Roma una megalopoli

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Testo

ROMA: UNA MEGALOPOLI.
Immensa nella sua estensione, divisa in numerosi e affollati quartieri abitati da gente di ogni razza e lingua, Roma, capitale di uno sconfinato impero, era il centro di una vita intensa e caotica che si svolgeva però con ritmi e modo diversi nei tranquilli e spaziosi quartieri dove sorgevano le domus patrizie, o nei labirintici e chiassosi rioni popolari dove, per guadagnare spazio e offrire un ricovero alle migliaia di persone di recente inurbazione, impresari privi di scrupoli avevano costruito, con fragili supporti di legno, case (insulae) alte fino a sei piani collegate da vicoli stretti e bui. In questi isolati erano frequenti i crolli e gli incendi che mettevano continuamente a repentaglio la vita degli abitanti.
A questo si aggiungeva l’infernale rumore prodotto dalla tumultuosa vita che si svolgeva nei vicoli e dal traffico che in ogni ora del giorno o della notte provocava gravi incidenti.
Anche i Romani dunque, come racconta il poeta Ovidio, cercavano, nei giorni di festa, tranquillità e distensione in una serena scampagnata lungo le rive del Tevere o sognavano, come il poeta Marziale vissuto in un’insula, una vita semplice e serena in un fertile podere lontano da Roma.
La testimonianza di Orazio, ci ricorda d’altro canto che la vita in città poteva essere anche gradevole e a “misura d’uomo” a patto che si riuscisse a mantenere l’equilibrio interiore e ad assaporare le piccole gioie quotidiane.
Rimane tuttavia il fatto che personaggi dotati di un ingente patrimonio potevano permettersi il lusso di cercare tranquillità e distensione non in riva al Tevere, ma nelle villae di campagna che, come quella descritta da Plinio, erano dotate di ogni comodità, per offrire al signore la possibilità di trascorrere un piacevole soggiorno lontano dagli impegni pubblici e dalla frenetica vita di Roma.
GLI AUTORI:
Testimonianze caustiche ma vivide sulla vita quotidiana a Roma nel I secolo dell’impero ci sono giunte attraverso le Satire di D. Giunio Giovenale (I-II secolo d.C.) che, mentre presenta le varietà del panorama sociale nella brulicante metropoli, sfoga il suo profondo risentimento contro i personaggi più rappresentativi del costume romano che quotidianamente mortificano e dimenticano i valori e gli insegnamenti della tradizione nazionale.
Anche M. Valerio Marziale (I secolo d.C.), proveniente dalla Spagna e contemporaneo di Giovenale, testimonia attraverso i suoi Epigrammi il costume sociale del tempo, tratteggiando con chiaro intento comico- satirico una galleria di tipi e personaggi che rappresentano emblematicamente la realtà quotidiana di Roma nei suoi aspetti più vari e contraddittori.

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