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Categoria: | Letteratura |
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ILIADE
STRUTTURA E CONTENUTO
Il poema inizia con un proemio nel quale il poeta, secondo la tradizione, invoca la Musa per riceverne ispirazione e presenta il contenuto dell’opera: l’ira funesta di Achille e le conseguenze che essa ebbe per gli Achei.
Il contenuto del poema, suddiviso in ventiquattro libri, è riferito ad un periodo assai breve della guerra di Troia, cioè a circa sette settimane del decimo anno di guerra.
Achille, infuriato con Agamennone che gli ha sottratto la schiava prediletta Briseide, abbandona la guerra. Il tentativo di risolvere definitivamente la contesa con un duello tra Paride e Menelao viene vanificato da un intervento di Afrodite. Gli dei parteggiano infatti per l’uno o l’altro dei contendenti: Era e Atena per gli Achei, Afrodite e Apollo per i Troiani.
La narrazione procede tra scontri e duelli; invano alcuni compagni si recano da Achille per convincerlo a tornare a combattere. L’eroe è irremovibile e le stragi continuano.
Quando i Greci stanno per cedere, Patroclo, temendo che i Troiani vogliano incendiare le navi, chiede ad Achille di consentirgli di indossare le sue armi, per ingannare i nemici e indurli a credere che lo stesso eroe abbia ripreso a combattere.
Vinto da Ettore e dal Fato, Patroclo muore. La disperazione di Achille è tale e tanto grande l’odio verso chi gli ha ucciso l’amico che, avute nuove armi forgiate per lui da Efesto, si appresta a tornare a combattere. Riconcialiatosi con Agamennone, trasferisce la sua ira implacabile sui Troiani e su Ettore.
In un memorabile duello, Achille uccide Ettore e fa scempio del suo corpo. Ma proprio dopo che Achille ha espresso tutta la sua crudeltà e il desiderio di vendetta, cede alla commozione quando Priamo va a chiedergli il corpo del figlio. Il poema si chiude con la cerimonia funebre per l’eroe troiano.
L’Iliade non racconta l’epilogo della guerra di Troia. L’inganno del cavallo, l’incendio, la fuga dei superstiti fu materia di altri meno noti poemi del ciclo troiano che non sono giunti fino a noi. Ne troveremo appena un cenno nell’Odissea, quando alla corte di Alcinoo, il re dei Feaci, Odisseo udrà dall’aedo Demodoco il racconto della storia del cavallo e dell’incendio di Troia e si commuoverà fino alle lacrime.
Sarà il poeta latino Virgilio che nell’Eneide farà raccontare ad Enea le ultime ore di Troia, riprendendo certamente temi e racconti della poesia epica greca.
UOMINI, DEI, EROI
Gli uomini mortali e gli dei immortali sono collocati nell’Iliade su due diversi piani: in contrasto con il mondo degli eroi che obbediscono alle leggi del dovere e dell’onore, che non sorridono quasi mai e combattono e muoiono rassegnati, il poeta crea il mondo delle creature divine, che non devono temere la morte e godono la loro interminabile vita, spesso senza le remore della moralità. Ma se sono superiori agli uomini per la loro immensa forza, sembrano tuttavia inferiori ad essi in tema di spiritualità.
Non c’è in tutto l’Olimpo un solo nume che per grandezza d’animo pareggi Ettore, per saggezza ed eloquenza superi Odisseo, per volontà e forza possa reggere il confronto con Achille e Aiace Telamonio. E così, dicasi delle dee rispetto alle donne mortali. E così Andromaca è più grande e nobile dell’astiosa e rissosa Era; la stessa Elena supera in grazia la capricciosa Afrodite.
C’è dunque poco o nulla di sacro in questa famiglia di dei che, sotto l’impero di Zeus, a sua volta sottoposto ai decreti ineluttabili del Fato, litigano, si riconciliano, parteggiano e combattono ora per gli Achei, ora per i Troiani. La loro grandezza è tutta esteriore, appariscente. Diremo anzi che sono più poeticamente grandi quando sono meno dei: come Teti quando piange con il figlio, o Efesto che nella sua fucina lavora per preparare le armi ad Achille, o Ermes che accompagna il vecchio Priamo disperato alla tenda di Achille.
riassunto e parafrasi di: "la disperazione di Achille"