Verga: I malavoglia

Materie:Scheda libro
Categoria:Italiano

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Data:24.03.2005
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Testo

Giovanni Verga
I malavoglia
CAPITOLO
DOVE
QUANDO
CHI
TRAMA
L'ambiente è rappresentato da Verga con una fusione tra storia e mito, poiché mentre egli ripone molta cura nel puntualizzare il luogo della vicenda e nell'evidenziare le zone sociali di massima importanza per il paese, cioè la piazza, l'osteria, il lavatoio ecc., egli non esce mai dai confini di Aci Trezza e non si preoccupa nemmeno di offrire al lettore una descrizione del paese, contribuendo a creare un alone quasi misterioso e oscuro sull'ambiente in cui la vicenda prende luogo. Quindi, anche se è possibile riscontrare l'esistenza del paese nella realtà, rimane su di esso un contorno astratto che rende il tutto quasi simbolico. Infatti Verga cerca probabilmente di ricreare un modello di vita sociale della Sicilia, ed in generale di tutto il mezzogiorno, e, utilizzando il metodo narrativo di cui sopra, riesce in modo quasi lapalissiano a far comprendere la posizione in cui si trovava il meridione in quel tempo, cioè ancora ancorata alle proprie radici e dubbiosa sull'unità della penisola e quindi del tutto antitetica rispetto ad un nord in pieno sviluppo industriale.
L'epoca in cui la vicenda ha luogo abbraccia un periodo di tempo di circa quindici anni, e precisamente dal dicembre1863 al 1878. E' questo il periodo subito precedente la conquista del Regno delle Due Sicilie e della proclamazione del Regno d'Italia con capitale a Torino, della Terza guerra d'indipendenza (con le sconfitte a Custoza ed a Lissa), del "trasformismo" e delle rivolte sociali nel nord. Un periodo quindi molto intenso sia dal punto di vista politico, storico e sociale del quale Verga evidenzia soprattutto gli avvenimenti del sud Italia; infatti ricorda l'epidemia di colera del 1867, la costruzione delle reti ferroviarie, il ricordo dei Borboni ma anche il contrasto tra clericali e repubblicani, che emerge anche nel piccolo paese di Aci Trezza tra don Giammaria e don Franco, i due intellettuali del luogo.
Padron ‘Ntoni, Bastianazzo, Maruzza Longa, ‘Ntoni, Luca, Mena, Alessi, Lia.
Nel primo capitolo è subito evidenziata la contrapposizione tra due realtà: quella dei piccoli proprietari e lavoratori in proprio e il ceto usuraio e improduttivo. Le due realtà che le rappresentano sono quella di Padron ‘Ntoni, il protagonista del romanzo, e per contro zio Crocifisso.
Almeno inizialmente in questo capitolo vengono presentati i componenti della famiglia Toscano (I malavoglia): Padron 'Ntoni : è il patriarca della famiglia, un vecchio pescatore onesto e laborioso con una grande devozione al lavoro ed alla famiglia. Ha la smania di pronunciare proverbi. Egli rappresenta il modello di piccolo proprietario ed è il simbolo dell'onestà, che si contrappone ai personaggi corrotti e agli usurai.
Bastiano : chiamato "Bastianazzo" egli è il figlio di padron 'Ntoni ed è un gran lavoratore, buono e talmente ubbidiente e pronto ai comandi di suo padre che, dice Verga, "non si sarebbe soffiato il naso se suo padre non gli avesse detto 'soffiati il naso'". Annega nel naufragio della "Provvidenza" nel 1865.
Maruzza Longa : moglie di Bastianazzo ella è, da buona massaia, dedita principalmente a tessere, a salare le acciughe ed a "far figliuoli". Si rivela un personaggio con un debole carattere ma con un forte cuore, distrutto a poco a poco dalle disgrazie. Muore di colera nel 1877.
'Ntoni : figlio maggiore di Bastianazzo e della Longa, egli è un ragazzo pigro e debole che viene vinto dall'egoismo individuale e mette in difficoltà tutta la famiglia con il proprio comportamento. Nella prima parte della vicenda rimane soprattutto in disparte poichè parte subito per il servizio di leva, mentre nella parte centrale e finale del romanzo diviene il protagonista con un comportamento nettamente antitetico rispetto a quello del nonno. Diviene infatti "ubriacone", giocatore, vagabondo e perfino contrabbandiere. Non contento del proprio stile di vita e non avendo voglia di lavorare, sostiene l'uguaglianza sociale, in tipico stile socialista. Ma la sua voglia di cambiare stato si contrappone nettamente alla filosofia del vecchio padron 'Ntoni, convinto nel fatto che "bisogna vivere come siamo nati" e persuaso dalla frase, molto cristiana, "più ricco è in terra chi meno desidera". Egli rappresenta quindi una figura estranea al mondo dei Malavoglia, tutti, o quasi, dediti al lavoro ed al sacrificio.
Luca : il secondo dei figli di Bastianazzo e della Longa, Luca si rivela un ragazzo generoso e nobile che surroga addirittura il fratello 'Ntoni dalla leva. Egli è il ritratto del padre ed ha in quasi tutto il romanzo un ruolo marginale, quasi di comparsa. Muore nella battaglia di Lissa e per questo motivo assume però un ruolo determinante per il fatto che contribuisce a inserire il romanzo in un ambiente più ampio e reale, minato dalla ristrettezza del paese.
Mena : Filomena è la terzogenita tra i figli di Bastianazzo e la Longa ed è il ritratto di quest'ultima. E' quindi una buona massaia, tanto che viene chiamata "Sant'Agata" per il fatto che passa quasi tutto il suo tempo al telaio, ed è una ragazza ubbidiente e che si rassegna facilmente. Ella, insieme al fratello Alessi, è però colei che più si sacrifica e si impegna per risollevare le sorti della famiglia e infine decide di non sposarsi per rimanere accanto al fratello Alessi.
Alessi : Alessio è invece il ritratto del nonno ed è quindi un lavoratore eccezionale ed un ragazzo tutto dedito alla famiglia. Infatti, quando infine rimane solo con la Mena, sposa la Nunziata, prosperano e così ridanno impulso alla famiglia dei Malavoglia, ricomprando anche la vecchia casa del nespolo. Alessi è probabilmente il ragazzo più maturo della famiglia ed è grazie al suo onesto e incessante impegno, unito a quello del nonno, che la famiglia riesce a superare alcuni momenti duri e difficili.
Lia : Rosalia è l'ultima nipote di padron 'Ntoni e somiglia molto al fratello. E' una ragazza che in un primo tempo sembra avere un gran giudizio, ma che, soprattutto per il cattivo esempio del fratello 'Ntoni, diviene vana e apatica. Infine si avvilisce per le gravi dicerie della voce pubblica sul suo conto ed abbandona la famiglia.
.La vicenda comincia ad aver un risvolto quando ‘Ntoni, il nipote più grande padron ‘Ntoni, è costretto a partire per la leva anche se il nonno aveva tentato di farlo scartare alla visita medica. Oltre alla partenza del ragazzo quello stesso anno l’annata per i pescatori era scarsa. Fu così che la famiglia dovette fare affidamento all’”affare dei lupini” di zio Crocifisso. Padron ‘Ntoni se pur subito contrario alla proposta poi fu costretto ad accettare per via di questioni economiche. Così caricarono la barca (La Provvidenza) con i lupini e salparono, destinati a Risposto.
Mentre la Longa aspettava invano Bastianazzo, partito anche lui con la provvidenza, in paese tutti commentavano malignamente l’affare dei lupini. In ogni parte del paese, dal sagrato della chiesa alle povere locande, non si sentiva altro che critiche sull’affare della famiglia Toscano.
La mattina successiva la partenza di Bastianazzo con la nave tutta la famiglia era preoccupata con gli occhi verso il amre in tempesta, mentre Maruzza e padron ‘Ntoni avevano ancora qualche speranza sul ritorno dell’uomo, la Longa si rassegnava ad essere vedova.
Si celebrarono così le esequie del Bastianazzo; dalla chiesa di Aci trazzi i paesani andarono a trovare la famiglia Toscano presso la casa del Nespolo. Anche le persone più importanti del paese andarono a far visita alla famiglia ma nessuno riuscì ad avere parole di conforto. Tutti si rendevano ora conto che non vi erano più persone adatte a portar avanti la famiglia perché erano rimasti solo bambini piccoli e l’unico che avrebbe potuto salvare la situazione era partito per il servizio militare.
Lo zio Crocifisso meditava su come recuperare il proprio credito da padron ‘Ntoni, inoltre temeva che Alfio Mosca, un carrettiere, sposasse sua nipote la Vespa, per avere la sua ricca dote. Alfio era però innamorato della Mena, che tuttavia padron ‘Ntoni aveva già promesso come moglie ea Brasi, figlio di padron Fortunato.
Ma in quel periodo questi discorsi erano fuori luogo, prima di tutto premevano le necessità finanziarie e il dolore per la perdita di Bastianazzo.
Due nuovi avvenimenti portarono dei segnali postivi in casa Toscano: la Provvidenza era stata ritrovata ed era stata data a riparare al maestro Zuppiddu, e ‘Ntoni ritornava dalla leva.
‘Ntoni riprese a lavorare senza nessun entusiasmo e il guadagno complessivo dei Malavoglia era appena sufficiente a riparare l’imbarcazione. Le richieste di zio Crocifisso erano sempre più pressanti finchè alla vigilia di Natale alla casa del Nespolo arrivò l’usciere del comine a notificare la scadenza del tempo massimo per estinguere il debito. I Malavoglia si precipitarono a Catania per parlare con l’avvocato Scipioni.
Dopo di che, tornati a Aci Trozza, pattuirono con il mediatore Pìedipapera, che se il debito non fosse ancora stato estinto a Pasqua, avrebbero ceduto la loro casa.
Luca partì per il servizio militare con il gran sconforto della famiglia. Finalmente la Provvidenza era pronta per tornare in mare, per la felicità dei Malavoglia.
Nel frattempo in paese scoppiarono dei tumulti per la tassa sul sale e sulla pece; il consiglio comunale si riunì senza però trovare soluzioni adeguate.
Antonio si innamorò di Barbara, figlia di mastro Zuppiddu, e iniziò a corteggiarla suscitando l’ira degli altri due pretendenti: Vanni Pizzuto, il barbiere, e don Michele, il brigadiere.
Nello stesso periodo padron Cipolla con il figlio Brasi passarono a trovare Mena che però era innamorata di Alfio. Quest’ultimo però una sera si presentò a casa Toscano per annunciare la propria partenza da Aci Trezza provocando la disperazione di Mena.
Per Pacqua padron ‘Ntoni riuscì a recuperare i soldi per pagare l’acconto del suo debito; si decise inoltre il fidanzamento di Brasi con Mena e i Malavoglia si prepararono a festeggiare; a rovinare l’atmosfera arrivarono due soldati che annunciarono che Luca era morto nella battaglia di Lissa. Altre disgrazie si abbatterono sulla famiglia: i Malavoglia non riuscirono a far fronte al loro debito e lasciarono la casa, inoltre padron Cipolla fece annullare la promessa di matrimonio tra Brasi e Mena e anche Barbara fu negata a ‘Ntoni. I Malavoglia furono abbandonati ed isolati.
I malavoglia a questo punto tentarono di riprendersi economicamente grazie alla pesca, padron ?ntoni, ‘Ntoni e Alessi partirono per il mare ma una violenta tempesta li sorprese, fortunatamente si salvarono tutti e tre anche se il nonno tramortito dall’albero maestro rimase incosciente per alcuni giorni ma appena si riprese tornò in mare.
‘Ntoni stanco di simile vita passava le sue giornate all’osteria mentre gli altri cercavano di sfruttare la pesca abbondante per recuperare i soldi necessari per comprare il Nespolo.
‘Ntoni era stanco di vivere in quel modo e meditava di lasciare Aci Trezza per cercare fortuna altrove, solo Maruzza riusciva a trattenerlo al paese. Quando però un’epidemia di colera uccise Maruzza, ‘Ntoni non ebbe più motivo di restare e partì.
Alla partenza del giovane, padron ‘Ntoni e Alessi continuarono a lavorare duramente, vendettero la barca per andare a lavorare da padron Cipolla. Nel frattempo Alessi e Nunziata progettarono di sposarsi una volta che le cose si sarebbero sistemate.
Una sera ‘Ntoni ritornò ancora a mani vuote senza la voglia di far bene ma con piuttosto il lamento facile.
‘Ntoni, perso l’onore e la dignità, passava il tempo a ubriacarsi e si diede al contrabbando. Un giorno ‘Ntoni e don Michele che in quel periodo stava corteggiando Uà, vennero alle mani. Don Michele aveva avvertito tramite Mena che sapeva che ‘Ntoni aveva traffici illeciti.
Zio Crocifisso sposò la vespa che lo usava per il suo patrimonio, mentre Brasi scappò con la Mangiacarrube.
Una notte N’toni viene trovato con altri tre durante i suoi loschi illeciti, mentre sta scappando colpisce e uccide don Michele con un coltello, per questo viene arrestato e messo in carcere. Padron ‘Ntoni ricorre all’avvocato ma il giorno del processo ‘Ntoni viene arrestato e messo in carcere. Il nonno sviene mentre Lia scappa di casa.
Padron ‘Ntoni era ormai avviato alla morte e dopo lunga titubanza Alfio e la Mosca lo portano all’ospedale dove muore. Dopo la morte del nonno Alessi e Nunziata si sposano e riscattano la casa del Nespolo; Mena continuerà a vivere con il fatello, la cognata e i nipoti.
Una sera essi videro arrivare ‘Ntoni, lo invitarono affettuosamente a entrare ma lui rifiutò: voleva partire per andare dove non lo conosceva nessuno.
‘Ntoni guardò intensamente e a lungo, per l’ultima volta, il paese natale fino all’alba, mentre il paese si risvegliava.
OSSERVAZIONI
Durante la narrazione Verga non esprime mai esplicitamente i propri giudizi, ma essi risultano comunque percepibili. Tutto il racconto si basa sul punto di vista dei paesani che , sostituiscono il suo pensiero.
Verga non esprime opinioni sui propri personaggi, ma è possibile notare comprensione nell’atteggiamento di padron ‘Ntoni, Alessi e Mena, disprezzo nei confronti degli amministratori locali (don Silvestro), antipatia nella politica rivolta solo all’utile dello zio Crocifisso e incomprensione nei confronti di ‘Ntoni, che non riesce a capacitarsi che i suoi desideri siano irrealizzabili.
Con “I Malavoglia” Verga voleva intervenire nel dibattito culturale e politico, per evidenziare i problemi apportati in Sicilia dal progresso e dall’industrializzazione.
Il racconto è narrato in terza persona e l'autore non si rivolge mai direttamente al lettore o a altre persone.
Il linguaggio usato da Verga è molto speciale e vicino al nostro modo di parlare. Può essere definito speciale perchè è straordinariamente cesellato ed è un incontro tra il siciliano e l'italiano, o meglio un italiano parlato dai siciliani di una certa cultura e quindi con varie sfumature del dialetto. Quindi sono conservate alcune espressioni siciliane, mentre i tipici proverbi siciliani sono tradotti in italiano.
Il registro adottato è una chiave importante del romanzo, che rispecchia gli intenti di Verga. Infatti Verga utilizza un registro allo stesso tempo semplice, ricercato e caratterizzato da espressioni popolari, che riesce a far nascere al lettore la sensazione di vivere le vicende di Aci Trezza e dei suoi paesani.
Verga si esprime in modo molto realistico che riesce a catturare l’attenzione del lettore e ad immergerlo nell’atmosfera di Aci Trezza. Questo realismo è dovuto soprattutto ai numerosi personaggi che Verga ha voluto schierare davanti al lettore, consapevole che questo avrebbe creato una notevole confusione in quest’ultimo. Ma questa confusione è necessaria per dare una visione completa della realtà.
Narrando le disavventure della famiglia dei Toscano, cioè di una famiglia il cui quasi unico sostentamento era la pesca, Giovanni Verga ricorre in particolari circostanze a termini marinareschi. Quando Bastianazzo deve ancora salpare con la "Provvidenza", Verga menziona una serie di parti della barca come "pedagna" e "scaffetta".
Iniziando la lettura dell'opera in questione chiunque può trovare difficoltà ad entrare nel coraggioso sperimentalismo di Verga, uno sperimentalismo che tronca alle basi lo schema tradizionale di romanzo manzoniano e romantico. Il romanzo rivela così, attraverso la storia della famiglia Toscano, e di fatto di tutto il paese, il tramonto di una civiltà, quella civiltà che si fondava sulla figura del patriarca e che necessitava di poche cose semplici. Ma allo stesso tempo segna l'ascesa di un'altra era, quella basata sul progresso, un progresso che migliora le condizioni di vita delle persone ma che fa nascere in loro futili desideri, che spesso conducono alla rovina.
Il linguaggio adottato da Verga per il proprio romanzo risulta particolarmente efficace e, anche se in un primo momento può apparire complesso, si rivela in realtà semplice e piacevole. Infatti ciò che provoca confusione nel lettore non è il linguaggio, ma bensì lo schema narrativo del romanzo, con la grande moltitudine di personaggi presentati senza una descrizione, e le costruzioni dei periodi, a volte complicate perchè di chiaro stampo regionale. Ma Verga riesce con questo speciale linguaggio, che fonde il siciliano con l'italiano, a conferire al romanzo un grande realismo ed a salvaguardare la neonata unità della penisola anche dal punto di vista linguistico.

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