Leopardi

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Testo

I
• “C’й un solo mondo - scrive Nietzsche - ed й falso, crudele, contraddittorio, corruttore, senza senso. Un mondo cosм fatto й il vero mondo. Noi abbiamo bisogno della menzogna per vincere questa “veritб”, cioи per vivere”.
Й appunto il tema che mezzo secolo prima Leopardi pensa in modo decisivo (e all’interno di forme linguistiche alle quali Nietzsche si troverа estremamente vicino) e che viene ripreso piщ volte nello Zibaldone stesso (“l’esistenza per sua natura ed essenza, й un'imperfezione, un’irregolaritа, una mostruositа”).
L’indefinito, il vago, la rimembranza, sono dunque sinonimi o attributi, secondo del punto di vista, del termine illusione, che, i n quanto espressione ed essenza del non vero, dell'innaturale, del non doloroso, rappresenta il cardine della poesia leopardiana.
La poesia ha, infatti, nella concezione del poeta di Recanati, la funzione di appagare, se pur per un brevissimo istante, il desiderio insopprimibile di felicita che й in ogni uomo; e cosa, se non la “menzogna” di cui parla il filosofo tedesco, puт far sм che l’uomo superi la sua esistenziale situazione di dolore e di inferioritа e che, per un momento, riesca a colmare il divario che lo separa dall’infinito e dalla fine di ogni sofferenza?
• Sfogliando le pagine della critica leopardiana й facile imbattersi in frasi che dimostrano, o cercano di dimostrare, come la letteratura italiana avrebbe potuto proseguire per la sua strada anche senza che Leopardi fosse mai esistito. Anche se tali opinioni sono assai discutibili e discusse, basti pensare all’enorme influsso del pensiero leopardiano e della sua poesia sul Pascoli, sul Saba e sul Montale, non si puт certo negare che la sua concezione poetica si collochi in una posizione sostanzialmente isolata rispetto al clima culturale del Romanticismo italiano. Sia per la sua posizione filosofica, di origine illuministica, che in pieno Ottocento liberale, progressista, spiritualista, ripresenta un razionalismo materialistico e pessimistico non dissimile da quello foscoliano; sia perchй il suo canto lirico si contrappone frontalmente alla dimensione “popolare” realistica, storicistica del Romanticismo lombardo e manzoniano. Se la prima caratteristica й essenzialmente di stampo classico -razionalista, la seconda rappresenta invece un diverso modo di essere “romantici”, ossia una sensibilitа nuova ed originale nel raffrontarsi con le tematiche ottocentesche per eccellenza: il sentimento, la morte, l’infinito, l’amore, la natura.
In Leopardi la poesia diventa dunque l’espressione piщ profonda del proprio io irriducibile al mondo e alla storia, testimonianza di quella tensione tra reale ed ideale, finito ed infinito, che definisce l’inquietudine e la sensibilitа dell’uomo moderno.
• Il pessimismo si articola fondamentalmente in quattro periodi principali: tra il 1816 e il 1819, con la conversione letteraria e, in seguito, quella filosofica, il Leopardi scoprн “l’arido vero” nel definitivo crollo di tutte le illusioni, giungendo al cosiddetto pessimismo personale. La crisi si concretizzт in una riflessione teorica che codificт le sue emozioni e i suoi pensieri in una serie di antitesi inconciliabili (natura - ragione, poesia - filosofia, ecc.), alle quali cercт di dare una sistemazione filosofica, nella convinzione che il suo personale dolore non fosse che una manifestazione della piщ generale condizione umana.
tra il 1819 e il 1823 circa, il poeta sviluppa, cosм, la tesi del pessimismo storico, secondo cui la natura й grande, madre benigna, mentre la ragione й piccola e ha prodotto una civiltа mediocre e meschina, guidata dall’interesse personale e lontana dalla natura, facendo cosм crollare i sogni, le illusioni, e la stessa poesia.
In una terza fase (1823 - 1825), Leopardi arriva a capovolgere le tesi del pessimismo storico nel pessimismo cosmico, secondo cui: - il dolore й connaturato con la condizione umana e non frutto dell’evoluzione storica, - la natura й nemica dell’uomo, “madre - matrigna”, asservita alla legge materialistica della “creazione - distruzione - riproduzione “, - la ragione й l’unico mezzo che ci permette di conoscere e denunciare il vero.
Nell’ultimo periodo, infine, il poeta arriva ad una concezione detta “eroica”, dove si afferma il valore della filosofia e dei piъ alti valori umani contro la natura matrigna e la mediocritб del mondo superbo e sciocco.
II
• Essi appartengono all’area semantica del bello. La loro funzione й infatti quella di esaltare la bellezza della natura (siamo ancora nella fase del pessimismo storico), una bellezza che si rivelerа, perт, sfuggente e inattingibile a causa del tempo, che consuma e annulla ogni cosa.
La figura retorica й l’anastrofe.
• Il ritmo di questi primi versi й un ritmo cadenzato, che dilata e quasi annulla ogni attributo temporale, rendendo effettivo il momento contemplativo.
Il timbro й dolce e melodioso, privo di ogni asperitа o di eccessiva enfasi.
• I quattro momenti fondamentali della composizione (la contemplazione del paesaggio notturno, la sofferenza amorosa intrecciata al tema della malignitа della natura, la meditazione sull’inesorabile fugacitа di ogni “umano accidente”, la rimembranza di una sensazione fanciullesca) sono tutti ricollegabili ai temi dell’individuale infelicitа e alienazione del poeta, ossia l’estraneitа dalla vita e dall’umana compagnia, benchй sia viva ancora l’illusione di una diversa realtа; e della rimembranza e del paesaggio, considerati in quella duplicitа di piani (il presente e il ricordo) in cui й da rinvenirsi la sua segreta suggestione.
• Tale dialettica puт essere considerata da due punti di vista: considerando l’influenza sensistica nella fase iniziale della poesia leopardiana, si potrebbe affermare che il paesaggio naturale induca direttamente la riflessione filosofica. In una visione piъ propriamente lirica e soggettiva, si considererebbe il mondo esterno come proiezione indeterminata dell’animo umano, e quindi come oggetto lirico, ricco di connotazioni soggettive sgorgate dalla riflessione interiore.
• La relazione fra queste due componenti й essenzialmente dialettica, in quanto all’indeterminata bellezza del paesaggio si contrappone l’io soggettivo del poeta con i suoi sentimenti, i suoi sogni, i suoi pensieri: all’infinito quindi si contrappone il finito, al presente il passato, in una spirale ascendente che viene superata e armonizzata dall’unitа di ispirazione del canto, nel drammatico contrasto tra vagheggiamento del bello e dolorosa constatazione che tutto si spegne nel nulla.
III
• Il tema del dolore in Leopardi assume un significato, che й ben piщ profondo e radicato di quello di semplice oggetto poetico. Il dolore й figlio o piщ precisamente, conseguenza logica della situazione umana, considerata nei suoi aspetti esistenziali e metafisici. L’uomo, infatti, й proteso per natura alla ricerca del piacere, ma - e qui Leopardi si rivela fine speculatore - cosa sia questo piacere, nessuno й ancora riuscito a stabilirlo, semplicemente perchй la voluptas di cui parla Lucrezio in realtа non esiste, e unica veritа й la sua negazione: il dolore, la sofferenza, la morte.
Molti critici hanno accostato questa concezione al pensiero di Schopenhauer, con cui il Leopardi condivide anche l’elaborazione del concetto fondamentale della noia. Concetto che si basa sulla nozione di infinito, che corrisponde non piъ ad una forza vitale, positiva, totalizzante, ma al non essere, al “solido nulla”. La noia й di conseguenza, una forma estrema dell’apatia (tecnicamente espressa dall’ironia), “un patire mancamento e voto”, che rivela la fondamentale inadeguatezza e miseria dell’animo umano.
Le opere dove tale weltanshauung sarа meglio espressa sono ovviamente quelle scritte nel periodo del pessimismo cosmico (Canto notturno di un pastore errante dell’Asia, A se stesso, Operette morali e, immancabile, lo Zibaldone, vero e proprio resoconto dell’evoluzione del suo pensiero).
IV
• L’uomo nobile й colui che osa sollevare lo sguardo verso il comune destino, colui che ammette la propria sventura e si rende conto dell’intimo e fragile stato che ci fu predestinato. Ma, non dimenticando che la Ginestra fu composta nella fase eroica della poesia leopardiana, l’uomo degno deve anche vedere negli altri uomini degli alleati da confortare in una lotta impari contro la causa della propria condizione: la natura madre - matrigna.
• La parte conclusiva della Ginestra lancia un messaggio polemica contro l’ottimismo “superbo e sciocco” della cultura liberale e spiritualistica ottocentesca, che si й allontanata dal vero, illudendo l’uomo con false promesse di felicitа e immortalitа. L’umile ginestra, infatti, accetta il suo destino senza supplicare e senza ergersi follemente a superiore, dimostrando piщ dignitа e saggezza dell’uomo stesso.
V
• I temi principali che ricorrono nelle Operette morali, volti attraverso situazioni paradossali o figure fantastiche, sono quelli della sostanziale infelicitа degli uomini, il cui destino ineluttabile й la sofferenza e la morte; la polemica contro i costumi e i pregiudizi della societа moderna; la stoltezza degli uomini e le loro vane ma perennemente insorgenti speranze in un futuro migliore, la riflessione sul suicidio e sulla noia. Ma й soprattutto il tema della natura madre - matrigna, rappresentata dalla mostruosa figura di donna di “volto mezzo tra bello e terribile”, assolutamente indifferente al destino degli uomini che essa stessa crea, tutta intenta nel suo “perpetuo circuito di produzione e di distruzione”, a dominare tutte le Operette morali: sia per la potenza della rappresentazione artistica e drammatica, sia perchй rappresenta la sconvolgente rivelazione della veritа, e in altre parole la condizione del dolore cosmico.
VERIFICA SCRITTA DI ITALIANO
17/02/99
MATTEO CAGETTI 5D

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