S. Agostino - Confessioni 1,13 provv

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Testo

CAPUT XIII

Quid autem erat causae, cur graecas litteras oderam, quibus puerulus imbuebar, ne nunc quidem mihi satis exploratum est. adamaveram enim latinas, non quas primi magistri, sed quas docent qui grammatici vocantur. nam illas primas, ubi legere et scribere et numerare discitur, non minus onerosas poenalesque habebam quam omnes graecas. unde tamen et hoc nisi de peccato et vanitate vitae, qua caro eram et spiritus ambulans et non revertens? nam utique meliores, quia certiores, erant primae illae litterae, quibus fiebat in me et factum est et habeo illud, ut et legam, si quid scriptum invenio, et scribam ipse, si quid volo, quam illae, quibus tenere cogebar Aeneae nescio cuius errores, oblitus errorum meorum, et plorare Didonem mortuam, quia se occidit ab amore, cum interea me ipsum in his a te morientemi, deus, vita mea, siccis oculisii ferrem miserrimus.

Ma qual era la causa per cui odiavo il greco, che da bambino mi inculcavano, non l’ho ben capito neppure oggi. Mi ero innamorato del latino, non quello che insegnano i primi maestri, ma quelli che sono chiamati grammaticiiii. Infatti quei primi rudimenti in cui si impara a leggere, scrivere e contare non mi sembravano meno pesanti e faticosi di tutto il greco. Ma da dove viene anche questo, se non dal peccato e dalla vanitа della vita, per cui ero carne e spirito passeggero che non tornaiv ? Infatti in ogni caso erano migliori, perchй piщ sicuri, quei primi studi per cui tuttora posseggo, dopo averlo acquisitov, il fondamento per leggere, se trovo qualcosa di scritto, e per scrivere io stesso qualcosa, se voglio, piuttosto che quelli per cui ero costretto a tenere a mente i vagabondaggi di un certo Enea, dimentico dei miei vagabondaggi, e a piangere Didone morta suicida per amore, mentre sopportavo miserevolmente a occhi asciutti io stesso che morivo tra queste vanitа lontano da te, dio, vita miavi.

i Come si nota dalle parole evidenziate nel testo, Agostino ricorda gli studi poetici condotti in gioventщ senza mai mancare di riferirli ai termini error e mors. Quasi costituissero un vagabondare dissoluto capace di portare alla morte dell’anima. A questi elementi di dispersione, che occupano varie righe e si caratterizzano con elementi indefiniti («Aenea nescio cuius errores»), Agostino contrappone la semplice unicitа di dio, unica e chiara fonte di vita («deus, vita mea»).
ii Il gioco scoperto di opposizioni che contrappone il tener a mente i vagabondaggi di Enea allo scordarsi i propri, e il piangere la morte di Didone al sopportare ad occhi asciutti la propria. Lo stile di Agostino si serve delle opposizioni per rendere il discorso chiaro, e ottenere una grande efficacia espressiva.
iii Attenzione, i grammatici non sono qui coloro che insegnano la grammatica, intesa come elementi basilari della lingua. I rudimenti grammaticali (che Agostino dice di odiare alla riga successiva) erano infatti impartiti dai magistri primi. Ai grammatici spettava invece l’insegnamento superiore, leggere e spiegare la grande poesia classica come l’Eneide. A questo insegnamento “avanzato” Agostino dice di esser stato particolarmente affezionato da piccolo, non all’altro. И importante capire questa distinzione, perchй altrimenti si rischia di fraintendere tutto il resto.
iv Da qui in avanti il corsivo indica una evidente citazione dalla scritture, in questo caso : Sal 78, 39.
v Letteralmente : «grazie alle quali si produceva in me, ed и stato completato, e possiedo ancora oggi quel fondamento e per leggere [...] e per scrivere...». Si noti qui lo stile immediato ed originale di Agostino, che si affida a membri brevi ed efficaci, pur inserendoli all’interno di un periodo di notevole ampiezza retorica. Le soluzioni espressive sono cosм chiare ed immediate che risulta quasi impossibile renderle in italiano.
vi Il periodo risulta un po’ faticoso se si vuole mantenere quanto piщ possibile la complessa struttura della frase di S.Agostino.
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Esempio