Eneide: alcuni versi

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Testo

Eneide: libro VIII vv. 714-731
LATINO
ITALIANO
At Caesar, triplici invectus Romana Triumpho
Moenia dis Italis, votum immortale, sacrabat
Maxuma tercentum totam delubra per urbem.
Laetitia ludisque viae palususque fremebant; omnibus in templis matrum chorus, omnibus arae; ante aras terram caesi stravere iuvenci. Ipse, sedens niveo candentis limine Phoebi,
dona recognoscit populorum aptatque superbis postibus; incedunt victae longo ordine gentes,
quam variae linguis, habitu tam vestis et armis.
Hic Nomadum genus et discinctos Mulciber Afros, hic Lelegas Carasque sagittiferosque Gelonos finxerat; Euphrates ibat iam mollior undis, extremique hominum Morini Rhenus bicornis indomitique Dahae et pontem indignatus Araxes.
Talia per clipeum Volcani, dona parentis, miratur rerumque ignarus imagine gaudet, attollens umero famamque et fata nepotum.
E Cesare, entrato con triplice trionfo nelle mura Romane, per tutta la città consacrava, voto immortale, molti templi ai numi italici. Fremevano per la letizia le vie di gioia e plauso; in tutti i templi uno stuolo di madri, in tutti le are;
davanti alle are i vitelli uccisi coprivano il suolo.
Lo stesso, sedendo sul candido marmo alla soglia (del tempio) di Febo, riceve i doni dei popoli e li appende alle porte superbe; (gli) passano davanti in lunga fila le genti vinte, tanto varie per lingue, vesti ed armi. Qui (sullo scudo) Vulcano aveva ritratto la stirpe dei Numidi e gli Afri discinti, qui i Lelegi e i Cari e i Geloni saettanti; seguiva l’Eufrate più mite con le onde, i Morini estremi tra uomini, il Reno bicorne e gli indomiti Dai e l’Arasse che disdegna il ponte.
Tali cose (Enea) vedeva attraverso lo scudo di Vulcano, dono del genitore, ed ignaro godeva per l’immagine delle cose, levando sull’omero la fama ed i fati dei nipoti.

Nel libro VIII Enea stipula un’alleanza con Evandro, re degli Arcadi e nemico acerrimo dei Latini. Nel Frattempo Venere corre in aiuto di Enea portandogli delle armi fabbricate da Vulcano, tra le quali spicca uno scudo sul quale il dio ha inciso la storia di Roma da Romolo ad Augusto.

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