Il cinema italiano

Materie:Appunti
Categoria:Italiano

Voto:

2.5 (2)
Download:241
Data:21.06.2007
Numero di pagine:7
Formato di file:.doc (Microsoft Word)
Download   Anteprima
cinema-italiano_1.zip (Dimensione: 7.96 Kb)
trucheck.it_il-cinema-italiano.doc     32 Kb
readme.txt     59 Bytes


Testo

IL CINEMA ITALIANO

La storia del Neorealismo è stata più volte raccontata,attraverso libri e saggi,interviste e testimonianze,lungo un arco di tempo che va dai primissimi anni Cinquanta ad oggi.
Sono stati individuati confini per evidenziare gli elementi costitutivi ,cioè di trattare percorsi unitari su presupposti teorici, politici,ideologici e morali che consentissero una definizione generale del movimento, anche se è considerata una particolare condizione storica che rese possibili certi risultati e certe esperienze.
Quella condizione si ebbe alla fine della Seconda Guerra Mondiale: il ritorno alla normalità, la graduale ripresa della vita quotidiana, le speranze di un mondo migliore, la nascita e la diffusione della democrazia nelle sue diverse componenti politiche ed una sorta di riscatto, anche morale, del ventennio fascista. Questa fu la condizione che, nel campo del cinema significò il bisogno di ricominciare a girare i film, sebbene con pochi mezzi tecnici e finanziari, con strutture modeste o assenti, senza teatri di posa.
La nascita di quello che fu definito “Neorealismo”, indicò un particolare modo di far cinema fuori dallo spettacolo abituale, spesso privo di attori professionisti, realizzato nei luoghi stessi dell’azione, con scenografie naturali, storie esili e quotidiane, personaggi comuni, situazioni drammaturgicamente povere. Ciò avvenne più per necessità che per convinzion.
A parte Cesare Zavattini e Roberto Rossellini che elaborarono una tecnica neorealista oltre ad una pratica nel campo della cinematografia,che prevedeva il superamento della vecchia tecnica e pochi altri che fecero riferimento ad essi, la maggior parte degli sceneggiatori si accostò al cinema con altri mezzi artistici.
Ma è abbastanza riduttivo limitare il Neorealismo ad alcuni autori o a pochi film,perché si rischia di eliminare artisti che hanno tuttavia formato il tessuto connettivo di una produzione che dominò, tra critiche e momenti più o meno fortunati il mercato nazionale per un numero di anni.
La genesi del movimento neorealista è stata anticipata agli anni della Seconda Guerra Mondiale e agli ultimi anni del fascismo, individuando in alcuni film , alcuni registi, critici e intellettuali,coloro che proposero di superare i limiti del cinema di regime con un nuovo realismo che attingesse sia alla tradizione letteraria dell’Ottocento(Giovanni Verga in particolare) che alla realtà quotidiana che si presentava tra la gente, in mezzo ai fatti, agli accadimenti, alle condizioni di vita di tutti i giorni. Sul primo versante operarono alcuni collaboratori della rivista “Cinema”, Mario Alicata, Giuseppe de Sanctis,Massimo Puccini; troviamo anche altri giovani spesso militanti nelle file del Partito Comunista come Luchino Visconti che con la collaborazione del gruppo realizzò Ossessione nel 1942 che fu considerato dai critici il vero ed il primo antecedente del cinema realista.
Dall’altro versante troviamo il cinema “militante”, a volte di chiara propaganda bellica, ovvero un cinema naturalista più legato ai piccoli fatti quotidiani, si mossero Francesco De Robertis con Uomini sul fondo ,Roberto Rossellini con La nave bianca,Un pilota ritorna, L’Uomo della croce.
Infine sul versante intermedio che tendeva a coniugare l’analisi critica della realtà con i modi e le forme della commedia o del dramma, troviamo Cesare Zavattini sceneggiatore di Quattro passi tra le nuvole, e de I bambini ci guardano interpretato da Vittorio De Sica.
Al di là del valore dei film citati e dei loro presupposti teorici e pratici , fu solo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale che il cinema italiano potè veramente rinascere su nuove basi, prima tra tutte quella della libertà conquistata. Ma è con il 1945 che il movimento si va costituendoperchè fu proprio la nuova situazione a determinare le nuove scelte estetiche ed etiche, prima ancora che politiche ed ideologiche.
Era una situazione che metteva di fronte ai registi e agli sceneggiatori una realtà diversa, oggettivamente drammatica che bastava riprendere, organizzare filmicamente, riprodurre in termini di finzione schermica, per creare uno spettacolo nuovo.
Il Neorealismo comincia nel 1945, prendendo come data simbolica il 24 Settembre, quando Roma città aperta di Roberto Rossellini fu proiettato con il titolo Città aperta al teatro Quirino in occasione del Primo Festival Internazionale d’Arte Cinematografica, Drammatica e Musicale e si può indicare la fine al 1948 – 1949, nel momento in cui finisce un periodo determinato della storia politica e sociale dell’Italia democratica e ne inizia un altro che si protrarrà nel decennio successivo e oltre, sino ala metà degli anni Sessanta.
Alberto Frassino sostiene che ci sono dei buoni motivi per collocare la fine dell’esperienza neorealista tra il 1948 e il 1949. Innanzitutto le elezioni del 1948 segnano la fine di molte illusioni di rinnovamento e la legge del Cinema del 1949 rappresenta un inquadramento che il cinema neorealista non ama e u premio a quel cinema di consumo diffuso che esso non riuscì a diventare.
Il cambiamento delle condizioni di vita sottrae al movimento neorealista molto materiale umano e narrativo.

Caratteristiche peculiari

I caratteri peculiari del Neorealismo, distinguendolo da altri movimenti o tendenze o scuole nazionali che ne hanno caratterizzato l’affermazione internazionale intercettano i motivi per cui proprio in Italia e proprio nel periodo considerato si è affermato un tipo di cinema che poco aveva a che vedere con quello precedente, sia italiano che straniero.
Nell’Italia uscita alquanto malconcia dalla guerra, le macerie materiali e morali offrivano temi straordinari per costruire drammi umani e sociali che appunto su quelle macerie trovavano la loro ragione d’essere.
Il cinema fascista aveva già offerto delle occasioni di rottura della tradizione spettacolare passivamente accettata.
Il modello hollywoodiano che la cinematografia italiana in larga parte proseguì, nei drammi,nelle commedie, nei film storici e d’azione, si era andato incrinando negli anni della guerra, quando, un certo elemento documentaristico aveva fatto capolino nei film bellici.
Il cinema italiano mal tollerava il chiuso degli studi cinematografici di fronte alla natura e ad un paesaggio urbano e rurale suggestivi ed accattivanti.
Inoltre, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, gli studi cinematografici di Cinecittà a Roma erano stati destinati agli sfollati, smantellati e resi inservibili per la produzione;e non esistevano di fatto altri studi o attrezzature tecnico – industriali utilizzabili. Di qui l’esigenza di girare per le strade, fra la gente, non solo a Roma, ma anche in altre città come Torino, Milano,Firenze, il Mezzogiorno d’Italia. Si trattava di una produzione spesso di fortuna, con pochi mezzi, che utilizzava l’esistente e si industriava per realizzare film degni, accettabili al pubblico ed anche concorrenziali nei confronti del cinema americano.
Sviluppandosi poi come spettacolo, il cinema, attinse ampliamente al teatro e alla letteratura, senza però trascurare, ne tanto meno negare, quei presupposti realistici.
Il neorealismo, nel tentativo di liberare lo spettacolo cinematografico dai suoi elementi più spettacolari, di finzione, per immergersi con maggiore forza e coerenza formale nel vivo dei fatti e delle situazioni reali.
Per far questo si abbandonarono i teatri di posa, e spesso si fece ricorso ad attori non professionisti, “presi per strada, ma, soprattutto, si modificarono sensibilmente i caratteri del racconto, gli elementi drammatici della storia, la definizione dei personaggi non più ispirati ad una matrice di carattere ottocentesco, ma piuttosto alla cronaca quotidiana.

Rossellini e Zavattini

Il Neorealismo non ha avuto, se non saltuariamente o superficialmente,una propria teoria.
La maggio parte degli autori, sceneggiatori o registi, lavorava direttamente alla realtà senza preoccuparsi di elaborare eccessivamente teorie,sviluppare concetti estetici, tracciare linee di tendenza, confrontarsi con problemi di linguaggio filmico.
E’ nel corso del Convegno Internazionale del 1949 sul Realismo tenutosi a Perugia dal 24 al 27 Settembre che Cesare Zavattini, teorico più lucido e appassionato del movimento , issò la bandiera del neorealismo. In un colloquio tenuto con Mario Verdone nel 1952 Zavattini dichiara:”….Sono un regista di film, non un’esteta, e non credo che saprei indicare con assoluta precisione che cosa sia il realismo. Posso dire però, come io lo sento, qual è l’idea che me ne sono fatto….””Una maggiore curiosità verso gli individui. Un bisogno, che è proprio dell’uomo moderno, di dire le cose come sono, di rendersi conto della realtà direi in modo spietatamente concreto, conforme a quell’interesse, tipicamente contemporaneo, per i risultati artistici e scientifici…..”
“Il realismo per me, non è che la forma artistica della verità”
Da queste dichiarazioni appare chiaro l’intento del Neorealismo, non solo di quello rossellliano, di porsi in contrapposizione con il cinema spettacolare tradizionale, di cercare nuove strade a contatto diretto con la realtà del momento, di usare kla cinecamera per scandagliare meglio le relazioni sociali, i rapporti tra le persone, la condizione umana in determinate situazioni contingenti e di darne una rappresentazione la più possibile veritiera, oltre alle convinzioni drammaturgiche.
E’ un modo nuovo di fare cinema, anche se alcuni elementi della trattazione filmica non potevano ovviamente essere trascurati o eliminati, perché si rischiava la non comprensione dei fatti o il loro appiattimento in un generico documentarismo che ne avrebbe svuotato il significato drammatico e ridotto il potere di coinvolgimento emotivo presso lo spettatore.
Su un simile livello di riflessione teorica si pose anche Cesare Zavattini. Negli anni della Seconda Guerra Mondiale egli fu certamente al pari di Rossellini,ma in un diverso ambito di competenze, uno dei propugnatori di u cinema realista che già possedeva i caratteri di quello che poi diventò Neorealismo.
Zavattini non nega lo schermo, desidera fartne un fattore isolante, non un filtro ma un ponte, non uno specchio , ma un luogo di scontro.Quel che propugna è qualcosa di sovversivo,: non più rappresentare la realtà , ma entrarvi, valendosi di particolari congegni estetico – linguistici per raggiungere un fine che non è estetico e interessa l’uomo, la fibra della sua coscienza e dei suoi nervi sensibili.
Per Zavattini il Neoreliamo, o meglio il cinema del secondo dopoguerra non era soltanto u mezzo di espressione artistica, un linguaggio espressivo, ma poteva e doveva essere anche qualcos’altro, di più propugnante e coinvolgente, sul piano intellettuale ed emotivo.
Rossellini e Zavattini sono stati, seppur in direzioni diverse ma complementari,gli autori più legati al Neorealismo come sistema, ma vi sono stati anche altri sceneggiatori e registi che hanno realizzato film di chiaro riferimento storico che a buon diritto possono essere definiti neorealisti, nel senso di appartenenza ideologica e politica, morale ed estetica.
Abbiamo la trilogia anti-fascista di Rossellini, Roma città aperta, Paisa’,Germania anno zero,e quella sociale di De Sica con Sciuscià, Ladri di biciclette,Umberto D. a cui si può aggiungere Miracolo a Milano, dall’altro film realizzati da autori emergenti tra cui compaiono La vita ricomincia di Mario Mattioli,O sole mio di Giacomo Gentilomo

Esempio