Tito Lucrezio Caro (98 – 55 a.C.)

Materie:Riassunto
Categoria:Latino Letteratura
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Testo

Tito Lucrezio Caro (98 – 55 a.C.)

Della vita di Tito Lucrezio Caro rimane poco o nulla: due righe di san Gerolamo ed un accenno (o forse due) di Cicerone, entrambi ideologicamente avversi alla dottrina epicurea e, perciò, quantomeno da considerare con ponderatezza. Si è solitamente propensi a collocare la sua nascita tra il 98 e il 96 a.C. e la sua morte nel 55. Il silenzio su questo grande poeta e filosofo, che dovette provocare comunque un certo scalpore nella Roma di allora, è tuttavia emblematico della stigmatizzazione che dovette subire il "De rerum natura", lontano com'era sia dagli allora in voga poetae novi di ispirazione alessandrina, sia dallo stoicismo eclettico di Cicerone, sia dall'esaltazione della politica attiva o della guerra fatta da Catilina e Cesare. Nato nei burrascosi tempi della guerra civile fra Silla e Mario, probabilmente proveniva da Napoli o da Roma (dalla sua opera e dal modo in cui si rivolge all'aristocratico Memmio non si riesce però ancora a capire se fosse anch'egli un aristocratico oppure un liberto) e altrettanto probabilmente trascorse una vita tormentata da forti passioni, come si rileva in molti passi del "De rerum natura". Va, tuttavia, respinta la teoria di San Girolamo riguardo la presunta follia di L. causata da un filtro d'amore: si pensa infatti che l'accusa sia nata nel IV secolo al fine di screditare la polemica antireligiosa del nostro poeta.

Il De Rerum Natura è un poema didascalico in esametri diviso in 6 libri, il cui oggetto è la filosofia epicurea in quanto solo essa può fungere da farmaco per il dilagante mal di vivere. E’ una filosofia che deve molto al naturalismo ionico, al materialismo e soprattutto all’atomismo di Democrito di Abdera; le risposte al mal di vivere sono chiare e razionali: non bisogna avere paura della morte, perchè quando ci sarà lei noi non ci saremo più, i nostri atomi si saranno disgiunti e si saranno uniti in un altro corpo, quindi noi non potremo soffrire; non bisogna avere paura della divinità, perchè risiede negli “intermundia” e non bada di certo a noi uomini; la religione è solo superstizione.
La vita umana ha come scopo il raggiungimento della felicità attraverso l’appagamento del piacere, da intendersi non come piacere vizioso, che viene radicalmente bandito, bensì come bisogno naturale. Il raggiungimento della voluptas deve essere preservato da qualsiasi attacco esterno; da qui deriva l’abolizione della partecipazione alla vita politica, permeata di vivacità: , con una cerchia di pochi amici scelti, lontano dalla città.
Lucrezio sceglie gli esametri per il De Rerum Natura perchè la poesia è come il miele sul bordo di una ciotola contenente un farmaco amaro, che dev’esser ingerita da un bambino, serve a istruire l’uomo che è messo alla prova dagli attacchi della vita e ha bisogno della filosofia epicurea, amara, e per questo nascosta negli esametri di un poema.

Struttura del De Rerum Natura
Proemio
- Inno a Venere, dea protettrice dei Romani e simbolo della pace e della felicità che derivano dalla conoscenza dell’ordìto unitario della natura;
- Dedica a Memmio;
- Elogio a Epicuro, eroe che ha sconfitto la superstizione/religione;
- Sacrificio di Ifigenìa, figlia di Agamennone, sacrificata dallo stesso padre per favorire la partenza delle navi a Troia. “A tali misfatti potè indurre la religione!)
Libro I
Fisica epicurea ( atomi, infinito, vuoto).
Libro II
Atarassìa, condizione di imperturbabilità del saggio.
Libro III
Natura materiale e mortale dell’anima e la teoria della morte.
Libro IV
Teoria delle sensazioni (particelle dell’oggetto (simulacra) che colpiscono l’organo).
Libro V
Cosmologia (tutto è eterno, necessario e casuale NO INTERVENTO DIVINO / NO FINALITA’)
Libro VI
Analisi scientifica dei fenomeni atmosferici e delle epidemie per dimostrare l’inesistenza di una punizione divina.

Esempio