analisi del capitolo 9 dei promessi sposi

Materie:Tesina
Categoria:Letteratura
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Testo

Analisi del IX Capitolo dei Promessi Sposi

1) L’anonimo protesta espressamente, secondo Manzoni, di non voler svelare il nome di Monza, poiché, come all’introduzione del romanzo, decide che per degni rispetti di tacere i nomi di persone e di luoghi. Inoltre parla di un intrigo tenebroso: è il primo accenno delle fosche vicende che avverranno e del nuovo clima che sta penetrando nel romanzo.
2) Ancor prima che entri in scena , si hanno molte notizie di Gertrude, grazie alla descrizione del padre guardiano e del barrocciaio, i quali forniscono una prima immagine sfumata della signora, ovvero la monaca di Monza, poiché viene definita “una monaca, ma non una monaca come le altre.” Inoltre dalla premessa sulla reticenza dell’Anonimo si percepisce come la figura della signora sia misteriosa, avversa e allo stesso tempo amica, che abbia quindi, caratteri molto contrastanti, dovuti alla sua infanzia, essendo proveniente dalla costola d’Adamo, ovvero da una nobiltà antichissima. Il discorso del barrocciaio, con molte immagini popolaresche, non solo fornisce una presentazione della signora che è un vero capolavoro, in quanto in poche frasi riassume tutti i caratteri contrastanti della donna, ma premette già il tipo di opera narrativa che vi sarà durante tutto questo soggiorno a Monza: il romanzo nero, colmo di mistero e di paure. Il padre guardiano, inoltre, annuncia il carattere da signora della monaca, mediante gli avvertimenti che dà a Lucia e alla madre Agnese: “è ben disposta con voi altre e vi può far del bene quanto volete. Ma siate umili e rispettose, rispondete con sincerità alle domande che le piacerà farvi..”. la figura di Gertrude sta andando ancor più delineandosi. Il Manzoni rivela sempre un’ abile strategia nel preparare per gradi il ritratto di un personaggio importante come la signora. Infine implicitamente nel verso “interrogazioni pressanti della fattoressa” entra inconfondibile sulla scena la figura di una donna curiosa e inquisitrice.
3) Nel parlatorio la monaca viene descritta assai accuratamente soprattutto nei caratteri fisici, che lasciano premere sempre più le note di un dramma interiore, che sembra incalzare su quella bellezza sbattuta, sfiorita e scomposta. Questo, quindi, è un primo preludio del carattere del personaggio nel parlatorio. Vi è inoltre un gioco di colori basato sul bianco e il nero, che determina un contrasto evidente anche nell’ aspetto esteriore della donna. Durante la descrizione il Manzoni si sofferma particolarmente sugli occhi, poiché sono essi coloro che meglio rivelano il mondo interiore di una persona.: essi chiedono pietà, affetto, corrispondenza, probabilmente per il suo oscuro passato; altre volte si poteva scorgere un odio, rammendabile sempre al suo passato. Anche nel vestire c’era qualcosa di strano, che a prima vista forse non si poteva notare, ma alcuni piccoli particolari forniscono il carattere negletto, rivoluzionario della donna. L’ultimo tocco del ritratto è di quelli che restano più impressi, poiché dall’osservazione successiva della “regola” induce a riflettere più a lungo su quel segno di “dimenticanza” o “disprezzo” e richiama alla mente l’immagine della cerimonia di rivestimento di una suora e di conseguenza anche l’intimo motivo del dramma di Gertrude. Proprio in questo tragico afflusso di note dolenti e sentimenti contrastanti – dall’orgoglio alla pietà, dall’odio al timore- e nel loro balenare dagli sparsi ritocchi dell’aspetto fisico e dell’abito della monaca, risiede la superba bellezza di questo ritratto, che trasmette lo stravolgimento interiore, la debolezza d’animo e il disordine spirituale di Gertrude.
4) La famiglia di Gertrude dà alla figlia un’educazione impostata u due linee contrastanti. La prima è quella che riguarda ciò che diverrà nel futuro ovvero una monaca, quindi anche le cose, gli oggetti più semplici, come i regali, sono indirizzati o comunque riguardano la vita monacale. Quindi veniva dotta all’obbedienza, allo studio, tant’è che all’età di sei anni entrò in convento per avere un’educazione ancora più impostata sulla vita monacale. La seconda linea, i contrasto netto con la prima, riguardava sempre il futuro della fanciulla, ovvero il diventare badessa, e quindi comandare e dare ordini alle altre monache: questo voleva dire non osservare rigorosamente tutte le regole imposte poiché lei sarebbe stato il fulcro di quella comunità: indi per cui si crea un carattere controverso, poiché la bambina viene istruita all’obbedienza, ma allo stesso tempo al comando su gli altri.
5) L’educazione in convento suscita in Gertrude sentimenti contrapposti. Il condizionamento psicologico instaurato dai genitori provoca reazioni della ragazza, la quale per un primo periodo è felice della vita in convento, poiché si sente privilegiata,e crede di suscitare l’invidia delle compagne, le quali, però, non hanno alcun motivo di rancore nei suoi confronti, anzi, sono ben compiaciute di poter pensare ai banchetti e alle feste piuttosto che stare rinchiuse in un convento a studiare e pregare per tutta la vita. Così, venuta a sapere ciò che provavano le sue amiche, ecco il sentimento opposto comparire nell’animo di Gertrude: lasciare il convento per poter godere dei piaceri della vita. Da qui ha inizio la travagliata vicenda che porterà la monaca ad avere una tempesta sempre accesa nel suo cuore di sentimenti contrastanti.
6) Dopo otto anni chiusa nel convento Gertrude si reca a casa per un ultimo mese,prima di tornare nella sua vera dimora e diventare monaca a tutti gli effetti. Nel suo animo si promette di esser ubbidiente e, progettando già di non tornar mai più fra le mura del monastero, dura, umile, rispettosa, ma non dirà mai di si al ritorno in convento. Si aspettava che i suoi familiari l’avrebbero incitata, forzata e convinta, ma, al contrario, ricevette un altro tipo di accoglienza: venne trattata come una rea,un’ indegna. La famiglia diviene la sede e lo strumento più opprimente della violenza nei confronti della giovane, perché in quella casa domina il principe padre con la sua volontà assoluta: come un tiranno antico, o un sovrano nelle monarchie assolute. Gertrude fu abbandonata, solo poche ore al giorno poteva vedere i familiari, era completamene lasciata sola, e il desiderio della futura monaca di trovare un po’ di amore viene spezzato dal silenzio della sua famiglia. Quindi la figura della ragazza viene vista quasi come un torto ai pareti, poiché era costretta a tirarsi sempre indietro, a rifiutare qualsiasi segno di benevolenza.
7) Gertrude si accorse poco a poco che un paggio la guardava diversamente da tutti gli altri, la fissava con un ‘aria benevola, era, in altre parole, quasi innamorato della giovane, la quale, accortasene, scrisse una lettera probabilmente indirizzata al paggio, dove esprimeva i proprio sentimenti. Purtroppo le ancelle la videro metter via quel pezzo di carta e glielo ritirarono, consegnandolo di seguito al padre. Quest’ultimo infuriato si diresse dalla figlia e l’ammonì severamente, licenziando poi il paggio, orinandogli, per mezzo di due sonori schiaffi, di non dire mai a nessuno questa storia. Questo episodi suscita Gertrude una spinta al cambiamento, ma quando poi viene scoperta, non può far altro che rassegnarsi, poiché questa volta è il padre dalla parte della ragione (o almeno pretende di esserlo): è lui l’offeso e quindi questa volta il castigo alla figlia può darlo senza scrupolo e apertamente. Da questo avvenimento, quindi, la giovane abbandona qualsiasi idea di scappare o di fuggire dal convento, in quanto sa di esser vista malevolmente da tutti i suoi conoscenti, e l’unica cosa che resta da fare è chiedere perdono al padre, accettando il suo triste destino. Gertrude, quindi, è incapace di modificare anche solo di poco la sua malvagia condanna subita già da bambina, imposta dal principe padre fin dal giorno della sua nascita.
8) Anche in questo capitolo sono frequenti gli interventi espliciti del narratore. In primo luogo vi è quello nel quale Manzoni spiega la reticenza dell’autore precedente e l’ipotesi della città di Monza, che inizia con: “Il nostro autore non descrive quel viaggio notturno, tace il nome…”. Poi un altro intervento comincia con: “Convien poi dire che il nostro buon Cristoforo avesse…” in questo inciso Manzoni vuole precisare come Agnese e Lucia sino state raccomandate e quindi come il loro alloggio presso il monastero sarebbe stato sicuro, siccome alle volte il padre guardiano aveva atti d’indignazione. Inoltre vi è un’informazione tra parentesi che precisa come Gertrude fosse considerata una signora all’interno del convento, tant’è che aveva due converse private: “Due di queste erano, per una distinzione singolare, assegnate al suo servizio privato”. L’ultimo intervento dell’autore inizia con “e i suoi discorsi divennero a poco a poco cos’ strani che…” da qui inizia il racconto dell’infanzia di Gertrude e di tutta la sua storia fino all’arrivo in convento praticamente, e il Manzoni racconta sempre i fatti annotando qualche volta con aggettivi appropriati il suo punto di vista: egli non è contro La Chiesa, ma egli punta il dito contro non il clero, ma quei potenti laici, quei nobili, che, attraverso l'usanza di mandare in convento figli cadetti, si servivano indegnamente del clero come di un mero strumento al loro potere. E davano alla Chiesa non già anime disposte a servirla, ma uomini e donne asserviti a ogni passione della terra, e soprattutto intrisi di orgoglio, che è la prima negazione delle virtù cristiane.
9) Significato di:
Protesta espressamente: si riferisce all’ autore che non vuole svelare i nomi del paese in cui le due donne, cioè Lucia e Agnese erano state mandate da padre Cristoforo.
Lasciarlo nella penna: non scriverlo, non renderlo noto o comunque non metterlo per iscritto, poiché “verba volant, scripta manent!”
Gente grande: di grande prestigio, nota a tutti per il suo potere sulla città e sul popolo. Si tratta della famiglia di Gertrude.
Come il diavolo l’acqua santa: questo è un paragone che indica l’assoluto contrasto come il bianco e il nero riscontrati nelle vesti di Lucia.
Per una distinzione singolare: si riferisce alla differenziazione di Gertrude sulle altre monache, tant’è che lei stessa aveva due converse a suo servizio privato.
Contrarsi tra i più doviziosi: il padre di Gertrude, che poteva ben stare e stimarsi poiché stava con i più ricchi della città.
Il sentimento d’una necessità fatale: il sentimento di una necessità che incombe, che deve esser portata a termine.
Avevano …il mestolo in mano: avevano il poter in mano, in questa metafora come il cuoco ha il mestolo, ovvero comanda.
Deplorabili guerricciole: piccoli bisticci, quasi delle piccole guerre, che rivelano alla fine essere deplorabili.
Minacciata in enimma: Gertrude fu minacciata dal padre che la intimava di una punizione segreta, a cui pensava la ragazza mentre a uno a uno i suoi pensieri e le su angosce le tornavano alla mente.
15) Il barcaiolo e il barrocciaio rifiutano le ricompense che Renzo cerca di dargli, poiché, scrive Manzoni, “Renzo tentò pure di dargli ricevere qualche danaro; ma quello, al pari del barcaiolo, aveva di mira un’altra ricompensa, più lontana, ma più abbondante: ritirò le mani anche lui,e, come fuggendo, corse a governare la bestia.” La figura del barcaiolo e quella del barrocciaio risentono dell’alone di padre Cristoforo. Ambedue hanno un'altra ricompensa, più lontana e abbondante. Sul piano umano e su quello artistico si può dire che queste due figura miti e serene, da un lato continuano l’opera confortatrice del cappuccino, dall’altro aiutano i nostri tre fuggitivi, ma anche il lettore, ad entrare senza bruschi contrasti in quel mondo di terrore e di intrighi che ben presto dovranno conoscere
16) Il padre guardiano presenta diversi aspetti che delineano una figura cordiale. Già dall’esclamazione “Oh!Fra Cristoforo!” si mette in risalto il suo carattere aperto, dovuto alla spontaneità con cui richiama alla mente l’affettuoso ricordo del cappuccino. Come ogni frate del seicento, in tanto disordine morale, egli costituiva una parte della lega dei cappuccini a difesa dei poveri e degli oppressi. Naturalmente, poi, siccome anch’egli è un uomo, a volte era propenso più a custodir i suoi privilegi che a ricordar la sua missione. Egli rimane nella memoria per la frase: “con una bella giovine…con donne voglio dire”. Ad uomo di cuore gioviale e dal carattere arguto e disinvolto, si può perdonare questa frase, sfuggita così spontaneamente. Forse, però, in questa battuta si può trovare qualcosa di più bello e nobile: e cioè che di proposito il padre guardiano abbia voluto fare un complimento alle due poverette,di cui conosce ormai le tante pene, per riportare(e alla fine ci riuscirà) un sorriso in quei cuori disfatti. Egli dunque rimane sempre una figura obbediente, rispettosa delle regole, come si nota nell’incontro con Gertrude, ma allo stesso tempo conserva quella bontà d’animo tipica dei frati che riesce a rasserenare almeno in parte le due donne e a creare un clima mite e quasi piacevole prima dell’incontro con la monaca.
17) Nel capitolo vi sono momenti in cui Lucia e Gertrude arrossiscono, la prima a compiere questa involontaria azione è la giovane promessa in sposa a Renzo, che all’udir le parole del padre guardiano “bella giovine” arrossisce perché imbarazzata, poiché lei è una ragazza “all’antica” ovvero esprime spesso le sue emozioni attraverso il volto, ma soprattutto è molto vulnerabile, quindi anche un complimento può bastare per suscitare dentro di lei uno scompiglio generale. Successivamente Lucia arrossisce appena si accenna al suo caso, sempre per gli stessi motivi del caso precedente, in particolare non vorrebbe in questo momento svelare ad una sconosciuta le sue vicende, quindi arrossisce e abbassa la testa per non mostrasi agli occhi di Gertrude. L’imbarazzo della monaca, dovuto sempre alle parole dette dal padre guardiano “sono pericoli che all’orecchie purissime della reverenda madre devon esser appena leggermente accennati…” è ben diverso da quello di Lucia, poiché, dice Manzoni, “una rapida espressione di dispetto che accompagnava quel rossore”; dunque quello è un rossore di dispetto, per esser stata colta in fallo per imprudenza,; ha quindi ben poco a che vedere col rossore di Lucia,che è soltanto di verecondia.
18) Gertrude chiede a Lucia se veramente questo cavaliere era un persecutore odioso. Forse la monaca pone questa domanda alla giovane perché a lei, ormai travolta dalla lussuria, sembra impossibile che un “cavaliere” possa apparire un “persecutore odioso” ad una ragazza, e, per di più, una contadinella. La consuetudine della colpa ha tolto a Gertrude anche il ritegno della parola, sicché Lucia intuisce appieno il senso del discorso e, scoprendo quella “cert’aria di dubbio maligno”, non può né sa rispondere. I motivi per cui Lucia respingeva don Rodrigo, la monaca non li avrebbe neppure capiti.
19) Agnese interviene nel colloquio con la monaca; le sue parole confermano le caratteristiche della sua personalità e del suo modo di parlare, che in lei è quasi un arte. Infatti è piacevole sentire la prontezza nella difesa della figlia e del genero e la schiettezza intorno a certi “religiosi”. Inoltre dopo l’interruzione violenta ed iracondia di Gertrude, che appare esagerata, dovuta probabilmente ad uno sfogo improvviso, Agnese appare mortificata, e nell’occhiata che dà alla figlia vi è un suo sfogo personale, ovvero “vedi che mi tocca , per esser tu tanto impicciata”. così Lucia prende le redini del discorso e parla con la monaca, e questo atto è ben gradito dalla povera madre che deve patire assieme alla figlia un tenebroso destino.
20) il principe padre di Gertrude è un personaggio cupamente monocorde, totalmente animato dall'orgoglio della casata, incapace di qualunque sentimento ispirato ad un'autentica umanità, "assoluto" nel portare a termine il proprio criminale disegno di sacrificare la figlia, piegato egli stesso nella servitù al mito del suo potere, schiavo di esso più di quanto gli altri mostrino di riverirlo e servirlo. Della vita non coglie nessun elemento positivo, piacevole, e vive come un gretto miserabile burocrate, ministro della sua dignità. Figura spietata, proprio perché totalmente priva di una qualunque luce, di qualunque dubbio. Egli è affiancato dalla moglie e dal principino primogenito, che assecondano il suo disegno senza altra motivazione che quella di un volgare interesse personale. Altrettanto asservito il coro dei servi, tutti obbligati ad ossequiare la volontà del padrone. Questa situazione cupa e terribile, solo apparentemente sfarzosa, di totale asservimento (e il principale - ricordiamolo - è quello del Principe padre verso se stesso), è poi simmetricamente presente anche nel convento, con la madre badessa, le monche faccendiere, le quali si prestano senza minima esitazione a questa terribile ingiustizia, di accogliere dentro il convento contro la sua volontà la giovane Gertrude. In realtà tutte sono superficiali, incapaci di un'autentica coscienza, che avrebbe loro consentito di percepire il delitto tremendo di questa coartazione.

Esempio



  


  1. marina

    Analisi della novella Canta l'epistola di Pirandello