Materie: | Tema |
Categoria: | Italiano |
Voto: | 2 (2) |
Download: | 335 |
Data: | 13.06.2008 |
Numero di pagine: | 3 |
Formato di file: | .doc (Microsoft Word) |
Testo
SAGGIO BREVE
I VICERE’
Fra i più famosi film italiani usciti durante l’anno passato, I vicerè merita sicuramente l’attenzione per avere fatto discutere non solo coloro che l’hanno visto, ma anche i critici del settore, con pareri decisamente contrastanti fra di loro. Tratta dall’omonimo romanzo del 1894 di Federico De Roberto, la pellicola narra la storia degli ultimi anni della dominazione borbonica in Sicilia, a metà dell’Ottocento, regione allora sotto il regno dei discendenti dei Vicerè, la famiglia Uzeda. La trama è divisa in due blocchi narrativi: nella prima assistiamo all’introduzione in maniera impietosa delle parentele, dei luoghi, delle abitudini, dell’onore e del denaro, attraverso momenti chiave durante i quali la famiglia si ritrova. Nella seconda, invece, la storia si sposta sulla vita e sulla formazione di Consalvo, che ritorna in contatto con i parenti dopo essere stato esiliato dal padre nel mondo di un monastero benedettino, fra corruzioni e privazioni. Il parere dei critici è perlopiù negativo; salvo soltanto l’inizio del film, in cui la descrizione della situazione risulta efficace attraverso attimi, come le esequie della principessa o la lettura del testamento, in cui Faenza riesce davvero a convincere, grazie anche alle ambientazioni credibili, al montaggio, ai costumi e non meno all’interpretazione degli attori.
La famiglia, lo stato e la Chiesa sono gli argomenti sui quali verte il resto del racconto, uniti alla sopraffazione dei forti sui deboli, dei ricchi sui poveri e dei potenti sul popolo, attraverso un quadro feroce del passato del nostro paese.
Ed è soprattutto su questa parte del film che si addensano le critiche, a giudizio di molti ripetitiva, in cui il protagonista non riesce ad affascinare il pubblico, accentuando ancora una volta le difficoltà del cinema italiano nel narrare storie avvincenti e con un significato profondo. Due sono le inesattezze di maggiore rilievo imputabili a Faenza, che tenta nell’impresa di riuscire dove avevano rinunciato altri, ma uscendone sconfitto: la prima quella di aver fatto passare il tema principale della pellicola, cioè una storia familiare all’epoca garibaldina, per qualcosa che non è (un film che rispecchia il clima politico e l’Italia di oggi). La seconda di avere spento o palesemente diminuito il messaggio politico di De Roberto, fortemente presente nel romanzo, ma estrapolato e posizionato in vari punti del film affianco ad argomenti talvolta opposti. E’ l’ennesimo fallimento dell’ormai classico genere di denuncia, che non lega la vicenda narrata ad un contesto globale più ampio. Il dialogo fra il protagonista Consalvo ed uno zio riguardante temi politici, trae in inganno gli spettatori, che tendono a paragonare l’Italia del 1800 con quella odierna, dando un quadro spietato di ciò che noi siamo attualmente.
Un altro motivo di aspre critiche sono anche i personaggi e la loro interpretazione da parte degli attori. Ottima quella di Lando Buzzanca, avvincente nel ricreare la figura dell’arrogante e prepotente pater familias degli Uzeda. Meno buona quella di Alessandro Preziosi, Cristina Capotondi, e del resto del cast, che non convincono nel loro ruolo di antagonisti dell’Italia, di promotori della disonestà che si è diffusa nel nostro paese, ma rimandano il ritratto di una famiglia della società passata ricca di contraddizioni, tensioni e lotte per il denaro da ereditare.
Alla luce di tutto questo, la pellicola è stata rifiutata al Festival del cinema di Roma senza neppure averne visionato i contenuti. A detta però di alcuni spettatori privilegiati che hanno potuto vederla, pur non essendo critici cinematografici, il film meritava di essere proiettato almeno fuori concorso, per la sorprendente e interessante attualità politica, ed il suggerimento di riflessioni dense tanto da far pensare che fossero state appositamente aggiunte o riscritte dagli sceneggiatori.
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