Michele Prisco

Materie:Appunti
Categoria:Letteratura Italiana
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Testo

Nella casa piena di quadri, cimeli e ricordi il grande silenzio è interrotto .soltanto dalla sua voce e dalla breve irruzione del piccolo Francesco. Michele Prisco il più autorevole scrittore napoletano si muove con cautela tra le testimonianze che gli ricordano i passaggi di tutta una vita; in contrasto con la voce pacata,gli occhi sottolineando le risposte, hanno la luce febbrile dell'irrequietezza. Dal suo primo libro ad oggi, ininterrottamente legato alla casa editrice Rizzoli, Michele Prisco ha pubblicato una ventina di romanzi, tanti racconti, migliaia di articoli per giornali che includono il “Corriere della sera” "Il Mattino’’ e "Oggi” per il quale è stato critico cinematografico per oltre dieci anni. Ha conquistato decine di premi tra i quali il Premio Strega, il Premio Viareggio, il Premio Napoli e con il suo ultimo romanzo “Il pellicano di pietra” il Premio Campiello.
Il Premio Campiello non conquistato ti ha provocato una delusione?
Anche se la mia partecipazione era stata segnalata da tanti giornali come una vittoria annunciata mi aspettavo di arrivare secondo dopo Enzo Bettiza meritatissimo primo premio. Invece sono arrivato terzo! E' stato portato al secondo posto Roberto Cotroneo con “Presto con fuoco”... Mi è rimasta quest’ombra... è come se qualche grande vecchio avesse avuto paura... In ogni caso ho vissuto molto sportivamente questa vicenda: alla mia età un premio in più o uno in meno non cambia molto. In compenso "Il pellicano di pietra" ha vinto il premio Viadana, che, se consiste in una targa all’autore, prevede un assegno di cinque milioni dati alla casa editrice perché compri copie del libro.
Da La provincia addormentata 1949) a Il pellicano di pietra (1996) hai sempre pubblicato con la Rizzoli costituendo un caso più unico che raro di fedeltà ad una casa editrice...
Infatti. Quando morì Moravia però fu scritto che era stato l’unico scrittore a pubblicare sempre con lo stesso editore (Bompiani) invece c’ero anch’io.
Quanto sono cambiate negli anni le case editici?
Sono molto cambiate. Una volta, come si usa dire, erano a dimensione umana, oggi sono piuttosto delle holding in cui nessuno sa quello che fa un altro. Ciascuno conosce soltanto il proprio compartimento. Ho addirittura il sospetto che non abbiano letto i miei libri senza parlare poi del mio passato, sconosciuto a più di un funzionario tant’è che quando per un articolo a tutta pagina sull”’Osservatore romano", è stato richiesto il mio curriculum, ha provocato molte sorprese per tutto quello che ho scritto finora... Oggi esiste il marketing che per me è deleterio. Le case editrici non sono più quelle di una volta, anche perché ci sono troppi premi che vogliono gestire come il vigile urbano il traffico: “Questo va di qua, quest’altro andrà di là e così via”. Per fortuna non è il caso della Rizzoli!
Qual'è il tuo rapporto con la tua casa editrice: sei sollecitato a scrivere o aspettano che tu proponga un libro?
Sono assolutamente libero. Non ho scadenze. Quando comincio a lavorare mi chiedono più o meno quando penso di essere pronto per poi stabilire il programma editoriale. Ho un editore che cura il libro, che non taglia né elimina, come è saltato fuori dalla recente polemica nel corso del convegno di Perugia dedicato a Grazia Chierchi che faceva l’editing per la Feltrinelli. Mi sembra giusto che venga fatto un lavoro formale di verifica e di controllo senza però intervenire sul testo come hanno dichiarato Fernando Carnon e Carmen Covito.
Chi stabilisce la copertina di un libro?
L’impianto, il tipo, la riproduzione vengono stabiliti dalla casa editrice dopo averla sottoposta all’autore. Per “Il pellicano di pietra” mi avevano mandato il bozzone con un'immagine poco adatta di un giardino fiorito che ho suggerito di cambiare con la riproduzione di un quadro che mi aveva molto colpito, visto in una mostra a Monaco di Baviera. I titoli invece li ho sempre decisi io .
Che tipo di autore pensi di essere?
Non mi sento nella napoletaneità né voglio esserlo. In questo senso, e l'ho sempre detto, non sono un narratore meridionale ma un meridionale narratore. Sono uno scrittore che lavora principalmente sulla psicologia dei personaggi, sempre di appartenenza borghese, prerogativa che finisce con l’escludere l’uso del dialetto. Ne “Il pellicano di pietra” la scelta di occuparmi di piccoli borghesi mi ha vietato lo scialo psicologico!
A che età hai cominciato a scivere?
A quattordici anni. Sono andato in primo liceo che ero ancora con la divisa di balilla mentre tutti avevano quella da avanguardisti. Poiché a Torre Annunziata non c’era il Liceo avrei potuto iscrivermi o al Plinio seniore a Castellammare o al Garibaldi a Napoli, invece nel frattempo mia sorella si era sposata ed era andata a vivere a Nocera Inferiore dove fui iscritto al Giambattista Vico. A tredici anni e mezzo ero talmente mingherlino, che mi chiamavano Prunilli, e avrei dovuto prendere quotidianamente da solo il treno. In un ambiente nuovo e senza compagni mi mettevo a scrivere romanzi più che racconti, e mai poesie che non ho mai scritto in tutta la vita. Mio fratello maggiore condivideva la mia passione mentre mio padre la considerava una specie di fuoco fatuo. A volte ho la sensazione di non averlo conosciuto bene mentre con mia madre sono stato molto legato.
Chi ha influenzato maggiormente la tua scrittura?
Nessun autore in particolare. Forse ha pesato la mia formazione culturale perché da ragazzo ho letto i grandi romanzieri della grande narrativa. La mia tematica è l’interiorità: né l’intimismo, né il crepuscolarismo. Ho sempre scelto personaggi che abbiano l’abitudine e l’attitudine a guardarsi dentro. Rifiuto però le etichette, tutte, soprattutto quella di scrittore borghese perché i borghesi che descrivo hanno una conflittualità ed una sensibilità ma non sono mai conservatori.
Questa attitudine verso il mondo interiore è rivolta anche a te stesso? Ti interroghi spesso?
Moltissimo. Una quindicina di giorni fa è venuto a trovarmi Andrea, un mio carissimo amico con il quale abbiamo ricordato il tempo della nostra giovinezza in cui... ci scuoiavamo come gatti! Vivendo in provincia con i miei coetanei percorrevamo il Corso decine di volte o facevamo notte alta discutendo senza pausa..
Da allora ti sei dato molte risposte?
Molte no. O meglio ho cercato di rispondere a tutte le domande ma molte sono rimaste in sospeso. Però ho imparato ad accettare la vita e a non aspettare la risposta né a chiedermela .
Sei più irrequieto di come appari?
Certamente. C’è sempre una soglia davanti alla quale bisogna fermalsi. Se fossi un regista dell’horror suggerirei di non passare oltre il limite perché ci potrebbero essere mostri che è preferibile non incontrare.
Come gli scheletri nell armadio?
Penso e spero di non avere conti in sospeso, se gli scheletri si riferiscono a qualche conto in sospeso, a qualcosa di irrisolto o di antipatico.
Quali sono le tue paure?
Posso sembrare presuntuoso ma e solo per una questione d’età che ti rispondo così: non ho più paura. Un tempo avrei sofferto per un libro andato male o frainteso, oggi sono solo amareggiato.
Quanto è cambiata la tua vita negli ultimi anni?
Tutto sommato nel costume l’uomo è rimasto lo stesso: è invece cambiata la qualità dell’uomo. Si sono perduti i valori che non sono stati sostituiti con altri. Sempre più spesso assistiamo ad una specie di diritto all’egoismo. Questo continuo sgomitare... forse perché la vita si è fatta più difficile. E' vero che le possibilità di sistemazione sono più complesse e si sono anche ridotte. I valori, per esempio l’amicizia, mi sembra un bene in via d'estinzione che, come alcuni animali e come alcuni fiori andrebbe protetta, la generosità si è ridotta. In questo senso la vita è molto cambiata e tante volte mi sono chiesto che cosa sia avvenuto. Non si può arrestare il progresso, sebbene l'industrializzazione del paese abbia portato l’avvento del consumismo. Ci siamo tutti abituati a vivere due metri al di là delle nostre possibilità e questa condizione ha scatenato l’insoddisfazione, la frustazione, la competitività, l’arroganza. Viviamo tutti con i nervi tesi e scoperti, gli esempi quotidiani sono tanti e persino banali, dalla fretta al semaforo alla violenza con cui si viene apostrofati nei toni più spiacevoli e volgari. E' scomparsa la tolleranza, al suo posto primeggiano la volgarità, la violenza e la corruzione .
E con questo quadro dove andremo a finire?
Non lo so.
Se le leggi fisiche valgono anche per gli uomini c’e quella per cui un corpo arrivato al fondo deve necessariamente risalire. Me lo auguro per le generazioni future. Purtroppo mancano i grandi esempi, si sono spente le grandi voci.

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