Materie: | Appunti |
Categoria: | Letteratura |
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Data: | 15.02.2001 |
Numero di pagine: | 2 |
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IL CANDELAIO DI GIORDANO BRUNO
Il Candelaio è l’unica opera puramente letteraria di Giordano Bruno. È una commedia in cinque atti, preceduta da ben sette parti introduttive, pubblicata nel 1582 ma concepita nel 1576. È impossibile riassumere la trama complicatissima, poiché essa manca di una struttura tradizionale. L’opera è una satira corrosiva sulla pedanteria e sulle passioni che affievoliscono o sconvolgono la ragione umana. Ne sono protagonisti l’“insipido amante” Bonifacio, perso in svenevoli sogni d’amore; il “sordido avaro” Bartolomeo, che insegue l’illusione dell’alchimia di trasmutare il metallo in oro; il “goffo pedante” Manfurio, che obbedisce rigidamente alle regole della grammatica e della retorica e per questo è vittima di scherzi e raggiri continui. Un quarto personaggio, il pittore Giovan Bernardo, riflette il pensiero dell’autore.
La forza che dispone e muove l’intreccio degli eventi è la fortuna, stravagante e volubile. Essa si sbizzarrisce a suo piacere e senza che l’uomo possa opporvisi; tanto vale dunque godersela e afferrare ciò che casualmente ci offre, cercando tuttavia di capirne i meccanismi, per apprezzare e cogliere il meglio della vita.
L’autore ha una dichiarata avversione per il mondo accademico e per norme che giudica false, e mette in risalto la sua estraneità ad esse con un atteggiamento trasgressivo, che traspare fin dal sottotitolo beffardo: Comedia del Bruno Nolano, Achademico di nulla Academia, detto il fastidito.
Lo stile è aspro e incalzante, volutamente contrario alle regole; vi ricorrono echi mitologici e classici ed anche richiami alla cultura contemporanea, ma gli uni e gli altri appaiono svuotati da un uso irriverente e derisorio. Il ricorso ad un petrarchismo di maniera copre di ridicolo l’innamorato sciocco; la prosa libresca e il latino letterario e pedante di Manfurio, infine, si risolvono in una satira contro i classicisti. La vivacità dell’opera deriva in larga misura da una sintassi frantumata e dal lessico d’invenzione, che accosta vocaboli letterari, fuori moda o stravaganti, ad un gergo plebeo, ricco di termini dialettali e sovente osceno.
Alcuni elementi lasciano presagire il gusto barocco; tra questi, ad esempio, vi è la tendenza all’uso insistito delle figure retoriche, in particolare dell’allitterazione, con cui si ottengono singolari effetti fonetici e suggestivi giochi linguistici attraverso la successione ravvicinata di suoni simili o uguali.