X agosto- Pascoli

Materie:Appunti
Categoria:Italiano

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Testo

X agosto
“X agosto” è una poesia scritta da Giovanni Pascoli e composta da sei quartine di decasillabi e novenari alternati. L’autore scrive la composizione poetica traendo ispirazione dalla morte del padre, che ricorre proprio il giorno di San Lorenzo, e lo ricorda con due bambole in braccio per le figlie, come una rondine, uccisa, mentre tornava al suo nido con la cena nel becco per i suoi rondinini.
Tema dominante, come in ogni lirica pascoliana, è la natura, che appare nelle sue forme più malinconiche, attraverso le nebbie della vita, che non smettono, comunque, di esaltare le illusioni, da cui l’esistenza trae linfa vitale. E cosi, anche in ” X agosto”, il Pascoli esordisce con una descrizione sottile, misteriosa e piena di toni emozionanti ma ponderati, tramite i quali l’autore presenta la magia della notte di San Lorenzo, momento in cui ogni angolo della volta celesta sfavilla. La caduta delle stelle, sottolineata dall’enjambement, sembra rappresentare il doloroso, ma al contempo sereno, spettacolo di un uomo che esprime la sua sofferenza nel pianto e nella rassegnazione, celata poi nella strofa successiva da una marcata malinconia, lontana da uno sterile sentimentalismo. Dalla descrizione di un cielo dai confini illimitati, non comprensibili dalla mente umana, si passa alla presentazione di una rondine, metafora usata per alludere al padre. I toni dei versi sembrano essere controllati, delimitati da un rigido schema da rispettare, legati a un ricordo importante, che assume una dimensione sacra nella terza strofa, ove la rondine viene definita in croce (con le ali aperte). Ha ancora nel becco “il verme”che portava ai suoi piccoli, come per mostrare al cielo l’ingiustizia e la malvagità degli uomini. “Anche un uomo tornava al suo nido …”, ricorda Pascoli, ma, nonostante l’uccisero, egli disse “Perdono”, come segno estremo della sua indole benevola e incline all’amore, che si manifesta in parole forti e tristi nel verso 15, rigo dominato da un marcato senso dell’incompiuto, del dover fare ma, anche, indice di una fede sempre presente e di una preoccupazione per i figli, espressa nell’ultimo grido sordo di dolore e nel rivolgere gli occhi verso il cielo. Così, come aveva intuito il padre, negli ultimi istanti di vita, la casa, in sua assenza diventa “romita”, i familiari lo aspettano, se lo sentono strappato e avvertono estremamente la sua mancanza. Si affidano al Cielo, ma, anch’egli piange, piange di stelle, tramite l’estrema spettacolarizzazione del dolore umano.

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