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Categoria: | Letteratura |
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Testo
Giacomo Leopardi
Vita
Nacque a Recanati nel 1798, piccola cittadina agli estremi dello Stato Pontificio, che in quel periodo viveva in un modo totalmente arretrato e chiuso rispetto all’Europa e alle sue innovazioni. Il leopardi viveva in questo ambiente ostile e per questo si sentiva sempre oppresso.
Proviene da una famiglia nobile, ma economicamente dissestata per la cattiva amministrazione del patrimonio, dovuta alla leggerezza e inesperienza del padre.
Alla salvezza del patrimonio ci pensò la madre del poeta, così non ebbe tempo di dedicarsi ai suoi figli. Il Leopardi ebbe un’infanzia infelice, molto triste e sofferta, la sua famiglia era assai assente nella sua vita. La madre, Adelaide Antici, figura gelidamente autoritaria, non gli dette mai confidenze e il padre letterato e storico, aveva una mentalità troppo conservatrice per capire le inquietudini del figlio tanto sensibile. Solo con i fratelli Carlo e Paolina riesce ad instaurare un rapporto.
Il poeta compì i primi studi sotto la guida del padre e da due precettori, poi per la precocità dell’ingegno fu ben presto in grado di studiare da solo, servendosi della ricca biblioteca del padre, dove trascorse, come scrisse poi al Giordani, “sette anni di studio matto e disperatissimo”, durante i quali si formò una vasta cultura, ma si rovinò la salute(abbassamento della vista e inclinazione della colonna vertebrale). Così dovette rallentare gli studi e per lui fu un grande dolore che incise molto sulla sua concezione della vita come delusione e amarezza.
In questi anni si allontanò dalla fede cristiana e aderì alla teorie materialistiche e meccaniciste che escludevano ogni prospettiva soprannaturale.
Opere e poetica
Scrisse molte opere, ma solo con la poesia riusciva ad esprimere i suoi sentimenti.
Tra il 1816 e il 1819 si verificavano le cosiddette conversioni leopardiane:
La conversione letteraria; passaggio alla poesia;
La conversione filosofica; passaggio dalla fede religiosa in cui era stato severamente educato da fanciullo;
La conversione politica; passaggio dalle idee reazionarie del padre alle idee liberali e democratiche.
In questa ultima conversione contribuì notevolmente l’amicizia di Pietro Giordani, con il quale il Leopardi ne rimase in contatto per conoscere la cultura del tempo.
Insofferente dell’ambiente in cui vive, nel 1819, ha il desiderio di evadere, uscire fuori Recanati, fece un infelice tentativo di fuga dalla casa paterna, ma venne subito fermato.
Così solo nel 1822 ottenne il permesso di recarsi a Roma. Qui però provò una profonda delusione per la meschinità degli uomini e le frivolezze delle donne.
L’ambiente culturale romano era dominato da un classicismo ormai superato. Si commosse solamente visitando la tomba del Tasso sul Granicolo.
Deluso ritornò a Recanati, perché dice che c’era maggiore felicità e vivacità.
Dal ritorno da questo viaggio nacque il suo celebre pessimismo, indirizzato inizialmente solo a se, come se tutte le avventure mirassero a lui.
Nel 1824 scrisse le operette morali, in cui immaginava un dialogo tra personaggi strani, e dove il suo pessimismo era generale, perché secondo lui ogni fascia di uomini è destinata a soffrire. Perciò non è per le sue sofferenze personali che il Leopardi si sfoga in modo pessimistico, ma è anzi un concetto ben più ampio.
In seguito si trasferì prima a Bologna, poi a Firenze ed infine a Pisa. Proprio in questa ultima città, nel 1828, ritrovò l’ispirazione poetica e riprese a scrivere, dopo una parentesi di interrotto silenzio, scrisse “A Silvia”.
Peggiorate ancor di più le sue condizioni di salute, ritornò nella casa paterna, non avendo anche più soldi e nella primavera del 1830 definisce il periodo più brutto della sua esistenza. Ma proprio questo è il periodo in cui il Leopardi scrive le sue opere maggiori, come gli Idilli e i Sonetti.
Recanati era il luogo in cui il poeta amava e odiava contemporaneamente. Ma si sentì di nuovo, una volta a casa, chiuso, oppresso dall’ambiente familiare e della provincia, così gli amici vedendolo soffrire fanno una colletta.
Leopardi si allontanò definitivamente e andò a Firenze. Qui conobbe Antonio Ranieri, un giovane esule napoletano col quale strinse amicizia fraterna e i trasferì a Napoli.
Furono quelli degli anni dell’infelice amore verso Panny Torgiani Tozzetti, conosciuta anch’essa a Firenze.
Leopardi si invaghisce, pensa di aver trovato l’amore della sua vita, ma non è così, perché la donna non pensava minimamente al poeta. Questa amara delusione d’amore prostò ulteriormente il suo animo e lo portò a scrivere gli Idilli.
La sua salute degenera ulteriormente e a Napoli è assistito dal suo amico Ranieri e sua sorella Paolina, fino al 1837.
A Napoli scrisse “Ginestra” che unisce ai toni polemici un’esortazione agli uomini affinché si uniscono fraternamente contro l’ostilità della natura, del destino, dove l’uomo è costretto a soffrire.
ciao. è bellissimo l'Infinito