Goldoni

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LA BIOGRAFIA DI CARLO GOLDONI

1707
Il 25 febbraio Carlo Goldoni nasce a Venezia. Nei Mémoires egli esordirà ricordando i luoghi della sua nascita: “Je suis né à Venise, l’an 1707, dans une grande et belle maison, située entre le pont de Nomboli et celui de Donna onesta, au coin de la rue de Ca’ cent’anni, sur la paroisse de Saint Thomas”.

1716-20
Trascorre l’infanzia a Venezia, durante la quale mostra un precoce interesse per il teatro (a otto anni compone una commedia sullo stile di Giacinto Andrea Cicognini). Quindi segue il padre medico a Perugia, dove studia retorica e grammatica presso il locale collegio dei Gesuiti.

1720-22
Il padre si trasferisce a Chioggia, mentre Goldoni è a Rimini presso i Domenicani, dove studia filosofia e legge i commediografi latini e greci (Plauto, Terenzio, Aristofane, Menandro). Fugge a Chioggia con una compagnia di attori. Il padre lo inserisce quindi presso lo studio legale dello zio Gian Paolo Indric.

1723-29
Goldoni è al Collegio Ghislieri di Pavia a studiare diritto, ma viene espulso dall’università per aver composto una satira (Il colosso) contro le donne della città. Lo troviamo quindi a Udine con il padre; poi a Gorizia e a Vipacco, dove organizza uno spettacolo di marionette rappresentando Lo starnuto di Ercole di Jacopo Martello. Nel ’27 riprende gli studi a Modena, ma l’anno seguente è ancora a Chioggia presso la cancelleria della città. Nel 1729 si reca a Feltre come vicecancelliere. Qui mette in scena la Didone abbandonata e la Siroe del Metastasio e compone due intermezzi Il buon padre e La cantatrice.

1731
Dopo la morte del padre (29 gennaio), Goldoni torna a Venezia e riprende gli studi giuridici a Padova, dove si laurea nell’ottobre dello stesso anno.

1732-33
La difficile situazione familiare lo costringe a rapidi e continui spostamenti. È a Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, Milano. Nel capoluogo lombardo ha con sé il melodramma Amalasunta, che egli decide poi di distruggere per le critiche e l’insuccesso riportato.

1734-37
Torna di nuovo a Venezia: dal capocomico Giuseppe Imer al teatro San Samuele fa mettere in scena con successo la tragicommedia Belisario. Conosce il compositore Antonio Vivaldi con il quale collabora adattando il libretto della Griselda di Apostolo Zeno. Nel 1735 e per tutto l’anno successivo segue la compagnia Imer a Padova e Udine. Quindi, nel ’37, è nominato direttore del teatro veneziano di San Giovanni Grisostomo, incarico che terrà fino al 1741.

1738-40
Scrive per il Pantalone Francesco Golinetti la commedia Momolo cortesan (che poi prenderà il titolo L’uomo di mondo). La commedia, in parte di carattere, in parte a soggetto, segna l’inizio vero e proprio della riforma goldoniana, ed è rappresentata con grande successo. Nel ’39 scrive il Momolo sulla Brenta, l’opera Gustavo Vasa, le commedie a soggetto La notte critica, o i centoquattro avvenimenti nella stessa notte e Le trentadue disgrazie di Arlecchino. Alla fine del 1740 è a Genova in qualità di console della Serenissima: qui compone l’intermezzo Amor fa l’uomo cieco e il canovaccio Il mercante fallito.

1741-43
Scrive il dramma giocoso La contessina e, nel ’43, La donna di garbo. Per sfuggire ai creditori a causa di un imbroglio causato dal fratello Gian Paolo, abbandona Venezia per Bologna e quindi Rimini.

1744-47
È a Pisa, dove esercita l’avvocatura. Viene accolto in Arcadia con il nome di Polisseno Fegejo. Nel ’45 conosce il famoso Pantalone Cesare D’Arbes per il quale compone il Tonin Bellagrazia (Il frappatore). A Livorno incontra il capocomico romano Girolamo Medebac e scrive per l’Arlecchino Antonio Sacchi due scenari, Il servitore di due padroni e Il figlio di Arlecchino perduto e ritrovato. Nel ’47 si impegna con il Medebac a collaborare per il teatro Sant’Angelo di Venezia.

1748-49
Dopo un breve soggiorno a Firenze torna a Venezia. Vengono rappresentati al Sant’Angelo con successo La vedova scaltra e L’uomo prudente. Nel ’49 iniziano le prime polemiche con l’abate Pietro Chiari, autore del San Samuele. Scrive e fa rappresentare La putta onorata e La buona moglie. Intanto La vedova scaltra viene parodiata dal Chiari con La scuola delle vedove: Goldoni risponde con un famoso Prologo apologetico. In seguito a questa vicenda a Venezia viene ripristinata la censura teatrale. Dopo l’insuccesso della commedia L’erede fortunata, Goldoni promette al pubblico sedici commedie nuove, ma continua a comporre anche drammi giocosi e musicali: L’Arcadia in Brenta è musicata dal Galuppi e rappresentata al teatro San Moisè.

1750-51
Scrive in questo periodo Il cavaliere e la dama, La buona moglie, La famiglia dell’antiquario, L’avvocato veneziano. È l’anno in cui inizia effettivamente un rinnovamento profondo del teatro goldoniano: nel Teatro comico la riforma viene teorizzata e progettata, ma la commedia, dato il suo carattere eccessivamente didascalico, non ottiene molto successo. Compone Le femmine puntigliose, La bottega del caffè, Il bugiardo, Pamela, I pettegolezzi delle donne. Esce il primo tomo delle commedie nell’edizione Bettinelli, con la celebre Prefazione, ma soltanto i primi tre saranno autorizzati da Goldoni. Anche in seguito alla controversia che ne segue, il commediografo decide di lasciare la compagnia di Medebac e il teatro Sant’Angelo.

1752-54
Primi contatti con Antonio Vendramin e con il teatro San Luca. Nel dicembre del ’52 si recita La locandiera con grande successo di pubblico. Nel ’53 avviene la rottura definitiva con il Medebac e con il Bettinelli. Pietro Chiari, da sempre acerrimo nemico di Goldoni, diviene autore del Sant’Angelo. Per adattarsi alle nuove esigenze, Goldoni compone alcune commedie di ambientazione esotica e in versi martelliani, come La sposa persiana, Ircana in Julfa, Ircana in Ispahan. Carlo Gozzi, dalla veneziana Accademia dei Granelleschi, lancia a Goldoni pesanti accuse. Scrive nel 1753 la tragicommedia La peruviana, e nello stesso anno esce in quattro volumi una raccolta delle Opere drammatiche giocose (Venezia, Tevernin). Scrive tragicommedie di carattere storico come il Terenzio e il Torquato Tasso. Successo del Filosofo di campagna, con musiche di Galuppi.

1755-59
Mentre si accende la polemica con il Chiari, Goldoni scrive commedie in dialetto veneziano: Le Massere, Le donne de casa soa, Il campiello. Nel ’57 Carlo Gozzi lo attacca con un poemetto in ottava rima, La Tartana degl’influssi per l’anno bisestile 1756, al quale Goldoni risponderà “per le rime” con La tavola rotonda (1758). Sempre nel ’57 esce il primo volume del Nuovo teatro comico dell’Avvocato Carlo Goldoni (Venezia, Pitteri) che raccoglie in dieci volumi la produzione eseguita per il San Luca. Soggiorna in varie città: Bologna, Parma, Roma.

1760-62
Torna a Venezia, dove vanno in scena alcuni dei suoi lavori più importanti: Gl’innamorati, I rusteghi, Un curioso accidente, La casa nova, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte. Nella “Gazzetta veneta” del 12 luglio 1760 compare un elogio pubblico di Goldoni firmato da Voltaire. Nel ’61 va in scena la fiaba teatrale di Carlo Gozzi L’amore delle tre melarance, che contiene una parodia del teatro goldoniano.

1762-93
Nell’aprile del 1762 con la moglie e il nipote Antonio lascia Venezia per Parigi. Il trentennio francese, trascorso tra Parigi e Versailles, sarà un periodo difficile e magro di soddisfazioni per il Goldoni. Torturato dagli acciacchi della vecchiaia, di fatto abbandona il teatro. Si spegne serenamente il 6 febbraio 1793, dopo che il governo nato dalla Rivoluzione francese lo priva della pensione di corte concessagli da Luigi XV.

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