi per lui, interviene direttamente per procurare la morte di un paziente, ed eutanasia passiva o negativa, o indiretta —, dove si ha invece astensione da interventi che manterrebbero la persona in vita. Si distingue inoltre fra eutanasia volontaria, quella esplicitamente richiesta dal paziente, ed eutanasia non volontaria, quando la volontà del paziente non può essere espressa, perchèsi tratta di persona incapace.
Eutanasia si oppone talora a distanasia o ad accanimento terapeutico, che indicano invece il ricorso a interventi medici di prolungamento della vita non rispettosi della dignitàdel paziente. Prossimo concettualmente e fattualmente al eutanasia, benchchè distinto da essa, ・poi il suicidio medicalmente assistito, in cui la morte conseguenza diretta di un atto suicida del paziente, ma consigliato e/o aiutato da un medico. Si tratta, come si vede, di una mappa di significati tuttavia l 'altro che omogenea e definita, e assai sensibile alla prospettiva teorica adottata.
Una definizione completa e precisa — abitualmente citata anche da autori che non ne condividono le valutazioni etiche concomitanti — si trova nella Dichiarazione sull'eutanasia "Iura et bona", pubblicata dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 5 maggio 1980 al n. 6. Una delle caratteristiche definitorie dell'eutanasia ・dunque il suo obiettivo di ridurre la sofferenza. Talora si ritiene che la richiesta di un intervento eutanasico o di UN ASSISTENZA al suicidio da parte dei pazienti sia direttamente proporzionale alla gravità della loro malattia, e alla loro sofferenza. Si tratta, invero, di una semplificazione indebita. Se prendiamo in esame i casi di suicidio, per esempio, "gli studi indicano — secondo il documento When Death Is Sought: Assisted Suicide and Euthanasia in the Medical Context, pubblicato nel 1994 dallo Stato di New York. 'esperienza degli Hospice, cliniche il cui obiettivo primario 'umanizzazione dell'assistenza ai pazienti in fin di vita, e il trattamento del dolore — attraverso le cosiddette cure "palliative" — mette in dubbio ulteriormente questa correlazione fra sofferenza e desiderio di morire apparentemente cosa・ovvia: si legge nel documento citato (L. Cantoni).
Oramai, quando si parla di eutanasia, ci si riferisce a quei casi di persone che desiderano la morte e chiedono aiuto per ottenerla. 'aumento della richiesta di legalizzazione è stato causato dai giudici e dai tribunali che hanno mostrato indulgenza verso i casi di eutanasia non-volontaria e di eutanasia volontaria.
Verso il 1920, in Italia si parlava di uccisione pietosa, piuttosto che di eutanasia, questo perché la maggior parte di coloro che venivano aiutati a morire, erano handicappati gravi. Quando nel processo di Norimberga, vengono resi pubblici i crimini commessi dai nazisti sugli Ebrei, tentare di giustificare 'eutanasia, venne concepito come un voler riproporre le stragi naziste allo scopo di nascondere le ragioni politiche ed ideologiche con la pietà per chi soffre. Le cose cambiano, perchè nella seconda metà del secolo odierno, col verificarsi di casi di coma e malattie croniche. Gli esempi pinoti di persone mantenute in vita da apparecchiature per la rianimazione sono quelli di Karen A. Quinlan, Nancy Cruzan e Anthony Bland.
Hugo T. Engelhardt si ・interessato in particolar modo della liceit・morale e giuridica della pratica del suicidio e del'eutanasia volontaria. Nel suo saggio affronta il problema della libera scelta in favore della morte affermando che essa ・razionale quando ・il risultato della : "capacit・degli individui di capire ed apprezzare le conseguenze delle loro azioni".
Per Engelhardt 'unica limitazione alla libertàindividuale è la malattia mentale, perch・offusca la possibilit・di scegliere razionalmente.
'eutanasia attiva volontaria e il suicidio medicalmente assistito sono vietati dalla legge, perch・esistono leggi che vietano e puniscono 'omicidio e 'assistenza al suicidio. La nostra libert・individuale non pu・esprimersi attraverso la richiesta della morte, ma al massimo attraverso il suicidio (R. Barcaro).
Secondo Kant, il suicidio come 'omicidio, dal punto di vista morale, ・vietato perch・contrario alla natura razionale del'uomo.
Per Bacone ・compito del medico far in modo che la morte sia buona, anche quando non giunge naturalmente. Vi sono per・delle condizioni nelle quali no si pu・parlare di morte "buona". Una delle condizioni necessarie della liceit・del'eutanasia ・che la morte costituisca un beneficio per il paziente.
Compito del'arte medica, secondo Bacone, ・di evitare la sofferenza inutile, anche di fronte ai casi di malattie terminali.
La presenza delle tre caratteristiche importanti (condizioni oggettive, rapporto medico-paziente, beneficialit・della morte per il paziente) ci consente di individuare il contesto in cui ・corretto parlare di eutanasia. Si parla anche di usi aberranti, come 'eutanasia eugenetica (eliminazioni di individui deformi per migliorare la razza) o 'eutanasia economica (eliminazioni di tutti coloro che sono un peso per la societ・, ma qui il beneficio cercato non ・quello del malato, ma quello della societ・
Bacone ci parla di alcune forme di assistenza che oggi noi chiamiamo "accompagnamento del morente" e "umanizzazione della morte". La prima forma si riferisce ai profondi cambiamenti nelle circostanze del morire. Infatti, mentre prima si giungeva alla morte prematuramente, oggi si muore piardi e non per malattie infettive ma per malattie croniche di lunga durata. La seconda forma riguarda 'atteggiamento culturale, diffuso nella societ・contemporanea di "rimozione della morte", cio・si tende ad esorcizzare la morte, in modo che non possa turbare il normale svolgersi della vita (D. Neri).
Questo atteggiamento ・stato favorito anche dalla crescente "ospedalizzazione della morte", infatti nei paesi ricchi '80% delle morti non avviene pin casa, ma in ospedale. Tale soluzione ha trovato realizzazione nel movimento delle "cure palliative", nato sul'esempio degli "hospices" creati dalla dottoressa Cicely Saunders in Inghilterra, venti anni fa: il loro compito ・quello di mettere le persone in grado di "morire bene", senza fare nulla per anticiparne il momento.
Se la vita ・un bene e la morte ・un male, allora ・chiaro che anticiparla non ・un atto benefico. Tale concezione ・alla base del "vitalismo", che per molti anni ha caratterizzato una buona parte della pratica medica. Il "vitalismo" sostiene che la medicina sia legata con la vita umana, perci・ha il compito di difenderla ad ogni costo. Ad esso va il merito degli incredibili progressi, avvenuti a partire dagli anni '50, nel campo della rianimazione. Ma accanto agli aspetti positivi, nascono anche quelli negativi, perch・'ostinazione vitalistica o terapeutica, pu・trasformarsi in accanimento, che viene definito nel'art. 20 del Codice italiano di deontologia medica del 1989.
Un grande cambiamento ha riportato la medicina, negli ultimi anni. Infatti, oggi abbiamo medicine, come gli antibiotici, che guariscono malattie che prima portavano alla morte; abbiamo strumenti, come la dialisi, che sostituiscono funzioni vitali compromesse e macchine che tengono in vita 'organismo umano (D. Neri). Insieme a questi aspetti positivi vi sono quelli negativi; secondo Daniel Callahan ormai non si riesce pi capire fin dove la tecnologia medica costituisca un reale beneficio per il paziente. Non si sa se, in realt・ stiamo aggiungendo vita ai giorni o solo giorni alla vita.
Per Callahan ・da qui che nascono i problemi e la crescente pressione a favore del'eutanasia.
Con la creazione di tecnologie sempre piofisticate, ci siamo illusi di saper governarla, cio・capire fino a che punto possiamo arrivare per tenere in vita il paziente, invece ne siamo rimasti prigionieri e ora cerchiamo una via d'uscita rivendicando il diritto di morire. La proposta di Callahan mira al ridimensionamento del ruolo della medicina nella vita umana e alla creazione di una mentalit・comune non pissessionata dai miti individualistici del'autonomia e del controllo della propria vita; si tratta di cominciare a cambiare la "presunzione a curare sempre". Callahan aggiunge.
Secondo Antonio Tarantino parlare di eutanasia, vuol dire parlare del diritto alla vita. Tutti i problemi pimportanti della vita sono collegati ai diritti della persona umana.
La storia ci ricorda che 'eutanasia era gi・giustificata nel'antichit・classica greco-romana, praticata nella forma eugenetica, questo perch・in un contesto socio-politico, i diritti della polis avevano la precedenza su quelli dei singoli cittadini, per cui la vita dei singoli era utile se rapportata a quella della polis. Ora 'eutanasia non si caratterizza piella forma eugenetica o nella programmazione eutanasia, come ha fatto Hitler nel 1939-1941, che ha eliminato pii 70.000 persone. In tale proposito si ・espresso anche Mon. Sgreccia nella sua opera "Manuale di bioetica". Egli dice che quello di Hitler fu il primo programma politico del'eutanasia, studiato e messo in atto, dove migliaia di vite, definite "esistenze prive di valore vitale" furono eliminate (F. D'Agostino).Tutto ci・che accadde era da collegare al razzismo e allo statalismo assolutistico, fatto collimare con un cinico calcolo di alleggerimento delle spese dello Stato, per convogliare le risorse economiche nelle spese di guerra. ・pihe giusto distinguere 'ideologia odierna per la legalizzazione del'eutanasia, da quella nazista. Nonostante ci・ vi ・un punto in comune; la "mancanza del concetto di emergenza-trascendenza della persona umana", legato al'affermazione del'esistenza di un Dio personale, che comporta la pretesa, da parte del capo politico di un regime assoluto, del'arbitrio del'uomo sul'uomo (E. Sgreccia).
Oggi 'eutanasia si caratterizza nel'ambito di un movimento ideologico, dove si privilegia il diritto del malato ad essere protetto dalla sua malattia. In base a ci・ si passa da un diritto alla vita ad un diritto della qualit・della vita, affermando, in modo assurdo, che una malattia che intacca una persona fisicamente, la renda socialmente inutilizzabile (A. Tarantino).
La secolarizzazione del pensiero e della vita non consente di capire il significato della morte e del dolore. La morte trova un senso solo se, privando 'uomo dei beni materiali, ci conduce verso la speranza di una vita piiena. Questa incapacit・di dare un senso alla morte comporta due atteggiamenti: da una parte si tende ad eliminarla dalla vita, dalla coscienza; dal'altra la si anticipa (P. Ari駸).
"'eutanasia si ricollega al processo di secolarizzazione che pervade la nostra societ・e che si esprime, soprattutto, come forma suprema di rivendicazione della indipendenza del'uomo anche – anzi soprattutto – di fronte a Dio e conseguentemente come vanificazione della sofferenza e come rifiuto del simbolismo religioso della morte". (G. Campanini).
Occorre fare una distinzione tra "eutanasia attiva" ed "eutanasia passiva". La prima si riferisce al causare direttamente la morte del paziente, la seconda al'astenersi dal fare qualcosa per mantenere in vita il paziente o il causarne la morte in modo indiretto. Possiamo ritenere differente, togliere il sondino nasogastrico per 'idratazione e 'alimentazione artificiale e spegnere il respiratore automatico, dal'iniettare una dose mortale di un medicinale. Difatti il medico trova piiusto moralmente, "lasciar accadere qualcosa" invece di "far accadere qualcosa". In tale ambito, ・molto importante in riguardo alle nostre responsabilit・nei confronti della vita umana, questa evidente differenza tra 'azione e 'omissione, tra il fare e il non fare. Anche la teleologia e la deontologia si sono interessate di tale problema.
Per la teleologia, 'etica riguarda ci・che accade alle persone in conseguenza delle loro azioni. La pimportante etica teleologica ・'utilitarismo che s'interessa alle conseguenze che le nostre azioni possono avere sul mondo.
'etica deontologia si occupa "del dovere", cio・dei doveri che una persona ha e che non dovrebbe violare.
La tesi centrale del'etica medica ritiene che ・sempre sbagliato uccidere intenzionalmente un paziente, mentre ritiene lecito lasciarlo morire intenzionalmente. Bisogna fare una distinzione tra uccisione "diretta" e "indiretta". 'uccisione "diretta" ・quella perseguita intenzionalmente, sia come fine che come mezzo per raggiungere uno scopo, come ad esempio proteggere un segreto militare. Quella "indiretta", non ・perseguita anche se prevista. Ci・che importa ・che, mentre la prima ・sempre vietata, la seconda, in alcuni casi, ・giustificata, come nel caso della legittima difesa.
Fu per 'appunto San Tommaso che elabor・la giustificazione della uccisione per legittima difesa, in seguito alla quale si svilupp・la complessa teoria, dottrina del doppio effetto, che stabilisce le condizioni in base alle quali una persona pu・causare la morte di un'altra, senza per・perdere la propria dignit・morale. Questa dottrina ・di tipo consequenzialistico, cio・s'interessa del bilancio delle conseguenze, ed elabora quattro condizioni in riferimento alla permissibilit・di un atto che causa conseguenze buone e cattive (D. Neri).
Secondo James Rachels, Socrate quattro secoli prima di Cristo diceva: "Un medico non avrebbe mai cercato di curare corpi che la malattia aveva penetrato sempre pi・a fondo, non voleva allungare vite di nessuna utilit・quot;. Ci・significa che per tutti era lecito permettere di morire quando le sofferenze erano insostenibili. Uccidere, per・restava inammissibile.
Con le nuove apparecchiature, respiratori ecc., oggi ・possibile mantenere in vita anche "vegetali umani" privi di pensiero. Ma, farlo ・inutile. Il Papa ha riaffermato un permesso: "Pio XII sosteneva, nel 1958, che possiamo - permettere al paziente che ・gi・virtualmente morto di trapassare in pace".
Anche il documento del'AMA condanna : "'uccisione per piet・ ma dice che ・ammissibile – sospendere o omettere il trattamento per lasciar morire un paziente terminale". La comunit・medica, perci・ accetta la distinzione tra eutanasia attiva e quella passiva. Per "eutanasia attiva" si intende un'azione positiva volta ad uccidere il paziente, cio・fare un'iniezione di cloruro di potassio ecc.; "eutanasia passiva" vuol dire evitare di fare ci・che servirebbe a tenere in vita il paziente, cio・lasciar morire in modo naturale.
Agli inizi del XX secolo nascono le societ・e i movimenti a favore del riconoscimento e della regolamentazione giuridica del suicidio assistito e del'eutanasia volontaria. Talune societ・si basano su alcuni principi. I movimenti a favore del'eutanasia sono uniti da un'unica opinione, che sia un dovere morale aiutare a morire chi a chiederlo ・senza alcuna speranza di guarigione. Il loro obiettivo finale ・rappresentato dal raggiungimento della legalizzazione e depenalizzazione del'eutanasia attiva e del suicidio assistito.
Esiste una Federazione Mondiale di Societ・per il diritto di morire ("World Federation of Right to Die Societies") di cui fanno parte le "Voluntary Eutanasia Sicieties" e la piota "Hemlock Society". Quest'ultima ・fuatrice di "referendum" popolari pro-legalizzazione del'eutanasia attiva volontaria e del suicidio assistit. Tra i suoi fondatori ricordiamo Derek Humphry, giornalista inglese, famoso per 'attivit・a sostegno della legalizzazione e per aver aiutato tre suoi, in quella che lui definisce "autoliberazione". Autore di molti libri ed articoli dove spiega i motivi che ritengono leciti 'eutanasia attiva volontaria ed il suicidio assistito. Secondo Humphr, ogni uomo, in possesso delle proprie capacit・mentali, deve poter decidere della propria morte, quando si trova in gravi condizioni, come ad esempio, 'Aids, il cancro, sclerosi multipla e il morbo di Alzheimer. Il suo punto di forza risiede nel concetto di autonomia individuale, qualit・della vita, piuttosto, che quantit・di vita. Tra le sue pubblicazioni: "Final Exit", che consiste in un guida al suicidio per i malati terminali, dove si consigliano i farmaci e come dosarli.
Negli ultimi tempi si ・fatta strada 'idea che il malato costituisca una parte attiva nella relazione terapeutica col medico, acquistando consapevolezza su ci・che deve subire, e responsabilit・sottoscrivendo un documento legale liberatorio. La Hemlock Society ha favorito la diffusione, delle "advance directives", cio・dei documenti riportanti i desideri di un individuo, circa le cure mediche; la forma piota ・il "living will", un documento nel quale 'individuo indica le cure che vuole o non vuole ricevere, nel caso in cui si venisse a trovare in una situazione di malattia terminale. La "healt care durable power of attorney" contiene 'indicazione di una o piersone che decidono le cure che il firmatario deve ricevere, nel caso che egli non pin grado di intendere e volere. Il "value history form"・un completamento del "living will" (R. Barcaro).
A parte la differenza nella forma e negli effetti, le norme anticipate hanno in comune due concetti (S. Hornett).
Per poter sottoscrivere le "advence directives" bisogna aver raggiunto la maggior et・e 'essere in condizione di intendere e volere. Per・tali documenti, come il "living will", non sono vincolanti per il medico che deve essere, ugualmente, informato dal paziente. La "durable heath care power of attorney" consente di delegare a terzi tali decisioni mediche, solo se il firmatario non ・pin grado di decidere da s・
La "value history form"・un documento che contiene le dichiarazioni del'individuo, basate sulle proprie motivazioni, i propri principi.
Riferito al modello del "living will", anche in Italia la Consulta di Bioetica ha proposto la scelta di una carta di autodeterminazione, che per・non ha valore legale. Nel gennaio 1997 hanno presentato una nuova carta (Biocard), essa prevede che il firmatario sia informato sulla sua salute, sulle cure e rinunciare a determinati mezzi di sostegno.
Mons. E. Sgreccia ha affermato che il "Natural Death Act" approvato in California nel 1976, ・in assoluto la prima forma di depenalizzazione del'eutanasia (A. Meisel).
Le obiezioni di Mons. Sgreccia riguardano la validit・morale del documento, in base al quale la persona dispone della propria vita in anticipo rispetto ai problemi di salute che si potrebbero insorgere.
Oltre alle "advance directives" si ・cercato di trovare un nuovo diritto, che garantisca una morte dignitosa a chi la richiede, il cosiddetto "diritto di morire".
Leon R. Kass, in un atricolo del 1993, differenzia quattro significati riferiti al "diritto di morire" (Y. Kamisar).
Vi ・la tendenza ad "umanizzare la morte", cio・a considerare il diritto di morire, un "diritto ad una morte umana o dignitosa" (R. Barcaro).
In riferimento al tema del'eutanasia, si veda il film "Il collezionista d'osse
erazione". Autore di molti libri ed articoli dove spiega i motivi che ritengono leciti 'eutanasia attiva volontaria ed il suicidio assistito. Secondo Humphr, ogni uomo, in possesso delle proprie capacit・mentali, deve poter decidere della propria morte, quando si trova in gravi condizioni, come ad esempio, 'Aids, il cancro, sclerosi multipla e il morbo di Alzheimer. Il suo punto di forza risiede nel concetto di autonomia individuale, qualit・della vita, piuttosto, che quantit・di vita. Tra le sue pubblicazioni: "Final Exit", che consiste in un guida al suicidio per i malati terminali, dove si consigliano i farmaci e come dosarli.
Negli ultimi tempi si ・fatta strada 'idea che il malato costituisca una parte attiva nella relazione terapeutica col medico, acquistando consapevolezza su ci・che deve subire, e responsabilit・sottoscrivendo un documento legale liberatorio. La Hemlock Society ha favorito la diffusione, delle "advance directives", cio・dei documenti riportanti i desideri di un individuo, circa le cure mediche; la forma piota ・il "living will", un documento nel quale 'individuo indica le cure che vuole o non vuole ricevere, nel caso in cui si venisse a trovare in una situazione di malattia terminale. La "healt care durable power of attorney" contiene 'indicazione di una o piersone che decidono le cure che il firmatario deve ricevere, nel caso che egli non pin grado di intendere e volere. Il "value history form"・un completamento del "living will" (R. Barcaro).
A parte la differenza nella forma e negli effetti, le norme anticipate hanno in comune due concetti (S. Hornett).
Per poter sottoscrivere le "advence directives" bisogna aver raggiunto la maggior et・e 'essere in condizione di intendere e volere. Per・tali documenti, come il "living will", non sono vincolanti per il medico che deve essere, ugualmente, informato dal paziente. La "durable heath care power of attorney" consente di delegare a terzi tali decisioni mediche, solo se il firmatario non ・pin grado di decidere da s・
La "value history form"・un documento che contiene le dichiarazioni del'individuo, basate sulle proprie motivazioni, i propri principi.
Riferito al modello del "living will", anche in Italia la Consulta di Bioetica ha proposto la scelta di una carta di autodeterminazione, che per・non ha valore legale. Nel gennaio 1997 hanno presentato una nuova carta (Biocard), essa prevede che il firmatario sia informato sulla sua salute, sulle cure e rinunciare a determinati mezzi di sostegno.
Mons. E. Sgreccia ha affermato che il "Natural Death Act" approvato in California nel 1976, ・in assoluto la prima forma di depenalizzazione del'eutanasia (A. Meisel).
Le obiezioni di Mons. Sgreccia riguardano la validit・morale del documento, in base al quale la persona dispone della propria vita in anticipo rispetto ai problemi di salute che si potrebbero insorgere.
Oltre alle "advance directives" si ・cercato di trovare un nuovo diritto, che garantisca una morte dignitosa a chi la richiede, il cosiddetto "diritto di morire".
Leon R. Kass, in un atricolo del 1993, differenzia quattro significati riferiti al "diritto di morire" (Y. Kamisar).
Vi ・la tendenza ad "umanizzare la morte", cio・a considerare il diritto di morire, un "diritto ad una morte umana o dignitosa" (R. Barcaro).
In riferimento al tema del'eutanasia, si veda il film "Il collezionista d'osse
Il lago dei Cigni
Prima di entrare in merito al dibattito sull'eutanasia, occorre soffermarci su un'altra questione connessa all'eutanasia, il suicidio.
Non tutti gli atti autodistruttivi sono suicidi.
Tom L. Beauchamp dice in proposito:
Una persona commette suicidio se:
1. 1. tale persona provoca intenzionalmente la propria morte;
2. 2. nessun altro la costringe a compiere tale azione;
3. 3. la morte ・causata da condizioni predisposte dalla persona per questo scopo preciso.
Per molte persone la parola "suicidio" ・piena di emotivit・ essa indica qualcosa verso cui si ha un atteggiamento negativo. I cattolici ritengono il suicidio un peccato mortale, perci・negano che atti ammirevoli di autodistruzione siano suicidi. I neutrali, per cos・dire, considerano atti ammirevoli di autodistruzione come suicidi degni di ammirazione. Pertanto non esiste un concetto di suicidio, ma concetti differenti, uno pi・ampio e uno pi・ristretto.(James Rachels).
Secondo Rachels esiste una connessione con l'eutanasia, basata su un principio generale di ragionamento morale: "se ・lecito per una persona porre in essere una certa situazione, allora ・lecito per quella persona richiedere l'aiuto liberamente dato da terzi nel porre in essere tale situazione". Il principio cos・formulato risulta falso, occorre riformularlo, aggiunge Rachels.
Se ・ammissibile per una persona (o se una persona ha il diritto di) compiere una certa azione, o porre in essere una certa situazione, allora ・ammissibile per quella persona (egli/ella ha il diritto di) richiedere l'aiuto, prestato spontaneamente, di qualcun altro nel compiere l'atto o porre in essere la situazione, a patto che ci・non violi i diritti di un terzo. Ne deriva, che se ・giusto che una persona commetta suicidio, sarebbe altrettanto giusto per quella persona, sollecitare assistenza, a patto che nel processo non vengano violati i diritti di terzi (J. Rachels).Vi sono due punti di vista sul tema della morte; una basata sull'immortalit・dell'anima e l'altra che ritiene la morte del corpo, la morte assoluta della persona. Su questa concezione si possono differenziare quattro interpretazioni sull'"essere morto" (R. Barcaro).
Il suicidio, nel mondo classico, era legittimo in molti casi; per salvare l'onore, sfuggire ad una grave malattia o alla povert・ I metodi pi・usati erano, l'impiccagione, il veleno, morire di fame ecc.Anche sul tema del suicidio vi sono due posizioni, sia dal punto di vista religioso che filosofico, di proibizione e di istigazione. Platone nella Repubblica1 e a favore di una medicina che aiuti i malati inguaribili a morire, perch・ ritiene scorretto mantenere in vita persone che non hanno un ruolo attivo nella societ・ Nel Fedone ci parla dei motivi per i quali, la scuola pitagorica, proibisce il suicidio. Infatti si ritiene che gli dei, per punizione, hanno collocato le anime degli uomini nei corpi, perci・il suicidio ・un'ingiustizia, perch・si viola il loro volere. Infine, Platone nelle Leggi, concepisce tale atto, solo come possibilit・ di salvezza dell'animo umano, cio・quando il comportamento di una persona ・cattivo e senza rimedio.
Aristotele nell'Etica Nicomacheaaffronta il problema da una prospettiva giuridica; ritenendo il suicidio un atto che la legge vieta, chi lo fa commette un'ingiustizia verso se stesso e verso la polis. I filosofi stoici considerano la filosofia come l'arte del corretto vivere e del morire bene e sostengono che ogni uomo ・libero di decidere quando terminare la propria vita.
Tra gli stoici si pu・ricordare Seneca, che nella Lettera LXX, sostiene che morire al momento giusto ・una dimostrazione di libert・morale, purch・la scelta sia fatta razionalmente. Il famoso giuramento di Ippocrate, risalente al V secolo a.C., contiene norme generali che il medico deve seguire nei confronti dei suoi pazienti, tra cui quella riguardante il divieto di somministrare o consigliare veleni: "Non dar・a nessuno farmaci mortali, neppure se richiesto, n・mai suggerir・di prenderne"(L. R. Angeletti). Tale proibizione, era in netto contrasto con la morale comune e l'esercizio dell'arte medica, in Grecia e a Roma, perci・venne accolta solo pi・tardi, nel V secolo d. C., dopo la caduta dell'Impero Romano, quando s' imposero i valori cristiani relativi al rispetto della vita.
Nella Bibbia non vi ・un vocabolo corrispondente alla parola "suicidio"; n・nel Vecchio, n・nel nuovo Testamento, vi sono condanne morali o chiare proibizioni contro il suicidio. Solo nel Vecchio Testamento si fa riferimento ad alcuni casi, come quello di Sansone e di Re Saul, considerati per・ come sacrifici personali. Un punto fermo ・la convinzione che solo Dio può dare e togliere la vita.
I Padri della Chiesa si occuperanno di tale argomento, solo in epoca più tarda, rispetto alla diffusione del Cristianesimo, questo perchè tra le comunità cristiane la proibizione di togliersi la vita era ancora molto condivisa. Uno dei primi Padri della Chiesa che si espresse in maniera decisa contro l'ammissibilità morale di ogni forma di suicidio, fu S. Agostino, il cui pensiero influenza la cristianità medievale. Nella sua opera, La città di Dio dice, che chi uccide se stesso è un omicida, perché priva se stesso, in questo modo, della possibilità del pentimento. Nel Medio Evo vi era una visione del mondo ispirata profondamente dalla Chiesa, al punto di credere che chi si toglieva la vita era posseduto dal demonio, e perciò per questi individui, era vietata la celebrazione religiosa e i loro corpi venivano esposti ai crocevia, trafitti da un palo. A partire dal XVI secolo tale visione inizia a vacillare e verso la fine del XVII si concepisce una nuova visione del suicidio, che diviene il frutto di una scelta personale, priva di biasimo morale(R. Barcaro). Nel Rinascimento perché tale proibizione sembra ancora diffusa, solo due scrittori sono contrari: Sir Thomas More e Michel de Montagne. Dalla prima parte dell'opera di More, "Utopia", sembra che egli sia un fautore "ante litteram"della pratica dell'eutanasia attiva volontaria, ma dall'ultima parte del brano emerge, che l'asserzione che lui fa.
Ciò che accomuna l’eutanasia e il suicidio è il desiderio di porre fine alla propria vita. Ma, mentre nel suicidio chi matura tale desiderio di morte, per motivi psicologici o fisici, lo porta a termine da solo; per quanto riguarda l’eutanasia, ci si ricorre nei casi di malattia allo stadio terminale, quando il malato, che prende questa decisione, non ha la forza fisica o psicologica, di farlo da solo. Perciò si parla di eutanasia attiva o passiva.
Chi si trova in una situazione così terribile, perde di vista il dono della vita, perché la sofferenza è talmente insopportabile, da offuscare tutto il resto. Per eutanasia s’intende procurare o aiutare a morire un paziente dichiarato terminale, esclusivamente ad opera di un medico, tutti gli altri casi vengono considerati omicidi e come tali puniti.
Nel codice penale italiano esiste un determinato articolo che viene applicato in taluni casi, l’art. 579.
L’errore sull’esistenza del consenso fa sussistere la figura criminosa in virtù dell’art. 47 c.p., cpv. L’ignoranza o l’errore fa ritenere inesistente un consenso esistente, invalido un consenso valido, “Ex lege”, (B. Pannain, F. Scalfani, M. Pannain).
Il dibattito etico-filosofico sull’eutanasia e sul suicido assistito, verte intorno alle posizioni (deontologia e utilitarismo) di rifiuto o di accettazioni di tali pratiche. I deontologi affermano che le azioni moralmente illecite lo sono in se stesse, a prescindere dalle conseguenze che l’atto può provocare, ed il comando “non uccidere”vale sempre; gli utilitaristi invece basano la liceità dell’azione sulle conseguenza previste, e la violazione di una regola sarà ammessa, se il beneficio di tale azione superi quello dell’accettazione della regola.
In campo biomedico appare evidente il conflitto tra etica utilitaristica ed etica deontologica. Alla conservazione della vita si oppone alcune volte, la necessità di provvedere a situazioni difficili. E’ ammissibile somministrare dei farmaci ad una gestante, sapendo che potrebbero causa la morte del feto? Esiste la soluzione proposta dalla teoria del duplice effetto, ma non risulta coerente, né coi principi deontologici, né con quelli utilitaristici (R. Barcaro).
L’utilitarismo risale ai secoli XVIII e XIX ad opera di due filosofi: Jeremy Bentham e John S. Mill. Mill ci ha parlato del principio di utilità, dal quale si può dedurre tutti i giudizi morali razionali.
L’approccio utilitaristico ritiene che nessun bene, compresa la vita umana, ha un valore assoluto da imporre un forte vincolo al rispetto di esso.
Un esempio di dottrina deontologica è dato dall’etica kantiana, secondo la quale “la moralità di un’azione è determinata dall’accordo con regole morali esprimenti dei doveri”.
Tra i sostenitori dell’eutanasia ricordiamo Peter Singer e James Rachels.
Secondo Singer l’eutanasia è ammissibile sia per i malati terminali che per i neonati malformati, perché in base al concetto di qualità della vita, tali individui non sono più in grado di esercitare la propria razionalità, autocoscienza e autonomia. Il punto debole del pensiero di Singer sta nel voler attribuire un diritto alla vita agli animali, sulla base del fatto che gli animali sono in grado di avvertire la minaccia alla propria esistenza.
Rachels nel suo articolo del 1975 “Active and Passive Eutanasia”, afferma che l’agire morale è un : uccidere è vietato perché si causa del male a qualcuno. Per Rachels vi sono dei casi per cui è possibile fare eccezione alla regola “non uccidere”, come ad esempio nei casi di legittima difesa.
Joseph Fletcher ha affermato che anche la tradizione religiosa è concorde nel sostenere, che nei casi terminali non esiste un obbligo morale a prolungargli la vita. Molte religioni (protestante, cattolica, ebraica, buddista, induista) mostrano di essere favorevoli ad una eutanasia passiva, cioè in quella forma che rappresenta la sospensione dei trattamenti inutili nei pazienti “senza speranza”.
Daniel Callahan si è interessato del tema della “dolce morte” in alcune sue opere:
In “Settino Limits”, Callahan sostiene che l’eutanasia non può essere legalizzata. In modo diffuso, Callahan torna sul problema dell’eutanasia in “What Kind of Life”. Secondo Callahan la legalizzazione dell’eutanasia comporterebbe l’introduzione di una forma del tutto nuova di contratto tra adulti consenzienti, un contratto che implicherebbe la morte di una delle parti che lo sottoscrive: l’autodeterminazione non ha un potere così forte da implicare l’annullamento dei propri diritti a vivere e ad essere libero per trasformarli in diritto a morire (Callahan cita anche John Stuart Mill e l’argomento contro la schiavitù volontaria, che si può riassumere in modo epigrammatico: è contraddittorio scegliere liberamente di non essere liberi). Contro Rachels, Callahan sostiene che la distinzione tra “uccidere” e “lasciar morire” è dotata di fondamento. Dopo una serrata analisi dei concetti di uccidere e lasciar morire, Callahan perviene ad una conclusione. La distinzione tra uccidere e lasciar morire a sua volta trova fondamento su tre premesse: una di tipo “metafisico”, la quale è legata ad una premessa di tipo “morale”, l’ultima è una premessa di tipo “medico”. Nel volume “The Troubled Dream of Life, Callahan concentra la propria attenzione su due punti che rappresentano il “leit-motiv” sul quale i sostenitori dell’eutanasia fanno leva per le rivendicazioni di legalizzazione: la mancanza di familiarità con la morte, che già aveva sottolineato Philippe Ariés, e l’esasperata enfasi posta sul principio di autodeterminazione, che sembra essere finalizzato esclusivamente ad elaborare scelte che consentano l’eliminazione della sofferenza e la decisione del momento della propria morte.
Jacques-Louis David, Morte di Socrtate

Che cos’è la morte?
Ritroviamo in merito, una meritevole definizione di Marco Aurelio.
Nel Medioevo vi era una certa familiarità con la morte, una forma di accettazione dell’ordine naturale. L’uomo subiva con la morte una delle grandi leggi della specie, e non pensava né a sottrarvisi, né ad esaltarla; l’accettava semplicemente. Vi era una familiare rassegnazione al destino comune della specie (P. Ariès).
Nel XII secolo, si ha un altro atteggiamento di fronte alla morte; esprime l’importanza attribuita in tutta l’età moderna, alla propria esistenza individuale, che si identifica con “la morte di sé.
Nel XVIII secolo, l’uomo delle società occidentali tende a dare alla morte un senso nuovo. L’esalta, la drammatizza, la vuole impressionante e dominante, romantica, retorica, è innanzitutto, la morte dell’altro, proprio perché si occupa meno della propria.
L’altro il cui ricordo e rimpianto ispirano, nel XIX e XX secolo, il nuovo culto delle tombe e dei cimiteri Nel XIX secolo, vi è un’esagerazione del lutto, i sopravvissuti accettano con più difficoltà, di un tempo, la morte dell’altro, la morte del “tu”.
Anche Epicuro, nella Lettera a Meneceo, s’interessò della morte.
Esistono due posizioni: secondo la prima la morte è un evento eticamente neutro, né buono né cattivo; l’altra sostiene l’ ntrinseca negatività della morte, che ci priva dei beni (B. Morcavallo).
Lucrezio sosteneva, in riguardo alla morte: “nulla è dunque la morte per noi”.
Alcuni sostengono che la morte è qualcosa di cattivo “Deprivation of Goods Principle” (DGP). Tra i difensori di questa tesi, “Existence Principe” (EP), vi è Thomas Nagel.
Abbiamo, perciò, due i principi contrapposti: l’EP e il DGP.
Il DGP comporta che la sia un bene, e che sia a favore dell’eutanasia. Nagel dice: “Se la morte, è la fine inequivocabile e permanente della nostra esistenza, si pone il problema se morire sia una cosa cattiva; se la morte è un male, non può esserlo per le sue caratteristiche positive, ma solo a causa di ciò che ci sottrae”.
Per noi la morte rappresenta la perdita ed è naturale allontanarla. Secondo Epicureo, dobbiamo eliminare la paura della morte. Giacomo Leopardi sosteneva che la morte è un passaggio insensibile verso il nulla, simile all’addormentamento.
Anche la morte, nell'accezione comune del termine, ha avuto una propria nascita. Innanzitutto la morte esiste poiché esiste la vita, e pertanto, fino a quando sulla Terra non sono comparse le prime forme biologiche, essa può essere tranquillamente relegata a mero concetto filosofico e a pura astrazione (morte di una stella, morte dell'universo, morte di Dio, ecc.). La morte implica l’esposizione di 4 concetti fondamentali: Atemporalità; Immortalità; Morte biologica; Morte aleatoria. La cosa importante da dire sulla morte biologica e quella aleatoria è la loro certezza e ineluttabilità.

“Morte villana, di pietà nemica,
Di dolor madre antica,
Giudicio incontestabile gravoso”.

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