Materie: | Tema |
Categoria: | Italiano |
Voto: | 1 (3) |
Download: | 1265 |
Data: | 21.10.2008 |
Numero di pagine: | 8 |
Formato di file: | .doc (Microsoft Word) |
Download
Anteprima
navigazione-come-viaggio-metaforico_1.zip (Dimensione: 11.92 Kb)
trucheck.it_navigazione-come-viaggio-metaforico.doc 51.5 Kb
readme.txt 59 Bytes
Testo
“ Viaggi, scrigni magici e pieni di premesse fantastiche…”
(Claude Lévi Strass)
Parlare dell’uomo significa parlare delle vie del mare e della navigazione; parlare della sfida del mare per riportare all’enigma della conoscenza di sé, alla scoperta del nuovo e dello straniero…Sfida che è un invito per gli uomini a non stare fermi nelle isole dell’ozio ma a misurarsi col viaggio insito in ogni attività…
La navigazione è sempre stata metafora della volontà di conoscenza: basta pensare all’Ulisse che intraprese il folle volo oltre le Colonne di Ercole “per seguir virtute e canoscenza”; è tramite letterario per rappresentare l'ultraterreno; soluzione narrativa per indagare il destino dell'uomo; espediente poetico per raggiungere le perfette civiltà dei luoghi dell'utopia; esemplificazione narrativa di sistemi filosofici.
1. Inferno I, vv. 22-27
“E come quei che con lena affanata,
uscito fuor del pelago ala riva,
si volge a l’acqua perigliosa e guata,
così l ‘animo mio, ch’ancor fuggiva,
si volse a retro a rimirar lo passo
che non lasciò già mai persona viva”.
Commento
In questi versi è possibile riscontrare la prima similitudine del poema, perfettamente intonata allo stato psicologico di Dante. Uscito dalla selva si volge indietro a guardare il pericolo scampato.
Un senso di liberazione, quale del naufrago sfuggito alla potenza del mare, si diffonde nell’animo del poeta e gli permette di limitare l’impressione di terrore della selva. La selva rappresenta il male, il peccato, e se non se ne fugge, conduce alla dannazione, alla morte dell’anima.
Si riscontra una visione negativa delle acque che possono provocare paura e terrore, poiché sfuggono al controllo dell’uomo, sono indomabili e possono portare a un completo smarrimento, a una perdita totale del proprio “io”.
2. Inferno XXVI, vv. 91-142
Premessa
Dante si trova nell’ottava bolgia dove si trovano collocati i consiglieri fraudolenti, cioè coloro che tramite i loro consigli stimolarono all’inganno. La loro pena è di essere torturati dalle fiamme: in ogni fiamma si trova un peccatore. L’attenzione di Dante viena catturata da una fiamma biforcuta in cui sono rinchiusi Ulisse e Diomede: due eroi greci che avevano escogitato numerosi imbrogli. Il poeta mostra il desiderio di parlare con loro e Virgilio lo accontenta. La fiamma più alta si muove come se fosse una lingua da cui esce la voce di Ulisse, che narra il suo ultimo viaggio e la sua morte.
“Mi diparti' da Circe, che sottrasse
me più d'un anno là presso a Gaeta,
prima che sì Enëa la nomasse, 93
né dolcezza di figlio, né la pieta
del vecchio padre, né 'l debito amore
lo qual dovea Penelopè far lieta, 96
vincer potero dentro a me l'ardore
ch'i' ebbi a divenir del mondo esperto
e de li vizi umani e del valore; 99
ma misi me per l'alto mare aperto
sol con un legno e con quella compagna
picciola da la qual non fui diserto. 102
L'un lito e l'altro vidi infin la Spagna,
fin nel Morrocco, e l'isola d'i Sardi,
e l'altre che quel mare intorno bagna. 105
Io e' compagni eravam vecchi e tardi
quando venimmo a quella foce stretta
dov'Ercule segnò li suoi riguardi 108
acciò che l'uom più oltre non si metta;
da la man destra mi lasciai Sibilia,
da l'altra già m'avea lasciata Setta. 111
"O frati," dissi, "che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia 114
d'i nostri sensi ch'è del rimanente
non vogliate negar l'esperïenza,
di retro al sol, del mondo sanza gente. 117
Considerate la vostra semenza:
fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza". 120
Li miei compagni fec'io sì aguti,
con questa orazion picciola, al cammino,
che a pena poscia li avrei ritenuti; 123
e volta nostra poppa nel mattino,
de' remi facemmo ali al folle volo,
sempre acquistando dal lato mancino. 126
Tutte le stelle già de l'altro polo
vedea la notte, e 'l nostro tanto basso,
che non surgëa fuor del marin suolo. 129
Cinque volte racceso e tante casso
lo lume era di sotto da la luna,
poi che 'ntrati eravam ne l'alto passo, 132
quando n'apparve una montagna, bruna
per la distanza, e parvemi alta tanto
quanto veduta non avëa alcuna. 135
Noi ci allegrammo, e tosto tornò in pianto;
ché de la nova terra un turbo nacque
e percosse del legno il primo canto. 138
Tre volte il fé girar con tutte l'acque;
a la quarta levar la poppa in suso
e la prora ire in giù, com'altrui piacque, 141
infin che 'l mar fu sovra noi richiuso”.
Commento
In questo canto si può notare l’implicita contrapposizione tra il viaggio compiuto da Ulisse e quello intrapreso da Dante. Entrambi sono viaggi di conoscenza oltre i limiti umani, poichè riguardano l ‘aldilà. A sottolineare tale confronto è l’aggettivo FOLLE; già utilizzato dal poeta nel II canto dell’ Inferno per connotare il suo viaggio, viene ripreso successivamente per narrare la vicenda dell ’eroe greco. Il termine indica qualcuno incapace di comprendere i propri limiti. Mentre l’impresa di Ulisse non è sostenuta dalla grazia divina, ed è quindi destinata a fallire, quella di Dante è voluta da Dio stesso, quindi non implica una trasgressione.
Nonostante il viaggio di Ulisse sia destinato al fallimento incontrovertibile è riscontrabile la magnanimità dell'eroe, il quale, con il suo tentativo, esalta al massimo la sua umanità, impersona l'ansia di migliorare e di conoscere che distingue l'uomo dal bruto.
3. Purgatorio I, vv. 1-3
“Per correr miglior acque alza le vele
omai la navicella del mio ingegno,
che lascia dietro a sé mar sì crudele;”
Commento
La cantica si apre con una metafora di origine classica: il viaggio morale e religioso paragonato a una navigazione per mare tempestoso. Il mare crudele rappresenta la globalità di tutti i mali, delle conseguenze del peccato che appesentiscono la nostra esistenza di cui cominciamo ad alleggerirci nel momento in cui avviamo l’opera di purificazione che si compie nel secondo regno dell’aldilà. Con migliori acque probabilmente Dante si riferisce ad un nuovo battesimo: con questa interpretazione, l’intero Purgatorio rappresenterebbe la celebrazione di un rito liturgico che va dal battesimo alla redenzione totale.
Il viaggio si presenta come una navigazione per mare non tempestoso alla ricerca di una sorgente d’acqua pura e purificante.
4. Purgatorio I, vv. 130-132
“Venimmo poi in sul lito deserto,
che mai vide nevicar sue acque
omo, che di tornar sia poscia esperto.”
Commento
Dante e Virgilio sono giunti alla spiaggia del purgatorio. Il verso 31 e il 32 alludono al canto dell’Inferno XXVI in cui viene narrata la vicenda e la morte di Ulisse. Era lui l’esempio di uomo che aveva solcato quelle acque, poiché la montagna che gli era apparsa davanti era proprio il Purgatorio. Ma si era spinto oltre i limiti umani, ció che un umano poteva osare, e la conseguenza era stata la morte.
5. Paradiso II, 1-15
“O voi che siete in piccioletta barca,
desiderosi d'ascoltar, seguiti
dietro al mio legno che cantando varca,
tornate a riveder li vostri liti:
non vi mettete in pelago, ché forse,
perdendo me, rimarreste smarriti.
L'acqua ch'io prendo già mai non si corse;
Minerva spira, e conducemi Appollo,
e nove Muse mi dimostran l'Orse.
Voialtri pochi che drizzaste il collo
per tempo al pan de li angeli, del quale
vivesi qui ma non sen vien satollo,
metter potete ben per l'alto sale
vostro navigio, servando mio solco
dinanzi a l'acqua che ritorna equale.”
Commento
Il secondo canto si apre con un appello di Dante ai lettori per renderli edotti che la nave del suo ingegno sta per attraversare un mare inesplorato. Dante li ammonisce a riflettere se proseguire nel seguirlo lungo il suo canto (utilizza la metafora della barca spinta da Minerva, dea della sapienza, e guidata da Apollo e dalle nove Muse, e della piccola barca dei lettori che deve rimanere sulla scia della barca del poeta) perchè la materia che tratterà diventa più difficile, e solo coloro con ampie nozioni teologiche e filosofiche lo potranno seguire.
L’appello non vuole dividere i lettori tra superiori ed inferiori, ma solo avvertire che al viaggio per il paradiso bisogna prepararsi con profondo distacco dagli interessi limitati della terra.
L’aggettivo “picciola” richiama l’episodio di Ulisse, in cui era stato utilizzato per tre volte. Implicitamente il richiamo all’episodio di Ulisse conferma in Dante la persuasione che ogni volo, come quello di Ulisse, è “folle” e che il viaggio destinato a positiva conclusione è quello che trova legittimazione nella guida di Beatrice. Ciò che accomuna Dante e Ulisse è solo l’entusiasmo dell’impresa a cui il greco invitava i suoi compagni perché non rifiutassero all’esperienza di un mondo inesplorato, e con cui Dante sollecita i suoi lettori.
* La metafora nautica in Petrarca
Passa la nave mia colma d’oblio (Canzoniere, CLXXXIX)
Passa la nave mia colma d'oblio
per aspro mare, a mezza notte il verno,
enfra Scilla et Caribdi; et al governo
siede 'l signore, anzi 'l nimico mio.
A ciascun remo un penser pronto et rio
che la tempesta e 'l fin par ch'abbi a scherno;
la vela rompe un vento humido eterno
di sospir', di speranze, et di desio.
Pioggia di lagrimar, nebbia di sdegni
bagna et rallenta le già stanche sarte,
che son d'error con ignorantia attorto.
Celansi i duo mei dolci usati segni;
morta fra l'onde è la ragion et l'arte,
tal ch'incomincio a desperar del porto.
Analisi
Nel sonetto “Passa la nave mia colma d’oblio”, Petrarca descrive la sua condizione esistenziale attraverso l’allegoria paragonata ad un viaggio per mare. Il poeta afferma che la sua nave, carica di oblio (l’oblio allude alla dimenticanza dei propri doveri, all’oscurarsi della coscienza morale), attraversa un mare tempestoso, nel cuore della notte e durante l’inverno, in un luogo infido come lo stretto di Messina. Al timone della nave sta Amore, suo signore, anzi, addirittura, nemico. I remi sono manovrati da pensieri impulsivi e perversi che lo spingono a sfidare con irrisione la tempesta e l’inevitabile tragica conclusione in un naufragio, mentre un vento incessante (di sospiri, speranze e desideri), gravido di pioggia, straccia le vele.
Piogge e nebbie (lacrime e furori) macerano le sartie (intreccio di errori ed insipienza), ormai allentate.
Sono nascosti alla vista del poeta gli astri che di solito gli indicavano la rotta: in mezzo a questo mare egli non sa più avvalersi né della teoria né dell’arte della navigazione, al punto che inizia a disperare di raggiungere mai il porto.
Petrarca traccia in questa poesia un bilancio della sua vita, delle sue colpe e delle sue debolezze, definisce in modo travagliato il suo stato morale: il continuo oscillare tra sospiri, speranze e desiderio, senza la capacità di approdare ad una soluzione definitiva, la sofferenza amorosa che fiacca la volontà e indebolisce la virtù dell’animo, inducendo il poeta a sviarsi…
La passione amorosa, non solo annulla la sua volontà, ma lo porta all’autodistruzione, lo domina completamente , oltre a generare sofferenza, lo degrada.
* Conclusioni
Il viaggio secondo noi…
Per noi ragazzi il viaggio è una voglia di crescere, di evadere, di fuggire dalla realtà…
Viaggiare significa sconfinarsi con l'insolito, il tragico, oltre alla perdita di punti di riferimento. Colui che viaggia ha a bordo se stesso. Il viaggio è sempre un'uscita dal tempo, una scappata dalla propria storia.
Viaggiare è andarsene, rompere gli ormeggi…
Il navigare ha un particolare valore simbolico, poiché le acque rappresentano, con la loro imprevedibilità e forza, l’elemento instabile per eccellenza, il contingente della vita terrena, l’elemento dell’irrazionalità e dell’istintività. Il lasciar la terraferma, il volgere verso il largo, l'affrontar intrepidamente la corrente o l'alto mare, dunque il "navigare", ci appare come segno di coraggio, impavidità, voglia di avventura e di abbandono della “mediocrità” della terraferma.
Il viaggio è il tentativo di una fuga da se stessi… è sì temerario, ma occorre anche essere ben attrezzati, non tanto dal punto di vista fisico, ma soprattutto da quello morale e culturale.
Occorre sempre tenere la “barra a dritta”, puntando sull’obiettivo prefissato, e senza farsi coinvolgere dai falsi miti che si incontrano lungo il tragitto. In altri termini, affrontare il viaggio senza un’adeguata preparazione, significa, molto spesso, andare incontro a naufragio sicuro.
A tal proposito, vorremmo citare una frase che ci ha colpito molto e ci ha fatto riflettere:
“Perché ti meravigli tanto se viaggiando ti sei annoiato? Portandoti dietro te stesso hai finito col viaggiare proprio con quell'individuo dal quale volevi fuggire.”
–Socrate-