Materie: | Appunti |
Categoria: | Letteratura |
Voto: | 1.5 (2) |
Download: | 99 |
Data: | 10.10.2001 |
Numero di pagine: | 3 |
Formato di file: | .doc (Microsoft Word) |
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Testo
V CAPITOLO
Padre Cristoforo si fermò ritto sulla soglia, e, appena ebbe dato un’occhiata alle donne, dovette accorgersi che i suoi presentimenti non erano falsi. Lucia scoppiò in pianto, Agnese cominciò a fare le scuse d’aver osato disturbarlo, ma il frate, messosi al sedere su un banchetto a tre piedi, troncò i complimenti, chiedendo alle donne di raccontargli ogni cosa. Mentre Agnese faceva alla meglio la sua dolorosa relazione, il frate diventava di mille colori, e ora alzava gli occhi al cielo, ora batteva i piedi. Terminata la storia, si coprì il volto con le mani e disse che quel giorno nella sua persona Dio le aveva visitate. Dopo aver contrappesato il pro e il contro di questo o di quel partito, il migliore gli parve quello di affrontare Don Rodrigo e tentare di smuoverlo dal suo infame proposito. Sopraggiunse intanto Renzo, che, vedendo Padre Cristoforo si lasciò sfuggire di aver compiuto dei tentativi infruttuosi presso i suoi amici per averli alleati nella vendetta. Ma il frate, afferrato il braccio del giovane, lo esortò a lasciarsi guidare da lui e a non provocare nessuno. Poi, promesso che sarebbe ritornato la sera, troncò tutti i ringraziamenti e benedizioni e partì, avviandosi al convento, dove arrivò in tempo per cantare e poi dirigersi verso il castello del signorotto. Il palazzotto di Don Rodrigo sorgeva isolato, sulla cima di un poggio, più in su del paesello di Renzo e Lucia, discosto da questo forse tre miglia, e quattro dal convento. Ai piedi del poggio giaceva un mucchietto di casupole abitate da contadini di Don Rodrigo. Padre Cristoforo attraversò il villaggio, salì per una viuzza e pervenne su una piccola e spianata, davanti al palazzotto. La porta era chiusa, segno che il padrone non voleva essere disturbato. Due grandi avvoltoi, con le ali spalancate e con i teschi penzoloni, erano inchiodati sul battente del portone e due bravi facevano la guardia, aspettando si essere chiamati a godere degli avanzi della tavola. Il padre si fermò ritto, in atto di chi dispone ad aspettare, ma uno dei bravi lo invitò ad entrare. Pochi momenti dopo, giunse un vecchio servitore, che, guardando il padre con certa area di meraviglia e di rispetto, lo condusse fino all’uscio della sala dove si trovava Don Rodrigo. Padre Cristoforo stava contrastando col servitore per ottenere di essere lasciato in qualche canto della sua casa, finché il pranzo fosse terminato. L’uscio si aprì e il Conte Attilio, cugino di Don Rodrigo, lo invitò ad entrare. Il padre avanzò, inchinandosi al padrone e rispondendo a mani al saluto dei commensali. Don Rodrigo sedeva a capotavola, alla sua destra era il Conte Attilio, a sinistra il podestà del paese, a destra Azzegarbugli. In faccia a Don Rodrigo e al Conte Attilio vi erano due convitati che non facevano altro che mangiare. Padre Cristoforo si scusò di essere giunto in un’ora poco opportuna e gli disse inoltre che voleva parlare da solo con lui. Gli offrirono del vino e così fu costretto ad aspettare che il pranzo finisse per parlare ed intanto fu costretto ad assistere alle discussioni di cavallerie in cui sia Attilio, sia il podestà avevano modi diversi di pensare e anche Fra Cristoforo disse la sua. Don Rodrigo volendo troncare il discorso lo portò sulla guerra di successione del Ducato di Mantova, che, alla morte di Vincenzo Gonzaga, era passato al Duca di Nevers, suo parente più prossimo. Anche in questo discorso il Conte Attilio prese a contraddire il podestà. Don Rodrigo guardò il cugino per farlo smettere e così, dato che il podestà continuava il suo discorso, Don Rodrigo fu costretto a far portare un fiasco di vino per fare un brindisi. Poi si congedò dai suoi ospiti e si diresse verso Padre Cristoforo cui gli disse d’essere tutto per lui.