"A Silvia" di Giacomo Leopardi: parafrasi

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Testo

Giacomo Leopardi “A Silvia”

PARAFRASI

Il poeta si rivolge a Silvia, ormai morta, per chiederle se ricorda quando, ridente e splendida, si affacciava a superare la soglia della gioventù; egli ricorda la primavera e i suoni della casa animata dalla sua presenza e interrompendo qualche volta gli studi ogni tanto “porgeva le orecchie” al suono della sua voce; poi il poeta descrive la primavera come metafora di un’epoca felice, spensierata e sognante. Leopardi ricorda, con una nostalgia acerba e sconsolata, le sue speranze e si rivolge, ormai desolato alla natura, chiedendole il motivo della sua indole crudele e ingannatrice. Nella V strofa esprime, con una serie di negazioni, una malattia che gli ha portato via i giorni più felici della sua giovinezza, la sua gioia, il suo amore. Infine dice che con la morte di Silvia morì anche la speranza e pone a questa una serie di domande retoriche, sovrapponendo la figura di Silvia alla speranza, caduta nella morte.

ANALISI

In questa poesia ci sono delle metafore ed esse sono:
• il limitare di gioventù salivi: vuole esprimere che Silvia stava per oltrepassare la soglia che immette nella giovinezza;
• perché di tanto inganni i tuoi figli: qui Leopardi, rivolgendosi alla natura, le domande perché fa vedere negli occhi degli uomini un futuro felice e poi toglie anche l’amore;
• il fior degli anni tuoi: è la giovinezza di Silvia;
• mia lacrimata speme: il poeta versa tante lacrime alla compagna per le sue sofferenze e per la sua morte prematura;
• la fredda morte ed una tomba ignuda mostravi la lontano: si riferisce alla morte che è l’unica conclusione dell’esistenza e alla tomba che è spoglia di ogni speranza.
Silvia è rappresentata nel fiorire della sua giovinezza in primavera, invece la sua morte in inverno. Il rapporto con la vita della fanciulla con il valore metaforico della stagione della giovinezza e di quella della morte è che nella prima rispecchia il tempo di speranze e di gioie, invece nella seconda le delusioni e la morte. Nella lirica molti endecasillabi risultano privi di cesure i quali sono nei versi: 2, 4, 10, 16, 18, 20, 22, 32, 35, 40, 41, 45, 46, 47, 54, 59 e 62 e ciò conferisce ai versi una fluida musicalità. Nel verso 57 l’elevato numero di cesure lo attribuisco al fatto che il poeta vuole mettere tali parole in evidenzia interrogando la natura così tanto desiderata e nello stesso tempo disprezzarla. In questa canzone la Natura manifesta un duplice aspetto e le componenti paesaggistiche che ispirano serenità e dolcezza sono nei versi da 23 a 25. Il paesaggio è delineato con pochi tocchi. Nei versi da 36 a 39, la Natura è considerata secondo il punto di vista filosofico perché per Leopardi la causa principale dell’infelicità umana era la natura stessa, matrigna crudele e indifferente che mette al mondo i suoi figli senza che questi lo vogliano, inseriti in un meccanismo di vita e di morte. Le accuse che vengono rivolte alla natura è il perché non mantiene le promesse fatte nel tempo della giovinezza e perché trae in inganno noi uomini. Il concetto di inganno alla natura è che ella induce noi uomini in errore, illudendoci.

Esempio