Orazio

Materie:Appunti
Categoria:Latino

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Testo

VII Dove, dove vi precipitate sciagurati? Perché le destre afferrano le spade (appena) riposte? Forse è stato versato troppo poco sangue latino per terra e per mare, non perché i Romani bruciassero la rocca superba dell’invidiosa Cartagine o perché i Britanni non domati scendessero incatenati per la via Sacra, ma perché questa città andasse in rovina di propria mano secondi i desideri dei Parti? E giammai si comportano così i lupi e i leoni feroci se non nei confronti del differente. Li trascina una pazzia accesa che acceca, o una potenza troppo forte, o una colpa? Rispondete! Tacciono e un livido pallore sbianca i volti e le menti sgomente rimangono sbigottite. Questa è la situazione: un amaro destino e il delitto dell’uccisione del fratello spingono i Romani da quando il sangue di Remo innocente bagnò la terra per essere espiato dai discendenti.

9 Per caso me ne andavo per la via sacra, come è mia abitudine, pensando non so quali sciocchezze, tutto concentrato in quelle. Mi si presenta un tale noto soltanto di nome, e afferratami la mano, (disse): “Come va, carissimo?” “Bene, per ora” esclamo “e ti auguro ogni bene” Giacché non mi mollava “Vuoi forse qualcosa?” lo precedo. Ma lui dichiara: “Dovresti conoscermi, sono uomo di cultura”. A questo punto io rispondo “ Per questo conterai per me di più”. Io cercando disperatamente di allontanarmi ora camminavo più velocemente, ora mi fermavo, dicevo una qualunque cosa allo schiavetto all’orecchio, mentre il sudore scendeva fino ai calcagni, mi dicevo fra me e me “Beato te, o Boleno, per la tua testa calda”, mentre quello ciarlava di non so cosa, ed elogiava strade e città. Dal momento che non gli rispondevo, esclama: “Desideri disperatamente di andartene, l’ho notato da un pezzo, ma non c’è niente da fare continuerò a tenerti stretto; ti seguirò da qui ovunque tu debba andare”. “Non c’è alcun bisogno che tu faccia un giro così lungo: ho intenzione di far visita a un tale che tu non conosci: giace malato lontano oltre il Tevere, vicino ai giardini di Cesare”. “Non ho niente da fare e sono un tipo attivo: ti accompagnerò”. Abbasso le orecchie, come un somarello di cattivo umore, quando si carica sul dorso una soma un po’ troppo pesante. Lui attacca: “ se mi conoscerai bene, non stimerai di più come amico né Visco né Vario: infatti chi potrebbe scrivere versi più numerosi o più rapidamente di me? Chi potrebbe danzare più elegantemente? Canto cose che anche Ermogene potrebbe invidiare”. Questo era il momento di un’interruzione: “Hai tu una madre o un parente, a cui stia a cuore la tua salvezza?” “Non ho nessuno:li ho seppelliti tutti”. “Beati loro! Ora rimango io. Finiscimi; infatti incombe su di me un triste destino, che una vecchia indovina Sabina mi predisse da bambino scossa l’urna: costui non lo porterà via né il crudele veleno né la spada nemica, né la pleurite né la tisi né la gotta che rende lenti; un chiacchierone prima o poi lo sfiancherà: nel caso che sia saggio eviti le persone loquaci, non appena sarà diventato ragazzo. Si era giunti vicino al tempio di Vesta, ormai passata la IV parte del giorno e per caso proprio a quell’ora egli doveva presentarsi in giudizio avendo dato garanzia; se non lo avesse fatto doveva perdere la causa. “Se mi vuoi bene” disse “assistimi qui per un po’”. “Possa morire se ho la forza di stare in piedi o se sono esperto di diritto civile; e sto andando di fretta dove tu sai” Esclama: “Non so che fare, se lasciare te o la causa”. “Me, ti prego” “Non lo farò” lui, e inizia a camminarmi davanti. A mia volta io per parte mia lo seguo, dal momento che è duro lottare con un vincitore. “Come vanno le cose con Mecenate?” riattacca da qui; “è un uomo di pochi amici e di intelligenza saldissima; nessuno ha approfittato più abilmente della sorte. Avresti un valido aiutante che potrebbe recitare la parte secondaria se tu volessi presentare / raccomandare quest’uomo: mi venga un accidente se non li avresti tolti tutti di mezzo”. “Colà non viviamo in codesto modo come tu credi; nessuna cosa è più pura di questa né più estranea a questi mali; non mi dà nessun fastidio” esclamo “uno per il fatto che è più ricco o più colto (di me); ciascuno ha il proprio posto”. “Ma che gran cosa mi dici, a stento credibile”. “Eppure è proprio così” “Tu mi infiammi a voler essergli ancor più vicino” “Dato il tuo volere purché tu lo voglia lo espugnerai, del resto egli è uno che può essere vinto e per questo è difficile nei primi approcci” “Non verrò meno a me stesso, corromperò con doni gli schiavi, non mi scoraggerò se oggi sarà rimasto fuori, cercherò le occasioni favorevoli; mi presenterò davanti a lui agli incroci, lo scorterò. Agli uomini la vita non ha concesso niente senza grande fatica”. Mentre sproloquia così ecco che si presenta Fusco Aristio un mio amico e uno che lo conosceva bene. Ci fermiamo “Da dove arrivi? Dove vai?” chiede e risponde. Incomincio a tirarlo per la toga e incominciai ad afferrare con la mano le sue braccia assolutamente ferme, facendo cenni col corpo, storcendo gli occhi perché mi portasse via da lì. Ecco quello spiritoso fuori luogo far finta di niente sogghignando: ecco la bile bruciare il mio fegato. “Dicevi di volermi parlare di non so che in privato”. “Lo ricordo bene, ma te lo dirò in un momento più opportuno: oggi è il trentesimo sabato: tu vorresti forse offendere gli ebrei circoncisi?”. “Non ho alcuno scrupolo religioso” esclamo “Ma io sì, sono un po’ troppo debole: uno dei tanti: mi perdonerai: ti parlerò un’altra volta” Un sole così nero doveva sorgere su di me oggi! Il disgraziato si allontana e mi lascia lì al sacrificio. Per caso gli si fa incontro la controparte e a gran voce esclama: “Dove te ne vai tu vergognosamente?” “Posso prenderti come testimone?” Ma io gli offro l’orecchio. Lo trascina in tribunale: grida da entrambe le parti: accorrere di genti da tutte le parti. Così Apollo mi ha salvato

I O Mecenate nato da una stirpe di re, difesa e dolce mio onore, ci sono persone a cui importa mietere successi sportivi, e la meta evitata con le ruote infuocate e la nobile palma li innalza fino agli Dei, signori della terra; a questo piace, se la massa dei volubili quiriti fa a gara ad innalzar(lo) alle triplici magistrature; a quello piace, se accumula nel proprio granaio tutto il grano che si raccoglie dalle aie dell’Africa. Non si potrebbe mai distogliere neppure con i mezzi da Attalo chi gode a sarchiare i campi paterni così che pauroso marinaio solchi il mare di Mirto con un legno di Cipro. A sua volta il mercante mentre teme l’Africo in lotta con le onde Icarie rimpiange l’ozio e i campi della sua città. subito dopo ripara le navi distrutte, incapaci di sopportare la povertà. C’è chi non disprezza bicchieri di Massico invecchiato né (disprezza) di sottrarre una parte alla giornata di lavoro, ora sdraiato le membra sotto un corbezzolo rigoglioso, ora (sdraiato) accanto alla sorgente mormorante di un corso d’acqua sacro. A molti piacciono l’accampamento e il suono della tromba mescolato a quello della cornetta e le guerre odiose dalle madri. Il cacciatore sta immobile sotto un cielo gelido, dimentico della giovane sposa, sia che sia stata avvistata dai cani fedeli una cerva sia che un cinghiale Marso abbia spezzato le reti ritorte. Ma l’edera premio per le fronti degli uomini colti unisce agli dei superi, me il fresco boschetto e le danze leggiadre delle ninfe coi Satiri separano dalla massa, se Euterpe non fa tacere i flauti e Polimnia non rifiuta di far risuonare la cetra di Lesbo. Se tu mi collocherai tra i poeti lirici, io toccherò le stelle con il capo levato verso l’alto.

4 Il pungente freddo invernale si scioglie al gradito ritorno dello Zefiro primaverile, e i rulli tirano (in mare) le navi asciutte, e il bestiame non gode + della stalla né l’oratore del fuoco, e i prati non biancheggiano (+) di candida brina. Già Venere Citerea guida le danze sotto la luna, e le Grazie leggiadre x mano alle Ninfe battono la terra ora con un piede ora con l’altro, mentre Vulcano affocato visita le faticose officine dei Ciclopi. Ora è bene circondare io corpo lucente di fresco mirto o dei fiori che le terre liberate fanno sbocciare; ora è bene anche fare sacrifici a Fauno negli ombrosi boschetti, sia che chieda che (si sacrifichi a lui)con una agnella, sia che preferisca con un capretto. La pallide Morte batte con piede imparziale alle stamberghe dei poveri e ai palazzi dei re. O Sestio felice, il breve insieme della vita ci impedisce di concepire una speranza a lungo termine. Ben presto peserà su di te la notte e i Mani mitici e la casa incorporea di Plutone: non appena tu vi entrerai non sorteggerai con i dadi il titolo di re dei banchetti e non contemplerai il bel Licida, x il quale ora tutta la gioventù brucia e ben presto le fanciulle si innamoreranno.

9 Tu vedi come il Soracte si erge candido per la neve spessa, e i boschi affaticati non reggono più il peso, e i fiumi si sono fermati per il grande gelo. Sciogli il freddo collocando in abbondanza sul focolare la legna e spilla più generosamente vino di 4 anni dall’anfora Sabina, o Taliarco: delega il resto agli dei. Non appena questi hanno bloccato i venti che lottano sul mare in tempesta, né i cipressi né i vecchi ontani si muovono (+). Non chiedere che cosa accadrà domani e considera guadagnato qualunque giorno la sorte (ti) darà, e non disprezzare tu che sei giovani le dolci avventure d’amore ne le danze, finché la lamentosa vecchiaia sta lontana da te che sei nel fiore degli anni. Ora si devono ricercare il campo Marzio e le piazze e i lievi sussurri al calor della notte all’ora stabilita, ora si cerchino dal fondo di un angolo la risata gradita, traditrice di una fanciulla che si nasconde e il pegno strappato alle braccia o al dito che finge di fare resistenza

11 Tu non chiedere, non è lecito sapere, quale fine gli dei abbiano assegnato a me, quale a te, o Leucone, e non interrogare la cabala Babilonese. Quanto è meglio, qualunque cosa sarà, accettarla sia che Giove ci abbia assegnato parecchi inverni, sia che (ci abbia assegnato) come ultimo quello che ora affatica il mar Tirreno contro le barriere delle scogliere. Sii saggia, filtra il vino, spunta una speranza troppo lunga poiché il tempo è breve Mentre stiamo parlando, il tempo invidioso sarà fuggito: cogli l’attimo, fidando il meno possibile nel domani

37 Ora bisogna bere, ora si deve battere la terra con piede libero, era ora che adesso ornassimo i cuscini degli dei con i cibi dei Salii, compagni. Prima non (era) lecito spillare il cecibo dalle cantine degli avi, finché la regina preparava folli rovine e una catastrofe per l’impero in combutta con un branco infetto di uomini macchiati dalla depravazione, sfrenato nell’aspirare a qualsiasi cosa e ubriaca della (sua) dolce sorte. Ma frenò la sua follia l’unica nave a stento superstite all’incendio e riportò a realistici timori la sua mente invasata dal vino Mereotico, Cesare incalzando con la flotta lei che fuggiva a volo dall’Italia, come lo sparviero (incalza) le timide colombe o il cacciatore (insegue) rapido una lepre nelle pianure della nevosa Tessaglia, per mettere in catene il mostro voluto dal fato; e lei aspirando a morire + nobilmente non temette, come solitamente le donne, la spada e non si rifugiò in spiagge nascoste con la rapida flotta; osò anche contemplare la reggia abbattuta con espressione tranquilla (osò) maneggiare terribili serpenti con coraggio, x bere fino in fondo col corpo il nero veleno, + fiera x la decisione di morire naturalmente x impedire alle crudeli Libarne di essere portata da donna privata al superbo trionfo (lei) una donna di nobile condizione.

Ode XIV:Ohimè Postumo, Postumo, gli anni scorrono via fuggendo e la devozione non porrà freno alle rughe e alla vecchiaia che
incalza e alla ineluttabile morte: neppure se tu cercassi di ingranziarti, o amico, l’implacabile Plutone con trecento tori per quanti passano
i giorni, che chiude\stringe Gerione tricorno e Tizio con o meste acque, o con la mesta palude, sicuramente tutti noi, tutti noi che ci
cibiamo del dono della terra, dovremo attraversarla, sia che siamo re o poveri contadini. Invano staremo lontani da Marte insanguinato
e dalle onde agitate del ruggente Adriatico, invano avremo paura ogni autunno ,dello scirocco, dannoso per il fisico\la salute: dovremo
visitare il nero Cocito che scorre tortuosamente con stanca corrente e la stirpe ignobile di Danao e l’Eolide Sisifo, condannato ad eterna
fatica: si dovrà lasciare la terra, la casa e l’amta sposa e nessuno degli alberi che tu coltivi seguirà te, padrone di breve durata, tranne gli
odiosi cipressi: un erede più meritevole(?) si scolerà le anfore di Cecubo conservato sotto cento chiavi e macchierà il pavimento di vino
prezioso, migliore di quello delle cene dei pontefici.

Libro III Ode I:Odio la massa dei non iniziati e me ne tengo lontano, tacete: io, sacerdote delle Muse canto carmina mai uditi prima
per le fanciulle e i ragazzi.Il potere dei terribili re si esercita sui propri popoli, sugli stessi re si esercita il potere di Giove, illustre per la
vittoria sui giganti, Giove che muove ogni cosa con un cenno (lett. Con il sopracciglio).Accade che un uomo disponga in filari le piante
più ampiamente di un altro, che uno più nobile si presenti in Campo Marzio come candidato, che un altro gli si opponga migliore per
comportamenti e fama, che un altro abbia un gruppo di clienti più numeroso: estrae a sorte in modo imparziale; un’ampia urna scuote
ogni nome. Per colui sulla cui empia nuca è sospesa la spada sguainata le prelibatezze simili non avranno un buon sapore, i canti delle
cetre non gli riporteranno il sonno: il sonno ristoratore predilige\ama le modeste abitazioni degli uomini dei campi, ama le valli non
scosse dagli Zefiri. Colui che sente il bisogno di ciò che basta non lo turba né il mare tempestoso ne l’assalto furioso di Arturo che
tramonta o del capretto che sorge, non lo turbano le vigne battute dalla grandine e il podere che mente quando gli alberi accusano ora le
piogge ora gli astri che uccidono i campi, ora i duri inverni. I pesci avvertono la contrazione delle distese marine per i macigni scagliati in
alto mare; lì l’appaltatore fa scendere senza sosta blocchi di cemento insieme agli schiavi, e fa calare insieme a loro il padrone che non
sopporta la terra: ma Timore e Angoscia vanno là dove va il padrone, e il nero affanno non scende dalla nave coperta di bronzo e sta in
sella dietro al cavaliere. Ebbene, se ne il marmo frigio, né l’uso di porpore più brillanti delle stelle, né il vino Falerno, né un unguento da
re di Persia fa star meglio chi soffre , perché dovrei costruire un atrio eccezionale per gli stipiti da far invidia e la novità del modo(=alla
moda)?Perché dovrei scambiare ricchezze più faticose con la mia valle Sabina?

Libro III Ode XXX:Ho eretto un monumento più duraturo del bronzo e più elevato della mole regale delle piramidi, che né la pioggia
vorace né l’acquilone sfrenato o l’infinita serie degli anni né la fuga delle stagioni potrebbero distruggere.Non morirò del tutto, e gran
parte di me scamperà a Libitina: io continuamente crescerò fresco\sempre nuovo, per la gloria dei posteri, finchè il pontefice salirà con
la silenziosa vestale sul Campidoglio. Si dirà dove l’Ofanto impetuoso rumoreggia e Dauno povero d’acqua regnò su un popolo di
agricoltori, che io divento grande da umile, per primo ho adottato la poesia eolica ai ritmi italici. Prenditi l’orgoglio ottenuto con i meriti
e benevola cingimi la chiome dell’alloro di Delfi.

Libro IV Ode VII:Si sono sciolte le nevi, tornano ormai le erbe nei campi e agli alberi le foglie, la terra muta il suo aspetto e i fiumi
ritirandosi abbandonano le rive; la Grazia, con le Ninfe e le sorelle gemelle osa guidare nuda le danze. L’anno e l’ora distante che
strappa il giorno che dà la vita, suggerisce di non sperare cose immortali: i freddi si attenuano al soffio di Zefiro, calpesta la primavera,
l’estate destinata a morire, non appena il fruttifero autunno avrà elargito i suoi doni e subito l’inverno senza vita ritorna.Tuttavia le lune
rapide riparano i danni del cielo.Noi quando precipitiamo dove il padre Enea, dove il ricco Tullo e Anco, siamo polvere e ombra. Chi
sa se gli dei superni aggiungono dei domani al tot dell’oggi?Tutto ciò che tu avrai concesso a te stesso, sfuggirà alle aride mani
dell’erede.Una volta che tu sarai tramontato e Minosse avrà espresso il giudizio per quanto bello su di te, non, o Torquato la tua
nobiltà, né la tua eloquenza,né la tua devozione ti riporteranno in vita, infatti né Diana riesce a liberare dalle tenebre degli inferi il pudico
Ippolito né Teseo è in grado di spezzare le catene del Lete all’amato Peritoo.
Libro I, Epistola XX:Libro, mi sembra che tu aneli a Vertumno e Giano, ovviamente per metterti in mostra, tirato a lucido dalla
pomice dei Sosii.Tu odi le chiavi e i lucchetti graditi a un modesto (libro);ti lamenti di essere mostrato a pochi ed elogi i luoghi pubblici,
tu che certo non sei stato allevato in questo modo. Evita il luogo nel quale smani di andare a finire, tu una volta uscito, non avrai
ritorno.”Che cosa ho fatto infelice? Che cosa ho voluto?”dirai, quando qualcosa ti ferirà, e sai che tu vieni buttato in un angolo, quando
l’amante sazio si annoia.Ma se l’indovino non sragiona per odio nei confronti del peccatore, a Roma tu rimarrai gradito finchè la
giovinezza non ti abbandonerà; quando incomincerai a sgualcirti palpeggiato dalle mani della massa, o darai da mangiare silenzioso alle
lente tarme, o ti rifugerai a Utica, o incatenato sarai mandato a Ilerda.Il consigliere non ascoltato riderà come quel tale che adirato
scaraventò sulle rocce l’asinello che non gli obbediva:chi infatti si affaticherebbe a salvare uno che non vuole?Anche questo ti aspetta,
cioè che la vecchiaia balbuziente ti colga mentre insegni ai bambini i primi rudimenti nei quartieri più periferici.Quando il sole ormai
tiepido avrà attirato a te molte orecchie tu dirai che io nato da un padre liberto e nato in una condizione modesta ho aperto le ali
alquanto lontane dal nido, così che quanto si toglie alla nascita lo si aggiunge ai meriti. Tu dirai che sono stato di corporatura minuta,
precocemente canuta, mutato dal sole, rapido ad adirarmi, tuttavia in modo da lasciarmi placare.Se per caso qualcuno ti chiederà la mia
età, sappia che ho completato quattro volte undici Dicembri nell’anno in cui Lollio ha preso come collega
Lepido.

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