Materie: | Appunti |
Categoria: | Letteratura |
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Data: | 21.11.2001 |
Numero di pagine: | 17 |
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LA COSCIENZA DI ZENO
Italo Svevo (Aronne Ettore Schmitz per l’anagrafe) nasce a Trieste il 19 dicembre 1861, sesto di otto figli in una famiglia di commercianti di origini insieme italiane , tedesche e israelitiche : la madre è infatti l’italiana Allegra Moravia , il padre,Francesco Schmitz , triestino di ceppo germanico ,è una figura di spicco all’interno della locale comunità ebraica.
Infatti la sua vita è in gran parte sintetizzabile nel binomio affari e letteratura.
Dopo la formazione avvenuta in un collegio tedesco prima(dove viene a contatto con i classici della letteratura) e all’Istituto Superiore di Commercio di Trieste poi , egli in seguito al fallimento del padre si impiega , sia pur molto malvolentieri , presso la Banca Union della città natale , dove rimane per circa diciannove anni (dal 1880 al 1899) ; quindi , sposata la cugina Livia Veneziani nel 1896 , passa a dirigere ,con assai maggiore partecipazione e maggiori soddisfazioni , la ditta di vernici del suocero,di cui diviene socio.
La diretta esperienza del “grigio” mondo impiegatizio piccolo-borghese e di quello medio-alto-borghese dell’industria e del commercio in proprio filtra nell’ opera letteraria di Svevo , che,oltre ad avere una notevole componente autobiografica , mette assai spesso in scena impiegati e uomini d’affari e problemi relativi a quel mondo.
Comunque tale rapporto tra affari e letteratura è tutt’altro che pacifico , tanto che il binomio rischia di risolversi in un’antitesi ,e l’adozione di uno pseudonimo nella ratifica di un rapporto conflittuale e di un’intima scissione che vede l’impiegato e uomo d’affari Ettore Schmitz divergere assai nettamente dal letterato Italo Svevo.
Esordisce nel 1892 con Una Vita e poi nel 1898 con Senilità finchè pubblicherà nel 1923 La coscienza di Zeno.
Nelle sue opere egli scava nell’animo di personaggi d’inetti , individui senza qualità ,che si autoesaltano nel sogno, ma destinati a uscire sconfitti dallo scontro con la realtà , vittime , prima che di che di una società ingiusta o spietata , di se stessi e delle proprie tortuosità mentali.
Proprio con La coscienza di Zeno Svevo raggiunge la notorietà.
Il protagonista è Zeno Cosini : apparentemente un “inetto”,che , assillato da intermittenti “malattie immaginarie” di origine nervosa , sembrerebbe , per ampia parte dell’opera , incapace di stabilire un rapporto positivo con la realtà che lo circonda ,inabile a calarsi costruttivamente nella vita attiva.
La dottrina freudiana e la terapia psicanalitica vengono assunte manifestamente come cornice del romanzo ,così che ne modellano e organizzano l’impianto narrativo .
La struttura del testo , di conseguenza , risulta straordinariamente innovativa : infatti La coscienza di Zeno è un’opera d’intonazione autobiografica che si finge scritta dallo stesso personaggio principale , Zeno Cosini , dove gli ultimi capitoli , eccetto l’ottavo e l’ultimo composto a forma di diario , sono concepiti come “memorie” dettate da Zeno in seguito alle sollecitazioni di un anonimo Dottor S. , il medico che lo tiene in cura , nella certezza che esse avrebbero potuto essere un buon preludio alla terapia psicanalitica.
In altre parole , Svevo immagina che per far sì che un uomo anziano , alle soglie della sessantina ,quale era Zeno , possa ricordare più facilmente le sue memorie ormai sommerse , il medico psicanalista lo esorti a stendere le proprie memorie in modo da recuperare tracce che permettano di ricostruire la vita del paziente dall’infanzia alla giovinezza fino ad allora.
In sostanza il romanzo è privo di una vera e propria trama.
E’ suddiviso in vari capitoli, precisamente otto, corrispondenti al resoconto di diversi episodi e situazioni della vita di Zeno.
Gli otto capitoli sono montati in una successione che , nella finzione letteraria , altera palesemente i tempi immaginari della loro stesura.
Il primo capitolo sembra infatti essere più tardo riguardo ai tempi della composizione ;sembra che esso sia stato inserito per ultimo come breve Prefazione alle memorie di Zeno dallo stesso Dottor S., che si è improvvisato editore dei quaderni autobiografici del paziente ,come ripicca e vendetta nel momento in cui quest’ultimo ha deciso di interrompere la cura , precisando anche di essere disposto a dividere con Zeno stesso gli incassi solo a patto che egli riprenda la terapia.
Il secondo capitolo , anch’esso alquanto breve, è il Preambolo in cui Zeno comincia a scrivere il suo diario.
Egli cerca di ricordare ,secondo un disegno tematico e non cronologico,gli avvenimenti principali del suo trascorso ,dalla fanciullezza ,alla giovinezza fino alla maturità.
Ma Zeno si domanda per quale motivo debba farlo e in che modo ciò possa giovare alla sua salute.
Così dopo aver pranzato , resto con un foglio di carta ed una matita in mano , tentando di ricordare.
Tuttavia , sembra non trovarne alcuno e, quindi , conclude con la frase “Ritenterò domani”.
La narrazione vera e propria è dunque concentrata tra i capitoli terzo e settimo , lungo i quali sono scanditi i tratti principali della biografia psicologica del protagonista : Zeno comincia innanzitutto col parlare del proprio vizio del fumo e dei suoi innumerevoli tentativi per liberarsene .
Prima con propositi precisi fatti a se stesso e legati ogni volta a date scritte un po’ ovunque, sottolineate da un solenne U.S.(ultima sigaretta) e poi facendosi ricoverare in una casa di cura ,dove però non passa neanche una notte poiché, preso da quella sua solita irrefrenabile gelosia ,corrompe l’infermiera e se ne torna a casa , dove la moglie lo accoglie ,con un benevolo sorriso, non sorpresa.
Zeno riprese la sua solita vita ,convinto che avrebbe potuto smettere di fumare anche nella tranquillità di casa sua(cap.III).
Narra poi le incomprensioni che dividono lui e il padre .
Racconta qui l’avvenimento più importante della sua vita , cioè appunto , la morte del padre , che giudica una vera e propria catastrofe .
Zeno si trova infatti di fronte a un avvenimento immutabile che lo costringe a lasciare la condizione di figlio.
Ricorda il travagliato e complicato rapporto col padre , oscillando tra un atteggiamento reale di conflitto col genitore e ostentate dichiarazioni di affetto , e ne delinea un ritratto alquanto negativo : il padre appare al figlio come un debole a cui questi contrappone la propria forza.
Zeno approfitta dell’infermità del genitore per incolparlo di essere il principale responsabile della sua malattia nevrotica ,dovuta , a suo parere agli eccessivi atteggiamenti autoritari(cap.IV).
Fa seguire la storia bizzarra del suo matrimonio con la meno attraente delle tre sorelle Malfenti , la strabica Augusta , che egli non aveva mai pensato di sposare prima , ma che poi si rivelerà veramente la moglie ideale , che lo accoglie maternamente dopo essere stato rifiutato da Ada “la bella e la seria”,già innamorata di Guido Speier , giovane bello ed elegante e come Zeno suonatore di violino , ma molto più abile di lui(cap.V).
Nel capitolo sesto , La moglie e l’amante, il protagonista racconta poi la vicenda adulterina che per qualche tempo , dopo il matrimonio , lo ha stretto a Carla , una fanciulla bella e povera , che poi rinuncerà a lui per non rovinargli il matrimonio , a suo giudizio felice e perfetto.
Zeno le si lega , piuttosto che per vera passione , per desiderio di libertà , per voler sfuggire il tedio e l’inerzia che incombono nella sua vita all’indomani delle nozze.
Nel settimo capitolo Storia di un’associazione commerciale sono narrate le relazioni di Zeno col cognato Guido durante i due anni della loro associazione commerciale.
A questo punto dell’opera i rapporti tra i due si ribaltano sotto lo sguardo ironico e sarcastico dell’autore : Ada si ammala e si imbruttisce , a causa delle sue sofferenze psichiche si invecchia precocemente , perdendo i tratti nobili, fini e alteri della giovinezza.
Invece Augusta si profila per Zeno la moglie ideale, dolce e paziente , forte e metodica ; l’amico-rivale Guido tradisce scopertamente la moglie Ada con la segretaria , fallisce nell’impresa commerciale , accumula debiti che l’intera famiglia è costretta a pagare , tenta infine di fingere il suicidio , per muovere amici e parenti alla compassione e, suo malgrado ,muore per una dose eccessiva di veleno e per il ritardo del medico che lo avrebbe dovuto soccorrere .
Zeno invece alla fine si riscatta ,si rivela abilissimo : giocando in borsa riesce a dimezzare il debito del cognato e si acquista in parte anche la stima di Ada che però rimarrà molto rammaricata con lui per non essere andato al funerale di Guido.
Zeno , infatti non è giunto in tempo , in quanto , a causa degli impegni in borsa ,è giunto all’ultimo momento ,e inconsapevolmente ,ha anche sbagliato funerale .
Ada abbandona così Trieste e si reca con i figli in Argentina dove vivevano i genitori di Guido.
L’ultimo capitolo, l’ottavo , intitolato Psico-analisi ,contiene quattro sezioni diaristiche , ognuna con la sua data(3 maggio 1915; 15 maggio 1915;26 giugno 1915; 24 marzo 1916), in cui Zeno si rende conto dei sei mesi di effettiva terapia analitica e della sua insoddisfazione per essa ; della sua decisione di abbandonare le cure del Dottor S. ; dello scoppio della guerra ; infine della sua completa guarigione , per cui , dopo la morte del cognato egli si scopre , nella vita e negli affari , lottatore abilissimo e vincitore.
Infine il romanzo si chiude con una inquietante e terribile profezia: “Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute .Quando i gas velenosi non basteranno più , un uomo fatto come gli altri , nel segreto di una stanza di questo mondo , inventerò un esplosivo incomparabile , in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri , ma degli altri un po’ più ammalato , ruberà tale esplosivo e si arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo.Ci sarà un’esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie”.
E’ questo uno scatto di geniale ironia , con cui Svevo consegna appunto l’unica speranza di rinnovamento a quella stessa tecnica di violenza e prevaricazione che ha imposto all’umanità la sua malattia ; quindi vede in questa”esplosione enorme”, in questa “catastrofe inaudita”una futura occasione di catarsi e purificazione.
Il personaggio che è appunto al centro di tutte le vicende narrate è proprio Zeno , proprio perché è lui stesso l’io narrante dell’intera opera e proprio attraverso le vicende di quest’ultimo Svevo affronta e chiarisce quelli che sono i principali nuclei tematici della narrazione.
Il primo nucleo tematico ,che è alla base dell’intera trattazione , è la psicanalisi , appunto nucleo generatore della vicenda , la cui scelta rappresenta un chiaro atto di coraggio e modernità ,considerando che, negli anni Venti ,durante i quali Svevo scrisse La coscienza di Svevo , l’opera di Freud , padre della psicanalisi , era praticamente sconoscita in Italia.
Ciò non significa però che Svevo aderisca pienamente, cioè senza riserve , alle teorie freudiane , né che il romanzo sia il semplice resoconto di una terapia.
Svevo si mostra interessato soprattutto al valore conoscitivo della psicanalisi e in particolare del concetto di inconscio , che viene utilizzato per una rappresentazione problematica delle stratificazioni della coscienza del protagonista.
Egli è piuttosto scettico sulle possibilità terapeutiche della psicanalisi : fin dall’inizio , dinnanzi alla diagnosi del dottor S., che riduce la malattia di Zeno a un canonico caso di complesso edipico, il protagonista risponde irridendo la banalità del verdetto e rivendicando la complessa genesi della propria diversità .
La malattia gli appare non come il prodotto di una individuale conformazione psichica , e quindi curabile , ma come la condizione normale dell’esistenza.
La salute in realtà non esiste e i personaggi che Zeno ci presenta all’inizio come sani si rivelano nel corso del racconto non meno malati del protagonista : la sola salvezza possibile è la coscienza critica della malattia stessa , e in tal senso, l’inetto , proprio perché incapace di agganciarsi alle convenzioni della vita , possiede una più elastica capacità di adattamento a quello stato patologico che è l’esistenza in quanto tale.
Secondo lui , infatti , la salute non esiste e la società è composta da una maggioranza di individui malati che fingono o si illudono di essere sani ; paradossalmente , è proprio il malato dichiarato , e quindi consapevole ad esserlo meno degli altri.
Un secondo tema è l’inettitudine.
Infatti Zeno è un inetto , un nevrotico e un malato immaginario.
I tre aspetti sono inscindibili.
La sua inettitudine consiste nel non riuscire mai a corrispondere ai ruoli cui vorrebbe e dovrebbe aderire per le condizioni sociali nelle quali è inserito e per la struttura stessa della società.
Egli dovrebbe adattarsi , specializzarsi , essere un brillante giovane dell’alta società e invece in pubblico commette ripetutamente delle gaffe o trova sempre qualcuno migliore di lui che lo fa sentire un inetto e dà la prova lampante della sua inettitudine.
Dovrebbe proseguire l’attività commerciale ereditata dal padre , ma il padre stesso nel testamento gli ha lasciato ogni cosa , a patto che l’amministrazione venga gestita dal fedele Olivi, riconoscendo ancora una volta l’ineguatezza di Zeno come imprenditore.
Dovrebbe prendersi una laurea , ma passa piuttosto da una facoltà all’altra senza portarne a termine nessuna.
Dovrebbe e vorrebbe essere un buon padre di famiglia e un buon marito, ma intanto finisce col tradire la moglie Augusta.
Anche la scelta della donna da sposare è una prova chiara della sua inettitudine : Zeno infatti sposa colei che aveva già escluso in partenza.
Vorrebbe smettere di fumare ma trova tutti gli stratagemmi per poter continuare senza sentirsi in colpa.
Dovrebbe e vorrebbe essere leale verso il parente –rivale Guido e poi involontariamente ne facilita il suicidio e riesce finanche a sbagliare funerale.
E’ questo un cosiddetto “atto mancato”, termine con cui si definiscono tutte quelle azioni che il soggetto vorrebbe compiere ma per accidenti apparentemente fortuiti non si realizzano.
In realtà ciò che ha spinto un soggetto a non fare una cosa,è secondo Freud , l’inconscio, che lo ha spinto verso un atto mancato , perché nel suo profondo egli non intendeva compierlo.
Su tale condizione di inettitudine scatta il meccanismo della nevrosi che innanzitutto trasforma in malattia il senso di colpa per la sua inadeguatezza .
Zeno diventa così un “malato immaginario” e il suo corpo una clinica ambulante di dolori e disturbi che servono a coprire le sue incapacità.
Egli stesso all’inizio della sua autoanalisi non esita a confessare che la malattia ha costituito un comodo alibi per nascondere la sua tendenza a sottrarsi alle responsabilità e a rifugiarsi in un rassicurante nido protetto da altri.
Infatti a proposito del vizio del fumo egli ammette “Adesso che son qu i, ad analizzarmi , son colto da un dubbio : che io forse abbia amato tanto la sigaretta per poter riversare su di essa la colpa della mia incapacità?Chissà se cessando di fumare io sarei diventato l’uomo ideale e forte che m’aspettavo?Forse fu tale dubbio che mi legò al mio vizio perché è un modo comodo di vivere quello di credersi grande di una grandezza latente”.
La sua nevrosi , inoltre , lo porta a mentire spudoratamente , in una continua ricerca di autogiustificazione , ed è proprio da questo che si originano gli autoinganni di Zeno.
Uno degli autoinganni ,forse il primo di essi ,è connesso al fumo , vizio appunto necessario all’autoinganno.
Esso consiste nel decidere una data in cui smettere e così autorizzarsi nel frattempo a fumare senza sensi di colpa.
E’ questo il livello più alto dell’arte del mentire , anche perché non è chiaro quanto Zeno narratore dica una bugia o meno.
In tale condizione di nevrosi non è Zeno a guidare la sua vita : sono le pulsioni inconsce o le casualità dell’esistenza che lo spingono ad autoingannarsi .
L’inconscio o il caso sono i due occulti dominatori della vita.
Le cose vanno bene o male non per volontà del soggetto , ma proprio per i giochi del caso e ciò accade sia ai “sani” che ai “malati”.
Proprio sulla casualità i confini tra salute e malattia si assottigliano e non si sa più chi sia sano e chi malato.
Il suo matrimonio è per esempio del tutto casuale.
Il protagonista si infila in una serie di piccoli incidenti che lo portano a sposare Augusta , colei che appunto non avrebbe mai voluto sposare.
Zeno narratore ha il sospetto di essere caduto in un complotto teso dalla madre delle sorelle Malfenti , ma siccome è un bugiardo non si può sapere se questa spiegazione sia un ennesimo autoinganno senile.
Eppure il suo non voluto matrimonio funziona bene , mentre va in rovina quello dei “sani” Ada e Guido : tradimento , fallimento finanziario , suicidio , malattia , emigrazione.
Anche negli affari Zeno è un incapace , eppure il caso lo aiuta .
Per distrazione si dimentica di vendere delle azioni su consiglio dell’abile suocero e si trova casualmente il capitale raddoppiato .
Prova a fare degli affari quasi senza serietà e riesce a salvare Ada dal disastro economico.
Così accade anche durante la guerra , tanto che alla fine Zeno si sente guarito e lascia la cura dello psicanalista .
Ne La coscienza di Zeno Svevo instaura tra malattia e salute nuove relazioni , cioè in esso la malattia conduce ad esiti positivi.
Infatti l’inettitudine e l’inadeguatezza non vengono più rappresentate come il segno dell’emarginazione o dell’impotenza , ma come quello di una superiorità intellettuale ; il personaggio sveviano smette di essere la vittima e piuttosto ne diventa l’ironico giudice.
In fondo Zeno , grazie alla sua malattia , vede il mondo con occhi più liberi e disincantati dei sani che scorgono solo ciò che la loro specializzazione consente : il vecchio Malfenti solo affari , Guido solo una brillante giovinezza , Augusta solo la cura della casa e della famiglia.
Zeno riesce a vedere non solo ciò , ma va oltre , cioè scorge anche il vuoto che si nasconde dietro questi ruoli cristallizzati : l’impoverimento della vita a poche fissazioni .
L’inetto , in quanto tale , quindi , ha una visione più Ampia , tanto da dubitare se sia meglio essere sani o miopi o malati e acuti.
In fondo Zeno , sopravvive perché , poiché inetto , si adatta a tutto e trova anche modo di fare affari durante la guerra.
Zeno alla fine si riscatta dalla propria inettitudine ; dall’iniziale , fredda indifferenza nei confronti della vita e delle passioni del mondo egli sa trarre le forze adeguate per giungere ad una conoscenza disincantata e profonda di tutta la realtà umana.
Egli si impone infine con le sue idee , convinzioni ; semmai il suicida , il vero perdente è Guido , il rivale ,colui che si era affermato , superficialmente , il vincente.
Zeno risulta vittorioso poiché è riuscito a conoscere meglio degli altri se stesso e le leggi che sorreggono la psicologia umana ; grazie a ciò egli può leggere e interpretare la vita senza dover essere necessariamente vittima delle proprie ambizioni o illusioni , delle maschere e degli inganni peculiari della società contemporanea.
I ricordi di Zeno non si dispongono lungo l’ordine cronologico ,ma secondo il loro affiorare alla coscienza.
In realtà Zeno non vuole raccontare la propria vita , ma come la sua coscienza la sta ricostruendo, a pezzi e brandelli, per nodi tematici e non per fasi cronologiche .
Si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad eventi banali ma accattivanti perché in fondo il romanzo è una galleria di quotidiani inganni ed autoinganni che nessuno avrebbe mai voluto ricordare.
La trama risulta quindi quasi polverizzata , poiché il riemergere dei ricordi non segue un ordine lineare , ma oscilla continuamente tra passato e presente ,fissandosi in pochi nuclei tematici compatti e in sé conclusi.Svevo stesso chiama questo particolare trattamento del tempo , “tempo misto”.
Il racconto non presenta gli eventi inseriti in un tempo oggettivo , non avviene ciò che avviene invece nei romanzi ottocenteschi in cui il passato riaffiora continuamente e si intreccia con infiniti fili al presente , poiché resta presente nella coscienza del personaggio narrante.
E’ il tempo che rappresenta appunto quello della coscienza che rilegge gli avvenimenti.
Il narratore , anche grazie all’analisi freudiana , scopre legami inaspettati tra situazioni e oggetti ; tali “libere associazioni”rivelano dunque l’inconscio del protagonista , le sue nevrosi , la sua ambiguità e falsità.
Nei vari capitoli vengono infatti anticipati avvenimenti che saranno narrati in capitoli successivi e, frequentemente , il narratore interviene riportando la vicenda al tempo in cui viene stesa l’autobiografia.
Anche i richiama al passato (flash-back) sono continuamente legati al presente del Zeno che ricorda ; non sono lineari , ma emergono attraverso libere associazioni in maniera apparentemente casuale .
Questo “disordine temporale” tende a vedere il “narratore-io” legato sia al suo presente che al suo passato , sempre sfuggente .
Il tempo , qui , annulla la consistenza del protagonista come nucleo psichico coerente e , per Svevo , la salvezza dell’uomo risiede proprio nella distruzione del tempo , di quell’orologio rappresentato dalla coscienza dell’uomo.
La tessitura del racconto è affidata ad una sola voce , quella del narratore personaggio (Svevo-Zeno) , che da un lato racconta di sé come attore dei fatti ricordati , e dall’altro sovrappone e interseca alle sue memorie i propri commenti spesso ironici e divertiti.
Con grande abilità Svevo inventa una lingua e uno stile tutt’altro che letterari ,così da creare verosimilmente i tratti macroscopici del lessico e della sintassi peculiari delle fantasie del suo personaggio triestino : per tale motivo l’italiano de La coscienza di Zeno è volutamente spurio , contaminato sia da elementi dialettali , sia da strutture espressive ricalcate sulla grammatica tedesca.
Benché utilizzi questi “strumenti” eterogenei , riesce a costruire un organismo unico, evidenziato maggiormente attraverso la presenza di frasi ellittiche o nominali –utilizzate nella descrizione dei personaggi –la cui funzione è quella di raccordare l’apparente oggettività dei tratti somatici e la loro interpretazione ad opera del narratore stesso.
E’ in questo modo che i personaggi perdono le loro caratteristiche reali attraverso l’oggettività della coscienza che interpreta e giudica.
L’utilizzo di frasi esclamative e interrogative , inoltre , è estremamente efficace per riprodurre i sentimenti dei parlanti e per rappresentare la coscienza esterna alla narrazione .
Da tutto ciò scaturisce la sottile ironia tipica di Svevo , che gli permette di forare la superficie della coscienza dei personaggi creati.
La sua lingua fu definita quindi ,da vari critici , come un “utensile efficace” , uno strumento di acutissima analisi , profondamente innovativo , per dar voce alla coscienza dei protagonisti
Al momento della pubblicazione della sua opera , Svevo era quasi snobbato dalla critica ufficiale italiana:la diffidenza era d’obbligo nei confronti di un autore che faceva presagire nelle sue opere fermenti nuovi e sconcertanti.
Fu proprio Joyce a comprendere per primo la straordinaria importanza de “la coscienza di Zeno”ed indusse il narratore triestino a inviarne copia , fra l’altro , a due autorevolissimi critici e scrittori parigini , B.Crèmieux e V.Larbaud.
Essi intendono subito la genialità innovativa del romanzo e nel 1926 dedicano a Svevo un numero monografico della rivista”Le Navire d’Argent”; questo riconoscimento diventa subito una specie di passaporto internazionale che assume l’autore triestino alla celebrità e “La coscienza di Zeno è subito tradotta in francese , tedesco, inglese.
In Italia solo nel 1925 E.Montale , in un suo celebre articolo ,”Omaggio a Italo Svevo,” pubblicato sulla rivista milanese “L’Esame”, rompe il muro del silenzio della critica riuscendo a definire con precisione alcune caratteristiche dell’opera narrativa sveviana , collocando l’autore triestino nel quadro della letteratura italiana del primo Novecento.
Per Montale l’implicito valore della Coscienza di Zeno sta nella volontà di darci “l’epica della grigia casualità della vita quotidiana” e insieme “il poema della nostra complicata vita contemporanea” attraverso “la diretta osservazione del vero”, attraverso la sottile “griglia dell’interiorità”.
Dopo le prime indagini critiche montaliane G.Debenedetti , per definire la qualità dei protagonisti dei romanzi sveviani , conia la definizione di “homo fictus”, nel senso di “ritratto”, capace di individuare gli sparsi tratti della figura dell’uomo contemporaneo , non più in grado di entrare in sintonia con la società.
A.Leone De Castris , in un saggio del 1964 , indagando sui rapporti tra Svevo e Joyce , ritiene che l’opera di Svevo abbia rappresentato un modello per le prime prove di Joyce : secondo il critico Joyce trae dal mondo sveviano il tipo “dell’uomo qualunque moderno” , condannato a godere sia dei più ampi margini di libertà sia della più torturante costrizione all’interno di una società di massa.
C.Ricciardi , analizzando l’opera di Svevo , così si esprime: “Quello che è certo è che Zeno, anche nel momento in cui fa propri i valori del sistema sociale e sembra integrarsi in esso, attua una lucida e spietata analisi dell’anima borghese, denunciando il carattere malato del progresso che è simbolo dello sviluppo capitalistico dell’Ottocento , il cinismo e la spietatezza della logica economica borghese propri della società capitalistica , da cui deriva l’incapacità di vivere dell’uomo moderno, la sua in naturalità , la sua alienazione tecnologica i cui consiste la sua malattia”.
“Un borghese in crisi”, così potremmo sintetizzare l’assunto principale del saggio critico di G.Pampaloni : “E’ viva nello scrittore la consapevolezza della crisi dei valori borghesi e dei rapporti alienati che essi finivano per produrre,[…] Più in generale può dirsi che Svevo fu scrittore lucido e severo contro le “menzogne convenzionali” della società, e delle ipocrite coperture pseudomorali o estetiche degli interessi costituiti o anche semplicemente dei troppo rigidi rapporti entro la società. Molto chiaramente risulta la sua intolleranza[…]per ogni tipo di ingannevole eccitazione verbale su falsi valori propria della borghesia intellettuale italiana del tempo.[…]anticipa l’immagine disincantata e “situazionale”dell’uomo contemporaneo quale si è formata dopo le rovine “borghesi” della seconda guerra mondiale.[…]Un argomento illuminante la pagina, molto famosa, con cui si chiude La coscienza […] questa pagina contiene la condanna della civiltà occidentale, produttivistica e consumistica, prodotto di un’alienazione e per ciò destinata a svilupparsi ineluttabilmente sino all’autodistruzione. Il suo pessimismo sarebbe qui anticipatore e profetico”.
G Luti , autore di un a monografia ,“Italo Svevo”, traccia un ampio profilo dell’autore triestino, utile ad intenderne il valore rispetto alle linee fondamentali e ai principi dominanti nella situazione sociale contemporanea e nella cultura letteraria tra Ottocento e Novecento: “Nell’arte di Svevo si fissa la proiezione morale di una classe che sente esaurirsi il proprio “compito sociale” e la propria funzione direttiva , o almeno non sa più trovare una giustificazione sociale in un quadro storico e politico in piena trasformazione.[…]La solitudine del borghese , la disperata assenza di una ragione di vita, di una fede solida di fronte al crollo delle vecchie strutture economiche, si riflettono dunque nell’opera dell’ebreo Ettore Schmitz[…]l’unico narratore che abbia effettivamente interpretato la grande crisi europea del primo Novecento […]il problema dell’uomo che non sa e non può inserirsi nella società a cui appartiene. L’uomo , per Svevo , è portato necessariamente ad esaminare la propria funzione sociale ed è distrutto dalla propria analisi , dalla propria inquieta problematica che è indice di una crisi non più soggettiva ma universale[…]Svevo , per le particolari condizioni della sua formazione centro-europea , è l’unico interprete in Italia del contemporaneo sconvolgimento europeo, del tragico processo evolutivo che inevitabilmente doveva condurre ad un ridimensionamento sociale . Si tratta logicamente di un dimensionamento articolato in gradi e forme ben diverse.[…] ; in Italia , alla reazione della grande borghesia di contro ai primi moti socialisti e di qui necessariamente al fascismo. Stiamo assistendo quindi ad una crisi profonda che travolge la media classe borghese e la trasforma in strumento inconscio della violenza e della oppressione della classe dominante.[…]
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