Lo scandalo della Banca di Roma

Materie:Appunti
Categoria:Economia

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Testo

Lo scandalo della Banca di Roma

Nel 1888 la mancanza di denaro liquido, dovuta a imprudenti speculazioni, portò sull'orlo del collasso gli istituti bancari torinesi, salvati in extremis dall'intervento governativo. Vistose irregolarità e vere e proprie falsificazioni, operate con la duplicazione dei biglietti in circolazione coinvolsero anche le banche di emissione, autorizzate dallo Stato a stampare banconote. Il caso più clamoroso in questo senso fu lo scandalo della Banca romana (ex Banca dello Stato Pontificio), che portò alla caduta del governo Giolitti alla fine del 1893. (vedi sotto)
Nello stesso anno crollò il Credito mobiliare, seguito a breve distanza dalla Banca generale. Conseguenza di questo stato di caos finanziario fu il riordinamento del sistema di emissione, avviato da Giovanni Giolitti con l'istituzione della Banca d'Italia (agosto 1893), alla quale fu assegnata una funzione preminente nell'emissione monetaria (fino al 1926 una limitata facoltà in questo senso fu lasciata anche al Banco di Napoli e al Banco di Sicilia).

Dal 1894 la Banca d'Italia svolse il servizio di tesoreria dello Stato in tutto il Regno e fra il 1900 e il 1930 assunse i compiti di guida e di controllo del sistema creditizio tipici delle banche centrali dei paesi più progrediti, divenendo un importante elemento di stabilità nell'economia nazionale. Sul modello delle banche "miste" tedesche, che esercitavano sia il credito commerciale sia quello industriale e svolgevano un'opera di coordinamento tra le industrie e le banche locali, furono inoltre fondati a Milano la Banca commerciale italiana (1894) e il Credito Italiano (1895)

LO SCANDALO
Nel 1892 la Banca Romana, quella che nel passato era la Banca dello Stato Pontificio, era uno dei sei istituti autorizzati ad emettere biglietti a corso legale sui quali era fondato il sistema bancario italiano (altri Istituti di emissione erano: la Banca Nazionale del Regno d'Italia, la Banca Nazionale Toscana, il Banco di Napoli, il Banco di Sicilia) fu tra le prime ad approfittare dell'ondata di speculazione edilizia che attraversò Roma e altre città d'Italia tra il 1889 e il 1893.
A causa dei crediti eccessivi concessi all'industria edile della capitale la circolazione cartacea prodotta dalla Banca superò di 65 milioni il limite legale. Buona parte della circolazione eccedente (incluse banconote false per 40 milioni emesse in serie doppia) fu utilizzata per prestiti politici a deputati e ministri, tra i quali Crispi e Giolitti.
La commissione d'inchiesta nominata nel 1889, quando i primi fallimenti bancari di quell'anno lasciarono trapelare l'eccedenza della circolazione, attirò l'attenzione su questa e altre irregolarità (tra le altre fu accertato un ammanco di cassa pari a 9.000.000 di lire, coperto abusivamente mediante l'emissione di biglietti a vuoto). I risultati dell'inchiesta, che Crispi e Giolitti avevano voluto mantenere segreti adducendo la preoccupazione per eventuali gravi contraccolpi nel sistema creditizio, furono resi pubblici nel dicembre del 1892. La successiva inchiesta amministrativa condotta nel gennaio del 1893 portò all'arresto di autorevoli personaggi. Si concluse nel luglio 1894 con la clamorosa assoluzione degli imputati; i giudici per non coinvolgere figure di spicco del mondo politico, tra le quali Crispi, affermarono che nel corso dell'inchiesta erano stati sottratti documenti importanti.

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