Giulio Cesare - De Bello Gallico

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Testo

GIULIO CESARE : “DE BELLO GALLICO”
L’AUTORE: GAIO GIULIO CESARE nacque a Roma nel 100 a.C.; apparteneva alla stirpe della gens Iulia di Roma. A 16 anni ricopriva giа una carica ufficiale: era infatti flamen Dialis (sacerdote del culto di Giove). Esiliato dal dittatore Silla per aver sposato Cornelia, figlia di Cinna; rientrт a Roma dedicandosi agli studi letterali nel 77a.C. Poi la sua fulminante carriera pubblica: questore nel 68, edile curule nel 65, pontefice massimo nel 63, pretore in Spagna nel 62, membro con Pompeo e Crasso del primo triumvirato nel 60, console nel 59, proconsole in Gallia dal 58 a l50, impegnato nella guerra civile contro Pompeo dal 49 al 45, trionfatore e dittatore a vita per pochi mesi, fino alle tragiche Idi di marzo (15 marzo) del 44 a.C., quando venne ucciso dai congiurati membri della nobilitas senatoria. La sua morte non bastт tuttavia a fermare il processo di trasformazione dello stato romano, che vedeva ormai la res publica sul viale del tramonto di fronte al principato autocratico e all’impero.
L’OPERA: Le due opere di Cesare che ci sono pervenute sono i “Commentarii Rerum Gestarum”, 7 libri “DE Bello Gallico” (La Guerra Gallica”, composti nell’inverno del 52-51, e 3 libri “De Bello Civili” (La Guerra Civile), redatti alla fine del 48. Ecco in sintesi il contenuto del “De Bello Gallico”: - libro I (anno 58 a.C.): descrizione geografica della Gallia; guerra contro gli Elvezi di Ariovisto e loro sottomissione; - libro II (57 a. C.): campagna militare contro i Belgi e i Nervi; - libro III (56-57 a.C.): campagne contro Veneti (nel sud della Bretagna), Aquitani, Morini e Menapi (tra Calais e il mar del Nord); - libro IV (55 a.C.): excursus sui Germani, primo passaggio del Reno e massacro di Usмpeti e Tйncteri; prima spedizioni in Britannia; - libro V (54 a.C.): seconda spedizione in Britannia; excursus etnogeografico sulla Britannia; ribellione dei Galli di Ambrorмge domata; - libro VI (53 a.C.): secondo passaggio del Reno; costumi dei Galli; - libro VII (52 a.C.): rivolta generale capitanata da Vercingetorige; assedio di Alesia. A questi 7 libri ne fu aggiunto un ottavo, scritto da Aulo Irzio, luogotenente di Cesare, per raccordare le vicende galliche con l’inizio del “Bellum Civile”: ci vengono esposti gli avvenimenti degli anni 51-50, cioи la campagna contro i Bellovaci (della Gallia Belgica) e l’antefatto della guerra civile con Pompeo. Quasi tutti gli studiosi concordano nel ritenere sostanzialmente attendibile la narrazione di Cesare, nel senso che non si riscontrano nei due “Commentarii” macroscopiche falsificazione dei fatti. Resta perт anche la convinzione che l’autore scriva per fare opera di propaganda politica: vuol giustificare come guerra difensiva in Gallia quella che appare a tutti come una guerra di aggressione imperialistica; vuol allontanare da sй ogni responsabilitа per lo scoppio della guerra civile, denigrando gli avversari e presentandosi invece come l’unico rispettoso delle leggi. Cesare si riserva sempre il ruolo di unico protagonista delle vicende, scrivendo in terza persona per far sembrare ancora piщ oggettiva e veridica la narrazione. Quando la situazione и critica lui non compare, salvo rientrare in scena da prode per risollevare le sorti compromesse della battaglia. Esalta comunque sempre i suoi soldati, ufficiali e gregari, riconoscendone lo spirito di sacrificio, la disciplina, il coraggio e la fedeltа.
LEXIS
L’ESERCITO: Il nerbo della potenza di Roma era costituito dal suo esercito. Al tempo della monarchia, l’esercito romano era formato unicamente dai membri delle grandi famiglie, le gentes, e dai loro clienti. Come giа nelle antiche organizzazioni militari greche, si trattava di un insieme di aristocratici su cui il re esercitava un’autoritа molto limitata; gli scontri si risolvevano generalmente in una serie di duelli individuali. Tra il V e il IV secolo, con l’inserimento nell’esercito dei plebei, ad esclusione perт dei proletari che non possedevano nulla, si formт la legione, termine che in origine indicava una leva (“legio” da legere=raccogliere): questa struttura militare, modellata sulla falange oplitica greca, divenne il nucleo della potente macchina da guerra romana. Della legione facevano parte tutti i cittadini tra i 17 e i 45 anni, mentre quelli dai 45 ai 60 anni restavano disponibili per la leva. Essi dovevano equipaggiarsi a proprie spese: per questo motivo i ricchi militavano nella cavalleria e nella fanteria pesante, mentre i cittadini piщ poveri in quella leggera, dall’armamento meno costoso. L’esercito non era permanente, ma veniva mobilitato solo in caso di guerra, e al termine della campagna le truppe erano congedate. Col tempo perт, in seguito all’espansione del dominio romano e alla necessitа di lunghe guerre e di una difesa stabile ai confini, si costituм un esercito permanente composto da soldati di professione. La legione era divisa in coorti, manipoli, centurie e decurie; essa poteva arrivare a cinquemila uomini, di cui circa trecento erano cavalieri. Nello schieramento di battaglia, il primo contatto col nemico era affidato ai “velites”, i fanti armati alla leggera, con arco e frecce, oltre alle armi comuni a tutti i fanti quali il “pilum” e il “gladius”, la tipica spada romana corta a doppio taglio, molto efficace nel corpo a corpo. Ai veliti erano affiancati gli “equites”, i cavalieri, armati di spada e di lancia: essi agivano sulle ali dello schieramento ma, grazie alla loro maggiore mobilitа, erano pronti ad accorrere lа dove la necessitа lo richiedesse. Per dare elasticitа allo schieramento, la legione era scaglionata su tre linee di fanteria pesante, che entravano in battaglia una dopo l’altra: prima i piщ giovani, gli “hostati” muniti di asta; poi i “principes”, ovvero i piщ forti e meglio armati; infine i “triarii”, i veterani, che entravano in battaglia soltanto in caso di bisogno. Il comando era affidato a un console oppure, se c’era, al dittatore, affiancato dal 2magister equitum2,il capo della cavalleria; altri ufficiali erano poi i tribuni militari. La disciplina era molto rigida ed era imposta con pene severe come la decapitazione. Se la colpa era collettiva, si ricorreva al metodo della decimazione, giustiziando cioи un soldato ogni dieci, estratto a sorte dal gruppo colpevole. Se dure erano le pene, numerose e ambite erano perт le decorazioni, che si aggiungevano alla distribuzione tra i soldati del bottino di guerra. Per esempio una corona d’oro veniva donata al soldato che per primo aveva scalato le mura della cittа attaccata. Il comandante, a sua volta, celebrava la vittoria con il trionfo, che consisteva in una solenne parata, insieme a tutto l’esercito, attraverso le vie di Roma fino al Campidoglio. Le principali armi difensive erano il clypeus, scudo rotondo o ovale, convesso; la parma, piccolo scudo di metallo, a forma rotonda, usato particolarmente dai cavalieri e dai “velites”; lo scutum, scudo rettangolare, in legno rivestito di pelle di bue o con una lastra metallica nel centro; le ocreae, schinieri in bronzo, a difesa degli stinchi; la galea, elmo in cuoio o in pelle, con due fasce laterali di cuoio e scaglie di bronzo, legate sotto il mento, utili ala protezione delle guance; la cassis, elmetto in metallo, con una cresta ornamentale in alto, ma senza visiera; la lorica, armatura o corazza in cuoio e piastre di metallo, per la protezione del torace e delle spalle; la pelta, piccolo scudo trace a forma di mezzaluna. Le principali armi offensive erano l’hasta, asta di legno, con la punta di ferro, a doppio taglio; il pilum, arma da lancio di circa 2 metri, il cosiddetto giavellotto, in legno, ma con il puntale in ferro (con un buon lancio era in grado di avere una gittata di 25 m; se poi veniva scagliato mediante una striscia di cuoio –detta “amentum”- poteva arrivare anche fino a 60 m); lo iaculum, giavellotto piщ corto del precedente, e con la punta tricuspidata; il veretum, giavellotto di ferro, ma sottile e, dunque, leggero; la tragula, lancia molto lunga, impiegata dai cavalieri; il gladius, spada corta a doppio taglio, sostenuta da una fibbia di cuoio al fianco destro dai soldati, al sinistro dagli ufficiali: infatti questi ultimi non portavano scudo, mentre i soldati semplici avevano il braccio sinistro impegnato dallo scudo; la sagitta, freccia di legno, scagliata con l’arcus dai “sagittarii”, la cui punta era spesso avvelenata; le glandae, grosse biglie di piombo scagliate con la fionda dai frombolieri; la lancea, lancia, asta; la mataris, giavellotto gallico; il pugio, pugnale; la spatha, spada a due tagli.
LE MACCHINE DA ASSEDIO: I Romani, soprattutto grazie all’abilitа tattica di Cesare, perfezionarono l’antica tecnica dell’assedio, anche con l’aiuto di una serie di macchine militari costruite “ad hoc”. L’importanza di tali macchine era determinante per il successo dell’assedio (obsidio) di roccaforti o cittа, sia per espugnare con un attacco (oppugnatio), sia per respingere le sortite (eruptiones) degli assediati. Le principali macchine da guerra romane erano: - aries: ariete, una trave lunga e molto grossa, che portava in punta un pezzo di ferro a forma, appunto, di testa di ariete; veniva sospesa mediante catene a un’impalcatura e fatta oscillare in modo da colpire e sfondare le porte o le mura delle cittа assediate; in epoca arcaica erano i soldati stessi che portavano a mano l’ariete; - ballista: grande macchinario a forma di arco, teso mediante grosse funi, atto al lancio di pietre e altri proiettili; varianti erano l’arcuballista e lo scorpio; - catapulta: macchinario atto a scagliare pietre, palle di piombo o grossi dardi; - falarica: era cosм chiamata sia la macchina lancia-dardi, sia il proiettile scagliato, avvolto di stoppa, pece o altri materiali infiammabili; - musculus: macchina montata su ruote, di forma semicircolare, come una sorta di gabbia coperta, usata per avvicinarsi alle mura della cittа assediata riparandosi dal lancio di pietre o proiettili; - onager: catapulta piщ leggera e facilmente trasportabile; - pluteus: tavolato montato su ruote, con la funzione di proteggere gli assalitori che si avvicinavano alle mura; - teredra: trivella per forare le mura; - tolleno: macchina con funzioni analoghe a quelle delle moderne gru, consistente in un’altalena che aveva ad una estremitа un cassone entro cui si piazzavano i soldati, che venivano sollevati fin sopra le mura della cittа assediata, per esservi poi calati all’interno; - turris: torre di legnoa piщ piani, alta poco piщ delle mura asediate, scorrevole su rulli; serviva per spiare all’interno della cittа nemica e per lanciare ponteggi in legno su cui far passare i soldati, scavalcando le mura; - vinea: macchina lignea, a forma di portico, con funzioni difensive, costituita soprattutto da graticci e ripiani ricoperti da cuoio fresco e stoffa bagnata, in modo da evitare che andasse a fuoco se colpita dai proiettili infuocati degli avversari; era detta anche testudo arietaria, e al suo riparo si manovtava l’ariete.
LA FLOTTA: La flotta romana nacque per scopi essenzialmente militari, anche se venivano costruite imbarcazioni per uso civile molto ampie, da utilizzare come navi da carico o da trasporto merci (in genere a vela) denominate naves onerariae, oppure naves vectoriae. Di dimensioni piщ ridotte erano invece i phaseli (piccole navi leggere), le cymbae (barche) e le lintres (scialuppe). La flotta militare era costituita da navi a due ordini di remi (biremis), a tre (triremis), a quattro (quadriremis) o a cinque (quinqueremis), che in relazione alla loro velocitа e al loro utilizzo si suddividevano in “navi ammiraglie”, “navi da guerra” lunghe, a remi, velocissime, “navi di vedetta” o per il trasporto delle truppe, “navi da ricognizione” per spiare le mosse del nemico. Il capo supremo della flotta militare era sempre il dux (anche comandante generale dell’esercito), che tuttavia come comandante della marina da guerra era denominato praefectus classis. Il cpitano di una singola nave era invece il navarchus. Suoi subordinati erano il gubernator (timoniere), i decuriones (comandanti delle sezioni dei rematori), i remiges (l’equipaggio dei rematori), i nautae (marinai), i classiarii (soldati della marina). Durante il principato di Augusto fu resa permanente la flotta da guerra, suddivisa in due squadre: la flotta del Mediterraneo di stanza Miseno (in Campagna) e la flotta dell’Adriatico, di stanza a Ravenna. Successivamente vi furono aggregate altre squadre navali, specialmente in funzione di difesa dei confini dell’impero; nacquero cosм la “classis Britannica”, di stanza nel mare del Nord e la “classis Ponica” sul mar Nero. Esistevano, infine, anche piщ esigue squadre navali fluviali (come sul Reno e sul Danubio). Al soldato che per primo riusciva a balzare sulla tolda di una nave nemica veniva assegnata una decorazione formata da una corona, detta “navalis” o “rostrata”.
TechnoChiara

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  1. zuc

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