Zibaldone

Materie:Altro
Categoria:Letteratura

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Testo

Appunti sulla poesia di Leopardi tratti dal suo Zibaldone
“Termini” e “parole”

Le parole, come osserva il Beccaria (Trattato dello stile) non presentano la sola idea dell' oggetto significato, ma quando più quando meno, immagini accessorie. Ed è pregio sommo della lingua 1'aver di queste parole. Le voci scientifiche presentano la nuda e circoscritta idea di quel tale oggetto, e perciò si chiamano termini perché determinano e definiscono la cosa da tutte le parti. Quanto più una lingua abbonda di parole, tanto più è adattata alla letteratura e alla bellezza ec. ec. e per lo contrario quanto più abbonda di termini dico quando questa abbondanza noccia a quella delle parole, perché 1'abbondanza di tutte due le cose non fa pregiudizio. Giacché sono cose ben diverse la proprietà delle parole e la nudità o secchezza, e se quella dà efficacia ed evidenza al discorso, questa non gli dà altro che aridità.
(aprile 1820)
Le parole notte notturno ec., le descrizioni della notte ec., sono poeticissime, perché la notte confondendo gli oggetti, 1'animo non ne concepisce che un'immagine vaga, indistinta, incompleta, sì di essa che quanto ella contiene. Così oscurità, profondo ec. ec.
(28 settembre 1821)

Antichi; antico, antichità; posteri, posterità sono parole 'poeticissime ec. perché contengono un'idea: 1. vasta, 2. indefinita ed incerta, massime posterità della quale non sappiamo nulla, ed antichità similmente è cosa oscurissima per noi. Del resto tutte le parole che esprimono generalità, o una cosa in generale, appartengono a queste considerazioni.
(20 dicembre 1821)

Da quella parte della mia teoria del piacere dove si mostra come degli oggetti veduti per metà, o con certi impedimenti eCo ci destino idee indefinite, si spiega perché piaccia la luce del sole o della luna, veduta in luogo dov' essi non si vedano e non si scuopra la sorgente della luce; un luogo solamente in parte illuminato da essa luce; il riflesso di detta luce, e i vari effetti materiali che ne derivano; il penetrare di detta luce in luoghi dov' ella divenga incerta e impedita, e "non bene si distingua, come attraverso un canneto, una selva, per li balconi socchiusi eco eco
(20 settembre 1821)
Sensazioni visive o uditive

Quello che altrove ho detto sugli effetti della luce o degli oggetti visibili, in riguardo all'idea dell'infinito, si deve applicare parimente al suono, al canto, a tutto ciò che spetta all'udito. È piacevole per se stesso, cioè non per altro, se non per un'idea vaga ed indefinita che desta, un canto (il più spregevole) udito da lungi o che paia lontano senza esserlo, o che si vada appoco appoco allontanando, e divenendo insensibile o anche viceversa (ma meno) o che ,sia così lontano, in apparenza o in verità, che l'orecchio e l'idea quasi lo prida nella vastità degli spazi; un suono qualunque confuso, massime se ciò è per la lontananza; un canto udito in modo che non si veda il luogo da cui parte; un canto che risuoni per le volte di una stanza eco dove voi non vi troviate però dentro; il canto degli agricoltori che nella campagna s'ode suonare per le valli, senza però vederli, e così il muggito degli armenti, ec. Stando in casa, e udendo tali canti o suoni per la strada, massime di notte, si è più disposti a questi effetti, perché né l'udito né gli altri sensi non arrivano a determinare né circoscrivere la sensazione e le sue concomitanze. È piacevole qualunque suono (anche vilissimo) che largamente e vastamente si diffonda, come in taluno dei detti casi, massime se non si vede l'oggetto da cui parte.
(16 ottobre 1821)

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