lettera semiseria di grisostomo al suo figliuolo BERCHET

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Testo

LETTERA SEMISERIA DI GRISOSTOMO AL SUO FIGLIUOLO
19. Tutti gli uomini, da Adamo in giù fino al calzolaio che ti fa i begli stivali, hanno nel fondo dell'anima una tendenza alla poesia. Questa tendenza, che in pochissimi è attiva, negli altri non è che passiva, non è che una corda che risponde con simpatiche oscillazioni al tocco della prima.
20. La natura, versando a piene mani i suoi doni nell'animo di que' rari individui ai quali ella concede la tendenza poetica attiva, pare che si compiaccia di crearli differenti affatto dagli altri uomini in mezzo a cui li fa nascere. Di qui le antiche favole sulla quasi divina origine de' poeti, e gli antichi pregiudizi sui miracoli loro, e l'«est deus in nobis». Di qui il più vero dettato di tutti i filosofi: che i poeti fanno classe a parte, e non sono cittadini di una sola società ma dell'intero universo. E per verità chi misurasse la sapienza delle nazioni dalla eccellenza de' lor poeti, parmi che non iscandaglierebbe da savio. Né savio terrei chi nelle dispute letterarie introducesse i rancori e le rivalità nazionali. Omero, Shakespeare, il Calderon, il Camoens, il Racine, lo Schiller per me sono italiani di patria tanto quanto Dante, l'Ariosto e l'Alfieri. La repubblica delle lettere non è che una, e i poeti ne sono concittadini tutti indistintamente. La predilezione con cui ciascheduno di essi guarda quel tratto di terra ove nacque, quella lingua che da fanciullo imparò, non nuoce mai alla energia dell'amore che il vero poeta consacra per instituto dell'arte sua a tutta insieme la umana razza, né alla intensa volontà per la quale egli studia colle opere sue di provvedere al diletto ed alla educazione di tutta insieme l'umana razza. Però questo amore universale, che governa l'intenzione de' poeti, mette universalmente nella coscienza degli uomini l'obbligo della gratitudine e del rispetto; e nessuna occasione politica può sciogliere noi da questo sacro dovere. Finanche l'ira della guerra rispetta la tomba d'Omero e la casa di Pindaro.
21. Il poeta dunque sbalza fuori delle mani della natura in ogni tempo, in ogni luogo. Ma per quanto esimio egli sia, non arriverà mai a scuotere fortemente l'animo de' lettori suoi, né mai potrà ritrarre alto e sentito applauso, se questi non sono ricchi anch'essi della tendenza poetica passiva. Ora siffatta disposizione degli animi umani, quantunque universale, non è in tutti gli uomini ugualmente squisita.
22. Lo stupido ottentoto, sdraiato sulla soglia della sua capanna, guarda i campi di sabbia che la circondano, e s'addormenta. Esce de' suoi sonni, guarda in alto, vede un cielo uniforme stendersegli sopra del capo, e s'addormenta. Avvolto perpetuamente tra 'l fumo del suo tugurio e il fetore delle sue capre, egli non ha altri oggetti dei quali domandare alla propria memoria l'immagine, pe' quali il cuore gli batta di desiderio. Però alla inerzia della fantasia e del cuore in lui tiene dietro di necessità quella della tendenza poetica.
23. Per lo contrario un parigino agiato ed ingentilito di tutto il lusso di quella gran capitale, onde pervenire a tanta civilizzazione, è passato attraverso una folta immensa di oggetti, attraverso mille e mille combinazioni di accidenti. Quindi la fantasia di lui è stracca, il cuore allentato per troppo esercizio. Le apparenze esterne delle cose non lo lusingano (per così dire); gli effetti di esse non lo commovono più, perché ripetuti le tante volte. E per togliersi di dosso la noia, bisogna a lui investigare le cagioni, giovandosi della mente. Questa sua mente inquisitiva cresce di necessità in vigoria, da che l'anima a pro di lei spende anche gran parte di quelle forze che in altri destina alla fantasia ed al cuore; cresce in arguzia per gli sforzi frequenti a' quali la meditazione la costringe. E il parigino di cui io parlo, anche senza avvedersene, viene assuefacendosi a perpetui raziocini o, per dirla a modo del Vico, diventa filosofo.
24. Se la stupidità dell'ottentoto è nimica alla poesia, non è certo favorevole molto a lei la somma civilizzazione del parigino. Nel primo la tendenza poetica è sopita; nel secondo è sciupata in gran parte. I canti del poeta non penetrano nell'anima del primo, perché non trovano la via d'entrarvi. Nell'anima del secondo appena appena discendono accompagnati da paragoni e da raziocini: la fantasia ed il cuore non rispondono loro che come a reminiscenze lontane. E siffatti canti, che sono l'espressione arditissima di tutto ciò che v'ha di più fervido nell'umano pensiero, potranno essi trovar fortuna fra tanto gelo? E che maraviglia se, presso del parigino ingentilito, quel poeta sarà più bene accolto che più penderà all'epigrammatico?
25. Ma la stupidità dell'ottentoto è separata dalla leziosaggine del parigino fin ora descritto per mezzo di gradi moltissimi di civilizzazione, che più o meno dispongono l'uomo alla poesia. E s'io dovessi indicare uomini che più si trovino oggidì in questa disposizione poetica, parmi che andrei a cercarli in una parte della Germania.
26. A consolazione non pertanto de' poeti, in ogni terra, ovunque è coltura intellettuale, vi hanno uomini capaci di sentire poesia. Ve n'ha bensì in copia ora maggiore, ora minore; ma tuttavia sufficiente sempre. Ma fa d'uopo conoscerli e ravvisarli ben bene, e tenerne conto. Ma il poeta non si accorgerà mai della loro esistenza, se per rinvenirli visita le ultime casipole della plebe affamata, e di là salta a dirittura nelle botteghe da caffè, ne' gabinetti delle Aspasie, nelle corti de' principi, e nulla più. Ad ogni tratto egli rischierà di cogliere in iscambio la sua patria, ora credendola il capo di Buona speranza, ora il cortile del Palais-royal. E dell'indole dei suoi concittadini egli non saprà mai un ette.
27. Ché s'egli considera che la sua nazione non la compongono que' dugento che gli stanno intorno nelle veglie e ne' conviti; se egli ha mente a questo: che mille e mille famiglie pensano, leggono, scrivono, piangono, fremono e sentono le passioni tutte, senza pure avere un nome ne' teatri; può essere che a lui si schiarisca innanzi un altro orizzonte, può essere che egli venga accostumandosi ad altri pensieri ed a più vaste intenzioni.
28. L'annoverare qui gli accidenti fisici propizi o avversi alla tendenza poetica; il dire minutamente come questa, del pari che la virtù morale, possa essere aumentata o ristretta in una nazione dalla natura delle instituzioni civili, delle leggi religiose e di altre circostanze politiche; non fa all'intendimento mio. Te ne discorreranno, o carissimo, a tempo opportuno, i libri ch'io ti presterò. Basti a te per ora il sapere che tutte le presenti nazioni d'Europa - l'italiana anch'essa né più né meno - sono formate da tre classi d'individui; l'una di ottentoti, l'una di parigini e l'una, per ultimo, che comprende tutti gli altri individui leggenti ed ascoltanti, non eccettuati quelli che, avendo anche studiato ed esperimentato quant'altri, pur tuttavia ritengono attitudine alle emozioni. A questi tutti io do nome di «popolo».
29. Della prima classe, che è quella dei balordi calzati e scalzi, non occorre far parole. La seconda, che racchiude in sé quei pochi i quali escono dalla comune in modo da perdere ogni impronta nazionale, vuole bensì essere rispettata dal poeta, ma non idolatrata, ma non temuta. Il giudizio, che i membri di questa classe fanno delle moderne opere poetiche, non suole derivare dal suffragio immediato delle sensazioni, ma da' confronti. Negli anni del fervore eglino hanno trovato il bello presso tale e tal altro poeta; e ciò che non somiglia al bello sentito un tempo, pare loro di doverlo ora ricusare. Le opinioni scolastiche, i precetti bevuti pigramente un tempo come infallibili, reggono tuttavia il loro intelletto, che non li mise mai ad esame, perché d'altro curante. Però l'orgoglio umano, a cui è duro il dover discendere a discredere ciò che per molti anni s'è creduto, il più delle volte li fa tenaci delle massime inveterate. E il più delle volte eglino combattono per esse come per l'antemurale della loro riputazione. Allora ogni arme, ogni scudo giova. E perché una serie di secoli non si sbrigò più che tanto di discutere l'importanza di quelle massime, eccoti in campo un bello argomento di difesa nel silenzio delle generazioni. «Chi tace non parla», diciamo noi. Ma «chi tace approva», dicono essi, e il sopore dei secoli lo vanno predicando come consenso assoluto di tuttaquanta la ragione umana alla necessità di certe regole chiamate, Dio sa perché, di «buon gusto»; e però via via d'ugual passo sgozzano ad esse ogni tratto qualche vittima illustre.
30. La lode, che al poeta viene da questa minima parte della sua nazione, non può davvero farlo andare superbo; quindi anche il biasimo ch'ella sentenzia non ha a mettergli grande spavento. La gente ch'egli cerca, i suoi veri lettori stanno a milioni nella terza classe. E questa, cred'io, deve il poeta moderno aver di mira, da questa deve farsi intendere, a questa deve studiar di piacere, s'egli bada al proprio interesse ed all'interesse vero dell'arte. Ed ecco come la sola vera poesia sia la popolare: salve le eccezioni sempre, come ho già detto; e salva sempre la discrezione ragionevole, con cui questa regola vuole essere interpretata.
31. Se i poeti moderni d'una parte della Germania menano tanto romore di sé e in casa loro e in tutte le contrade d'Europa, ciò è da ascriversi alla popolarità della poesia loro. E questa salutare direzione ch'eglino diedero all'arte fu suggerita loro dagli studi profondi fatti sul cuore umano, sullo scopo dell'arte, sulla storia di lei e sulle opere, ch'ella in ogni secolo produsse: fu suggerita loro dalla divisione in «classica» e «romantica» ch'eglino immaginarono nella poesia.

IL SIGNIFICATO DELLA LETTERA SEMISERIA E DEI POEMETTI
In questo contesto di sostanziale accoglienza dell'invito della de Staël, e sentitosi particolarmente stimolato in un'opera traduttoria di diffusione del nuovo tipo di letteratura tedesca, si pone anche il Berchet della Lettera semiseria. Essa costituisce il manifesto teorico del nostro romanticismo, e compendia in modo efficace le idee dei romantici lombardi. La poesia tedesca - sostiene il Berchet - č piů viva di quella italiana, perché capace di parlare all'anima del popolo, e non irrigidita in una sterile imitazione dei classici: se l'Italia non č nazione, ciň č anche causato dal fatto che la letteratura ha abdicato dalla sua funzione educativa, estraniandosi troppo dalla realtŕ viva del popolo e della storia. Né č possibile rinchiudersi in uno sterile concetto di Bellezza assoluta, perché quel concetto muta e diviene con le diverse etŕ, ed ogni popolo elabora un proprio modello di bellezza che ne riflette ed esprime la vita. Tuttavia il Berchet, nella sua adesione a certe sollecitazioni provenienti d'Oltralpe, non recepě molti degli aspetti del primo romanticismo tedesco: cioč l'esaltazione della passione, del lato oscuro dell'esistenza, il sentimento dell'impotenza della ragione, l'esasperata sensibilitŕ di fronte ai misteri, e primo fra tutti quello del rapporto fra l'uomo e la natura, lasciarono sostanzialmente indifferenti i nostri romantici, i quali invece recepirono soprattutto quei precetti poetici che volevano svecchiare la poesia, per renderla nuovamente uno strumento capace di incitare il popolo a una nuova coscienza, di spronarlo verso la libertŕ e l'indipendenza.
Va anche aggiunto che la maggiore importanza della riflessione berchettiana risiede nel definire una nuova funzione del letterato all'interno della societŕ: accogliendo l'idea della letteratura "popolare" e "nazionale", contraria alla dipendenza dai modelli classici, il Berchet pone con forza il ruolo del poeta come di colui il quale possa essere autentico interprete e mediatore degli interessi generali del pubblico nazionale. Risulta immediatamente chiaro che parlando di letteratura "popolare", il Berchet ha in mente un pubblico ben definito, senza di cui peraltro tutta la sua produzione letteraria non sarebbe pensabile: si tratta del ceto medio, liberale e cattolica, che il Berchet distacca nettamente da altri tipi di lettori, da lui scherzosamente definiti degli "ottentoti" e dei "parigini". Anche se l'autore č lungi dal voler indicare specificamente con tali definizioni due precise e definite classi sociali, ma intende piuttosto condannare chi si accosta alla letteratura con un atteggiamento troppo aristocraticamente raffinato o estetizzante (i parigini), oppure rozzamente utilitaristico (gli ottentoti), risulta ben chiaro che gli uni e gli altri rappresentano gli estremi da evitare: le classi aristocratiche, che si irrigidiscono in una valutazione del gusto orientato a modelli giudicati prestigiosi (classicismo), e la "plebe affamata", che non sarŕ mai in grado di aprirsi alla luce spirituale della cultura. Ma il poeta comunque non č piů parte d'un'élite olimpica, anzi, e qui sta la vera novitŕ, deve "gradire alla moltitudine", mettere la sua arte al servizio della gente, e farsi cosě motore essenziale del progresso sociale e civile. Il componimento poetico deve quindi riuscire a proporre motivi accettabili alla mentalitŕ comune, e non contrastare coi sentimenti, le norme etiche e gli atteggiamenti culturali tipici del ceto medio. Né dovrŕ la poesia escludere la religiositŕ, rifacendosi perň a quella del Medio Evo, a quel cristianesimo cioč non ancora corrotto dagli eccessi panteistici e materialistici del Rinascimento o impoverito dalla reazione rigorista e repressiva controriformistica. Il compito dunque del poeta sta nel disvelare la comunitŕ a se stessa, esprimendone le esigenze profonde. Ma queste necessitŕ sono pur sempre da ricondurre nell'ambito della ortodossia cattolica.

Esempio



  


  1. antonella

    riassunto sulla lettera semiseria di Grisostomo al suo figliulo di Berchet