Orazio

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Testo

Orazio
Satire
Dal 41 al 30 a.C. compose due libri di satire (che il poeta chiama Sermones) e successivamente gli Epodi da lui denominati Giambi.
Nelle satire l’autore parte dall’io per trattare temi generali. L’impostazione soggettiva non si trasforma in una registrazione di fatti personali, ma viene utilizzata come occasione per delle considerazioni di validità generale. Il suo impegno morale si esprime nella tendenza a spostare l’attenzione dagli individui ai comportamenti, perciò l’attacco personale non è mai rilevante e perde molta della sua importanza. Si occupa cioè non tanto dei viziosi quanto dei vizi di cui le singole persone forniscono esempi concreti.
Al tono moraleggiante si aggiunge la capacità di rappresentare in modo arguto e divertente la realtà con la descrizione di contenuti ed argomenti che riguardano la vita quotidiana.
La varietà dei contenuti viene espressa in due forme: la satira narrativa e la satira discorsiva.
La narrativa prende le mosse da un fatto, un aneddoto che viene raccontato in modo brillante con lo scopo di intrattenere il lettore. Ricordiamo il 1° libro con la satira n°5 “Il viaggio a Brindisi”, la n°9 “Il seccatore”, la n°7 “Un processo”, la n°8 “Una scena di stregoneria”….
La discorsiva non è fondata su un fatto ma svolge una serie di argomenti e di riflessioni in cui mescola contenuti seri con facezie…
Le satire di Orazio, specie le discorsive, presuppongono una base di concetti morali presi come termini di riferimento.
Il poeta stesso afferma la sua adesione all’Epicureismo e nelle sue opere è facile cogliere tracce di questa filosofia. Le idee ispiratrici delle satire non sono però esclusive di questa filosofia ma sono condivise da quasi tutte le correnti filosofiche. Sono principi designati dagli antichi con i termini greci: metriotes e autarkeia.
La metriotes (chiamata anche mesotes) che significa “senso della misura” stabiliva che la virtù consiste nel giusto mezzo (Aristotele), nell’equilibrio degli opposti. Tale regola è posta da Orazio alla base delle prime due satire del 1° libro e si esprime nel detto “Est modus in regus” (= c’è una misura in ogni cosa)
L’Autarkeia (= autosufficienza) consiste nella limitazione dei desideri per evitare i condizionamenti esterni che ci impediscono di raggiungere la libertà interiore. Questa concezione si esprime nelle satire con l’invito ad accontentarsi del proprio stato e di soddisfare nel modo più semplice le esigenze naturali. Autosufficienza e misura sono i due capisaldi su cui si sviluppa la riflessione di Orazio, dettata da una morale pratica e mirante a quell’armonia e serenità dell’animo che sono l’essenza della felicità.
Egli si presenta non come un saggio che assume l’atteggiamento del maestro, quanto come un individuo che cerca la verità anzitutto per se stesso.
A questi temi si aggiungono elementi autobiografici tratti soprattutto da tre momenti particolari: la fanciullezza ed adolescenza, i rapporti con Mecenate, la modesta serenità della vita quotidiana.
Nel 2° libro accentua la sua sorridente autoironia. Insiste spiritosamente sui propri difetti prendendo in giro il suo atteggiamento di persona esperta quale appare nel 1° libro.
Il livello linguistico e stilistico non è elevato. Il lessico ricorre a forme del linguaggio familiare ed a espressioni colloquiali (es. Si me amas)….viene creato uno stile medio, lontano dai generi sublimi ma anche dalla naturalezza trasandata della lingua parlata. L'andamento, apparentemente casuale di alcune satire, facile, semplice, è la conseguenza di un forte autocontrollo e di un’arte raffinata in cui domina il principio della “brevitas”, l’eliminazione cioè di tutto ciò che è superfluo ed un’accorta disposizione delle parole nella frase. E’ questa una particolare associazione di termini capace di creare effetti nuovi da materiali linguistici comuni che viene detta callida iundura.
Odi
Un altro momento importante della produzione è costituito dalla lirica. Essa comprende quattro libri di carmina, tre pubblicati nel 23a.C., il quarto dopo il 13a.C.
I modelli principali sono i lirici greci, in particolare Alceo e Saffo. Orazio guarda inoltre con grande ammirazione a Pindaro che considera irraggiungibile. Afferma che non può essere imitata la grande ispirazione di Pindaro. Si evidenzia così una duplice concezione della poesia: quella prodotta da doti naturali, da geniale ispirazione; quella frutto della tecnica e del labor limae. Orazio sceglie la seconda, seguendo l’accurata elaborazione propria degli alessandrini e dei neoterici.
I modelli sono anche punto di riferimento per la metrica: molte odi sono in strofe alcaiche o saffiche, non in metri pindarici. Conferisce quasi sempre ai suoi componimenti un’impostazione allocutiva: sono in genere rivolti ad un destinatario che può essere una figura reale o fittizia.
L’impianto discorsivo è spesso legato ad una situazione topica che inserisce il carme negli schemi tradizionali. Ad esempio la celebrazione della divinità segue la forma dell’inno; la situazione del banchetto segue i moduli del simposio. Il compianto per la morte di una persona cara ricorda l’epicedio.
Orazio scrive per un pubblico dotto che conosce i testi che lui imita o cita. Inserisce nei suoi carmi spunti tratti da Saffo, Alceo, Anacleonte, Pindaro usando la tecnica “dell’arte allusiva”, ma sempre rielaborando autonomamente.
Possiamo distinguere nelle odi alcuni filoni principali:
A) Il filone religioso che ben si adatta al “poeta-vate” (liricus vates), come lui si definiva. Il termine vates possiede una connotazione sacrale quasi come un’investitura divina (musarum sacerdos), tratta la religione (a prescindere dalle sue convinzioni filosofiche) nei modi consacrati dall’uso poetico. Di qui nella raccolta, inni, preghiere che in alcuni casi sono rivolti anche ad oggetti insoliti come ad esempio la fonte bandusia, un’anfora, la lira. Un caso particolare è costituito dal “carmen saeculare” che, unico dei carmi, ebbe una destinazione ufficiale.
B) Il filone erotico. I numerosi carmi non sono momenti di una sola storia d’amore ma si presentano come episodi compiuti; l’occasione e la situazione prevalgono sui personaggi. L’autore fornisce una serie di quadretti in cui le figure femminili vengono fissate nel breve attimo di un carme. Orazio, a differenza di Catullo, più che vivere la passione la contempla. Evita il coinvolgimento affettivo e tende al distacco usando la sua galante ironia.
C) Il filone conviviale è incentrato sul simposio, identificato con la cena romana. Le occasioni legate al banchetto offrono spunti per riflessioni gnomiche o moraleggianti, erotiche….
D) Il filone gnomico. È la parte centrale delle odi. Ruotano attorno al nucleo tematico fondamentale: la coscienza dell’incertezza del futuro, della brevità della vita. È un’idea sentita profondamente dal poeta che la ripropone ripetutamente. Le vicende positive spingono il poeta a ricordare come i fatti umani si alternino ed a rivolgere l’invito a sopportare le avversità. Le vicende negative conducono alla constatazione dell’ineluttabilità della morte e della necessità di godere pienamente della brevità della vita (carpe diem) che non è un superficiale invito all’edonismo, spesso inteso in modo volgare, ma il consiglio a cercare la felicità, secondo la morale epicurea, nel presente e non in un futuro inaffidabile. Ritroviamo nelle odi i principi ispiratori delle satire: l’autosufficienza e la misura. Quest’ultima trova una formulazione divenuta proverbiale: “aurea mediocritas = aurea misura…”
E) Il filone della poesia civile. Orazio non partecipa attivamente alla vita politica, ma ne è un semplice spettatore. Spesso si rivolge ai romani come “vates” ed investito da tale autorità, egli può esortarli o ammirarli. Nasce così una poesia civile che va dalla condanna delle guerre intestine (civili) alla celebrazione di Roma, all’esaltazione di Augusto. L’esaltazione degli eroi antichi si verifica nei primi sei carmi del 3° libro, le cosiddette “odi romane”….
Epistole
L’autore usa lo schema epistolare, ma in versi esametri. Mentre le satire erano indirizzate generalmente a se stesso o ad un gruppo di amici, le epistole hanno un preciso destinatario.
Nel 1° libro presenta contenuti spesso specifici e minuti: richiesta di notizie, inviti a cena, biglietti di raccomandazioni….Frequenti sono i componimenti che svolgono temi morali come l’aspirazione alla sapienza ed il desiderio di migliorare la propria vita interiore. Fa una riflessione critica di se stesso, esprimendo la propria insoddisfazione per la condizione morale in cui si trova, da cui parte la ricerca alla sapienza intesa come strumento da applicare ai problemi concreti dell’esistenza.
Il poeta non esita a ricorrere a precetti di scuole filosofiche diverse, se queste gli sembrano efficaci per affrontare le difficoltà della vita. Segue, comunque, un epicureismo di fondo secondo la scherzosa definizione che Orazio da di se stesso: “Epicuri de grege portunt” o quando afferma il precetto proprio di quella dottrina secondo l’espressione greca “lathe biosas” (=vivi nascosto)…”nec vixit male, qui natus moriensque fefellit” (=né è vissuto male chi è nato e muore inosservato). A volte emergono spunti stoici…comunque i principi fondamentali restano quelli espressi nelle satire e nelle odi. Nelle epistole emerge la sua inquietudine ed insoddisfazione di fronte al problema di sempre: il tempo che fugge, il passato non adeguatamente sfruttato.
Il 2° libro contiene due sole epistole. Una, rivolta ad Augusto, tratta il problema della superiorità dei poeti antichi rispetto ai moderni, Orazio sostiene invece la superiorità dei moderni. Nella seconda, indirizzata a Floro, si scusa per la propria pigrizia come scrittore.
Ars Poetica
E’ una lunga epistola scritta ai Pisani (epistula ad Pisanes). L’opera esercitò un grande influsso nelle epoche successive fornendo le norme della poetica al mondo classicista. In essa l’autore, rivolgendosi ai figli di Pisone, espone i precetti di poetica (mimesis, callida iuntura, ingenium et ars…).

Esempio