La coscienza di zeno

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Testo

Italo Svevo, La coscienza di Zeno
-PERIODO STORICO IN CUI SI SVOLGONO I FATTI:
L'opera è ambientata a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento. Il legame tra la fabula e il contasto storico non è mai particolarmente importante; al contrario, si evidenza nell'ultima parte, dove si fanno espliciti i riferimenti alla Prima Guerra Mondiale oppure nell'episodio della morte del padre, quando cioè viene espressa la data dell'evento.

-AMBIENTE GEOGRAFICO:
Il romanzo è ambientato nella città di Trieste, dove tra l'altro l'autore è nato e ha vissuto buona parte della sua esistenza. Le descrizioni del paesaggio sono assai rare e, della Trieste di inizio Novecento, vengono colti solo alcuni posti ben precisi: il porto, il mare, il parco e le aggrovigliate strade del centro. D'altra parte, nell'opera, sono gli ambienti interni a predominare: si passa dall'abitazione di Zeno a quella della famiglia di Ada e dal modesto appartamento di Carla all'ufficio di Guido.

-RIASSUNTO
1-prefazione
Il romanzo si apre con un breve scritto dello psicologo che curò Zeno: egli spiega di aver consigliato al suo anziano paziente di scrivere la propria autobiografia. In seguito, egli stesso ha finito col pubblicarla, per vendetta, e precisa anche che è disposto a dividere con Zeno quello che guadagnerà, a patto che quest'ultimo riprenda la sua consueta terapia.

2-preambolo
Adesso, è Zeno Cosini a scrivere: si domanda perchè debba farlo e come ciò lo possa far sentire meglio. Così, dopo aver pranzato, resta con un foglio di carta ed una matita in mano, provando a ripensare ai ricordi. Tuttavia, sembra non trovarne alcuno e, quindi, conclude con la frase: "Ritenterò domani".

3-il fumo
Il dottore aveva consigliato a Zeno di iniziare il suo diario parlando del fumo che non era mai riuscito ad eliminare dalla propria vita. Non che non ci avesse provato o che gli mancassero buoni propositi: semplicemente, ogni volta che fissava una data che segnasse un cambiamento così radicale nella propria vita, subito ne trovava una migliore e più importante, nella quale sarebbe dovuto avvenire il fatidico cambiamento. Così, di volta in volta, non faceva che rimandare, tanto che, mentre scrive, Zeno sta ancora fumando quella che pensa debba essere la sua ultima sigaretta, cosa che ha la proprietà di conferirle un gusto più intenso. A nulla servirono altri molteplici tentativi: Zeno si fece addirittura ricoverare in una casa di salute, di un certo dottor Muli. Tuttavia, ben presto anche questo tentativo si rivelò del tutto vano. Infatti, Zeno aveva portato con sè qualche sigaretta, perchè voleva smettere di fumare a mezzanotte precisa; dopo quelle, era riuscito però a procurarsene altre, grazie alla complicità di Giovanna, l'infermiera destinata alla sua sorveglianza. Anzi, dopo che i due si furono ubriacati con una bottiglia di cognac, la donna si dimenticò di chiudere a chiave la porta, che doveva impedire al paziante di uscire. Così, Zeno riuscì a scappare e, la mattina seguente, era già a casa. La sopresa della moglie non fu poi grandissima e Zeno ricominciò la sua vita normale, pensando che, in fin dei conti, avrebbe potuto smettere di fumare a casa propria, in tutta tranquillità.

4-la morte di mio padre
Zeno era uno studente universitaro trentenne che non sapeva se frequentare gli studi di chimica o legge quando, nel 1890, morì suo padre. Così, ritrova scritto su un libro di filosofia: "15-4-1890 ore 4 1/2. Muore mio padre. U.S.". Zeno tiene a precisare, che la sigla U.S. non sta ad indicare, come si potrebbe supporre, United States, bensì "ultima sigaretta". Non era forse un buon momento per smettere di fumare? Probabilmente sì, ma anche questa volta Zeno non vi riuscì.
Egli aveva già perso la madre, a soli quindici anni, ma la perdita del padre fu una grande catastrofe. Non aveva mai saputo voler bene a suo padre e soltanto dopo la sua scomparsa capì in realtà quanto fosse importante per lui. I due non andarono mai d'accordo, perchè erano troppo diversi. Quando Zeno, per l'ennesima volta, abbandonò gli studi di legge per dedicarsi a quelli di chimica, il padre gli disse che doveva essere pazzo. In tutta risposta, egli, per ripicca, andò dal medico a farsi fare un certificato che attestasse la sua perfetta salute mentale. Alla fine, quando il padre di Zeno fece testamento, lasciò i beni al figlio, a patto però che fossero sotto la tutela di un suo collega, quella canaglia dell'Olivi.
Una notte come tante altre, il padre di Zeno si sentì male e cominciò una lunga e lenta agonia. La domestica, Maria, preoccupatissima, andò a svegliare Zeno che trovò il padre con il viso paonazzo, il respiro lieve, incapace di parlare e di sentire. Si accasciò ai piedi del letto e pianse a lungo, fino a quando non arrivò il dottore. Quest'ultimo non lasciò un barlume di speranza: la situazione era molto grave ed il malato non poteva sopravvivere. Zeno scoppiò di nuovo in simghiozzi, pensando al tempo che non aveva trascorso con suo padre o a quello che non gli aveva detto. Il medico volle far imprigionare il padre agonizzante in una camicia di forza, perchè non si muovesse, e gli applicò anche delle mignatte, cosicchè riprendesse coscienza. A nulla valsero le preghiere di Zeno, che preferiva che il padre non si accorgesse di stare andando incontro alla morte. Anzi, proprio mentre cercava di tener fermo il genitore, questo si alzò, levò alto il braccio destro, colpì la guancia del figlio e ricadde, morto. Zeno non poteva dire se, nell'atto di schiaffeggiarlo, suo padre fosse cosciente o meno; tuttavia non dimenticò mai quella severa punizione e iniziò anche ad odiare il medico che l'aveva "soccorso".

5-storia del mio matrimonio
Zeno aveva incominciato ad interessarsi agli affari di borsa e, proprio in questo ambiente che tanto frequentava, conobbe il suoi futuro suocero, Giovanni Malfenti. Zeno non aveva mai pensato alle donne, tuttavia, quando seppe che Giovanni aveva quattro bellissime figlie, non ebbe altro chiodo fisso se non quello di sposarsi. Il signor Malfenti era poi un grande amico di Zeno e lo consigliava sul vendere o comprare azioni al momento giusto: egli compiva quasi sempre la scelta migliore, mentre, inutile dirlo, Zeno non appariva affatto tagliato per gli affari di borsa. Tuttavia, una volta, in seguito al calare delle azioni che i due possedevano il signor Malfenti vendette le proprie e consigliò a Zeno di fare altrettanto. Quest'ultimo fu del medesimo parere, ma, di giorno in giorno, si scordava di farlo. Quando, dopo una settimana, seppe che il valore di quelle azioni era raddoppiato, non poteva credere alle proprie orecchie: Giovanni si era sbagliato, mentre lui, grazie alla sua solita fortuna, aveva guadagnato moltissimo. Non fu tuttavia quest'episodio ad alterare il rapporto tra i due amici e, soprattutto, l'ammirazione che Zeno nutriva in Giovanni. Fu così che, in seguito ad un invito a casa di quest'ultimo, Zeno conobbe quelle quattro fanciulle, i cui nomi iniziavano tutti con la lettera A: Ada, Alberta, Augusta e Anna. Esse risero della storielle che il nuovo ospite raccontò loro, mentre Zeno le scrutava attentamente, perchè non riusciva a non pensare che doveva sposarne una. La prima ad essere esclusa fu Anna, che aveva solo otto anni, ma che con sincerità, non si stancava mai di dire a Zeno:"Tu sei veramente pazzo!". Dopo che, per questo suo comportamento, venne severamente punita dai suoi genitori, si risolse a sussurrare quella frase all'orecchio di Zeno. Tra le rimanenti figlie, egli preferiva Ada, che lo attraeva per la sua arie seria e severa. La giovane, tuttavia, sembrava non voler ne sapere del pretendente che iniziò a presentarsi quotidianamente a casa Malfenti. Infatti, fece dire dalle sue sorelle che non si trovava in casa perchè era andata a trovare questa o quella zia, mentre in realtà era chiusa nella propria stanza. Qualche tempo dopo, la madre pregò molto cortesemente Zeno che diradasse le sue vsite, perchè le appariva che, con il suo atteggiamento, egli compromettesse Augusta, quella che era la meno attraente delle sorelle. Zeno, in realtà, vedeva quest'ultima solo di rado e poi non gli piaceva affatto, ma comunque si impose di restare lontano qualche giorno da quella casa. Solo dopo sospettò che, mentre la bella Ada non provava niente nei suoi confronti, magari Augusta lo amava ed era per questo che i genitori speravano che potesse sposarla. Tuttavia, l'amore che egli provava per Ada era troppo forte e, qiundi, anche se solo dopo cinque giorni, decise di andarla a trovare. Quando stava percorrendo la strada, si imbattè proprio in Ada: le si avvicinò, ma, mentre egli stava ancora pensando cosa dirle, arrivò un certo Guido che sembrava ella conoscesse. Anzi, Ada ebbe molte più attenzoni per questo giovanotto che per Zeno che, subito, si sentì molto geloso. Alla fine, invitò entrambi a casa sua, quella sera. Zeno non sapeva se accettare o meno, perchè credeva si fosse trattato non di un invito di cuore, ma semplicemente di cortesia. Probabilmente, aveva ragone e potè verificarlo quando, quella sera, le attenzioni di Ada furono completamente rivolte a Giudo, che sapeva uonare il violino e faceva anche alcuni esperimenti con un tavolino a tre gambe, evocando gli spiriti. Quando Zeno entrò, tutto era buio proprio a causa di questo "rituale" e, per via dell'oscurità, egli pensò di essere seduto di fianco ad Ada. Così, a luci spente, decise di confidarle il proprio amore e, questa volta, Zeno ed ada. Rimasti soli, Zeno non potè fare a meno di parlarle e di confessarle il suo amore. Ada, dopo aver a lungo esitato, lo rfiutò e diresse l'attenzione di zeno verso Augusta, che ella sapeva innamorata di lui. Fu a questo punto che il giovane, alquanto amareggiato, pensò che, se non poteva sposare Ada, almeno sarebbe potuto diventare suo cognato. Allora, chiese la mano ad Alberta che, però, rifiutò perchè voleva diventare scrittrice e non aveva alcuna intenzione di pensare al matrimonio. Non potendo concepire l'idea di rimanere solo, Zeno fece la stessa proposta ad Augusta. Questa sapeva perfettamente che egli non l'amava e che probabilmente non sarebbe mai arrivato a farlo, tuttavia era anche certa che, se ci doveva essere una donna al fianco di Zeno, avrebbe voluto essere lei e, così, accettò.

6-la moglie e l'amante
Al contrario di quanto si è portati a pensare, il matrimonio fra Zeno ed Augusta si rivelò assai felice ed esente da litigi e dissapori. Ciò nonostante, Zeno iniziò a preoccuparsi per la vecchiaia che, credeva, presto sarebbe arrivata e gli avrebbe modificato la vita. Aveva il terrore di morire e quello che sua moglie potesse sposare un altro uomo (cosa difficile, poichè Augusta era strabica e nient'affatto bella); infine pensava di avere una grandissima quantità di malattie, tutte immaginarie. Conobbe, invece, quello che lui stesso definisce un malato reale, il signor Copler, un ex compagno di Università. Egli viveva all'estero, ma era dovuto precipitosamente rimpatriare per i suoi problemi di salute. Tornato a Trieste e non potendo continuare a trascorrere i suoi giorni senza fare nulla, aveva avviato alcune opere di beneficenza e di assistenza sociale. Per esempio, Zeno, proprio mediante il signor Copler, aiutava due donne, Carla e sua madre che, dopo la morte del marito di quest'ultima, erano rimaste sole e senza un soldo. Egli permetteva alla giovane di studiare canto, arte verso la quale sembrava avere una predisposizione, benchè in realtà da mesi non facesse alcun miglioramento. Il signor Copler insistette a lungo affinchè le due donne conoscessero il proprio benefattore e, alla fine, Zeno andò a trovarle. Dall'istante in cui vide Carla, capì che sarebbe potuta divenire sua amante e, così, qualche tempo dopo si ripresentò da lei. In questa occasione, le portò un libro che doveva aiutarla a fare progressi e a migliorarle la voce e si offerse di sfogliarlo insieme a lei. Con questo pretesto, fece ritorno una seconda volta e non esitò affatto a mettere in luce le sue vere intenzioni. Zeno raccontò a Carla di come e perchè aveva sposato sua moglie, pur amandone la sorella e di quanto fosse infelice, In realtà, le cose non stavano esattamente così, perchè egli voleva molto bene ad Augusta, tuttavia questo sfogo bastò per essere compatito e affinchè Carla si abbandonasse al proprio amore. Da quel momento in poi, Zeno si impose di dirle che il suo cuore era ormai di quella moglie a cui era estremamente affezionato, ma non trovò mai il coraggio di farlo e di abbandonare una così fragile creatura. In seguito, siccome ella non sopportava quel severo maestro di musica che quotidianamente le impartiva le lezioni, convinse Zeno a licenziarlo e a chiamarne uno nuovo. Il nuovo insegnante si chiamava Lali: era giovane, serio e disponibile. Ben presto, finì coll'innamorarsi di Carla e le chiese di sposarlo. Nonostante la vantaggiosa proposta, l'allieva rifiutò. Quando Zeno lo seppe, in un primo momento si sentì alquanto sollevato, ma poi gli dispiacque che la sua amante non avesse accettato: in fin dei conti, la loro relazione avrebbe potuto procedere ugualmente ed egli non sarebbe più tornato ogni sera ad Augusta pieno di rimorsi per averla tradita una volta di più. Aveva così deciso di spiegare a Carla che probabilmente quella offerta dal nuovo maestro sarebbe stata la via migliore, ma non riuscì a parlarne con lei. Zeno, infatti, non trovava la forza per interrompere la sua relazione con Carla e, ogni mattino, il suo proposit era il seguente: "Domani la pregherò di accetare la proposta del maestro, ma oggi glielo impedirò". Tuttavia, questo pensiero ricorreva ogni giorno e, come le ultime sigarette, non fu mai realizzato.
Nel frattempo, subito dopo il matrimonio fra Ada e Guido, Giovanni Malfenti era stato molto male e, alla fine, era morto. Anche sua moglie aveva avuto dei problemi di salute e, così, le sue figlie, per aiutala e farle compagnia, ogni giorno, aturno, le stavano accanto. Al mattino toccava ad Augusta e, poi, fino alle quattro del pomeriggio, era la volta di Ada. Già da lungo tempo Carla pregava Zeno per poterne vedere la moglie ed egli, pur senza riuscire a spiegarsi il perchè, le disse che sarebbe uscita alle qusttro dalla casa dei suoi genitori, in modo che Carla potesse vedere la bella Ada e non la brutta Augusta. Questa mossa, tuttavia, non ebbe un buon esito per Zeno: infatti Carla, rimasta talmente affascinata da Ada, gli disse che non avrebbe mai più fatto soffrire quella donna. Fu così che decise di sposare il maestro di musica e, con un ultimo bacio, abbandonò Zeno. Egli sperava che non tutto fosse finito e tornò a casa della giovane, dove però trovò solo la madre. Allora pensò di lasciare a quest'ultima qualche soldo per fornirle quell'aiuto economico che Carla aveva, dacchè si erano conosciuti, sempre rifiutato. Zeno credeva che, in questo modo, se Carla non avese voluto accettarli, glieli avrebbe dovuti riconsegnare personalmente e, nel caso in cui li avesse voluti tenere, l'avrebbe di certo ringraziato del dono: i due, quindi, si sarebbero comunque rivisti. Infatti, il giorno seguente Zeno ricevette una lettera dall'amante che lo invitava a presentarsi al parco, quello stesso pomeriggio. Carla, però, non fece altro che ricosegnare quel denaro e ribadire le proprie intenzioni: avrebbe sposato il maestro di musica ed essi non si sarebbero più dovuti rivedere. Si rivelò inutile ogni tentativo di Zeno di ricondurre a sè Carla, promettendole che, da quel giorno in poi, se ella avesse voluto, avrebgbero ahnche potuto passeggiare mano nella mano nelle strade della città, in modo che tutti li potessero vedere. Zeno non aveva mai proposto di tradire in modo così esplicito la moglie. Seguì, quindi, Carla fin sulla porta della sua casa, da dove si sentiva il suono del pianoforte che, naturalmente, Lali stava suonando. Si propose di entrare e di affrontarlo e furono soltanto le lacrime di Carla a dissuaderlo dal tentativo. Non per questo egli si rassegnò: non poteva stare senza la sua amante e, il giorno seguente, si risolse di scriverle una lettera, ricca di frasi tristi e di scusa. A questa, Carla rispose con un semplice biglietto con la frase: "Grazie! Sia anche lei felice con la consorte sua, tanto degna di ogni bene". Questo messaggo non seppe tuttavia mettere in pace l'animo di Zeno che, alla fine, decise di tornare per un'ultima volta a casa di Carla dove trovò nuovamente solo la madre. Le propose di mantenerla, se ella non fosse voluta andare a vivere con la figlia, ma la vecchia, pur apparendo assai lusingata, non potè accettare: era necessario, secondo il suo parere, stare accanto alla figlia. Dopo averla pregata di ricordare a Carla che egli, qualora si fosse trovata in difficoltà, sarebbe stato sempre disponibile, si allontanò per sempre da qulla casa.

7-storia di un'associazione commerciale
Guido, un giorno, propose a Zeno di entrare a far parte dell'associazione commerciale che egli già da tempo aveva intenzione di fondare. Zeno era a dir poco entusiasta. Stabilirono l'ufficio nel centro della città e, oltre a Guido e a Zeno, vi lavoravano anche due impiegati, Luciano e Carmen, senza contare il cane Argo, alla cui compagnia Guido non aveva saputo rinunciare. Luciano, di lì a qualche anno, sarebbe diventato un commerciante ricco e assai rispettato, mentre Carmen non conosceva nè la stenografia nè le lingue straniere. Probabilmente era stata assunta da Guido più per la sua notevole bellezza che per le sue capacità professionali, o almeno questo era quanto pensava Zeno.
Il primo cliente fu un certo signor Tacich, che proveniva dalla Dalmazia e che per pareccho tempo continuò a rivolgersi alla loro associazione perchè da subito si era innamorato di Carmen. Fu proprio Tacich a commissionare un affare importante, che riguardava l'acquisto di sessanta tonnellate di solfato di rame. Un giorno, però, arrivò da Londra una certa comunicazione che indicava che l'affare non aveva affatto avuto il tanto sperato esito positivo. Allora, il signor Tacich abbandonò Trieste, mentre Guido e Zeno rimasero coll'avere sessanta tonnellate di solfato di rame, che provocò loro perdite enormi. Per questo motivo, non c'è da stupirsi se, dopo un anno, il bilancio dell'associazione era estremamente negativo: era stata persa addirittura la metà del capitale di partenza.
Intanto, Guido appariva veramente innamorato della bella Carmen e, secondo Zeno, faceva di tutto per corteggiarla. Questo avveniva proprio in un delicato momento per Ada che, dopo essere rimasta incinta, aveva dato alla luce due gemelli. Il parto era ben r iuscito, ma ora la giovane donna appariva decisamente indebolita. Zeno fu il primo ad accorgersi che, in realtà, la sua stanchezza era dovuta a qualcosa di ben più serio e, difatti, il medico le diagnosticò il morbo di Basedow. Le fu così consigliato di recarsi a Bologna, in una casa di cura, ma Ada non voleva partire: era consapevole che il marito l'avrebbe tradita, voleva bene ai suoi figli e poi non aveva alcuna intenzione di lasciare Trieste. Tuttavia, dovette rimanere a Bologna per circa due mesi; in seguito fu considerata guarita e, quindi, ritornò a casa, proprio quando Augusta aveva messo al mondo Alfio, il suo secondo figlio. Nonostante la guarigione, la bellezza di Ada era per sempre scomparsa e la malattia aveva lasciato un segno indelebile sul suo volto. Tra gli affari a cattivo esito e le preoccupazioni, anche Guido, tuttavia, non stava bene, soprattutto da un punto di vista pscologico. Arrivò a chiedere alla moglie, in prestito, una forte somma di denaro, ma ella non gliela concesse: oltre a tradirla, il marito doveva sperperare i suoi risparmi? Fu così che, in preda alla disperazione, Guido tentò il suicidio, anche se, prima di assumere la morfina si era fatto astutamente scorgere dalla moglie. Di conseguenza, Ada aveva immediatamente chiamato aiuto e, presto, si potè considerare Guido fuori pericolo. In seguito, per risollevare la propria situazione economica, Giudo non trovò idea migliore che quella di giocare in borsa. Appena Zeno lo venne a sapere, non esitò a rimproverarlo aspramente, domandandogli se avesse intenzione di rovinare la propria famiglia. Tuttavia, ben presto dovette ricredersi: Guido, infatti, aveva vinto molto e quasi colmato quelle disastrose perdite che la fallita associazione gli aveva fatto registrare. Soltanto molto tempo più tardi Zenno venne a sapere che ancora una volta la sorte aveva cessato di sorridere al colega che, rapidamente, era caduto in rovina. Inizialmente Ada non sapeva nulla ed in seguito, non appena ne venne messa al corrente, rifiutò con decisione tutti quegli aiuti economici che Zeno aveva loro offerto. Al contrario, sperava che si potessero risollevare, ma anche per lei la situazione si era fatta assai difficile: era impegnata con i gemelli, stremata dalla malattia, tormentata dai sospetti di tradimento del marito con la bella Carmen e, adesso, anche ansiosa per quella tanto infelice condizione economica. Di certo non si immaginava che, di lì a poco tempo dopo, ai suoi dolori avrebbe dovuto aggiungere quello della morte di Guido. Egli, per la seconda volta, tentò di suicidarsi ed ingerì un'abbondante quantità di veronal. Zeno quando lo venne a sapere, si ricordò che, durante una gita in barca, Guido gli aveva fatto numerose domande sul sodio e sul veronal di sodio. Egli, che all'Università aveva studiato chimica, rispose che il, veronal puro era quasi innocuo, mentre il sodio poteva essere facilmente letale per l'organismo umano. Quando questo era successo, Zeno non era ancora stato informato delle notevoli perdite di Guido in borsa e, per questo, era ben lontano dall'immaginare un secondo tentativo di suicidio. Tentativo che, come dimostra questo episodio, secondo il piano di Guido non avrebbe dovuto farlo morire, ma semplicemente provocare un grande spavento a sua moglie. Tuttavia, quel veronal gli fu letale perchè, a causa della forte pioggia, il medico arrivò assai in ritardo, anzi, decisamente troppo tardi.
Zeno cercò di ripaare le perdite di Guido e vi riuscì, giocando in Borsa. Preso da questi suoi affari, tuttavia, finì col non presebtarsi ai funerali dell'amico e, probabilmente, Ada non seppe perdonarglielo mai. Ella rimproverava a se stessa di non aver voluto abbastanza bene a Guido e di non aver riposto in lui tutta la sua fiducia. Ricordò inoltre a Zeno che anche lui non aveva mai saputo amarlo. Per Zeno fu certamente un rimprovero ingiusto. Ada partì, con i suoi due figli, alla volta dell'Argentina, dove vivevano i genitori di Guido: come ella stessa confidò a Zeno, abbandonava il proprio Paese per allontanarsi dai propri rimorsi.

8-psicoanalisi
Il capitolo si apre con una data: "3 Maggio 1915". A parlare in prima persona è sempre Zeno, che dice di aver ricominciato a scrivere, dopo diverso tempo, per mettere nero su bianco la sua decisone di abbandonare per sempre la psico-analisi, cura alla quale egli si sottoponeva da addirittura sei mesi, ma che, invece di apportargli qualche beneficio, lo aveva fatto sentire sempre peggio. Trovava interminabili quelle sedute dal dottore, durante le queli un flusso di immagine del suo passato gli affioravano alla mente. Vedeva alcuni momenti della propria vita davanti agli occhi e, poi, improvvisamente, essi sparivano. Convintosi ormai dell'inutilità di questa cura, Zeno pensò di rivolgersi ad un suo amico medico, il dottor Paoli. Egli, dopo aver saputo dei suoi dolori, corporali e spirituali, gli fece delle analisi, che a Zeno ricordarono tutte quelle che anche lui aveva effettuato all'Università: finalmente si trattava di un metodo serio, di analisi vere e non di psico-analisi! Gli venne così diagnosticato di soffrire di diabete e Zeno ne fu molto contento: da quel giorno non sarebbe mai più restato solo, la sua malattia sarebbe sempre rimasta al suo fianco e, poi, finalmente era diventato un malato reale e non più solamente immaginario!

Sotto la data del 15 Maggio, Zeno scrisse di come cercò di tradire la moglie, come già aveva fatto con Carla. Egli, infatti, era stato molto colpito da Teresina, una semplice pastorella che viveva a Lucinico, un paese sulle rive dell'Isonzo dove lui e la sua famiglia si resavano a trasorrere le vacanze. La giovane, tuttavia, non sembrava degnarlo neanche di uno sguardo: ormai Zeno era vecchio, anche se, nonostante l'età, non si sentiva affatto mutato rispetto a vent'anni prima.

La data seguente è quella del 24 Marzo 1916. Zeno racconta la propria esperienza relativa alla guerra. Certo, ne aveva sentito parlare, ma non ne era mai venuto a contatto e, perciò, la considerava ancora come qualcosa di estraneo e di lontano dalla sua realtà. Questa sensazione, però, non era destinata a durare molto tempo. Infatti, durante una passeggiata in montagna, nei pressi di Lucinico, Zeno si imbattè in un gruppo di soldati che gli impartirono con aria severa e minacciosa alcuni ordini in tedesco. A zeno fu permesso di ritornare non a Lucinico, ma a Gorizia. In quel momento era in preda ad una grandissima angoscia: ora, tuttavia, si trova a Trieste, nel suo ufficio e ha riacquistato quasi totalmente la sua tipica calma, dal momento che adesso anche la sua famiglia si trova, sana e salva, lì con lui.
Sempre il 24 Marzo 1916, Zeno Cosini riprende tra le proprie mani questo manoscritto perchè il suo dottore, dalla Svizzera, lo pregava di madargli qunto aveva annotato. Egli, prima di farlo, si sente in dovere di precisare che, con o senza quella tanta odiata psico-analisi, adesso si sente completamente guarito. Il fatto che egli si sia rimesso è, secondo il suo parere, da riferirsi all'attività commerciale che, nel frattempo, aveva ripreso e che lo teneva molto impegnato.
Il romanzo, infine, si chiude con un'inquietante quanto terribile profezia: "Forse traverso una catastrofe inaudita prodotta dagli ordigni ritorneremo alla salute. Quando i gas velenosi non basteranno più, un uomo fatto come tutti gli altri, nel segreto di una stanza di questo mondo, inventerà un esplosivo incomparabile, in confronto al quale gli esplosivi attualmente esistenti saranno considerati quali innocui giocattoli. Ed un altro uomo fatto anche lui come tutti gli altri, ma degli altri un po' più ammalato, ruberà tale esplosivo e si arrampicherà al centro della terra per porlo nel punto ove il suo effetto potrà essere il massimo. Ci sarà un'esplosione enorme che nessuno udrà e la terra ritornata alla forma di nebulosa errerà nei cieli priva di parassiti e di malattie".

-AMBIENTE SOCIALE DEI PERSONAGGI:
I personaggi che si trovano nell'opera di Svevo appartengono alla classe borghese di inizio secolo: e, infatti, Zeno vive in una condizione di agiatezza, soprattutto grazie all'eredità lasciatagli dal padre, tanto da potersi permettere di non lavorare. Tuttavia, la classe borghese non è affatto presentata in modo positivo da Svevo: al contrario, la sua visione può essere facilmente accostata a quella di Flaubert in Madame Bovary. Il borghese modello viene infatti visto soprattutto nella sua piccolezza, è colto all'interno della sua piccola e ristretta realtà, dalla quale invano cerca di evadere per mezzo dei sogni.

-ANALISI DEI PERSONAGGI:
Il personaggio che, nell'economia dell'opera, riveste l' indiscusso ruolo di protagonista è Zeno Cosini. Egli, infatti, è al centro di tutte le vicende narrate proprio perchè è lui stesso l'io narrante dell'intera opera. Svevo abbandona il modulo ottocentesco caratterizzato dal narratore rigorosamente esterno che soltanto talvolta assume una focalizzazione interna (come, per esempio, Flaubert in Madame Bovary), ma adotta nuove soluzioni. Di conseguenza, la Coscienza di Zeno è costituita da un memoriale e, in pratica, si tratta di una confessione autobiografica di Zeno stesso. Pertanto, ogni emozione e ciascun singolo giudizio sono in definitiva filtrati attraverso il punto di vista di Zeno e non possono sempre essere considerate pienamente attendibili. Questo fatto, inoltre, è anche denunciato dal dottor S. quando, nella prefazione, accenna alle "tante verità e bugie" accumulate nel memoriale.
La figura di Zeno, poi, è la personificazione delll'inetto, immancabile protagonista dei romanzi di Svevo. Così, come anche Alfonso Nitti in "Una vita" e al pari di Emilio Brentani in "Senilità", anche Zeno è un incapace a vivere, ma con le debite differenze. Prima tra tutte, non va dimenticato il fatto che, rispetto ai precedenti, si tratta di un inetto più consapevole che non pone affatto fine alla sua vita come Alfonso (destino a cui invece va incontro l'Antagonista Guido) e che non si rassegna neppure alla sua triste condizione di vita come Emilio; al contrario, Zeno, suo malgrado, riesce ad uscire vincitore. E' un esito che mai si sarebbe potuto prevedere, considerando l'inettitudine al vivere propria di Zeno contrapposta alla più completa realizzazione di Guido.
Quest'ultimo viene presentato come l'Antagonista e, in questo suo ruolo, può essere riaccostato alle figure di Macario in "Una vita" e a quella di Stefano Balli in "Senilità". Però, in un processo esattamente opposto a quello verificatosi nelle due precedenti opere, egli risulta sconfitto: dopo aver ottenuto ciò che Zeno mai era riuscito ad avere, e cioè l'amore della bella Ada e la stima del suocero, in seguito ad un investimento sbagliato inscena un primo tentativo di suicidio e, più tardi, un secondo, che però, suo malgrado, gli si rivela letale.
Altri due personaggi di una certa rilevanza sono il padre e Giovanni Malfenti: il primo risulta una figura cara a Zeno, nonostante quello schiaffo che ricevette in punto di morte. Si tratta certamente di due personaggi in netta antitesi: un inetto, giovane inoperoso ed indeciso tra una facoltà universitaria ed un'altra, ed un sano, impegnato in fevide e prolifiche attività commerciali che, dopo la sua morte, lascerà nelle mani del fido amministratore Olivi, affinchè tutto non vada a finire sotto il poco vigile ed affidabile controllo del figlio. In seguito alla colpevolizzante scomparsa del genitore, Zeno ricerca in Giovanni Malfenti una seconda figura paterna e, sposandone la figlia, lo accetta in qualche modo come padre adottivo.
I personaggi femminili, anche se posti in secondo piano rispetto agli altri, non sono affatto assenti: tra questi spicca soprattutto Augusta, moglie di Zeno. Quest'ultimo la sposa dopo aver ricevuto il rifiuto delle altre due più attraenti sorelle, ma la scelta si rivelerà poi completamentre azzeccata. Infatti Augusta, col suo modo razionale di vedere le cose, può essere considerata un perfetto campione di sanità borghese, opposto in tutto e per tutto a Zeno e, quindi, a lui complementare. Il matrimonio, quindi, è per Zeno uno dei principali motivi di successo, così come lo fu per lo stesso Italo Svevo nella vita reale.

-TEMATICA: GLI ARGOMENTI ED I PROBLEMI FONDAMENTALI
Come nei suoi due primi romanzi, "Una vita" e "Senilità", la tematica fondamentale dell'opera è il modo di vivere dell'inetto, figura caratterizzante e ricorrente nelle opere di Svevo, che, contrapposto al mondo dei sani, rappresenta colui che si rivela incapace a vivere. Zeno, tuttavia, suo malgrado, riesce a trarre un consistente vantaggio dalla sua condizione, anche se involontariamente: sarà infatti capace di sposare la persona giusta, di riuscire a vincere una consistente somma giocando in Borsa, pur non avendoci mai provato prima, di riconquistare la stima degli altri e, in primo luogo, di Ada. Tutto questo successo è determinato dal caso, ma certamente contribuisce a modificare l'esistenza dell'inetto che, ormai consapolvele della propria condizione, ha anche imparato a sfruttarne i lati positivi. In fin dei conti, mentre i sani, tutti impegnati ad affermarsi nella società provocano un notevole spreco di energia, gli inetti sanno sfruttare, anche se inconsapevolmente, la debolezza altrui per avere la meglio su di loro.

-VISIONE DEL MONDO, DELLA VITA ED IDEALI EVIDENZIATI:
La visione della vita di Svevo è quella di un continuo ed inevitabile confronto tra due concezioni totalmente diverse, quella degli inetti e dei sani. Egli riprende senz'altro questa differenziazione da Shopenhawer, che già aveva suddiviso gli individui in contemplativi e lottatori, pur senza definire così marcatamente la tipologia dell'uomo incapace, inetto a vivere, tipico di Svevo. E' così che egli cerca di sopperire alla crisi di inizio secolo, in maniera assai diversa, per non dire opposta, al superuomo di D'Annunzio.
Interessante è poi la definizione che Zeno stesso fornisce della vita che "non è nè brutta nè bella, ma è originale": egli, infatti, in quanto inetto è disponibile a sperimentare tutte le possibilità che la sua esistenza gli offre; i sani, al contrario, appaiono immutabilmente cristallizzati in una forma rigida, della quale non si possono liberare.

-ANALISI DELLO STILE DELL'AUTORE:
Con "La Coscienza di Zeno", Italo Svevo crea un libro totalmente diverso dai classici romanzi ottocenteschi non solo dal punto di vista ideologico, ma anche stilistico. Infatti, mancano coordinate spaziali e temporali, il romanzo appare totalmente "smontato" e colto nel suo divenire: ecco perchè si parla di romanzo in fieri. Si tratta di un vero e proprio flusso di coscienza di Zeno, di autobiografia scritta più o meno di getto, dove non esiste un preciso teatro degli avvenimenti narrati: la situazione si sposta da un luogo ad un altro, chiuso od aperto che sia, sempre secondo i pensieri dell'io narrante. In base allo stesso procedimento, anche il tempo non è ben definito: si tratta di tempo misto, in quanto gli eventi non sono presentati in base ad una successione logica e lineare. Infatti, l'opera è suddivisa in sei sezioni, che raggruppano gli avvenimenti della vita di Zeno secondo alcune tematiche portanti e non secondo una scansione cronologica. In pratica, passato e presente si intrecciano ogniqualvolta che i ricordi riaffiorano alla mente di Zeno e, perciò, elementi ed espressioni prolettiche ed analettiche sono assai frequenti. Inoltre, si possono ritrovare in differenti sezioni eventi tra loro contemporanei, qualora si riferiscano a nuclei tematici diversi.
Se a tutti questi motivi si aggiunge che Zeno non è di madrelingua italiana e che quindi non scrive bene di per sè, si può arrivare a comprendere per quali motivazioni la sua opera non riuscì ad avere un successo immediato.

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